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Autore: Neamh Moonstar    10/02/2022    1 recensioni
Crowley smise di farsi domande. Affondò le dita in quei riccioli di neve, decise di lasciar perdere il resto e di crogiolarsi in quei baci appassionati fino al mattino. Sarebbe andato avanti per sempre ed oltre, stringendo a sé quella luminosa essenza inebriata che era ora sua - che avrebbe sempre voluto che fosse sua ma non lo aveva mai ammesso.
Se ne sarebbero pentiti. Oh, se ne sarebbero pentiti eccome.
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Fanfiction in tre parti ispirata al testo di: "Brividi" di Mahmood e Blanco.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Lime, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Brividi - Seconda Parte


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«Basta...» cercò di dire, ma la sua voce arrivò flebile alla gola, morendoci in mezzo. Socchiuse gli occhi in quell'ondata di piacere e dolore al tempo stesso: due emozioni che prima si abbracciavano e poi si picchiavano. Un po' come loro due, insomma.

Sentì quelle labbra sottili posarsi sul suo collo, un po' avide e desiderose, un po' gentili e cariche di affetto. Una parte di lui gli stava urlando di smetterla, strappando via le tenebre dell'ubriachezza e cercando di tirarlo verso una sponda sicura. Poteva sentire la sua candida e luminosa essenza venire progressivamente stretta nelle spire scure e vogliose di quella dell'altro. Non c'era via d'uscita ma, sotto sotto, non voleva trovarla.

Provò a scostarsi ancora un po' ma la verità era che adorava quell'affetto, quei tocchi, quei baci... Eppure aveva paura. Sapeva bene cosa stava succedendo e, per quanto inebriante fosse, era decisamente sbagliato: era il peccato per eccellenza. Era una via di fuga, una breccia di dolcezza in mezzo al mondo lacerato nel quale stava vivendo, e a quello avrebbe dato la colpa: alla voglia di affetto in un momento difficile.

Ma era affetto quello?


Se lo chiese il mattino dopo, risvegliandosi con un mal di testa che gli martellava le tempie, disturbato da un russare leggero che risuonava come l'eco di un urlo lanciato in una caverna.

Cosa c'era di affettuoso nei loro corpi nudi e abbarbicati l'uno sopra l'altro, continuamente rivoltati sotto le coperte sporche di vino rosso? Cosa c'era di affettuoso nei piccoli morsi che sentiva ancora vividi sulla pelle? Era affetto o lussuria ciò che si era celato in quei dorati occhi da vipera?

Tirandosi su con un sospiro, Aziraphale si rese conto che ormai poco importava: non si piange sul latte versato. Tutto ciò che poteva fare adesso era ricomporsi e sperare di essere meritevole di perdono. E così fece, rivestendosi con lentezza umana, spazzando via i postumi della sbornia con delicatezza, lo sguardo che viaggiava distratto sul volto dormiente dell'altro.

Non si sentiva proprio di svegliarlo e chiedergli di andarsene. Lo aveva notato subito: aveva visto la distruzione celata in quel fare sbarazzino, in quell'abito impeccabile, nelle parole tutto fuorché sobrie. Crowley era decisamente tutto il contrario di un angelo ma, nonostante quella situazione lo avesse steso come un pugile sul ring, era comunque accorso da lui per aiutarlo. Sapeva decisamente essere gentile, seppur non amasse ammetterlo o sentirselo dire - allontanando le lusinghe con parole aspre e sputate.

Salvare i suoi libri dall'esplosione: quello era l'affetto che l'angelo voleva. Ciò che era accaduto poi era stato un semplice momento di debolezza, nulla più... Giusto?

Non poteva restare a pensarci: aveva una guerra da contrastare, feriti da soccorrere, richieste d'aiuto da accogliere... Odiava scappare in quel modo e lasciare Crowley a sé stesso, ma qualcosa dentro di sé gli disse che avrebbe capito. Avrebbe lasciato un biglietto o due, sì: pareva decisamente una buona idea.

Mise da parte il senso di scombussolamento che ancora pervadeva parte delle sue membra e finì di rendersi perlomeno presentabile, come se in mezzo alla distruzione importasse qualcosa a qualcuno delle pieghe sulla sua giacca. Faceva freddo, si disse: aveva i brividi da quando si era svegliato. Ma era davvero del clima la colpa? Da un lato ringraziò l'alcool per aver reso il tutto più simile ad uno strano sogno, come se ciò potesse bastare a sotterrare la questione.


Coprì le spalle di Crowley con le coperte, evitando il più possibile di fissarsi su quel fisico ossuto e spigoloso che più volte aveva circondato il suo. Tornò al piano di sotto con due tazze bollenti in mano, pensando che almeno lì non avevano ridotto l'ambiente ad un ammasso di macchie e oggetti rivoltati sul pavimento.

Sorseggiando la sua cioccolata calda, posò l'altra su un tavolo in modo che fosse in bella vista e si prese due minuti per sé, avvolto nel silenzio. Si rese conto di una cosa che già aveva fatto breccia nella sua mente la sera prima, nel momento esatto in cui aveva avuto il borsone tra le mani. Si rese conto che, qualsiasi cosa ci fosse tra lui e Crowley, era uno strano e particolare tipo di amore.

Quando fosse nato, questo non lo sapeva e poco importava. C'era e, per quanto lo rendesse felice, ciò che si erano fatti durante la notte provava che era assolutamente, completamente, decisamente-

Sbagliato.

L'amore è sbagliato?

Il loro sì, si disse facendo scomparire la tazza ancora mezza piena. Aveva lo stomaco chiuso e tanta voglia di accendere la stufa, avvolgersi in un plaid, prendere un libro e cancellare il mondo.

Avrebbe pagato per andare lontano, in un luogo ad anni luce dal tempo, dalla Terra, dallo spazio, da tutto. Avrebbe urlato, strepitato, mentito pur di mettere un freno a tutto ciò. Forse avrebbe portato Crowley con sé, chissà.

Ma no, non poteva. Avrebbe potuto scrivere una bibliografia della sua lunga esistenza e chiamarla: "Vorrei ma non posso", pensò con un sorriso amaro e una mano già sulla porta d'ingresso. Quando uscì, il freddo, la solitudine e i sensi di colpa lo attanagliarono come le fauci di una bestia. I brividi ripresero a mordicchiarlo come quei canini di serpente avevano fatto durante la notte.

    «Smetti di pensarci,» si disse, iniziando a camminare nella nebbia. Forse avrebbero dovuto smettere di vedersi e dimenticare.

Sarebbe stato tutto più facile.


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“Tutto ciò di cui hai bisogno è amore. Ma un po' di cioccolata, ogni tanto, non fa male.”


Crowley rilesse quelle parole più volte, combattendo inutilmente contro un sorriso. Erano scritte ordinate, rotonde e ben ripiegate su un foglio accanto ad una tazza ancora bella calda al piano di sotto. 

Quando aveva finalmente trovato le forze di alzarsi dal letto stravolto, aveva notato un bigliettino del tutto simile sul comodino. Lo aveva spiegato con curiosità e aveva letto:

“Torno a lavoro. Fai con comodo ma non farti scoprire. Ti ho lasciato la colazione di sotto, se ti va. PS: sappi che non ti odio.”


Ecco, quello era il tipo di rapporto che Aziraphale adorava: quello fatto di piccoli piaceri, piccole intese, grandi favori fatti con il cuore. Tutte cose che lui non sapeva come maneggiare senza un libretto di istruzioni.

Si mise a sorseggiare mentre ripensava a quella notte: forse avrebbero dovuto far finta che nulla fosse accaduto, sarebbe stato più facile. Qualcosa gli disse che sarebbe andata così: avrebbero ipoteticamente scritto un tacito accordo e sarebbero andati avanti, fine.


“Sappi che non ti odio.”


"Ma non mi ami neanche, vero?" Avrebbe voluto chiedere. Quella domanda rimase incastrata tra l'aria intrisa di polvere e la sua mente, incapace di trovare risposta. La parte positiva di lui gli diceva che un giorno tutto sarebbe stato chiaro e conciso tra loro: senza piani ben congeniati, senza bugie, senza secoli di incomprensioni a dividerli. Utopico, impossibile, bellissimo.

Erano incompatibili: lui era un fuoco divoratore, l'angelo era fin troppo dolce e ingenuo per quel mondo assurdo. Se davvero doveva esserci qualcosa, dovevano imparare come non scontrarsi - senza usare contratti o collaborazioni comode di sorta, ma solo i loro fottutamente incasinati sentimenti.


Che cosa c'era tra loro? Si chiese Crowley con una mano tra i capelli e facendo un sospiro che si trasformò presto in uno sbuffo. Era amore quello? Non ne era più sicuro, anzi, non lo era mai stato. Lui non avrebbe dovuto provare quel genere di sentimento, esprimere amore non era proprio nella sua natura - si ripeté: gli era stato tolto eoni prima, quando aveva deciso di allontanarsi dal Paradiso.

E allora perché continuava a ponderarlo? Perché continuava a volerlo consumare in quel modo?

    «Perché sei uno stupido, ecco perché» si disse, decidendo di andare via da lì. Improvvisamente le pareti intrise di libri si erano fatte soffocanti.


Uscì e si infilò in macchina non sapendo da che parte andare. Dentro di lui c'era una sola destinazione di beige vestita, che lo richiamava con due amorevoli occhi azzurri.

“Sappi che non ti odio.”

Non poteva resistere: doveva raggiungerlo, parlargli, chiedergli se davvero tra loro poteva nascere qualcosa di così proibito. La risposta era molto probabilmente un: "no", ma Crowley amava il rischio (a volte) e per Aziraphale, beh.

Per Aziraphale avrebbe rischiato tutto. Come il perfetto idiota che era.


   
 
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