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Autore: Pol1709    10/02/2022    1 recensioni
Bentrovati a tutti.
Questa storia è la continuazione de "Il Cavaliere e la Strega", ma si svolge nell'epoca di Oscar. Quest'ultima, dopo aver detto addio alla Guardia Reale, a Conte Fersen ed aver litigato con André (il famoso episodio della camicia strappata...) passa un periodo di riposo in Normandia prima di prendere il comando delle Guardie Francesi di Parigi. Lì viene coinvolta, a causa di una vecchia avversaria, nella caccia a una antica e potentissima arma, inseguita dagli agenti inglesi e affiancata da una antica nemica/amica.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Londinium (ex capitale della Britannia romana) – VI secolo d. C. circa
L’uomo alzò di nuovo il braccio con le pergamene, disse di nuovo una frase in un latino un po' stentato e poi la riabbassò. Indossava una toga, una vera toga romana di un candido bianco abbagliante che rivaleggiava con il marmo della sala che un tempo era stata sede delle udienze dei proconsoli romani.
Sir Galvano, principe di Lothian e delle Isole Orcadi, nipote del grande Re Artù, si passò una mano sul viso e ringraziò il dio cristiano e tutti gli antichi dei di non aver mai imparato a leggere, perché altrimenti, pensò, probabilmente sarebbe diventato logorroico come l’oratore che lui e tutti gli altri nobili della Britannia stavano ascoltando: Marco, colui che suo zio aveva nominato Duca di Cornovaglia e che aveva ucciso suo figlio e la sua giovane moglie irlandese Isotta perché li aveva trovati a letto insieme. Cosa mai avesse visto Artù in quell’individuo, sinceramente, Galvano non se lo sapeva spiegare: era nato in Britannia, ma aveva assunto un nome romano, si vestiva e si comportava come un romano; si rasava persino i capelli ed il viso come un romano. E lui e gli altri re e principi della Britannia erano praticamente richiusi nel vecchio palazzo ormai da settimane; avrebbero dovuto eleggere un nuovo Grande Re, ma invece stavano solo perdendo tempo. Galvano era il primo nipote del Re, che era morto senza figli maschi e quindi senza eredi e suo, per diritto di nascita, come figlio della sorella del sovrano, Lady Morgause, avrebbe dovuto essere il trono.
Ma combattere, guidare gli uomini in battaglia e gozzovigliare dopo la vittoria era una cosa; governare un paese come la Britannia era tutt’altro. Senza contare che le tribù sassoni stavano premendo in massa sulle loro coste e qualcuno doveva pur fermarli.
Invece se ne stavano tutti lì ad ascoltare interminabili dichiarazioni nella lingua dei romani. Sbuffò e guardò più indietro, accanto al grande trono di marmo dove un tempo sedevano i delegati dell’impero romano. Vide la grossa figura di un uomo in abito elegante, con un mantello di fine pelliccia, una collana d’oro molto spessa con una croce, sempre d’oro e un vistoso anello alla mano. Galvano strinse le labbra: il Vescovo si era addormentato un’altra volta; lo si capiva dal ritmico andare su e giù del suo grande stomaco, ma, del resto, come dargli torto?
In quel preciso istante le grandi porte della sala si aprirono e le guardie si fecero di lato inchinandosi, lasciando entrare una figura in un lungo abito azzurro, circondato alla vita da una cintura di metallo. I suoi capelli biondi rifulgevano di riflessi dorati e sul capo portava una semplice corona di ferro. Tutti, specialmente Galvano, la riconobbero subito come la vecchia Regina di Britannia: Ginevra, ripudiata da Artù e Badessa del convento di Glastonbury.
Ginevra, nel silenzio generale, passò davanti a Galvano guardandolo negli occhi; passò accanto all’uomo togato e si diresse direttamente verso il trono. Si girò guardando di nuovo i presenti e si sedette pesantemente. Il vescovo, ridestato da quel trambusto, si alzò e si segnò – In nome di Nostro Signore Onnipotente… -
Ginevra sospirò – Non ora, Vostra Grazia. Vi ringrazio, ma adesso credo che dovremmo prima discutere di cosa ne sarà della nostra Patria –
Marco si mise di fronte a lei – Ginevra! Tu non sei più la nostra Grande Regina. Il Grande Re ti ha ripudiato ed eravamo convinti che non avresti più lasciato Glastonbury –
Ginevra socchiuse gli occhi e cercò di ricordare quel volto squadrato, con capelli corti e viso glabro, secondo l’uso romano. Con quella toga, poi e una pergamena in mano, avrebbe potuto posare come modello per una statua di un console o di un patrizio, come quelle che si trovavano un po' dappertutto nella Britannia meridionale. Sorrise – Lord Marco! E’ da molto tempo che non ci vediamo! Concordo con te, certo…Ma una Regina resta pur sempre una Regina. E’ come una madre per il suo popolo e quando i suoi figli perdono tempo a giocare…Facendo finta di essere dei romani…Deve riprendere il suo posto! –
Marco strinse le labbra – Io sono il Duca Marco di Cornovaglia! –
Ginevra sorrise stancamente – Strano! Non molto tempo fa è arrivato a Glastonbury un convoglio guidato da Morgana Pendragon, sorella del Grande Re e Duchessa di Cornovaglia ed era accompagnato da sua sorella, Lady Morgause, Regina di Lothian e delle Isole Orcadi. La Cornovaglia ha una Duchessa, Lord Marco, non un Duca –
Lui deglutì e alzò la mano con la pergamena – Questa è la mia nomina, sigillata dal Grande Re Artù e controfirmata dal Vescovo di Britannia –
Ginevra sbuffò e si sistemò meglio sul trono appoggiando languidamente le mani sui braccioli – Capisco…E allora non avrai alcun problema a recarti a Tintagel ed assumere la tua carica. Immagino che Lady Morgana ti lascerà il suo castello e i suoi soldati senza muovere un muscolo. Sai…Dicono che è sempre stata una persona pia…Molto calma e servizievole –
Galvano si trattenne a stento dal ridere, per quel poco che conosceva sua zia Morgana, non l’avrebbe mai definita pia, oppure calma o nemmeno servizievole.
Marco abbassò il braccio e sospirò – Io…Io sono…Il Duca di Cornovaglia –
Ginevra si alzò – Tu non sei niente! Come tutti voi! Mentre state qui a ciarlare il vostro…Il nostro popolo muore! L’unica che veramente si sta muovendo e sta cercando di creare una difesa è Lady Morgana, ma da sola non può farcela – disse e alzò una mano – Vi invito a superare le diffidenze reciproche e ad eleggere un nuovo Grande Re che guidi l’esercito della Britannia unita contro l’invasore…Io, Ginevra, figlia di Laodegrance di Cameliard, come vostra Grande Regina, ve lo ordino! –
Tutti i presenti si guardarono e subito cominciarono a parlare tra di loro con un brusio assordante che poi degenerò in urla vere e proprie. Galvano vide che qualcuno stava venendo alle mani e persino che stava spuntando qualche lama. Vide Lord Marco avvicinarsi al Vescovo e poi guardò Ginevra che, con le labbra serrate, scese dal trono spostandosi in un angolo della sala. Andò verso di lei e si inchinò – Mia Regina…Io… -
Ginevra congiunse le mani in grembo, guardò il caos provocato dai nobili di Britannia e poi guardò il cavaliere di fronte a lei – Vieni con me – disse solo. Uscirono dalla sala e si fermarono sotto un portico, lontano da occhi e orecchie indiscrete. Lei sospirò – Tu dovresti essere il nuovo Grande Re, come nipote primogenito di Artù –
Galvano deglutì – Alcuni lo vorrebbero…Molti altri, tra cui quel Marco, no…E io so di non essere pronto per questo…E…Mia Signora…Posso chiederti se hai visto mia madre e se sta bene? –
Ginevra strinse le labbra – Ho visto per la prima volta Lady Morgause…E si, sta bene. So che si è trattenuta ad Avalon con sua sorella e tua zia Viviana, la Dama del Lago – disse e poi tentennò sconsolata – Nessuno di noi è mai stato pronto a regnare, nipote. Né io e nemmeno tuo zio Artù…Ma lui…Lui era il Re! Non ci sarà un’altra battaglia come a Monte Badon: i sassoni stanno arrivando a ondate sempre più pressanti, si stanno convertendo al cristianesimo e stanno occupando tutto il vuoto di potere lasciato dalla battaglia di Camlann. E non saranno questi idioti, nemmeno uniti, che li sconfiggeranno, di questo anche tua zia Morgana ne è sicura. Ma c’è solo un’ultima speranza, Galvano – disse e gli mise una mano sulla spalla – La pietra rossa che era incastonata sul pomolo dell’elsa della spada del Re è in realtà la mappa per attivare un’arma potentissima –
Galvano aggrottò la fronte e Ginevra si avvicinò a lui – Solo io, Artù e Merlino ne eravamo a conoscenza, ora anche Morgana, ma la pietra non è con Excalibur ad Avalon, è sparita, forse dispersa con i cavalieri di Lancillotto, forse presa dai sassoni: è rossa, sembra un gioiello, ma ha delle linee bianche al suo interno e, a ogni luna piena, mostra il luogo dove è sepolto l’oggetto che l’attiverà –
Galvano rimase a bocca aperta, ma Ginevra continuò – L’arma…Il cerchio di pietre vicino a Salisbury! Questo ora lo sappiamo solo io e te! Secondo le antiche leggende un popolo venuto…da lontano…L’ha costruito per scatenare una potenza senza limiti contro i nemici e una lancia bianca come il latte può attivarlo se infilata in una delle pietre al centro. E’ la lancia che secondo gli antichi apparteneva al dio Lug. Dove essa sia…Lo sa solo la mappa incastonata in quella pietra –
Lui deglutì – Ma come… -
Ginevra tentennò – Non so come sia possibile, ma è l’unica speranza che abbiamo ormai! Prometti, Sir Galvano, prometti che dedicherai il resto della tua vita a cercare la pietra per salvare la Britannia –
Galvano si batté il pugno destro sul petto – Mia Regina, nel nome del Grande Re Artù di Britannia, giuro che né io né quello che resta dei cavalieri della tavola rotonda ci fermeremo mai fino a quando troveremo quella pietra e salveremo la Britannia! E se non lo faremo noi lo faranno i nostri discendenti e i loro discendenti e ancora…E ancora…Questo io lo giuro! –
Ginevra sorrise: Galvano era un uomo semplice, fondamentalmente. Ed era un cavaliere di Camelot. Quel giuramento lui lo avrebbe mantenuto fino alla fine dei tempi. Abbassò il braccio respirò a fondo: aveva fatto il suo dovere in nome di Artù e anche di Lancillotto. Da quel momento in poi non sarebbe più stata la Regina di Britannia.
 
All’interno della sala, nella confusione generale, Lord Marco si rivolse al Vescovo – Non ne verranno mai a capo! La Britannia è persa Vostra Grazia –
Il Vescovo sorrise e strinse la croce che portava al collo – Con tutto il rispetto…Anche i sassoni si stanno convertendo al cristianesimo, Lord Marco, dovremo solo cavalcare il cambiamento e, si, restare al potere e, se fossi in voi, non mi preoccuperei nemmeno di Lady Morgana che se ne sta rintanata a Tintagel, come un ratto. Il vero problema è un altro, se quello che si dice è vero –
Marco lo fissò stringendo le labbra – Che Artù sia vivo…Ad Avalon! Quella terra empia! –
Il Vescovo strinse le labbra – Dubito che Artù sia vivo! Sir Galvano lo ha visto ferito gravemente e, molto probabilmente, è sepolto ad Avalon. Ma avete ragione, quella terra sacrilega e pagana è un problema e dovrà essere cancellata per sempre –
Marco aggrottò la fronte e il Vescovo sorrise – La Chiesa sta valutando come chiudere ogni passaggio per Avalon, i nostri…Studiosi… Stanno ricercando nella saggezza degli antichi il metodo giusto –
Marco scosse il capo – La Chiesa che usa i metodi dei pagani!? –
Il Vescovo agitò una mano in aria – Gli antichi hanno eretto i monumenti di pietra perché, si dice, lì sotto scorrono le correnti di energia della terra. Una cosa blasfema, ma non del tutto falsa. Stiamo verificando se, usando lo stesso sistema, quelle correnti possono essere chiuse e lasciare Avalon nel suo limbo…Oh! Non sarà oggi, non sarà domani, ma avverrà, Lord Marco, avverrà! Abbiate fede! –
 
Coste settentrionali della Cornovaglia – VI secolo d. C. circa
Morgana si abbassò di nuovo. Erano ormai giorni che lei e i suoi soldati stavano appostati presso alcuni villaggi sulla costa in attesa degli Uomini-Drago. E i suoi esploratori avevano avvistato le loro navi e ne avevano subito compreso la rotta. Il villaggio in cui si trovavano era stato evacuato e riempito dei suoi guerrieri che avevano lasciato accese torce e falò per dare l’idea di un posto accogliente e, soprattutto, indifeso.
Quando era tornata dalle nebbie senza null’altro che non fosse una lancia inutile e una ancor più inutile pietra rossa, la delusione dei suoi uomini e soprattutto della giovane Nimue era stata grande. L’unica cosa da fare, quindi, era combattere contro i sassoni e gli Uomini-Drago. Questi ultimi erano di certo il nemico più pericoloso e, dopo settimane di appostamenti per scoprire le loro grandi navi-drago, gli avevano teso una trappola.
Morgana, però, aveva ammesso con sé stessa che sentiva la mancanza di Oscar. Non aveva visto poi molto del mondo del futuro, se non l’esistenza di quelle potenti e poco cavalleresche armi da fuoco che, forse, avrebbero fatto la differenza se ne avesse avuta una per lei sola, ma sicuramente non per il resto della Britannia. A dire la verità nel breve periodo in cui erano state da sole aveva provato il piacere di avere un’amica, una cosa che non aveva mai sentito prima per nessuno. Certo, c’era sempre stata sua sorella Morgause e prima ancora Sir Accolon del Galles; ma il rapporto che aveva instaurato con Oscar era profondamente diverso. Si augurò che lei e Sir André potessero trovare la felicità, anche solo per quei pochi istanti che il destino aveva in serbo per loro.
Persa in quei pensieri non si accorse di Nimue che si era avvicinata. La ragazza era sbocciata improvvisamente e stava diventando una bellissima donna. Nei lunghi giorni noiosi di caccia agli Uomini-Drago si era allenata molto con l’arco, la sua arma preferita e soprattutto con spada e lancia e, secondo i suoi istruttori, era anche tremendamente abile, così diversa dalla bambina che aveva accolto nel suo castello.
Nimue strinse le labbra – Vostra Grazia, forse stasera non arriveranno, si sta alzando la nebbia ed è fitta –
Morgana scrollò le spalle – Il buio e la nebbia non sono un problema per loro, sono navigatori più che esperti che vengono da una terra ostile. Oh, Nimue, combatterai, te lo prometto, ma sta attenta! Non avrei mai voluto che la tua prima battaglia fosse proprio contro questi demoni –
La ragazza sorrise – Mi avete addestrato bene, Lady Morgana, non temete per me –
La Duchessa sospirò e guardò di nuovo verso il mare, per vedere solo una distesa bianca di nebbia avvolgente. In altri luoghi, come a Tintagel o anche a Glastonbury, avrebbe usato i suoi poteri per sconfiggere gli invasori, ma lì, in quel luogo, dove la sua magia non c’era, le restavano solo il suo coraggio e la sua spada.
 
Le ore passarono, ma nessuno si fece vivo. Morgana sospirò e guardò una sconsolata Nimue. La Duchessa sorrise debolmente – Il momento della nostra gloria verrà! Ma non oggi temo – disse, ma, improvvisamente, sentì un tonfo lontano, secco, che le face vibrare tutto il corpo. Anche i suoi soldati l’avevano sentito e si erano irrigiditi mettendo mano alle armi. Dopo un attimo di silenzio arrivò un altro tonfo, poi un altro e un altro ancora. Nimue guardò Morgana – Tamburi…Vengono da là – disse e indicò un punto verso la nebbia che copriva il mare.
Apparvero, come dal nulla, tre punti luminosi all’orizzonte, vicini, sempre più vicini e poi, all’improvviso, dalla foschia emersero tre teste mostruose con la bocca e gli occhi fiammeggianti. Uno dei soldati accanto a Morgana fu scosso dai tremiti e vomitò. La Duchessa aggrottò la fronte – Sono le prue delle navi-drago; lo sappiamo che hanno la forma di una testa di mostro; ci hanno solo messo delle torce negli occhi e nella bocca solo per spaventarci – disse “E ci stanno riuscendo molto bene!” pensò. Guardò Nimue – Che la dea sia con noi! –
La ragazza strinse le labbra ed estrasse la spada – Che ci guidi alla vittoria! –
 
Accompagnate dal ritmo incessante dei tamburi le navi arrivarono sulla riva e si incagliarono sulla costa pietrosa. Il rumore cessò e, dopo qualche istante si sentì la singola e lugubre nota di un corno; poi delle urla inumane accompagnate da ordini in una lingua gutturale e feroce. Dalle fiancate delle navi scesero nugoli di guerrieri ululanti con asce, spade e scudi; si radunarono sulla spiaggia e avanzarono verso il villaggio. Improvvisamente videro il cielo illuminarsi, alzarono lo sguardo e osservarono uno sciame di frecce fiammeggianti cadere verso di loro. Ad un secco ordine alzarono gli scudi accovacciandosi a terra. Quando tutte le frecce caddero si rialzarono urlando e ringhiando più di prima.
Morgana sospirò – Ci abbiamo provato! Arcieri! Mirate alle navi; che non se ne vadano da qui! E voi, uomini di Cornovaglia, seguitemi! Per la vittoria! –
Furono gli uomini di Morgana a urlare e poi si gettarono all’attacco.
 
Morgana si guardò attorno. Quanto tempo era passato dall’inizio della battaglia? Non ne aveva idea; come non aveva idea di quanti nemici aveva abbattuto. Gli Uomini-Drago erano guerrieri formidabili e stavano impegnando seriamente i suoi soldati. Era stanca, con i muscoli indolenziti, ma vedeva che, finalmente, anche il nemico stava lentamente ed inesorabilmente cedendo terreno. Li avevano impegnati sulla spiaggia e non li avevano fatti avanzare di un passo. Era orgogliosa dei suoi uomini: i bardi avrebbero cantato le loro gesta per generazioni. Improvvisamente sentì un urlo dietro di sé, si girò e vide un gigantesco Uomo-Drago; indossava una lunga corazza fino alle ginocchia; il suo volto era parzialmente coperto da un elmo a punta con una maschera sugli occhi; poteva vedere la sua bocca e la sua barba bionda ornata a trecce e anche i suoi lunghi capelli dello stesso colore e si stava avvicinando. Veniva verso di lei. Brandiva un’ascia nella mano destra ed una nella mano sinistra e le alzò contemporaneamente per colpirla. Morgana alzò il suo scudo che cadde in frantumi con il violento urto. Sentì il guerriero ridere e lo affrontò con la spada. L’uomo parò due colpi, lasciò cadere l’ascia della mano sinistra e le prese il braccio che impugnava la lama torcendolo e facendola inginocchiare.
L’Uomo-Drago si piegò verso di lei, come per osservare bene la sua pelle pallida; così vicino che lei sentì il suo alito pestilenziale e vide i suoi occhi azzurri dietro la celata dell’elmo. Il guerriero strinse le labbra – Pù…Ljòt norn! – (n.d.a.: “Tu…Brutta strega!” in islandese).
Morgana cercò invano di liberarsi da quella stretta d’acciaio; digrignò i denti e gli sputò addosso. L’Uomo-Drago non fece una piega, si raddrizzò e sollevò la mano destra con l’ascia per finirla.
Qualcosa colpì l’uomo di lato facendolo vacillare e lasciare la presa del braccio di Morgana. La Duchessa cadde a terra, ansimante e sfinita. Con le ultime forze vide Nimue fronteggiare l’Uomo-Drago; poi fu il buio.
 
Quando riaprì gli occhi vide il volto vecchio e rugoso di Volker, il suo ciambellano. L’uomo sorrise – Vostra Grazia! Che splendida vittoria! I bardi canteranno dell’impresa della Duchessa di Cornovaglia e dei suoi guerrieri contro gli Uomini-Drago! Abbiamo vinto! Abbiamo vinto! –
Morgana si alzò lentamente da terra tenendosi il braccio destro che le doleva e vide davanti a sé la testa mostruosa della prua di una nave-drago. Era parzialmente bruciata ed era stata abbandonata dai demoni che l’avevano condotta fino alle coste della Cornovaglia.
Barcollò di qualche passo e vide, steso a terra, l’Uomo-Drago che stava per ucciderla. Era morto, trafitto profondamente al fianco da una spada che riconobbe come quella di Nimue. Morgana sorrise e si rivolse a Volker – Oh, la nostra piccola colomba è diventata un falco! Ti rendi conto? Nemmeno mio padre il Duca può vantare una vittoria come questa! Ma dov’è Nimue? Perché non festeggia? – disse e poi divenne seria – E perché non ha la sua spada al fianco? –
Volker abbassò la testa senza rispondere. Morgana ansimò e vide che, sulla spiaggia, i suoi uomini avevano eretto delle pire funebri per i caduti. Solo una era stata fatta per un singolo corpo, distante dalle altre. La Duchessa strinse le labbra e si avvicinò alla pira. Sopra vi era adagiato un corpo coperto da un telo bianco. Allungò la mano per scoprirne il volto, ma fu fermata dalle parole di Volker: - Vostra Grazia! Lady Nimue ha combattuto come la dea! Ha ferito mortalmente l’Uomo-Drago, ma lui, prima di spirare, è riuscito a colpirla alla testa con la sua ascia…E’ morta da guerriera…Ma vi prego…Non guardate… -
Morgana strinse le labbra e scostò il velo. Quello che vide la lasciò impietrita: non era possibile che quella…Quella cosa…Fosse stata la gentile e bella Nimue, la grande guerriera che l’aveva salvata. Ricoprì di nuovo il volto della ragazza e si sentì come quando, da piccola, era sola e spaventata mentre tutti la rincorrevano insultandola e la odiavano, compresi i suoi genitori. Piegò le spalle e sentì l’insopprimibile desiderio di piangere. Ma non poteva farlo; non davanti ai suoi soldati, non lei; non la Duchessa di Cornovaglia. Lei era di nobile stirpe, doveva guidare i suoi uomini, non perdere tempo a piangersi addosso. Non era come gli altri, lei era superiore, faceva parte di una casta che non piangeva. Mai.
Sentì la mancanza di Oscar come non mai. Di sicuro lei avrebbe detto che piangere non era una vergogna; avrebbe parlato di quegli irlandesi d’oltremare, quella tribù che lei chiamava americani, che avevano deciso di vivere senza re e regine e senza nobili. Strinse le palpebre sforzandosi di trattenere le lacrime e Volker si avvicinò; piegò la testa in avanti e sussurrò: - Vostra Grazia…Piangete pure, se lo volete. Non c’è vergogna nel mostrare i propri sentimenti –
Morgana sentì le calde lacrime sulle guance e, come una liberazione, si piegò in avanti appoggiando le braccia e la fronte sulla pira. E pianse. Pianse come non aveva mai fatto in vita sua.
 
Avalon – VI secolo d. C. circa
Morgana alzò lo sguardo verso il sole. Era incredibile come a Glastonbury ci fossero delle nuvole grigie e lì, nell’Isola Sacra, ci fosse sempre il sole. Scese dalla barca aiutandosi con la lancia di Lug. Guardò per un attimo il tumulo di sassi che Oscar, tempo prima, aveva eretto come tomba per il corpo di Lancillotto, che si era sacrificato per proteggere il Grande Re e poi si incamminò verso la casa della Dama del Lago.
Dopo la morte di Nimue gli Uomini-Drago erano tornati nel loro lontano regno di ghiaccio e fuoco. Ma erano rimasti i sassoni. Ed erano troppo numerosi per essere fermati. Ogni vittoria contro le loro armate era come colpire il mare con una spada. Quando anche il suo regno stava per crollare aveva deciso di congedare i suoi soldati, di distribuire a loro le ricchezze dei duchi di Cornovaglia e dei Pendragon e, persino, di dare alle fiamme il suo castello affinché i sassoni non potessero mai utilizzarlo.
Dalla via commerciale che portava a Glastonbury si era formata a vedere la grande pira provando un senso di tristezza. Quel maniero, nel bene e nel male, era stata la sua casa, il suo rifugio, il simbolo stesso del suo potere. Aveva fatto distruggere persino il bacile di pietra nella grotta della spiaggia. Sospirando, si era rivolta ad uno dei suoi luogotenenti – Dov’è Volker? –
L’uomo deglutì e chinò il capo – Vostra Grazia…Sir Volker…Ha voluto rimanere là – disse indicando il castello in fiamme. Morgana si era piegata sul dorso del cavallo: anche lui! Il vecchio che aveva conosciuto fin da bambina aveva deciso di rimanere fino all’ultimo nel luogo dove aveva servito più che fedelmente. Guardò l’incendio con gli occhi lucidi e sorrise – Vecchio amico mio! Che gli dei ti accolgano e che ti diano la pace –
 
Lungo la strada aveva salutato i suoi uomini ed era arrivata a Glastonbury. Si era fermata al convento delle suore per lasciare là il suo cavallo e porgere l’ultimo omaggio a Ginevra. Ma anche lei non c’era più: morta per le complicazioni di una polmonite. Quindi, dopo aver salutato il sepolcro della Grande Regina e sua cognata, aveva preso una barca e si era diretta ad Avalon.
E ora stava marciando verso le sue sorelle. Non aveva dentro il corvo della dea che tentava di possederla e dal quale solo Oscar l’aveva salvata. In effetti, si disse, era riuscita a venire a patti con le varie anime della sua personalità. Al suo arrivo non ci furono festeggiamenti: abbracciò sua sorella Viviana, la dama bianca, la Dama del Lago prima che lei giungesse là con Oscar e André e l’altra sua sorella, Morgause, la dama rossa che, se mai era possibile, con il passare del tempo era diventata ancora più bella e radiosa.
Andarono subito a rendere omaggio al luogo dove il loro fratello Artù riposava e là, nel profondo di un’antica tomba a corridoio, Morgana depose infine la lancia e la pietra rossa che, assieme alla spada Excalibur e alla coppa che la comunità cristiana di Giuseppe di Arimatea aveva donato, formavano i quattro oggetti sacri di Avalon
Morgana appoggiò le mani sul sarcofago e vide che la coppa ancora brillava di luce propria, che ancora stava sanando le ferite del re affinché potesse, un giorno tornare a regnare sulla Britannia. “E quel giorno verrà! Verrà, Mio Re!” pensò “Non è all’epoca di Oscar, ma il tuo giorno verrà…Verrà e saremo di nuovo insieme…E saprai che non ti ho mai tradito! Saprai che ti ho voluto bene! Saprai che ti ho amato, fratello mio! Saprai che non sono il mostro che tutti pensano
Viviana sospirò – Come è stato possibile che la pietra sia stata trovata da quella…Oscar? E come mai è possibile che, viaggiando nelle nebbie, tu, Morgana, sia stata mandata proprio nella sua epoca? –
La Duchessa sorrise debolmente – Ci ho pensato, sorella. La pietra è stata dispersa per secoli, ma è anche vero che, per molti più secoli, è stata conservata ad Avalon e ad essa è legata indissolubilmente…E, se ti rammenti, Avalon aveva scelto come suo ultimo campione proprio Lady Oscar. E me come sua Dama del Lago…Non è stato un caso che proprio noi due abbiamo visto il suo potere e abbiamo ritrovato la lancia del dio…Di…Di Lug –
Viviana strinse le labbra – Le nostre sacerdotesse percepiscono che il mondo esterno sta cambiando. Troppo velocemente! Alcune di loro pensano di poter uscire da questo limbo e, quando fanno ritorno sono impazzite e si uccidono…Oppure non tornano…Perse nelle nebbie. Ma ora sei qui sorella! La Dama del Lago è di nuovo al suo posto –
Morgana annuì – Sono qui perché là fuori non c’è più nulla per me…Per noi…Sorelle…Il nostro mondo è ormai finito e rimaniamo solo noi…E nostro fratello…E quest’isola fuori dal tempo e dallo spazio è l’unica cosa che rimane della nostra vecchia Britannia –
Dopo un attimo di silenzio Morgana si girò verso le due donne – E Merlino? E’ ancora qui? –
Morgause inarcò le sopracciglia – E’ morto –
Morgana rimase a bocca aperta – Lui…Si diceva che aveva un’età secolare… -
Viviana sospirò di nuovo – Lo abbiamo trovato morto…Nelle sue stanze. Lo abbiamo seppellito in una quercia del Sacro Bosco, come, immagino, avrebbe voluto…Ma ha lasciato scritto uno strano messaggio. In latino, credo… –
 
Dopo aver lasciato il luogo di riposo di Artù, le tre donne tornarono verso gli alloggi delle sacerdotesse ed entrarono nelle stanze che furono del vecchio Mago Merlino. Morgana aggrottò la fronte notando la grande confusione di pergamene e libri. Viviana prese un foglio da un tavolo e glielo mostrò. L’altra piegò la testa prima da un lato e poi dall’altro – Ma è latino? –
Viviana scrollò le spalle – Una parola si…Ma l’altra…Non ho la minima idea di cosa voglia dire –
Morgana inarcò le sopracciglia – Adventus…Arrivo…Hon…Honlul…Honolulu…Honolulu arrivo! (n.d.a.: citazione) Dannato vecchio pazzo! Ma cosa hai mai scritto? –
 
Glastonbury – Anno 1539
L’emissario di Re Enrico VIII, sulla cima del Tor, guardò di nuovo i tre corpi impiccati sul retro della Chiesa di San Michele: Richard Whiting, ultimo abate di Glastonbury e due dei suoi monaci che avevano voluto seguirlo nella morte: John Thorne e Roger James. Si erano rifiutati di appoggiare la riforma religiosa del sovrano e, cosa ancora più grave, di dare alle casse reali il tesoro dell’Abbazia. Poi avrebbero dovuto sbudellarli e squartarli, come era previsto dalla pena per i traditori.
L’uomo sbadigliò e poi guardò la costruzione. Un soldato si avvicinò di corsa – Mylord…Gli ordini sono di demolire la Chiesa…Dobbiamo abbattere anche la torre? –
L’uomo alzò lo sguardo verso la lugubre torre di San Michele che era stata costruita secoli prima della Chiesa: - No! – disse quasi urlando – Il Re in persona ha dato ordine che non venga toccata! –
L’uomo era uno dei pochi a sapere che, anni e anni addietro, era stata costruita quella torre non per la gloria di Dio, ma per sigillare l’empio mondo pagano. La Chiesa aveva usato gli stessi mezzi degli antichi: se le grandi pietre verticali amplificavano il potere della terra, quella torre, eretta in un preciso punto della grande collina, aveva chiuso un intero mondo. Cosa ci fosse in quel posto lui non lo sapeva, ma Re Enrico era stato categorico, quasi spaventato da qualcosa o qualcuno, nell’ordinare che quella torre non fosse mai e poi mai abbattuta.
 
Londra – Inghilterra – Anno 1787
Re Giorgio III agitò la tazzina del thè e guardò il liquido ambrato ondeggiare. Alzò gli occhi e si concentrò su chi aveva di fronte in quella riunione riservata. Ai lati del tavolo rettangolare c’erano esponenti dell’esercito nelle loro uniformi rosse e della marina, stretti nelle giacche blu. In fondo c’erano alcune persone in abiti civili di colore nero.
Il Re sospirò – Quindi…E’ ovvio che la nostra nuova direzione di espansione è l’India: l’Oriente con le sue ricchezze –
Un generale si piegò in avanti – Vostra Maestà, rinunciamo così alle colonie americane? –
Il Re sorrise debolmente – Bah! L’espansione di quelle colonie è sempre stata dispendiosa e non dimenticatevi, Mylords, che noi controlliamo il Canada e le isole dei Caraibi. Quei pezzenti coloni torneranno dai noi strisciando quando si renderanno conto che gestire una nazione è tutt’altro che crearla –
I presenti si concessero una risata. Il Re sorseggiò il suo thè - Piuttosto…Che ne è di Lord Baxter? Gli avevamo affidato l’incarico di sorvegliare quel francese…Quel comandante della Guardia Reale a Versailles… -
Un uomo in abiti neri sospirò – Vostra Maestà, abbiamo perso le tracce di Lord Baxter nei pressi di Salisbury. Lord Baxter in persona, a un certo punto, ci ha vietato ogni intervento. Ha più volte dichiarato che avrebbe pensato lui alla donna francese –
Il Re aggrottò la fronte e poi sorrise – Oh! Adesso ricordiamo…Oscar François de Jarjayes…La donna che comanda la Guardia Reale a Versailles…Ma diciamolo…Solo i francesi possono pensare una cosa simile…Abbiamo capito cosa è venuta a fare qui? –
Il silenzio raggelò la sala; uno degli uomini in nero sorrise debolmente – Vostra Maestà…Forse…Forse era solo un viaggio di piacere…Sappiamo che è andata a Tintagel e a Glastonbury…E’ stata ospite al comando del generale Lord Walsingham vicino a Lapford…Vincendo pure un duello con un capitano…E poi…Ne abbiamo perso le tracce perché Lord Baxter ha voluto provvedere personalmente…E abbiamo anche perso le tracce di un colonnello del nostro esercito: William Harrison –
Re Giorgio si appoggiò pesantemente allo schienale della sua poltrona – Un alto ufficiale francese…Un nobile inglese influente come Lord Baxter e un alto ufficiale dell’esercito…Avete qualche idea su come siano collegate queste persone? Perché noi ce l’abbiamo, Mylords…Spionaggio –
Un ammiraglio aggrottò la fronte – Vostra Maestà…Con tutto il rispetto…I francesi potevano inviare una persona…Meno appariscente di questa donna soldato…Dicono che sia un ottimo ufficiale, addestrato nientemeno che dal generale Conte de Jarjayes, suo padre, uno dei più valenti comandanti sul campo dell’armata francese e che sta per essere nominato responsabile dell’approvvigionamento degli armamenti per tutto l’esercito…Ma è anche una sorta di attrazione, proprio per la sua…Condizione…Senza contare che è anche amica personale della Regina Maria Antonietta –
Un generale annuì – Concordo, Vostra Maestà –
Il Re fece un gesto con la mano – E allora cosa accidenti è andata a fare a Tintagel e Glastonbury? C’è qualcosa da vedere in quelle lande desolate? –
Un uomo in nero annuì – In effetti, Vostra Maestà…Antiche leggende parlano di quei due luoghi…Sono legati al grande King Arthur
Il Re strinse le labbra – Lo so! Il primo grande re inglese! Nostro padre e nostro nonno si sono prodigati per farci apprendere ogni cosa di questa terra (n.d.a.: Giorgio III è il primo Re della dinastia Hannover a essere nato in Inghilterra e non in Germania), ma credete davvero che questa…Questo…Soldato…Sia venuto qui solo per fare il…La turista? E la sparizione non solo di Lord Baxter, ma anche di altri esponenti del parlamento e della borghesia, come la spiegate? –
Un generale si strinse nelle spalle – Vostra Maestà…E’ vero, non lo sappiamo e non ne abbiamo la minima idea, ma i nostri informatori in Francia ci dicono che la de Jarjayes è tornata da sola e che Lord Baxter e gli altri non si sono visti –
Un ammiraglio annuì – Lo confermo, Vostra Maestà. Controlliamo tutti i porti, anche quelli più piccoli e tutte le coste. Se Lord Baxter avesse…Disertato…Lo avremmo saputo –
Re Giorgio digrignò i denti – Non lo sapete? Questa de Jarjayes, che sia maledetta, se non ci sbagliamo, si trova adesso in Francia, lontano da noi…Hanno usato una persona così in vista proprio per non permetterci di toccarla, perché altrimenti sarebbe stata di nuovo la guerra…Una guerra che noi, con la nostra flotta e gran parte delle nostre risorse impegnate in Oriente, non possiamo attualmente affrontare – disse e strinse i pugni – Oh! Maledetto Baxter e maledetti francesi! Chi li faceva così furbi? E voi…Chi vi faceva così stupidi? Requisite le proprietà di Baxter e quelle della sua famiglia! Che a quel traditore non rimanga nulla! –
Gli uomini abbassarono il capo. Uno di quelli vestiti di nero, l’unico, sapeva che la de Jarjayes era stata vista in una locanda vicino a Salisbury con un’altra donna, completamente paludata di nero, con una corona in testa e dalla pelle pallida e i capelli neri corvini: “Come le streghe delle vecchie leggende” pensò, ma non osò parlare.
Il Re bevve un sorso di thè – Oh! Dobbiamo calmarci! Non vediamo l’ora di mangiare il nostro piatto preferito: crauti cucinati rigorosamente in pentole di piombo tedesco! (n.d.a.: sembra che proprio questa particolare golosità di Giorgio III per cibi cucinati in pentole di piombo abbia determinato quella che passò alla storia come “La pazzia di Re Giorgio) E la faremo pagare a Luigi e a tutta la sua corte di pagliacci impomatati! A tal proposito…Sono vere le voci di profondi dissensi nella società francese? –
Un uomo in nero annuì – Si, Vostra Maestà. Lo sforzo bellico, anche se ha visto la Francia vincitrice, ha lasciato il segno nelle loro finanze. Sembra che si stiano formando diverse fazioni in seno alla nobiltà e al popolo e che chiedano…Beh! Riforme…Da quelle più blande che fanno capo al Duca d’Orleans, cugino di Re Luigi e al Marchese de La Fayette… - disse, ma il Re fece una smorfia – Non ricordateci il nome di quel viscido che ha aiutato i pezzenti coloni contro di noi! –
L’uomo in nero deglutì – Come Vostra Maestà comanda! Fino a quelli più oltranzisti che sembra facciano capo a un borghese, un avvocato di provincia, un certo Maximilien Robespierre. A quanto ne sappiamo fino a poco tempo fa c’era persino, a Parigi, un eroe mascherato chiamato il Cavaliere Nero che rubava ai nobili per donare ai poveri –
Re Giorgio si massaggiò gli occhi con pollice e indice – Donne al comando della Guardia Reale…Avvocati che fomentano movimenti di rivolta…Buffoni mascherati…Ringrazio Dio di non essere francese! – disse suscitando le risate generali.
Il sovrano si sistemò ancora sulla poltrona – Ma non c’è nulla di nuovo in quello che mi avete detto! Bah! Concentriamoci sugli sforzi del Duca d’Orleans e di quel…La Fayette…Che seminino zizzania e rallentino la politica estera francese. Anche perché crediamo che le frange più estreme non arriveranno mai a impensierire la monarchia…Specie con un avvocato di provincia…Come avete detto che si chiama? –
L’uomo in nero si piegò in avanti – Vostra Maestà: il suo nome è Maximilien Robespierre –
Il Re annuì – Ecco…Appunto…Le aspirazioni di questo avvocato andranno a sbattere contro la potenza dell’armata francese e Luigi e la sua regina austriaca non perderanno certo la testa a causa di questo…Robespierre. Tornando alla de Jarjayes…Vogliamo che gli venga recapitato un messaggio personale da parte nostra – disse snudando i denti come una belva.
 
Dunblane – Scozia – Regno Unito (oggi)
Mary pulì la tazza e l’appoggiò delicatamente sul bancone. Gli piaceva essere precisa, soprattutto nelle pulizie per il King’s Pub della Main Road. “King’s Pub Kitchen and Coffee House” si disse mentalmente e prese un’altra tazza.
Nella piccola sala c’era solo il vecchio Connor che sfogliava un giornale masticando tabacco. Era raro avere degli ospiti per la notte, ma era ancora più raro che fossero stranieri e Mary voleva che tutto fosse in ordine.
Sentì dei passi nelle scale e delle voci concitate che parlavano una lingua straniera. L’uomo, di nome Maurice, arrivò per primo sbuffando – Per l’amor del cielo, Odille, non facciamoci riconoscere anche qui…Oggi dobbiamo partire da Edimburgo e tornare a Parigi, te ne prego! –
La donna, che scendeva subito dietro di lui, alzò una mano – Non se ne parla Maurice! Mi devono sentire! – disse e andò subito al bancone. Mary appoggiò la tazza e sorrise – Posso aiutarvi? –
Odille sorrise – Bonjour…Potevate avvertirci che qui ci sarebbero state delle manovre militari…Non saremmo andati da un’altra parte, ma di certo ci saremmo messi tappi per le orecchie –
Mary rimase di stucco – Io…Non capisco…Non abito qui e chi ha fatto il turno di notte non mi ha detto nulla. Che io sappia non ci sono state manovre qui nei dintorni, men che meno militari –
Odille sorrise – Non mi prenda in giro! Abbiamo sentito per quasi tutta la sera dei rumori di un reggimento in marcia. Erano passi! Passi con la cadenza che solo un esercito in movimento può avere e non ho chiuso occhio fino all’alba! –
Maurice sospirò – Veramente dopo un’ora i rumori sono cessati di colpo…E’ che tu sei stata tutta la notte a rimuginare su cosa dire –
Odille alzò una mano – Non ora Maurice! Quindi…Se non erano dei militari…Di cosa mai si poteva trattare? Di fantasmi forse? – disse sorridendo.
Il vecchio Connor, che aveva sentito la discussione, sorrise debolmente: – Probabilmente si – disse lentamente.
Odille si girò, imitata da Maurice e Mary tentennò sconsolata – Ti prego…Non ancora con quella storia –
Odille socchiuse gli occhi – Prego? –
Connor la guardò – Sembra che da molti anni a questa parte, in alcune sere, si sentano i rumori che voi stessi avete udito…Quelli di un esercito in marcia. Conoscete la storia della Regina Boudicca? –
Odille e Maurice si guardarono e Connor sorrise di nuovo – Io ero insegnante qui alla scuola secondaria di Dunblane: l’antica Regina Boudicca, del sud dell’Inghilterra, si ribellò contro la dominazione romana durante il regno di Nerone. Lo fece perché, non avendo abbastanza beni per pagare le tasse romane, i legionari la frustarono pubblicamente e stuprarono le sue due figlie –
Odille si irrigidì, ma l’uomo continuò: - Maledì i legionari che l’avevano oltraggiata, che appartenevano alla Nona Legione dell’esercito romano e sconfisse pure quell’unità in battaglia, infliggendole dure perdite. La legione venne ricostruita e, anni dopo, mandata in esplorazione oltre il Vallo di Adriano, in Scozia…E lì sparì dalla faccia della terra –
Odille strinse le labbra – In Scozia…Vorreste dirmi che i rumori che abbiamo sentito ieri sera, quelli di un esercito in marcia…Erano quelli di una legione romana maledetta e dispersa secoli fa? –
Connor sospirò – Questo è quello che si dice, mademoiselle. Nei dintorni non ci sono basi militari e da molto tempo non si vedono parate, figurarsi parate notturne –
Maurice strinse le labbra – Affascinante –
Odille sbuffò – Per favore! Andiamocene! Non vedo l’ora di essere di nuovo a Parigi –
La coppia uscì dopo aver pagato il conto e Mary si appoggiò al bancone sconsolata. Guardò Connor – Dovevi proprio parlare di quella…Quella cosa? –
Lui scrollò le spalle – Era da molto tempo che i legionari non si facevano sentire e, piccola, se ci pensi è molto triste…Maledetti e costretti a marciare per l’eternità –
Mary tentennò – Si…Certo…Come no – disse e andò nel retro.
Connor la guardò infilare la porta e poi sospirò: “E ancora, dopo più di mille anni, la Regina non li ha perdonati! Che destino!” pensò e tornò al suo giornale.
   
 
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