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Autore: Vallyrock87    15/02/2022    11 recensioni
Katsuki Bakugou e Izuku Midoriya sono amici d'infanzia. Fin da quando erano bambini nessuno gli aveva mai separati. Ma un giorno, poco prima che iniziassero le superiori Izuku se ne va a vivere in un altra città, lasciando così Katsuki da solo.
Ma il destino decide che devono rincontrarsi di nuovo, così i due si ritrovano faccia a faccia dopo tanto tempo, e i vecchi sentimenti tornano a galla, e sono più dolorosi di ciò che si possa immaginare.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Saint Valentine's Day'
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Artsta fanart: jjin_miryeon art

Ringrazio la mia beta @MoonSuckerlove perché senza di lei alcune cose sulla fortezza di Briançon non me le sarei mai ricordate, visto che sono eoni che non vado più fino a lì.


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Erano le prime ore del pomeriggio alla fortezza di Briançon, piccola città situata al confine tra l’Italia e la Francia la cui parte più antica era una cittadella fortificata, situata più in alto delle case moderne. Faceva freddo in quella stagione, ma in fondo in quel luogo anche in pieno agosto non si sentiva il caldo asfissiante che si poteva avvertire altrove. Situato all’altezza di 1538 m. era meta turistica di molti, i vari negozi di souvenir all’interno delle mura avevano preso il posto di quelli che forse un tempo erano le botteghe degli artigiani o chissà che altro. Al suo interno si poteva ancora respirare l’aria del medioevo, immaginare lo scalpiccio dei cavalli e la gente che passava per le strade lastricate  di pietra, attraversate dal caratteristico canale di scolo centrale, testimone di un passato ormai lontano.

Katsuki Bakugou, (“Kacchan”  soltanto per il suo antico amico d’infanzia, nessun altro aveva il diritto di chiamarlo in quel modo),  parcheggiò l’auto poco più in là, in un grande piazzale situato nei pressi della porta principale della fortezza. In quel periodo non era molto frequentato, i turisti erano pochi rispetto al periodo estivo. Nonostante essere al centro dell’attenzione lo facesse sentire bene, il sovraffollamento di persone lo irritavano in modo sconclusionato. Ma era lì per un motivo a lui ancora sconosciuto e, avrebbe anche sopportato quelle comparse, solo per assecondare i voleri di colui che lo aveva invitato in quel luogo quel giorno.

Quella mattina si era crogiolato nei suoi pensieri, chiedendosi per quale motivo proprio quel giorno Izuku “Deku” Midoriya lo volesse nel suo studio. Era il quattordici di febbraio e, tra i vari scenari che si poteva aspettare da parte del nerd, aveva pensato alle cose più sdolcinate che potessero esistere, addirittura aveva pensato a una proposta di matrimonio; si era immaginato il nerd in ginocchio con una scatolina in mano, ma subito dopo aveva scacciato quel pensiero fastidioso e irritante.

Lui e Deku stavano insieme da parecchio tempo ormai. Si conoscevano fin da quando erano bambini. Kacchan aveva sempre trattato male Deku, era stato egli stesso a dargli quel soprannome che indicava un fallito, un buono a nulla;  nonostante questo, erano cresciuti insieme, avevano frequentato la stessa scuola. Ogni mattina e ogni pomeriggio percorrevano insieme il tratto di strada tra  casa e scuola, in silenzio, eppure in quei brevi momenti sembrava che l’uno giovasse della presenza dell’altro, anche senza dirsi nulla. Entrambi non ne conoscevano bene il motivo, ma nel momento in cui erano fuori dalla portata di occhi indiscreti, il bullo sembrava scomparire completamente, nonostante Katsuki avesse perennemente quell’aria imbronciata stampata sul volto, mentre Izuku spensierato come sempre, sembrava immerso in chissà quale tipo di fantasticherie.

Durante quel tragitto, non molto lungo, non si guardavano mai, non si parlavano, però, un giorno, per un fugace attimo Kacchan scrutò l’altro con la coda dell’occhio: Deku venne sorpreso a guardarlo di sottecchi; subito dopo essere stato colto in flagrante, distolse lo sguardo e abbassò il capo, mentre le sue guance si tinsero di rosso. Gli angoli della bocca di Katsuki, per il breve istante, in cui l’altro non stava guardando, si sollevarono all’insù in un flebile sorriso, l’aria sempre imbronciata che faceva parte del suo essere era mutata in qualcosa di diverso quella volta, nemmeno Kacchan sapeva ben spiegare a sé stesso quel fenomeno.

L’anno seguente, dopo che entrambi si erano iscritti alle superiori, però, la famiglia di Izuku si trasferì lontana da Briançon. Quando Katsuki lo venne a sapere ne rimase deluso, stranamente non voleva che Izuku partisse, al solo pensiero già ne sentiva la mancanza. Quel nerd gli era sempre stato tra i piedi, lo aveva sempre infastidito con i suoi deliranti ragionamenti, eppure si chiedeva perché fosse dispiaciuto della sua partenza, come mai quella notizia inaspettata facesse così male. Sentiva uno strano senso di oppressione al petto, gli sembrava che qualcuno gli stesse stringendo talmente tanto il cuore da provocargli dolore, ma per quanto ci ragionasse su non sapeva proprio quale risposta darsi.

Quando arrivò il giorno della tanto indesiderata partenza, Kacchan avrebbe voluto fermarlo, o semplicemente dirgli che era dispiaciuto che partisse, ma non fece nulla di tutto questo, se ne rimase in disparte lontano da tutti, non visibile a nessuno, e osservò Deku salutare i suoi amici. Tutti lo abbracciavano e piangevano per lui e Deku piangeva con loro. Dopo una serie di lunghi abbracci e i ciao fatti sentire quando sarai arrivato o gli arrivederci, non dimenticarti di noi, finalmente Deku partì e Katsuki sempre nel suo angolo, da lontano, vide la macchina scura dei genitori del nerd sfilargli davanti senza nemmeno fare caso a lui. In quel momento si accorse che qualcosa percorreva la sua guancia, si portò una  mano sul viso e si accorse che era una lacrima; ne rimase sorpreso, pensò che forse potesse essergli entrato qualcosa nell’occhio, di certo non poteva piangere per la partenza di Deku, no, certo che no.

Tuttavia, da quando il nerd se ne era andato, si accorse di provare un senso di solitudine e di oppressione sconquassargli le viscere, più di quello che avrebbe mai immaginato. Molto spesso si era chiesto che cos’era quella strana sensazione che provava, ma rifiutava il pensiero che fosse  a causa della mancanza di Izuku; doveva essere sicuramente malato. Così era andato dal medico, spiegandogli i suoi sintomi, ma il dottore gli aveva detto che era sano come un pesce, non aveva nulla che non andasse. Allora che cos’era tutto quel malessere che provava? Il suo orgoglio rifiutava di arrendersi all’evidenza.

Col passare del tempo, quel dolore svanì, come anche il ricordo di Deku. Con un colpo di spugna, il passare dei mesi e degli anni avevano lavato via il ricordo di Izuku dalla sua mente, o almeno così aveva sempre creduto. Finalmente quel nerd era uscito dalla sua vita una volta per tutte, ed era lontano chissà quanto, non poteva più dargli alcun tipo di disturbo.

Non aveva fatto i conti col destino che, beffardo, gli avrebbe giocato un brutto tiro. Un giorno mentre si trovava in un bar insieme a un suo vecchio compagno, che lui aveva soprannominato capelli di merda, nonostante avessero lo stesso taglio, se non fosse stato per il colore era impossibile distinguerli; quelli di Katsuki erano biondi come il grano, mentre quelli di Eijiro Kirishima erano rossi come il sangue. Si misero a parlare di piercing e tatuaggi, saltò fuori che Katsuki cercava un bravo tatuatore per farsi un piercing sulla lingua. Eijiro dopo aver sentito quelle parole uscire dalla bocca del suo amico, si mise a ridere a crepapelle; era decisamente assurdo che Katsuki avesse proprio intenzione di farsi bucare una parte del corpo da uno sconosciuto. Si bloccò di scatto quando si accorse che forse era una tattica di Kacchan per attirare le ragazze e lo guardò quasi con ammirazione.

- Credo di avere ciò che fa per te. – Gli aveva poi risposto. – Ho sentito di un tizio che, un paio di anni fa ha aperto uno studio, proprio nella fortezza. È assurdo pensare di aprire un negozio del genere proprio in quel posto, eppure sembra che funzioni, perché quel tizio sembra essere piuttosto bravo nel suo lavoro, e la voce si è sparsa in un lampo. Ho sentito di molte persone che sono state da lui e ne sono rimaste del tutto soddisfatte. – Concluse poi Eijiro.
- Sarà meglio per lui, altrimenti dovrà fare i conti con me. - Disse Katsuki con fare minaccioso. Eijiro non si scompose nemmeno un po’, ormai era abituato al carattere scontroso di Kacchan.

Qualche giorno più tardi, passeggiava nella stradina di ciottoli della fortezza diretto al negozio di tatuaggi che gli aveva suggerito Kirishima. Riuscì a riconoscerlo dalla insegna al neon in inglese: Tattoos, e dalla vetrina in cui erano esposte diverse magliette che ritraevano la morte in varie pose; su una c’era la signora con la falce con il dito scheletrico teso, come a indicare la prossima vita da recidere, nella stessa mano con il dito teso portava un anello con il teschio; un'altra maglietta ritraeva la morte con alcune carte in mano.

Katsuki entrò nel negozio, facendo tintinnare il campanello aprendo la porta. Una ragazza, seduta al bancone accanto all’ingresso, alzò la testa per vedere chi fosse entrato e non appena vide il ragazzo dai capelli biondi che sembravano simulare un esplosione, si alzò dalla sua posizione e si avvicinò.

- Buon pomeriggio signore desidera? – Disse la ragazza in tono cortese, esibendo il sorriso più cordiale che potesse avere.

- Voglio farmi un piercing alla lingua. E lo voglio subito. Chiaro! – Disse Kacchan, col suo solito fare arrogante, ma la ragazza cercò di mantenere il suo sorriso cordiale.

- Mi dispiace ma temo che non sia possibile, al momento un altro cliente sta finendo di farsi fare un tattoo, credo che sia quasi al termine, se vuole aspettare può accomodarsi nella sala d’attesa. – Disse la ragazza indicandogli le poltrone poco più in là.

- Eh, va bene, aspetterò, spero solo che non sia lunga questa attesa. – Disse Katsuki lasciandosi cadere svogliatamente su una delle poltrone.

- Non si preoccupi signore. – Gli rispose infine la ragazza.

Passarono più di venti minuti, poi una delle porte blu davanti al bancone dove poco prima Katsuki era stato ricevuto dalla ragazza, si aprì e ne uscì il cliente, un tale che Kacchan non era del tutto sicuro di conoscere; subito dopo uscì un altro ragazzo e Katsuki rimase sbigottito nel vedere la persona che si era materializzata davanti ai suoi occhi.

Il tatuatore si avvicinò al bancone per parlare con la ragazza, tra le mani teneva i guanti in lattice neri appena usati che gettò in uno dei cestini vicino al bancone, si stiracchiò appena un po’ e poi si appoggiò al piano in legno.

- Che stanchezza, fortuna che era l’ultimo cliente. – Esclamò il ragazzo, sentendo ogni nervo scricchiolare mentre si stiracchiava. Ma la ragazza gli indicò la sala d’attesa e fu in quel momento che il giovane si voltò e notò Katsuki.

I grandi occhi smeraldini del ragazzo si spalancarono e la sua bocca si aprì leggermente. Dalla gioia che provava  quasi corse verso Kacchan, per poi fermarsi a qualche centimetro da lui.

-Kacchan! – Esclamò regalandogli uno dei suoi inconfondibili sorrisi. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che qualcuno lo aveva chiamato così? Forse troppo tempo.

Dall’ultima volta che si erano visti, Izuku era cambiato. Il ragazzino paffuto che si era separato da lui all’inizio delle superiori aveva lasciato posto al fisico slanciato e asciutto di un giovane uomo, con il viso dai lineamenti delicati e le braccia muscolose adornate da alcuni tatuaggi. Le uniche cose a non essere mutate erano i suoi occhi smeraldini, ora contornati da grandi occhiali tondi dalla montatura sottile: Kacchan si stupì nel constatare quanto se lo ricordasse bene, quella spruzzata di lentiggini sulle sue gote erano ancora lì, quei capelli, verdi quanto i suoi occhi, costantemente scompigliati da chissà quale forza di gravità e poi… poi c’era quel sorriso, era ciò che Katsuki ricordava più di qualsiasi altra cosa di Deku. Era come se fosse marchiato a fuoco nel suo cuore.

- Tsk. Deku, dovevo immaginare che solo un folle come te potesse aprire uno studio proprio qui nel forte. – Disse cercando di sembrare indifferente, soprattutto alle emozioni che lo avevano investito non appena Izuku gli si era presentato davanti.

- Ah, sì è stato un azzardo, per fortuna che il lavoro non mi manca. Alla fine, è andata bene. Kacchan mi fa piacere che tu sia qui. – Disse Deku grattandosi nervosamente la nuca.

- Non sono venuto qui per te comunque, neanche sapevo che fossi tu, volevo soltanto farmi un piercing alla lingua.- Disse Katsuki asciutto.

Izuku, in quel momento sembrò rabbuiarsi, Kacchan sentì una morsa al cuore, forse era rimasto deluso? Ma scacciò quasi subito quel pensiero, continuando a guardare il suo vecchio amico d’infanzia che, nonostante tutto, aveva ancora quel sorriso stampato sulle labbra.

- Bene, allora seguimi. – Disse Izuku, prima di voltargli le spalle e dirigersi verso la porta dal quale poco prima Katsuki lo aveva visto apparire.

Katsuki lo seguì poco dopo. Nel momento in cui entrò nella stanza, vide Izuku seduto su uno sgabello mentre stava indossando i guanti in lattice neri, era voltato verso il piano su cui aveva posizionato gli strumenti che gli servivano, già sterili. Kacchan rimase qualche istante, dopo aver richiuso la porta dietro di sé, imbambolato a osservare Izuku. Decisamente non era più il ragazzino che ricordava, anche se di certo gli occhiali gli davano ancora più quell’aria da nerd che lo aveva sempre contraddistinto. Rimase lì a osservarlo per chissà quanto tempo, prima di accorgersi che due occhi smeraldini lo stavano guardando. Izuku con quel suo sorriso, che nonostante fosse passato tanto tempo non era cambiato, lo invitava a sedersi sullo sgabello davanti a sé.

Gli diede un bicchierino con del collutorio antibatterico, e poi gli spiegò come avrebbe dovuto comportarsi per far guarire al meglio il piercing. Izuku si stupì quando vide il suo vecchio amico non proferire una parola e ascoltarlo attentamente, o almeno così credeva. Si sarebbe aspettato qualche improperio del tipo: Non darmi ordini o chissà che altro; invece, Kacchan rimaneva lì a osservarlo come se stesse guardando chissà quale tipo di opera.

- Bene, ora fammi vedere la lingua. – Gli disse Izuku con fare scherzoso, prendendo tra le mani le pinze chirurgiche.

- Tsk. Non darmi ordini.- Disse Katsuki obbedendo subito dopo alla richiesta di Izuku, che sorrise istintivamente; ecco ora lo riconosceva, quello era Kacchan.

Gli afferrò la lingua con le pinze chirurgiche, nell’altra mano teneva l’ago cannula che sarebbe servito per eseguire il buco. Mentre eseguiva quella delicata operazione, per una frazione di secondo i loro occhi si incontrarono: Kacchan aveva sul volto un’espressione da predatore, come se avesse appena trovato una preda appetitosa di cui sfamarsi, Izuku mentre lo osservava dritto negli occhi aprì leggermente la bocca e un tenue rossore gli colorò le guance. Subito dopo distolse lo sguardo tornando a concentrarsi sul suo lavoro. Una volta finito, si voltò per gettare nella pattumiera lì vicino, gli strumenti e i guanti che non gli servivano più.

- Abbiamo finito. – Disse Izuku porgendogli nuovamente un bicchierino con del collutorio.

Come faceva con tutti gli altri clienti, gli rammentò di nuovo, che cosa avrebbe dovuto fare in modo che la sua lingua guarisse nel migliore dei modi. Kacchan continuava ad osservarlo, senza riuscire a muoversi da lì, mentre Deku armeggiava con qualcosa sul piano dove poco prima aveva posizionato gli strumenti. Non riusciva a guardarlo negli occhi, si sentiva in tremendo imbarazzo, dopo lo sguardo che si erano scambiati poco prima. Improvvisamente, aveva avvertito un peso all’altezza del petto e delle mani stringergli le braccia, si voltò e vide la testa di Kacchan posata sul all’altezza del suo cuore.

- Maledetto, Merdeku. Ma ti pare possibile sparire così in questo modo!? Senza più farti sentire, non una parola, non un messaggio. E poi appari di nuovo dal nulla, sei tornato a Briançon e per due anni non hai pensato nemmeno di avvertirmi. Maledetto, maledetto, maledetto! – Gli inveì contro Katsuki, gettandogli addosso tutta la sua rabbia e la sua frustrazione, biascicando un poco a causa del piercing.

Erano andati a scuola insieme per anni e, nonostante Katsuki avesse sempre trattato male Izuku, lui gli era sempre stato accanto, tanto che ormai aveva fatto l’abitudine al suo caratteraccio. Poi le loro strade si erano divise e Katsuki aveva avvertito come una lacerazione nel momento in cui lo aveva visto salire sulla macchina dei genitori e poi era sparito, lontano da lui, dai ricordi, per anni senza dare nessun segno della sua esistenza.

- Perdonami Kacchan. Avrei voluto salutarti quando sono partito, ma tu non c’eri. Ti ho cercato con lo sguardo sperando che arrivassi. L’unica persona che avrei voluto vedere per l’ultima volta prima di lasciare questo paese eri tu. Ho creduto che alla fine tutto ciò che mi dicevi fosse reale, che tu  mi odiassi sul serio, ho creduto di essermi illuso che, nonostante tutto, mi volessi bene. E ora, vederti qui tra le mie braccia, mi fa capire che, di nuovo, mi sono sbagliato. Ho passato tutti questi anni a pensarti, a chiedermi che cosa stessi facendo, ed è per questo che sono tornato. Non  avevo il coraggio di ripresentarmi davanti a te, col pensiero che mi odiassi davvero. Per questo ho lasciato passare due anni, per questo non mi sono più fatto vivo, e ti chiedo perdono Kacchan, perché non avevo capito nulla.-

Katsuki si era sentito stringere da Izuku, subito dopo essersi fatto sfuggire quella raffica di improperi e lui istintivamente si era stretto maggiormente tra le sue braccia. E, dopo aver ascoltato le parole di Izuku, aveva alzato il volto per guardarlo, ma Deku sembrava che stesse guardando un punto imprecisato davanti a sé, come ipnotizzato. Katsuki si staccò bruscamente da quell’abbraccio, per poi sollevarsi in piedi e dirigersi verso la porta.

- Sarà meglio per te se non ti allontani più, altrimenti ti ammazzo. – Disse Katsuki, facendo sembrare le sue parole come una minaccia. Izuku gli rivolse un sorriso, per poi vederlo sparire dietro la porta; ora sapeva, anzi era sicuro di cosa si celava dietro quelle parole; i suoi veri sentimenti.

Da quel giorno Katsuki, con la banale scusa di far controllare come stesse guarendo il piercing, si recò spesso nello studio di Izuku. Deku sapeva che quelle di Kacchan erano tutte scuse per poterlo vedere e quindi lo lasciava fare. Molto presto i loro rapporti si riallacciarono. Lo studio di tatuaggi fu testimone di molteplici avvenimenti, conservati segretamente tra quelle mura: dal primo bacio, al loro primo momento di intimità, dopo che il negozio era stato chiuso al pubblico.

Con molta cautela, si erano alla fine riavvicinati molto più di come avrebbero mai immaginato. Senza nemmeno accorgersene, erano andati a vivere insieme. Avevano trovato un  appartamento che non distava molto dal Forte, non era dei più grandi o costosi, ma al suo interno era racchiusa l’essenza di entrambi. Sulle pareti, si mischiavano i colori tra il verde e l’arancione. Il miscuglio tra queste due colorazioni era maggiormente visibile tra le pareti della loro camera da letto.  

Passarono così gli anni, e la convivenza per loro divenne sempre più solida, ritrovarsi aveva portato a galla antichi sentimenti, antichi ricordi e a volte venivano rievocati. Ogni angolo dell’appartamento era ricolmo di loro foto, soprattutto di quando erano  bambini, quella era la parte più bella della loro vita insieme.

Katsuki e Izuku erano arrivati alla conclusione che il loro non fosse stato un incontro dettato dal caso. Nemmeno nel periodo in cui erano rimasti lontani erano riusciti a scordarsi l’uno dell’altro, un chiaro segno che il loro incontro era stato dettato dal destino. Izuku dal canto suo aveva sempre sperato che Katsuki rimanesse sempre lo stesso; il suo carattere scontroso, la sua voglia di essere sempre al centro dell’attenzione oscurando gli altri era ciò che lo caratterizzava; perciò, Deku si era innamorato di lui e non avrebbe voluto per niente al mondo che le cose cambiassero. Durante uno dei tanti giorni di qualche anno prima Izuku glielo confessò: Kacchan non cambiare mai, è per questo che ti amo, perché sei tu. Katsuki alzò appena gli angoli della bocca, quasi impercettibilmente.

Izuku pensò che tutti quegli anni passati insieme dovessero essere concretizzati, in qualche modo avrebbe voluto che a tutti gli effetti diventassero finalmente una famiglia. Così qualche settimana prima aveva chiesto a Katsuki di andare a trovarlo nel suo studio proprio il giorno di San Valentino. Gli aveva detto che avrebbe avuto una sorpresa per lui; Katsuki gli aveva risposto che non voleva nulla, ma Izuku aveva insistito e davanti a quegli occhi smeraldini supplichevoli non aveva potuto opporre resistenza.

Così in quel giorno di febbraio, si trovava davanti a quella pesante porta a vetro con l’intelaiatura di  ferro, come tante altre volte, ma sentiva che quella giornata sarebbe stata diversa da qualunque altra. Era stranamente agitato perciò prese un lungo sospiro ed entrò facendo tintinnare il campanello sulla porta, che annunciava l’arrivo di qualsiasi estraneo. Senza nemmeno degnare di uno sguardo la ragazza che di solito era al bancone, o accertarsi che fosse presente, entrò direttamente nella stanza dei tatuaggi dove anni prima, si era fatto fare un piercing proprio da Izuku. Quando si erano rincontrati dopo millenni.

Il ragazzo dai capelli verdi perennemente scompigliati era voltato di spalle, intento ad armeggiare con qualcosa che Katsuki non riusciva a capire. Izuku, sentendosi le spalle andare a fuoco, si voltò verso di lui regalandogli uno dei suoi soliti sorrisi, tali da illuminare anche le giornate più uggiose.

- Kacchan! Sei arrivato finalmente! – Esclamò Izuku, mentre Kacchan si malediceva per come rimaneva abbagliato ogni volta che Deku gli sorrideva.

- Si può sapere che cazzo significa tutto questo mistero? – Disse Katsuki cercando di sembrare il più indifferente e annoiato possibile. Ma Izuku gli sorrise nuovamente.

- Pazienza Kacchan, ora vedrai. Scusami solo un secondo. – Gli rispose Izuku, sparendo dalla stanza un minuto dopo.

Katsuki sentì il campanello d’ingresso suonare e poi la serratura della porta scattare. Izuku aveva chiuso il negozio, Katsuki alzò un sopracciglio non capendo cosa stesse succedendo. Dopo pochi secondi, vide Izuku tornare con un’ aria soddisfatta.

- Che cazzo significa? Se volevi sequestrarmi potevi farlo anche a casa. – Disse Kacchan cercando di sembrare infastidito.

- Pervertito. Non credo comunque che ti sarebbe dispiaciuto. – Disse Izuku facendogli l’occhiolino. – Ma non era comunque per questo che ti ho chiesto di venire qui oggi. – Aggiunse poi con un’ aria quasi più seria. – Oggi volevo farti una sorpresa, molto diversa dal solito, perciò siamo soli, avevo pensato a cose banali come cioccolatini o delle rose. Le solite cazzate insomma, ma credo che questo potrà essere più originale, inoltre rimarrà con te per tutta la vita quindi, visto l’importanza, spero ti possa piacere. Sempre se acconsenti a farti tatuare da me, è chiaro che se non vuoi io no…- Stava nuovamente cadendo in uno dei suoi innumerevoli discorsi deliranti, quando Katsuki lo interruppe.

- Hey, hey Deku, smettila di parlare a vanvera. Comunque chi ti dice che io abbia voglia di farmi marchiare la pelle da te?- Disse Katsuki a quel punto, ma quando vide la delusione affiorare in quegli smeraldi così limpidi, si ritrovò ad emettere uno dei suoi molteplici Tsk, per poi aggiungere: – Allora dove lo vuoi fare? –Infine, rivide quegli occhi verdi brillare come stelle nella notte più buia.

- Oh! dovresti toglierti la maglietta. Ma dovrai promettermi di non  sbirciare. – Gli rispose Izuku, indicandogli con la mano di accomodarsi sul lettino che di solito usava per tatuare i clienti.

Katsuki, senza più dire una parola, si tolse la giacca, il maglione e la canotta, capendo quasi immediatamente perché Izuku la sera prima gli avesse detto di pulire la propria pelle con dello scrub. Si accomodò sul lettino in silenzio, mentre Izuku si era voltato a prendere la macchinetta alla quale aveva cambiato l’ago poco prima. Si preparò in un tavolino lì vicino tutto ciò di cui aveva bisogno per il tatuaggio.

Katsuki osservava il soffitto dopo che Izuku gli aveva trasferito sulla pelle lo stencil del tatuaggio, più precisamente all’altezza del cuore. Nella stanza si sentiva soltanto il rumore della macchinetta, Izuku sembrava stranamente silenzioso. Fu allora che Katsuki voltò la testa per guardare Deku. Rimase incantato a osservare la sua espressione concentrata, la ruga al centro della fronte, le labbra leggermente serrate e gli occhi puntati sul lavoro, mentre di tanto in tanto con un pezzo di carta assorbente puliva il tatuaggio dall’ inchiostro in eccesso. Katsuki represse il desiderio di immergere le dita in quella zazzera verde scompigliata di ricci, sapeva che se lo avesse disturbato, avrebbe spezzato quella concentrazione quasi magica.

Passò molto tempo, dopo molteplici cambi di inchiostro, di vaselina fredda sulla pelle e diverse pause dove Izuku aveva fatto in modo che Kacchan non si guardasse, Deku si sollevò dal suo lavoro, pulendosi la fronte con il dorso della mano. Immerse i suoi occhi di smeraldo in quelli di rubino di Katsuki, rivolgendogli il suo solito sorriso luminoso.

- Abbiamo finito Kacchan. – Gli disse a quel punto Izuku con un aria decisamente stanca.

Katsuki, subito dopo si alzò in piedi per andarsi a osservare allo specchio, curioso di vedere cosa avesse avuto in mente Deku per quella giornata così tanto speciale per lui. Rimase letteralmente scioccato quando capì cosa significava quella scritta che risaltava lì, all’altezza del suo cuore, una palese richiesta di diventare qualcosa di più concreto per il resto della loro vita.

In uno stile romantico la scritta nera contornata da fiamme arancioni e verdi, con un piccolo diamante di rubino come gli occhi di Katsuki nell’angolo in basso, recitava: Will you marry me? Katsuki si voltò verso Deku che, con le gote lievemente arrossate aspettava una sua risposta. O forse si aspettava una imprecazione o qualcosa di peggio? No, in fondo Katsuki aveva acconsentito a farsi imprimere quelle parole sulla propria pelle, la verità era che Kacchan era rimasto completamente senza parole. Cercava di articolare qualcosa ma gli era praticamente impossibile, perciò Izuku si ritrovò con la schiena al muro e con le labbra del suo antico amico d’infanzia premute sulle sue e dopo essersi scambiati la saliva e aver fatto incontrare le loro lingue, si staccarono da quel contatto per riprendere aria.

- Lo devo prendere come un sì? – Chiese Izuku con la fronte poggiata a quella del suo futuro sposo.

- Taci maledetto Deku. – Gli rispose Katsuki, ma Izuku capì che quello poteva essere decisamente un sì.

Un chiaro segno che le loro strade non si sarebbero mai più divise, in fondo per entrambi era del tutto impossibile. Il filo rosso del destino per loro era più forte che mai.


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Angolo Autrice
Avrei voluto pubblicarla ieri, ma tra che non ho dormito a sufficienza e il mal di testa, alla fine non avevo testa di ricontrollarla ancora un paio di volte prima di pubblicarla.
Forse come personaggi visto la località sarebbero andati meglio Levi o Eren, ma visto che è stata la fanart a ispirarmi, alla fine mi è piaciuto collocarli in un altro luogo differente da Tokyo.
Spero sia piaciuta anche a voi.
Alla prossima =)

   
 
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