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Autore: Ghost Writer TNCS    19/02/2022    2 recensioni
Da sempre le persone hanno vissuto sotto il controllo degli dei. La teocrazia del Clero è sempre stata l’unica forma di governo possibile, l’unica concepibile, eppure qualcosa sta cambiando. Nel continente meridionale, alcuni eretici hanno cominciato a ribellarsi agli dei e a cercare la verità nascosta tra le incongruenze della dottrina.
Nel frattempo, nel continente settentrionale qualcun altro sta pianificando la sua mossa. Qualcuno mosso dalla vendetta, ma anche dalla volontà di costruire un mondo migliore. Un mondo dove le persone sono libere di costruire il proprio destino, senza bisogno di affidarsi ai capricci degli dei.
E chi meglio di lui per guidare i popoli verso un futuro di prosperità e progresso? Chi meglio di Havard, figlio di Hel, e nuovo dio della morte?
Questo racconto è il seguito di AoE - 1 - Eresia e riprende alcuni eventi principali di HoJ - 1 - La frontiera perduta.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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8. Risolutezza

«Il vostro è davvero un obiettivo molto nobile, ma cosa farete quando troverete qualcuno che non è d’accordo con voi?» gli chiese Nambera.

«Lo convincerò che ho ragione» rispose Havard, ancora adolescente.

«E se non vorrà ascoltarvi?»

«In quel caso dovrò costringerlo.»

«Ad ascoltarvi o a darvi ragione?»

«Entrambe le cose.»

Nambera annuì. «Scusatemi se insisto, ma devo chiedervelo: lo farete pur sapendo che questo vi renderà suo nemico? Che ai suoi occhi apparirete come un dittatore?»

Il giovane orco si prese un attimo per ragionare. «Il mio obiettivo è creare un mondo migliore per tutti, non intendo fermarmi se una minoranza non è d’accordo.»

«E se fosse la maggioranza a esservi contraria?» insistette l’anziana.

Havard rifletté su quell’ultima obiezione. «Allora dovrò sconfiggerli tutti e costringerli a seguirmi. Solo così capiranno che ho ragione.»

Havard riuscì a intuire appena in tempo le intenzioni dei suoi avversari ed evocò una barriera intorno a sé. Gli incantesimi degli orchi arrivarono da ogni direzione, ma la sua difesa resse; per quanto fossero numerosi i suoi nemici, restavano pur sempre dei comuni mortali, lui invece era un dio: non sarebbero mai riusciti a sconfiggerlo.

Appena l’offensiva si affievolì, il pallido passò al contrattacco: batté a terra il suo bastone e un’onda gelida esplose in ogni direzione, investendo i guerrieri e facendoli cadere a terra. Uno strato di brina si allargò sui loro corpi muscolosi, rallentandone i movimenti e fiaccandone la determinazione.

Alcuni erano riusciti a resistere o a ripararsi in qualche modo, ma il figlio di Hel non intendeva concedere loro alcuna tregua: puntò il suo bastone contro di loro, scatenando la magia di putrefazione. Per quanto fossero forti e resistenti i suoi nemici, nessuno sarebbe riuscito a difendersi dalla necrosi.

Udì un ruggito e vide il suo drago che si scrollava di dosso lo strato di brina. Anche lui, come gli ordogue, era stato investito dalla magia del pallido, ma per fortuna sembrava stare bene.

«Scusa, amico mio.»

Il drago spalancò le fauci e sputò un getto di fiamme contro un gruppo di orchi pronti ad attaccare.

Alcuni ordogue erano già stati uccisi e gli altri erano ancora storditi dal gelo, ma per fortuna la sua cavalcatura era in grado di combattere.

Havard individuò un altro orco armato di bacchetta e lo finì prima che questi potesse attaccare. Allo stesso tempo, il suo drago incenerì un manipolo di guerrieri pronti ad aggredirlo con le loro armi da mischia.

Ormai aveva ucciso almeno la metà dei difensori, quindi i sopravvissuti cominciarono a esitare. Sapevano di dover lottare, ma quella più che una battaglia sembrava un massacro.

«È inutile continuare a combattere!» affermò Havard. «Potete morire qui e adesso, o potete condurmi dal vostro capo!»

I difensori erano incerti. Si guardavano a vicenda, ma nessuno riusciva a prendere una decisione: il capo dei guerrieri era a terra, e nessuno voleva assumersi la responsabilità di farlo entrare in città.

Il figlio di Hel era ben conscio di questo, così fece la sua mossa.

«Tu!» chiamò rivolgendosi a uno dei guerrieri. «Portami immediatamente dal governante di Ganshada!»

Il giovane orco, trovandosi improvvisamente al centro dell’attenzione, rimase un attimo pietrificato. Si guardò intorno, ma neanche i suoi compagni sapevano cosa fare.

Havard si avvicinò con passo deciso alla sua “vittima”, seguito a poca distanza dal suo giovane drago.

«Ho detto immediatamente

Il figlio di Hel lasciò fluire la sua aura, aumentando ulteriormente il timore che riusciva a infondere nel giovane orco.

«Da… da questa parte» gemette il malcapitato, dirigendosi con passo incerto verso il portone ancora aperto.

Gli altri orchi si fecero da parte al loro passaggio: in parte per via dell’aura che Havard riusciva a emanare, e in parte per non essere schiacciati dal drago che lo seguiva.

Il pallido non aveva bisogno di girarsi per sapere che gli altri guerrieri erano tutti dietro di lui, pronti ad attaccarlo, ma privi della volontà necessaria per farlo.

Una volta raggiunto l’ingresso della città, Havard fece segno al suo giovane drago di aspettare: per quanto apprezzasse la sua lealtà, le strade interne erano troppo strette e affollate per un animale della sua stazza.

Il rettile chinò il muso, dispiaciuto, poi però lo risollevò con fierezza e lanciò uno sguardo minaccioso ai guerrieri.

Superate le mura, Havard si guardò intorno. L’arrivo degli intrusi aveva sicuramente fatto scattare l’allarme, ma non tutti si erano rifugiati in casa: diversi mercanti erano rimasti all’esterno e, armati di bastoni o altre armi di fortuna, erano decisi a proteggere le loro ricche bancarelle.

In ogni caso ormai quasi tutti si erano accorti che lo scontro erano finito, infatti numerosi volti facevano capolino ai cigli delle strade o affacciati a porte e finestre. Il figlio di Hel riconobbe numerosi chierici devoti a divinità diverse, così come esponenti di altre specie: goblin, demoni, un paio di troll e perfino alcuni sauriani, probabilmente mercanti venuti da occidente.

In un’ampia strada laterale notò anche un mercato degli schiavi, con tanto di prigionieri ancora legati e in attesa di essere venduti.

L’edificio dove risiedeva il governante si trovava al centro della città, situato in una posizione sopraelevata di grande prestigio, da dove era possibile osservare tutto all’interno delle mura, e probabilmente anche le miniere all’esterno.

Man mano che si avvicinava, Havard cominciò ad avvertire una sgradevole sensazione: gli ricordava quella avvertita in presenza dello spirito del padre di Morzû, ma era più flebile e più intensa al tempo stesso. Aveva un brutto presentimento, ma per il momento doveva restare concentrato: aveva troppi sguardi addosso per rischiare di dimostrarsi indeciso.

Raggiunto l’edificio del capo della città – costruito in solida pietra –, Havard riconobbe subito che si trattava di una canonica. Non che questo potesse stupirlo: nei centri abitati più grandi era molto comune che il capo religioso fosse anche il capo politico.

«Che stai aspettando?» chiese notando l’esitazione della sua guida.

«Devo prima chiedere al priore se desidera riceverti» provò a obiettare il giovane orco, ma l’occhiataccia del figlio di Hel bastò a fargli cambiare idea. «Da… Da questa parte.»

 Insieme entrarono nella casa dei chierici, salirono alcune rampe di scale e finalmente furono a destinazione.

Arrivati davanti all’ufficio del priore, i due si fermarono. Dall’interno provenivano le voci di due persone: sembravano preoccupati per qualcosa, ma Havard non intendeva stare a origliare.

«Bussa» ordinò. Non voleva perdere tempo, ma non intendeva nemmeno dimostrarsi eccessivamente sgarbato con il suo potenziale suddito.

Al sentire i colpi sulla porta, le voci all’interno si fermarono.

«Avanti.»

Il guerriero aprì la porta e lasciò passare il pallido, che entrò con passo deciso e portamento fiero.

Il priore era un orco abbastanza anziano e decisamente in sovrappeso. La sua toga sacerdotale riportava delle decorazioni con i colori dell’arcobaleno, quindi doveva essere devoto a Mbaba Mwana Waresa[7]. Portava anche diversi monili luccicanti, come a ostentare il suo potere e la sua ricchezza.

Insieme a lui c’era un altro chierico decisamente più giovane, probabilmente un sacerdote di Nergal a giudicare dal pendente a forma di testa di leone.

«Padre, quest’uomo dice di essere il figlio di Hel. Desidera parlarle.»

«Il figlio di Hel?!» esclamò il sacerdote più giovane. «Non dire assurdità!»

«Posso dimostrartelo anche subito» lo ammonì Havard. «Sei un sacerdote di Nergal, giusto? Non credere di essere immune ai miei poteri.»

«Hel ci ha abbandonato!» esclamò il chierico. «Ha tradito i suoi doveri e se n’è andata! Se non fosse stato per Nergal, l’equilibrio tra il mondo dei vivi e quello dei morti sarebbe andato in pezzi! E tu affermi di essere il figlio di quella traditrice?!»

«Tu non sai di cosa parli!» ribatté Havard, faticando a controllare la sua rabbia. «Mia madre è stata uccisa! Gli dei hanno lasciato che accadesse per i loro stupidi giochi di potere!»

«Gli dei non possono venire uccisi! Sono dei, idiota!»

Il pallido allungò il braccio e gli afferrò l’anima. «Nemmeno gli dei sono invincibili! Esistono armi in grado di uccidere perfino esseri immortali. Ma sei troppo ignorante per saperlo, o troppo cieco per ammetterlo.»

Il sacerdote cadde in ginocchio, in bilico tra la vita e la morte, del tutto impotente.

Dopo alcuni interminabili istanti, il figlio di Hel lasciò la presa sull’anima del chierico, appena prima di strapparla dal corpo.

«Tu sei abbastanza vecchio da aver vissuto quei giorni» affermò Havard in direzione del priore. «Hai qualcosa da dire, o sei anche tu troppo accecato dalla dottrina?»

L’anziano orco rimase in silenzio per un momento, incerto. «È vero, ho sentito delle… voci. Quello di vent’anni fa è stato un periodo… tumultuoso. I civili non lo sanno, ma non posso nascondere che ci siano stati alcuni… screzi tra gli dei. Screzi che hanno portato alla Nuova Dottrina.»

Il sacerdote di Nergal era senza parole. «Padre, non può dire sul serio…»

«Non voglio mettere in dubbio la vostra fede, ma gli dei non sono gli esseri perfetti che credete. E mia madre non vi ha tradito! Ma in ogni caso non sono qui per parlare di teologia. Sono qui per discutere di affari.» Lanciò un’occhiata al chierico più giovane, per poi concentrarsi sul priore. «Sto creando un mio regno basato sul progresso dove tutti possono ambire a una vita di prosperità. Un regno dove non sarete vincolati alle tradizioni, ma dove potrete fare tutto ciò che ritenete giusto per migliorare la vostra vita e quella degli altri. E voglio che Ganshada ne faccia parte.»

Il priore parve interessato da quelle ultime parole. Incrociò le dita piene di anelli, scrutandolo con occhio attento. «Un tuo regno, eh? Anche se dici di non voler parlare di teologia, pensi che gli dei approveranno?»

«Non mi serve la loro approvazione.»

Il sacerdote di Nergal fece un passo avanti, indignato. «Come osi?!»

«Sono io stesso un dio» sottolineò Havard. «Perché dovrei chiedere il loro permesso per migliorare il mondo?»

Il giovane chierico era in difficoltà. «Tu… Tu non puoi…»

«Tarèk» lo zittì il priore. «Lasciaci. Voglio discutere in privato con il nostro ospite.»

Il sacerdote non poté che annuire. «Come desidera, Padre.» Lanciò un’occhiataccia al pallido e lasciò la stanza insieme al giovane guerriero.

«Riformulo la mia precedente domanda: cosa farai quando gli dei manderanno i loro inquisitori?»

«Per allora saremo pronti. E nessun inquisitore è forte quanto un dio. Quanto me

Il priore però non era impressionato dalla sua risolutezza. «Non metto in dubbio la tua forza, ma non puoi proteggere un intero regno tutto da solo.»

«Per questo mi servono le vostre miniere. Per costruire mura e armare un esercito.»

Questa volta il priore non riuscì a nascondere il proprio stupore. «Tu vuoi davvero combattere gli dei?»

«Farò tutto il necessario per costruire un mondo migliore. Incluso uccidere quei bugiardi egoisti. Incluso scatenare una guerra come questo mondo non ne ha mai viste.»


Note dell’autore

Ciao a tutti!

Che dire, Havard non è uno che va tanto per il sottile, ma questo l’avevate già intuito XD

Un elemento nuovo invece riguarda il passato di Raémia, e in particolare il priore ha confermato che ci sono stati degli “screzi” fra gli dei e che questo ha portato a cambiare la dottrina. Già sapevamo che Hel non è più venerata, ma ora appuriamo che il Clero la considera addirittura una traditrice.

Vi anticipo che nel prossimo capitolo scopriremo la causa della sgradevole sensazione avvertita da Havard entrando a Ganshada (ma non solo ;D).

Grazie per essere passati e a presto ^.^


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[7] Dea zulu della fertilità, dell’agricoltura e degli arcobaleni.

   
 
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