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Autore: Ghostro    19/02/2022    1 recensioni
Questa storia prende spunto dal contest Riddikulus di Fiore di Cenere
Le vicende si svolgono durante gli eventi del quinto libro della saga. Damien Kiran, giovane Tassorosso, durante una punizione notturna nella Foresta proibita fa una scoperta che cambierà per sempre la sua vita. Lui e i suoi amici si troveranno alle prese con il furto di un artefatto antichissimo e proibito capace di strappare alle persone la loro risorsa più preziosa: l'amore.
Genere: Azione, Dark, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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PUNIZIONI, INSEGUIMENTI E VOCI NELLA TESTA
 

Damien varcò l’aula di pozioni in perfetto orario.
La divisa da Tassorosso svolazzava alle sue spalle mentre scivolava tra i banchi impolverati e il fumo scaturente dai calderoni posti su un’enorme tavolo. Il calore gettava sul suo viso dei tiepidi contrasti con il freddo che ristagnava in quell’ambiente chiuso, insieme a un ricco assortimento di odori tutt’altro che piacevoli.
Prese posto a qualche banco di distanza dalla cattedra del professor Piton.
Lui, come sempre, non diede impressione averlo notato, ma per esperienza Damien sapeva che non era così. Al primo anno aveva sorpreso il suo amico Richie a spiaccicare una caccola sotto il banco; gliel’aveva fatta volteggiare sopra la testa un paio di volte e poi l’aveva fatta filare nella sua bocca. Quel giorno Tassorosso aveva perso la bellezza di venti punti ed era meglio sorvolare su quanto spaventosa diventasse la professoressa Sprite dopo un rimprovero di Severus Piton.
Capo della casa Serpeverde, nonché nemico pubblico numero due del famoso Harry Potter, da quando la Umbridge era stata ordinata nuovo insegnante di Difesa contro le arti oscure. Il professore più temuto di tutta Hogwarts. Tanta era la paura di Richie in sua presenza che ancora oggi entrava sempre per ultimo e usciva tra i primi, con un viso talmente verdognolo da sembrare che stesse sul punto di vomitare.
«Di nuovo in orario, Kiran?»
«S-Sì, professor Piton. Signore» rispose, mentre distendeva una pergamena intonsa sul banco da lavoro tirato a lucido.
Severus Piton chiuse il libro che stava leggendo e si girò verso di lui con una fluidità innaturale. Il suo viso pallido e lungo non aveva espressione, gli occhi neri privi di altra luce che non fosse lo scintillio pericoloso che s’intravedeva nel fondo dell’iride. «È straordinario vedere uno studente così ansioso di dimostrare la propria mediocrità. Voi tassorosso siete davvero delle creature speciali. Dimmi: il tuo amico Gallagard ha deciso che sarà dei presenti, quest’oggi?»
Damien deglutì. «La professoressa Umbridge l’ha messo in punizione, s-signore. Ha detto che a lei non sarebbe dispiaciuto.»
«Questo è evidente anche per la mente più ottusa.» Damien l’osservò tornare al suo libro e intingere la penna d’oca nel calamaio. Cominciò a scrivere qualcosa senza distogliere gli occhi dalle pagine. «Tuttavia, il giovane Gallagard rimane un mio studente e non dispone del talento che gli consenta di saltare le mie lezioni.»
«Certo, signore. Vuole che informi la professoressa?»
Piton lo trafisse con un’occhiata nauseata. «La magia esiste per un motivo, signor Kiran.» La sua bacchetta emerse dalla lunga manica della veste nera. Gli bastò puntarla in quella direzione perché il messaggio impresso su carta prendesse vita e iniziasse a svolazzare fuori dalla stanza.
 
«Non puoi immaginare che cosa mi ha chiesto di fare la Umbridge» sussurrò Richie, prima di sedersi accanto a lui. «Scrivere.»
Damien sbatté le palpebre. «Cosa?»
«Sì, scrivere!» Per un attimo Richie sorrise, facendo risplendere l’azzurro nei suoi occhi. «C’era una penna d’oca rossa sulla cattedra. E un foglio di carta. Voleva farmi scrivere, ma…» Si voltò verso Piton.
Damien arricciò le labbra. Non c’era bisogno di frequentare più d’una lezione con la Umbridge per capire quant’era stravagante. Eppure stentava a credere che un professore potesse infliggere una punizione del genere.
Il suo sguardo passò in rassegna gli studenti del suo corso fino a Ginny Weasley. Si conoscevano dal primo anno, ma non erano mai entrati in confidenza. Avevano dei caratteri troppo diversi. Lui era timido e straordinariamente ordinario, lei invece era coraggiosa e a quattordici anni ne aveva già viste di ogni. Lo sguardo che lanciava alla Umbridge faceva impallidire quello di palese inimicizia che mostrava al cospetto di Piton.
Sapeva che era sbagliato giudicare in base all’opinione degli altri. Giunti al quarto anno, si chiedeva agli studenti di iniziare a pensare con la propria testa, Piton lo ripeteva spesso, ma da quando la conosceva l’istinto di Ginny non aveva mai deluso e non poteva fare a meno di prenderlo in considerazione. Dopotutto, Damien si era preoccupato delle voci sulla Camera dei segreti solo quando aveva visto il pallore sul suo viso. Quando Sirius Black aveva aggredito gli studenti nel dormitorio dei Grifondoro, Ginny era tra le voci che predicavano di mantenere la calma; alla fine era andata bene, nonostante Black fosse ancora a piede libero. L’anno scorso era stata una dei pochi a sostenere che Harry Potter non avesse alcun motivo d’imbrogliare il Calice di fuoco.
Anche quell’anno Potter era al centro dell’attenzione. Voci che solo pensare potessero avere un fondo di verità gli si rizzavano i capelli sulla nuca. Eppure, lei ci credeva.
E Damien, dentro di sé, iniziava a temere.
Sua madre non avrebbe voluto mandarlo a Hogwarts, dopotutto. Se suo padre non fosse stato categorico: era tardi per iniziare a frequentare scuole ordinarie. Vero, per i mezzosangue come lui esisteva un dipartimento nel Ministero della magia col compito di convertire i crediti scolastici in documenti babbani, ma molte delle nozioni che avrebbe dovuto conoscere erano solo formali. Certo, Pozioni richiedeva la conoscenza di alcune regole matematico-scientifiche per le creazioni più elaborate, Storia della magia s’intrecciava con quella dei non maghi e la professoressa Sprite era molto esigente in fatto di Geografia, ma i due mondi erano troppo lontani e il suo futuro non avrebbe atteso che il ritorno di Tu-sai-chi fosse smentito.
Quando aveva scoperto di essere un mago era stato eccitante. Peccato che nessuno lo aveva avvertito sulle clausole in piccolo: gli effetti collaterali che comportava possedere una bacchetta lunga qualche pollice.
«Beh, ti sta bene. Hai riso della sua vocina di fronte a tutti. Come ti aspettavi che reagisse?»
Richie sghignazzò il più silenziosamente possibile mentre estraeva dalla tracolla il libro di pozioni e una pergamena pulita. «Che ci posso fare? Mi ha ricordato la mia prima insegnante di kart, mentre ci spiegava come salirci sopra.» Dovette coprire una risata con il pugno. «È caduta come una pera.»
«Gallagard, Kiran.» La voce insidiosa del professore li riportò alla realtà. «Ritenete sia troppo gravoso concedermi la vostra attenzione, invece di parlottare come due piccioncini amorosi?»
Damien arrossì tra i risolini fino alla punta dei capelli. «Nossignore!»
Piton cominciò a muoversi dritto verso di loro.
Si fermò davanti a un Richie completamente cereo e posò, in modo paurosamente lento, le mani sul suo banco. Lo fissò intensamente e a lungo, in un silenzio teso che costrinse il suo amico a deglutire sonoramente.
«Quanto a te.» Piton si girò di scatto verso Damien, facendolo sobbalzare. «Dal momento che sei così ansioso di condividere i tuoi fallimenti con il signor Gallagard, vi concederò tutto il tempo di cui avete bisogno. Stasera. In punizione.»
 
«Grandioso!» borbottò Richie mentre vagabondavano tra i sempreverdi della Foresta proibita. «Piton non ha cuore. Ecco, l’ho detto.»
Damien non poteva dargli torto. Non era la prima volta che ammoniva la loro scarsa attenzione, ma un castigo così duro era insolito. Si diceva che la punizione del guardiacaccia fosse inflitta ai primini che venivano sorpresi in giro per la scuola dopo il coprifuoco, per spaventarli e scoraggiarli dal violare le regole; nulla di davvero pericoloso, se ad accompagnarli c’era un mezzo-gigante imponente come Rubeus Hagrid. Farlo mentre il resto della scuola era a cena, inoltre, aveva qualcosa di meschino.
«Forse oggi era di pessimo umore» azzardò Damien, mentre dava uno sguardo al castello. Le finestre erano illuminate e all’interno si udiva un gran fracasso anche da quella distanza. Gli altri si stavano divertendo un mondo.
Richie sospirò. «Amico mio, tu sei troppo buono. A volte le persone sono meschine e basta. Questo mondo ti schiaccerà.»
«Sbaglio o ci siamo conosciuti perché mi eri franato addosso?» Era sfrecciato attraverso il muro del binario nove e tre quarti come un treno e per rallentare aveva avuto la brillante idea di usarlo come ammortizzatore.
Lui si schiarì la gola. «Si, beh… Ah, non si può ragionare con te!»
«Forse è opera di un Gorgosprizzo» rivelò, rompendo il suo silenzio, la voce cantilenante e tiepida della maga alla loro destra.
Richie gelò sul posto. Mosse la testa a scatti come se avesse paura d’incrociare un demone, o un troll. «C-Cosa?»
Luna Lovegood si voltò con una lentezza impressionante. I suoi occhi tondi e cristallini sembravano puntare entrambi e nessuno dei due. «Sono piccolissimi. Ti entrano nelle orecchie e succhiano via i pensieri dalla testa fino a lasciarti disorientato. Il San Mungo ne è pieno, sapete?» Annuì un paio di volte, ma non riuscirono a capire se fosse per enfatizzare il discorso o un tic nervoso.
Quando lei tornò, lentamente, a guardare la strada, Richie corse alla sinistra di Damien. Il suo viso terrorizzato era orripilante. «Ok, Lunatica è già partita per il mondo delle sue creepypasta. Mi fa paura.»
Damien alzò un sopracciglio. Richie non era meno inquietante in quel momento. Ma neanche lui riuscì a guardare Luna Lovegood negli occhi. Arrossì quando chiese: «E tu, Luna? Come mai sei stata messa in castigo?»
«Il professor Vitius ha suggerito alla Umbridge che digiunare e passeggiare nella Foresta proibita sarebbe stato più educativo. Forse si è scordato che chiedevo spesso dei permessi per venire qui, ci abitano i miei amici.» All’improvviso, il suo viso fu attraversato da un sussulto. «Spero non sia opera dei Nargilli. Poverino.»
Richie si avvicinò al suo orecchio. «È pazza, Dam! È pazza, ti dico! Io non la passo una notte nella foresta con lei. Nossignore!»
Damien roteò gli occhi. «Calmati. Non ti mangia mica.»
E mentre lui rispondeva terrorizzato che l’avrebbero fatto “i suoi amici”, non poté fare a meno di notare che Vitius aveva usato più o meno le stesse parole di Piton. Possibile che si fossero messi d’accordo? Per quanto ne sapeva, il professore di pozioni non era il tipo che confabulava con gli altri insegnanti davanti a un sorso di succo di zucca.
– Forse ritengono che scrivere non sia una vera punizione – pensò, mentre teneva gli occhi bassi e di tanto in tanto li posava per un attimo sulla strega alla sua destra.
Aveva un debole per Luna da quando erano piccoli, ma non aveva mai avuto il coraggio di vincere le occhiate piene di scherno degli altri studenti e avvicinarsi a quella ragazza così diversa. Lui non era coraggioso come Ginny ed era costantemente bersaglio di quella fetta di serpeverde che si divertiva a tormentare gli studenti nei corridoi.
Forse Malfoy aveva ragione quando ripeteva che i tassorosso erano solo un branco di spostati scartati dalle case più illustri. Non avevano coraggio, ingegno, né ambizione. L’unico lampo di luce della loro generazione era stato Cedric Diggory. Ucciso a un passo dalla gloria.
Dal Signore oscuro, se Harry Potter diceva il vero.
E lei era bella. Non quella bellezza ricercata dalle ragazze, ma gli piaceva. Il suo stile così stravagante, i lunghissimi capelli biondi che, seppur in disordine, al calare del sole assumevano una tonalità di argento pallido. I lineamenti del viso così morbidi e paffuti, perennemente distesi in un’espressività distratta. In molti ritenevano che fosse tocca, ma non poteva essere: il Cappello parlante non sbagliava mai. Con lui non l’aveva fatto.
Avrebbe voluto strapparlo in mille pezzi il giorno che l’aveva smistata pronunciando quell’odiosa parola: Corvonero. Nero, come era diventata la sua faccia per un intero semestre; l’unico caso mai registrato di primino che non era minimamente affascinato dalle bellezze del mondo magico.
«Capisco.» In verità, non aveva capito granché. Damien sapeva solo che, da quando era diventata Inquisitore supremo, alla Umbridge bastava che uno studente non respirasse nel modo che riteneva consono per metterlo in castigo. «Ad ogni modo, perché dobbiamo badare da soli ai compiti del professor Hagrid mentre lui è via? Il Preside non dovrebbe assumere qualcuno che lo sostituisca?»
Nessuno dei due seppe dargli una risposta. Nessuno dei due in realtà si curò di quello che stava dicendo. Luna aveva iniziato a canticchiare qualcosa di stranamente familiare e Richie era troppo impegnato a farsi scudo dietro di lui.
 
Nelle ore notturne, non erano solo il buio e la paura a mettere alla prova chi si avventurava nella Foresta proibita. Gli alberi erano così alti e le loro fronde fitte che a malapena si notava il cielo notturno. Il terreno era sconnesso e tempestato di rametti. Lo scricchiolio che producevano calpestandoli mandava Richie in paranoia e la luce della lanterna, che Damien stava sorreggendo, bastava a malapena per guardare dove mettevano i piedi. Faceva freddo. Molto. Il loro fiato a contatto con l’aria gelida creava condensa e i loro corpi infreddoliti tremavano; soprattutto lui, da quando aveva insistito per prestare a Luna il suo mantello. Procedevano ingobbiti, falcidiati da un leggero vento contrario che entrava nei loro abiti aggravando la sensazione di gelo.
Mentre un ululato faceva voltare il loro compagno, Damien sentì Luna tirare su con il naso. «Tutto bene?»
«Sei carino a chiederlo. Ma è utile prendere freddo, una volta o due. Gli Yllen ti lasciano in pace.» Infagottata nel mantello che le aveva prestato, Luna gli lanciò uno sguardo indecifrabile. «Sei fortunato, sai? Non odori di niente.»
«Oh… Mi dispiace.»
Anche nell’oscurità riuscì a notare le sue labbra incresparsi in un mezzo sorriso. «Perché? È una buona cosa. A loro piace il caldo, e sono puzzolenti. Per questo papà si raccomanda sempre di fare un bel bagno freddo. Con tutte queste lezioni ravvicinate, però, fatico a trovare un momento libero. Forse dovrei iniziare a lavarmi dopo pranzo.»
«No!» strepitarono Richie e Damien allarmati.
«Sei impazzita o cosa?! Vuoi morire?» gracidò il primo.
«Ehm, Luna, non sarebbe saggio. I-Insomma, anche loro dovranno mangiare. Se ti facessi il bagno prima che tornino, l’effetto sarebbe meno… duraturo, no? È-È poco pratico» disse Damien, più conciliante.
Luna tornò a guardare la strada con disarmante tranquillità. «Forse hai ragione.»
Richie stava per risponderle a tono, ma il rumore di un’esplosione tuonò in lontananza.
Vide il suo amico impallidire e le sue parole trasformarsi in un’esalazione impaurita.
Si guardarono un momento, prima di annuire e affrettarsi verso l’origine del frastuono. Guardinghi, a passo felpato per non disturbare la notte. Essere studenti del quarto anno non era garanzia d’incolumità. Il Torneo Tremaghi aveva mostrato e bene quante creature ci fossero ancora da scoprire, tutte pericolose, e francamente Damien non aveva alcuna intenzione di trovarsi faccia a faccia con qualche mostruosità sconosciuta.
Non erano passati dieci minuti quando, all’improvviso, Luna stese il braccio impedendogli di proseguire. C’era un’ombra, poco più avanti. Lì rivolse la bacchetta che teneva assicurata tra l’orecchio e la testa. «Rictusempra
Qualunque cosa fosse, prese letteralmente il volo e lanciò un buffissimo grugnito.
«Un Berretto rosso. Scava delle buche nel terreno dov’è stato versato sangue umano.»
Richie s’irrigidì. «Giuro su tutto. Solo un’altra creepypasta, solo una.»
«Non lo è. Li abbiamo studiati l’anno scorso, ricordi?» Damien aggrottò la fronte. «Solo che non l’avrei mai riconosciuto così in fretta.»
«Oh. Giusto.»
«Spesso io e mio padre veniamo morsi o graffiati in giardino. Se non li cacciassimo, ne avremmo la casa piena» rispose Luna. E con la stessa “enfasi” sottolineò: «Chissà perché c’è del sangue umano.»
Richie rabbrividì. «Credete che ci sia un altro studente?»
«E l’avrebbero mandato in giro da solo?»
«Non fare il pignolo, Dam. Starà insieme ad altri studenti.»
Studenti, diceva.
Davanti a loro si apriva un’enorme fossa. La foresta sembrava essere sprofondata di un paio di metri all’improvviso, sebbene la flora era assolutamente intatta. Effettivamente, chinandosi sui talloni, vide delle gocce di sangue sparse sul terriccio. Poche. Quelle tracce scarlatte erano quasi invisibili ad occhio nudo, e conducevano al fosso. Al centro del quale era sito un monumento di roccia: una sorta d’isola conquistata dai rampicanti.
Damien procedette per primo e insieme a Richie aiutò Luna a scendere.
«Molte grazie.»
Avvicinandosi, scoprirono una profonda spaccatura nella parete rocciosa. Non sembrava naturale: lo squarcio conduceva all’interno e c’erano tracce di polvere e detriti ovunque. Damien esitò nel proseguire. «Perché degli studenti dovrebbero entrare qui dentro?»
«Forse per nascondersi.» Richie si accorse dopo qualche secondo che lui e Luna si erano girati a fissarlo. «Che c’è? Se un Lupo mannaro vi inseguisse, vi fermereste a guardarlo?»
Sospirò. Non voleva proprio entrare in quella grotta, ma se c’era davvero un ferito non potevano tirarsi indietro. Dovette sforzarsi per mettere mano alla bacchetta. La sua mano ne rifuggì il semplice tatto, tuttavia riuscì a estrarla e nasconderne il fremito.
«Lumos» sussurrarono, e dalla punta di ognuna scaturì un bagliore luminoso.
 
La grotta che si aprì loro era angusta e maleodorante. C’erano delle pitture disegnate sulle pareti. Erano ordinate e precise; per quanto potesse esserlo qualcosa pennellato palesemente a mano libera. Anche sopra le loro testa. Una miriade. Simboli simili a rune antiche, dalle forme più disparate. Alcuni erano quasi trasparenti e sfuggivano facilmente alla vista, ma altri avevano una colorazione più marcata: blu o nero.
«Non credevo che questo posto fosse un posto. Non è per niente inquietante…» mormorò Richie.
Damien evitò di rispondergli. Aveva paura, ma non voleva fare la figura del codardo davanti a Luna; già doveva ringraziare il buio per aver nascosto il suo rossore, quando lei si era lasciata afferrare al volo.
Esplorarono a lungo una galleria che sembrava non avesse fine.
Durante la traversata ebbe l’impressione che la strada fosse in discesa. Un’inclinazione quasi impercettibile, ma sapeva che certe magie consentivano di distorcere lo spazio e quei glifi suggerivano d’essere ben altro che semplici decorazioni.
«Non ho mai sentito parlare di questo posto» ammise Luna, mentre studiava i simboli. «E non riconosco questi segni.»
Damien si fermò. Pervaso da un terribile presentimento ragionò in fretta, con le labbra assottigliate. «Richie, Luna, tornate indietro. Se dovessimo trasportare in fretta dei feriti, senza un adulto sarebbe troppo rischioso attraversare la foresta.»
«Tu non sai cosa c’è in fondo, Dam. Potrebbe essere pericoloso.»
Per questo doveva andare: per quanto terrore provasse, lui era sacrificabile. «Un buon motivo per chiamare i rinforzi. In due non avrete problemi a tornare indietro.»
Erano esitanti, ma, in un modo o nell’altro, capì di essere riuscito a convincerli.
Presto cessò anche l’eco dei loro passi.
La solitudine rese agghiacciante il più lieve rumore. Nonostante il freddo che sentiva invaderlo fin dentro le viscere, le mani che stringevano la sua bacchetta di cipresso erano sudaticce. I simboli che lo circondavano iniziavano a riempire le pareti in maniera opprimente. Erano sempre più numerosi e, se non prestava particolarmente attenzione, con la coda dell’occhio gli sembrava di vederli muoversi, iniziando a confondergli il cervello. Il cuore batteva forte. L’eco dei suoi passi si rifrangeva acuto e tutto sembrava diventare sempre più angusto, soffocante.
Seppe di essere arrivato quando trovò una pozza di sangue. Non era ancora rappreso, non del tutto. Era concentrato in un angolo a sinistra, ai piedi di una rientranza scavata nella roccia. C’erano due solchi all’interno, coronati da centinaia di quei segni sovrapposti. Uno era vuoto, sporco di chiazze cremisi. L’altro, invece, custodiva una sorta di monile; puntando la bacchetta in quella direzione, Damien lo vide riflettere di blu acquatico. Sembrava un antico braccialetto cerimoniale, dalla forma di due serpenti aggrovigliati le cui estremità erano teste sottili. Al centro, le code s’intersecavano formando una sorta di croce storta.
Non c’era nessuno.
Cautamente, fece per muoversi a ritroso. Troppe partite giocate a D&D con Richie e i suoi compagni di dormitorio fino a tarda notte per non sapere che quel posto puzzava, e tanto. Difatti, come mosse un passo, il monile ebbe un sussulto.
Damien deglutì velocemente e se la diede a gambe levate senza neanche pensare!
Corse con quanto fiato aveva in corpo, ma la strada era diversa da come la ricordava. Se prima non ammetteva deviazioni, adesso sentiva che il percorso in qualche modo si stesse spostando. L’affanno aumentava di pari passo alla sensazione strisciante di trovarsi in trappola. Corse come se da questo ne valesse la vita, talvolta gettando un’occhiata alle spalle per accertarsi di non essere seguito. Ma la strada continuava a deviare. Spesso e volentieri la sua corsa si arrestava contro un muro di roccia impenetrabile.
Un sasso lo fece inciampare e cadere.
Quando alzò il viso, il sangue nelle sue vene lo sentì gelarsi: il monile a forma di serpente era lì, a terra davanti ai suoi occhi spaventati. E alle sue spalle, un verso gorgogliante gli fece mancare al suo cuore un battito.
Lentamente, ruotò la testa. C’era un cadavere basso e deforme in piedi davanti lui. La testa storta si agitava in modo frenetico, le fattezze erano per metà decomposte e scheletriche.
Quando spalancò all’improvviso due occhi blu e luminosi, Damien gridò di puro terrore!
 
– Mi senti? Mi senti, ragazzo? –
Damien grugnì prima di aprire gli occhi. Il posto dove si trovava era buio e freddo, non lo riconosceva. Si mise a sedere, ma si sentiva debole. Non riusciva a mettere a fuoco. «Che diavolo è successo?»
– Finalmente ti sei ripreso! –
Sbatté le palpebre un paio di volte e istintivamente mise mano al braccio destro, dove sentiva una leggera pressione. La sua mano tastò qualcosa d’insolito. Lo sfiorò più volte, non riuscendo a comprenderne l’origine.
Ci mise un po’ per capire che proveniva da sotto gli abiti.
La tensione aspettò quel momento per fulminarlo dalla testa a piedi! Scostò con frenesia le maniche del golfino e della camicia, solo per trovare un bracciale blu a spirale, dalla forma di due serpenti incrociati, e immediatamente i ricordi tornarono a galla per infliggere una sensazione di profondo panico.
– Calmati. Respira. –
Damien fece l’esatto contrario. Una lacrima di sudore scese lungo la tempia mentre adocchiava la grotta in cerca di quella voce. «Chi sei?» Intorno a lui non c’era niente.
– Il mio nome è Glyn. Piacere di fare la tua conoscenza. – Damien stava cercando furiosamente di strapparsi quel bracciale di dosso. – La vuoi piantare?! –
«Cosa accidenti è?!» gridò nel panico.
– Un bracciale. –
«Levamelo di dosso!»
– Non posso. –
«Levamelo, ho detto!»
– Non posso farlo, ragazzo. Devi ascoltarmi. – Era una voce giovane e calda, ma in quel momento Damien non sarebbe riuscito a calmarsi neanche se a parlare fosse stato Silente in persona. – E va bene. Va bene! Vuoi che te lo tolga? Lo farò. Dopo che mi hai avrai ascoltato. –
Incapace di toglierselo senza sentire la pelle dolere in modo atroce, Damien dovette arrendersi e appoggiarsi alla parete. «Questo non è un semplice bracciale.»
– No, hai ragione. È incantato con una magia oscura che non desidero tramandare e mi è caro. Guai a te se lo graffi. – Per un attimo, quella voce rimase in silenzio. – Ho davvero bisogno del tuo aiuto. C’era un altro bracciale in questo luogo. Qualcuno l’ha rubato ed è importante che lo riconsegni. Aiutami e te lo toglierò. –
«Perché dovrei aiutarti?»
– Ho fatto una promessa! – tuonò quella voce, facendolo trasalire. – Ti supplico. Se hai un briciolo d’onore, aiutami. –
Damien strizzò forte gli occhi. Non capiva cosa stesse succedendo, ma era chiaro che non aveva scelta; in ogni caso, un adulto avrebbe saputo cosa fare. Doveva uscire da quella grotta e raggiungere gli altri. «C’era del sangue. Prima, dov’era custodito questo affare» disse mentre si rialzava.
– Allora il ladro non sarà troppo lontano. Fa’ presto. Ti prego. –
 
La prima cosa che vide, prima di mettere un piede fuori dalla grotta, fu un lampo arancione che si schiantava contro la roccia.
Si sporse leggermente, solo per trovarsi davanti a una scena da brividi. Cinque uomini dai lunghi mantelli neri avevano le bacchette puntate contro Richie e Luna. I due si stavano nascondendo dietro un masso, al riparo dai loro incantesimi. Per un attimo Damien fu pervaso dal terrore che si trattasse dei famigerati Mangiamorte, ma scacciò subito quel pensiero dalla testa. C’erano Silente e un pezzo grosso del Ministero a Hogwarts, in quel momento. Non aveva senso.
– Invasati – sibilò la voce.
– Invasati? – ripeté Damien. – Cos’è un Invasato? –
Nessuno di loro sembrava sporco di sangue, ma non l’avrebbe sorpreso scoprire che il ladro fosse uno di loro.
Quello più a destra sorrise in modo inquietante. Il cappuccio che lo copriva si distese leggermente, mettendo in mostra un viso giovane ma consunto, e sporco, pieno di strani tatuaggi e simboli neri. Agitò la sua bacchetta verso un altro masso. Non appena questo iniziò a levitare, lo lanciò verso la testa di Luna.
Accade qualcosa di strano: il monile iniziò a strisciargli lungo il braccio. Letteralmente uscì fuori dalla manica, prendendo la forma di una bacchetta blu a spirale. Damien fece in tempo a stringerla tra le dita, prima che una forza sconosciuta l’animasse trascinandolo goffamente fuori dalla grotta.
Damien reagì d’istinto. Le parole gli uscirono di bocca senza che sapesse cosa stava faendo: «Diffindo!» Il masso si divise in due pezzi che cambiarono traiettoria, mancando Luna per un soffio.
Un altro Invasato puntò la bacchetta contro di lui.
– Schiva! –
Ancora una volta fu la bacchetta a tirarlo. Nell’attimo in cui l’incantesimo gli mancò l’orecchio per un soffio, un impulso fatto di calore ed elettricità si fece strada attraverso braccia e gambe. Damien si ritrovò a scagliare un incantesimo non verbale sfoggiando un riflesso e una destrezza fulminei. Travolse l’Invasato facendolo volare per diversi metri.
Riuscì ad approfittare dell’occasione per lanciarsi letteralmente a fianco di Richie, prima che una raffica d’incantesimi s’infrangesse contro la roccia.
«Amico.» Richie era stupefatto. «È stato fichissimo!»
«Sì? Io non so ancora cos’è successo» ammise col fiatone, mentre detonava di tutto.
«Rictusempra.» Luna rallentò un altro Invasato emergendo per un istante dal riparo. «Sì, sei stato veramente bravo.»
«Chi diamine sono?»
Richie gli tirò giù la testa quando la sollevò un po’ troppo. «Dei pazzi! Appena siamo usciti dalla grotta, ci hanno attaccati così a caso.»
– Dobbiamo muoverci! Il ladro sta scappando – incalzò la voce.
– Ma…? –
– Fidati e fa’ come ti dico. –
Che scelta aveva?
Damien prese un respiro profondo e uscì allo scoperto. Si lanciò subito a terra, schivando due fatture volanti. «Stupeficium!» La bacchetta agì di propria iniziativa puntando prima uno e poi l’altro mago. Damien fece un giro completo a terra e ripeté l stesso incantesimo, schiantandone un altro.
Ne mancava solo uno.
«Everte statim.» Schiantato contro un albero da un lampo argenteo.
A lanciarlo era stato Richie.
«Che c’è? Oggi fai il fenomeno e io non posso scopiazzare Malfoy?»
Damien sorrise. «Non ho detto niente.»
Arrossì come un peperone quando Luna gli porse la mano.
Gli Invasati che avevano appena sconfitto giacevano svenuti. Sebbene si sentisse sollevato per averla scampata, adesso veniva il problema. Abbandonarli in quello stato, con tutti i pericoli che si aggiravano in quella foresta, sarebbe stato un atto quasi criminale; Richie gli restituì la stessa occhiata di rammarico.
«Attento!»
Al grido di Luna, reagì di pura reazione. Ancora una volta fu la bacchetta a guidare il suo braccio e un istinto estraneo lo spinse a enunciare: «Protego!» Lo schiantesimo s’infranse su uno scudo invisibile.
Fu allora che la videro: una figura sinistra, ammantata da una veste e un cappuccio color quercia. Una maschera di tessuto gli copriva la bocca fino al naso e i suoi occhi brillavano di una strana luce bianca e opaca. Dal modo in cui si teneva il fianco, sembrava ferito.
Ma non fu lui a lasciarli senza parole. Dalla sua bacchetta fuoriuscì del vapore nero e immediatamente altre figure ammantate si fecero largo dalle sue spalle. Uscivano da dietro gli alberi e libravano a mezz’aria.
Richie chiese imprecando a denti stretti, e con un filo di voce, cosa fare.
C’era una sola risposta possibile: «Correte!»
Se li gettarono alle spalle in meno di un secondo, cominciando a scappare.
All’improvviso un altro Invasato emerse dai cespugli.
«Stupeficium!» Di nuovo, la bacchetta blu guizzò fulminea.
Richie gridò terrorizzato: «È possibile che ogni dannatissimo anno dobbiamo rischiare la morte?!»
Quelle cose nere stava sbucando da tutte le parti, persino dalle fronde. Sembravano in tutto e per tutto delle strane ombre volanti; furono a tanto così dall’acciuffarli, quando risalirono il fosso. Sembrava di essere inseguiti da un esercito di fantasmi!
– Dovete fuggire, e in fretta! – disse la voce.
«Davvero?!»
Richie disse qualcosa, ma nella fretta di far da scudo a Luna con il proprio corpo e trascinarla per la manica non riuscì a capire. C’erano altri Invasati tra quelle ombre. Le fatture che lanciavano stavano esplodendo a pochi passi da loro, sovrastando i suoi strepiti.
– Se vuoi il mio aiuto, dovrai farci uscire vivi da qui! –
– Conosco un paio di incantesimi che potrebbero ucciderli facilmente. –
Un brivido scosse la schiena di Damien. – Assolutamente no! Non uccideremo nessuno. –
Richie si fermò all’improvviso e per poco non gli franarono addosso.
Era diventato rigido, come se fosse stato colpito da un incantesimo. Ma non lo era: stava solo guardando qualcosa, con uno sguardo stralunato che gli aveva visto fare in troppe occasioni. Corse cambiando direzione e immediatamente gli furono dietro, scansando le fatture che li assalivano.
«Oh-ho-ho-ho! Non ci posso credere!» La sua voce divenne più profonda, quasi suadente. «Salve, bellezza
Nascosta tra i cespugli c’era la carcassa di una vecchia automobile. Il marchio sulla fiancata la identificava come una Ford. Era azzurra, con il tettuccio bianco. Sicuramente un vecchissimo modello.
Richie l’avvicinò incurante del caos che si stava scatenando intorno e ai loro piedi. «Dam! Questa è una Ford Anglia del 1959! Mi sono appena innamorato.»
«Che sta facendo? Dobbiamo andarcene!» strillò Luna.
Il suo amico corse alla portiera e la aprì. «Salite.»
«Salire?! Non sappiamo nemmeno se funziona!» obiettò isterico.
«Salite, salite.» Lo disse con una leggerezza snervante, mentre richiudeva la portiera.
Damien e Luna si guardarono negli occhi.
Si odiò per ciò che stava per dire. «Dobbiamo rischiare.»
– Rischiare? Dico, sei impazzito?! Cos’è quella creatura?! –
– Una macchina. Una cosa babbana – gli rispose, mentre proteggeva l’ingresso di Luna.
Damien prese posto nell’esatto momento in cui un incantesimo incrinava la portiera. Richie stava carezzando il cruscotto come se fosse il manico liscio di una Nymbus, con tanto d’occhi lucidi.
«Spero che tu sappia cosa fai.»
«Amico.» Il motore si accese con un lamento scoppiettante. Richie lo guardò con una sfrontata sicurezza e mise mano al cambio. «Mai dubitare di una signora.»
Con un rapido scatto dei pedali, diede gas e tutti e tre furono scaraventati contro il poggiatesta dalla forza motrice. La vettura scattò come una gazzella dopo aver sgommato sul terriccio per qualche secondo.
Le ombre continuarono a inseguirli, ma adesso erano diventate un problema relativo. La Ford Anglia scattava destreggiandosi tra gli alberi e il terreno sconnesso, cigolando e sobbalzando. Se Damien reagì aggrappandosi al cruscotto, Richie fu tutt’altro che intimidito dalla velocità. Le spalle dritte, la posa sicura anche quando mise la seconda e poi la terza marcia.
All’improvviso, la vettura cambiò direzione di sua iniziativa e Richie faticò a manovrarla.
«Che succede adesso?!»
«Pare che la signora abbia un carattere caliente. Mi piace.» Sembrava un boscaiolo eccitato. Stringeva il volante di pelle che si agitava imbizzarrito con una presa sicura.
Alla fine riuscì a domare il mezzo e rimettersi sul sentiero prima di affrontare una brutta discesa. Il contraccolpo li fece saltare sui sedili.
La risata di Luna squillò alle loro spalle.
Damien si sporse verso di lei. «A proposito, scusa se mi sono messo davanti.»
Nonostante il pericolo mortale, non poté fare a meno di notare che aveva una risata, per quanto bizzarra, davvero piacevole. «Il tuo amico si è beccato un incantesimo Confundus?»
«No. È che quando guida una macchina sente solo il bisogno di comportarsi da idiota.»
«Quando è al volante di una signora» lo corresse il diretto interessato.
Damien lo ignorò e cercò di aggrapparsi meglio, come d’altro canto anche Luna. «Suo padre è un babbano. Un meccanico, anzi un pazzo. Due anni fa gli ha fatto provare una macchina per la prima volta ed è impazzito.»
«Ho scoperto l’amore
«È impazzito» ripeté invece Damien, facendola ridere di nuovo.
Poi gli occhi della strega si sgranarono. «Attento!»
Richie si accigliò. «A cosa? Non c’è niente.»
«Per tutti i Ricciocorni schiattosi, gira!»
Damien dovette implorarlo! «Fallo, dai!»
Richie sbuffò e con una rapida manovra di sterzo mise la macchina di traverso in una sbandata controllata. La Ford percorse tutto il crinale derapando, mancando per un nulla gli alberi intorno, e una volta raggiunto il bordo spiccò letteralmente il volo. Per più di qualche secondo: la macchina levitò a mezz’aria e tutti e tre gridarono di puro terrore!
Poi udirono un sonoro crack. La vettura cigolò e i fari lampeggiarono.
Tornarono a terra, bersagliati da fatture che provenivano da punti imprecisati.
«Ora ripetimi che non è pazza» vociò il suo amico; Luna intanto si era voltata per osservare chissà cosa. «Adesso vede pure le cose invisibili.»
«Quelli sono i miei amici» sbottò lei.
«Beh, io ho chiuso con gli amici immaginari quando avevo sei anni. Forse è il caso che ti dai una mossa!» Damien lo vide ingranare la quarta, scalare di due marce per affrontare una curva stretta e poi risalire di giri. «Ecco perché odio le ragazzine.»
«Richie, ti ricordo che tu parli con le macchine.»
«Parlo a un gioiello» ribatté lui. «Anche se, lo ammetto: le gomme sono un po’ usurate e sgonfie. Il telaio… ha subito dei danni minimali.»
«Minimali! È più ammaccata di mia nonna e qui sul parabrezza c’è un cratere! Sbanda di continuo.» A riprova, Richie dovette effettuare una leggera controsterzata.
«Basta qualche lavoro di fino.»
«Ah, sta zitto.»
«Sta zitto tu.»
Una fattura si portò all’improvviso via lo specchietto.
«Pervertiti!» gridò Richie, tirando fuori la testa dal finestrino.
Anche Damien si girò. Dopo aver visto Luna intenta a fissare il suo amico con le braccia incrociate e uno sguardo truce, tornò a guardare avanti immediatamente.
– Così non va. Le ombre che hanno evocato vi raggiungeranno. –
– Ombre? – Rinunciò a chiedere. – Dovranno pur avere un limite. –
– Delle debolezze, sì. Ho bisogno che tu vada nel posto più scoperto che conosci. Uno che possa riflettere la luce. –
Damien sperò che avesse ragione. «Richie, portaci al Lago nero. Ho… un piano. Credo.»
 
La superficie del lago rifletteva un cielo notturno oscurato dalle nubi.
Damien si era lasciato trasportare fino alla sponda e poi aveva chiesto a Richie di portare Luna al sicuro.
Li sentiva. Stavano arrivando.
– Vedo che non ti sei mai imbattuto prima in questo incantesimo. Perciò, per eseguirlo, dovremo usare la mia lingua madre. Muoviti come ti dico. –
Damien prese un respiro profondo.
Alzò la bacchetta. Trascinò il piede destro lungo il bagnasciuga, verso e oltre il piede sinistro. Diede inizio a una danza: un movimento oscillante e ragionato di braccia e gambe, ripetuto senza mai cambiare ritmo. Le parole che quella voce gli chiese di enunciare appartenevano a una lingua a lui estranea, grezza. Qualcosa che non aveva mai sentito, neanche dalle voci di corridoio. Non era latino. Era più antica.
Le ombre stavano arrivando. Il cuore accelerò di un battito, ma continuò a dimenarsi e padroneggiare i movimenti. La voce aveva ragione: erano tante e fluttuavano veloci. Sembravano un vero e proprio esercito di entità vaporose e antropomorfe, simili nella forma a Dissennatori.
– Ora! –
Un’esplosione di luce bianca e blu fluì dalla bacchetta a spirale. Un’enorme flusso acquatico che Damien fece roteare intorno a sé in modo vigoroso, e sempre più ampio. Prima che tutto diventasse luce, giurò di aver visto la forma eterea di un’aquila spiccare il volo e tingere la notte con uno splendore senza precedenti.
No, non era mera luce. C’era calore, un senso di pace che spazzò via il freddo riscaldando il cuore e la pelle. Era una sensazione bellissima, fresca come la primavera. Persino la tensione cessò di esistere, lasciandolo da solo in un limbo bianco. Una culla, un caldo ritrovo in mezzo alla tempesta di luce che si scatenava tutt’intorno.
Non seppe con precisione cosa accadde. Nel bianco che lo circondava, vide un’immagine sfocata: una donna. Stava eseguendo sotto un cielo tempestato di stelle la stessa danza e i suoi capelli rossi ondeggiavano come fiamme, carezzando un corpo femminile e maturo.
 
Quando udì il suono della sua risata, Damien riaprì gli occhi e si ritrovò improvvisamente sulle sponde del lago.
C’era solo silenzio intorno a lui, e il ritmico scrosciare delle onde. Le ombre erano sparite, e anche la voce nella sua testa.
Il suono di un motore malridotto annunciò il loro arrivo. Richie e Luna scesero dalla Ford e lo raggiunsero di corsa.
«E magari adesso vuoi farmi credere che li hai sgominati sfoderando la torcia più grande del mondo.»
Damien rivolse a Richie un’occhiata di scuse. «Più o meno.»

Angolo autore:
Salve a tutti!
Questa è la mia prima ff in assoluto a tema Harry Potter e sono un po' emozionato. Ci tengo ancora a rigraziare l'utente Fiore di Cenere per avermi dato l'opportunità di immaginare una storia che mi ha davvero preso, come spero farà anche con voi. E ovviamente voglio di nuovo scusarmi per il ritiro.
Come avrete notato, questa storia prende piede durante gli eventi del quinto libro e sarà parallela, talvolta vicina alle avventure di Harry Potter e dei suoi amici, ma non convergeranno mai. Ci sarà un nuovo trio, supportato dai personaggi che tutti conosciamo e amiamo, a partire da Luna Lovegood e Severus Piton. Ma non mi dilungherò oltre per non anticipare nulla.
L'unico dettaglio che mi sento di speficiare, perché in nessun modo verrà svelato ai protagonisti delle vicende, è che i due bracciali su cui si poggerà la trama sono antichissimi Horcrux.
Grazie a tutti per essere arrivati sin qui. Spero che questa piccola storia possa piacervi e appassionarvi ^^
Ghostro
 
   
 
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