Respiravi piano.
Il petto si alzava e abbassava ritmicamente, i polmoni si riempirono d'aria.
Lo sguardo era dritto, fisso su un punto nero indefinito.
Il corpo era teso, tra le mani stringevi con forza una fionda.
La destra impugnava il manico mentre la sinistra tirava all'indietro l'elastico e il sasso che circonda.
La destra impugnava il manico mentre la sinistra tirava all'indietro l'elastico e il sasso che circonda.
Gli occhi erano chiusi, cercavi di non muoverti e di non fare rumore.
Aspettavi il momento giusto.
Aspettavi il momento giusto.
Il punto nero era fermo tra palline bianche, sapevi che lo zucchero avrebbe attirato la formica.
Uno...
Due...
Tre...
Bersaglio colpito, hai mirato proprio al centro, tra le antenne dell'insetto.
Il silenzio venne riempito dalla tua risata e le mani di tuo padre che applaudeva.
Era sempre stato lì in silenzio, gli occhi fissi su di te e colmi di orgoglio.
"Sei un ottimo cecchino Usopp" si congratulò.
Le lacrime rigarono il tuo viso, lacrime di gioia che più scendevano più diventavano amare e colme di dolore.
Quel ricordo era ancora lì, incastrato nei tuoi occhi.
Erano passati anni, ma era ancora vivido.
Erano passati anni, ma era ancora vivido.
"Io non sono un bravo cecchino papà" dicesti con la voce spezzata dal pianto.
A volte ti isolavi dal resto della ciurma, il tuo sguardo si perdeva nell'orizzonte, la tua mente nei tuoi ricordi.
Avevi sempre ammirato tuo padre per la sua bravura e per il coraggio di aver inseguito il suo sogno, il coraggio di aver abbandonato la sua famiglia.
Non l'odiavi, anzi lo amavi moltissimo ma provavi rancore.
Più nei tuoi confronti che nei suoi.
Non l'odiavi, anzi lo amavi moltissimo ma provavi rancore.
Più nei tuoi confronti che nei suoi.
Ti domandavi spesso perché ti avesse lasciato, ti davi la colpa.
"Ti sbagliavi papà, non sono un bravo cecchino" sospirasti al vento.
"Non abbastanza da far breccia nel tuo cuore e darti un motivo valido per restare".