Serie TV > Il paradiso delle signore
Segui la storia  |       
Autore: Helen_Rose    27/02/2022    0 recensioni
Fanfiction monotematiche sui Barbegrino, i loro due figli - Vittoria Emma e Andrea Francesco - e il loro matrimonio indissolubile.
Genere: Hurt/Comfort, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Salvo pregò l'amico di sedersi; stava letteralmente consumando il pavimento del corridoio ospedaliero, a furia di percorrerlo forsennatamente avanti e indietro. Sembrava quasi posseduto.
“Marcello, ti supplico, ti scongiuro proprio; se anche ti fermi per una volta ogni cinquanta minuti, l'intervento non finirà prima” sbottò il socio, al culmine dell'esasperazione per via dell'agitazione implacabile di Marcello. Se ne pentì subito dopo averlo detto e tentò di scusarsi, ma l'anima in pena fece un gesto come per dire: ‘lascia perdere’ e obbedì senza fiatare. 
 
Si sforzò di ricordare un momento della sua vita in cui avesse sofferto in maniera così atroce, e dire che la sua esistenza era stata tutt'altro che tranquilla: era rimasto orfano da ragazzino, avendo avuto per di più un padre incommentabile; lui e Angela avevano versato in condizioni di povertà estrema, per anni; poi, la gravidanza inattesa della sorella, il carcere, la partenza di Angela per l'Australia...
Ognuna di queste situazioni lo aveva dilaniato in misure e forme diverse; ma no, si ritrovò a concludere che niente era stato peggio di attendere di sapere se l'amore della sua vita sarebbe sopravvissuta.
Marcello aveva affrontato tutte quelle altre situazioni con i suoi proverbiali ottimismo e spavalderia, rimboccandosi le maniche e guardando sempre avanti; perché non aveva alternative, ma anche perché, se ti abitui a contare unicamente su te stesso, è solo a te stesso e riguardo a te stesso che devi rendere conto, trovare gli strumenti per affrontare le cose al meglio, rialzarti. 
 
Ma se ti abitui a procedere in due, in particolar modo con una donna come Roberta e avendo per giunta due figli piccoli, tornare ad arrangiarti non ti sembra proprio un'opzione percorribile.
Per non parlare dell'area emotiva, al di là di quella strettamente pratica e di abitudine; Marcello non aveva proprio intenzione di contemplare l'idea di dover fare fisicamente ed emozionalmente a meno della sua metà; perfetta perché era la sua, con i pezzi del puzzle che sembravano non incastrarsi mai davvero, laddove la realtà era che, ogni tanto, la loro mente si divertiva a scombinarli un po', giusto per tenerli in allenamento e non farli adagiare sul rapporto, che aveva trovato il suo incastro in perfetto equilibrio ormai da tempo immemore, anni, forse secoli.
E quel lato irresponsabile di sua moglie aveva decisamente scombussolato tutto. 
 
“Spero sopravviva, così da poterla ammazzare io stesso, con le mie mani.”
A Salvo sfuggì una risata fragorosa. “Amico mio, scusami di nuovo, ma con ’ste minacce non sei proprio credibile.”
“Ma io non sto scherzando. Questo spavento me lo pagherà carissimo.”
“Come se avesse deciso spontaneamente di finire con la macchina in un fosso... Ti prego, Marcello, non perdere la lucidità...”
“Ti sembra che mettere seriamente in discussione le sue azioni avventate, per una volta, sia mancare di lucidità? Credi che si possa reagire bene a quattro ore in sala d'attesa, prima per avere i risultati di tutti gli esami e poi di fronte al blocco operatorio, aspettando di sapere se tua moglie vivrà oppure no perché si ostina a guidare quella maledetta auto ‘per spirito di indipendenza’ nonostante sia chiaramente negata? Non che non possa imparare, con INFINITA pratica in più, perché come dire, è in grado di fare qualsiasi cosa...” -la voce gli si incrinò vertiginosamente, ma fece un profondo respiro e proseguì, inferocito- “Ma io non sarò qui ad assistere, ecco tutto: vuoi perché mi manderà al Creatore, con lo spavento che mi sta facendo prendere; vuoi perché mi sarò immolato per la causa di istruttore di scuola guida avanzata e ci rimetterò le penne; o, molto più semplicemente, nessuno di noi starà qui a guardare perché non monterà più alla guida di un mezzo di trasporto che non sia la bicicletta, finché avrò vita. Anzi, occhio pure con quella, ché la scioltezza di Sofia e Irene se la sogna; a momenti, ci sa andare meglio Vittoria, già senza rotelle. Si sposterà a piedi, accompagnata da me o coi mezzi.” Finalmente, respirò. Uno, due... 
 
Salvo non aveva osato interromperlo: meglio che si sfogasse in quel modo, piuttosto che con una crisi di pianto inconsolabile o, peggio, uno svenimento.
Tanto, sapeva perfettamente che Marcello non pensava davvero nessuna delle cose che aveva detto: era fondatore, azionista e promotore unico e solo dell’associazione che mirava all’idolatria di Roberta Pellegrino in Barbieri dall'alba dei tempi; non le avrebbe mai impedito di fare qualcosa che desiderasse, tantomeno credeva davvero nelle invettive così severe appena lanciate riguardo agli ambiti in cui le abilità della suddetta erano più carenti.
A parlare era il puro, semplice terrore implacabile di un marito innamorato. 
 
Salvo lo capiva perfettamente: era pazzo ogni giorno di più della sua Sofia, una vera compagna a 360°, nel lavoro e nella vita.
Ma sapeva altrettanto bene quanto ogni aspetto del rapporto che legava il socio alla moglie fosse inspiegabilmente unico.
Ci sono le coppie solide, durature, tenere; poi ci sono le anime gemelle, che ovunque e comunque tu le piazzi, riusciranno in ogni caso e circostanza a creare quella magia che in pochi vivono, che non si può descrivere. Se qualcosa si spezza, in queste persone, perché viene a mancare l'altro/a definitivamente, non c'è proprio modo di riuscire a vivere di nuovo; si può sopravvivere, certamente, ma nulla di più.
E, forte di questa consapevolezza, Salvo pregava con tutto il fervore di cui era capace che Roberta uscisse illesa da quel brutto incidente, o perlomeno mantenendo le sue facoltà cerebrali intatte; provava per lei lo stesso affetto che aveva per Tina, oramai, ma soprattutto, non voleva proprio affrontare l'idea del suo migliore amico irreparabilmente, indefinitamente spezzato. 
 
Qualcuno doveva averlo ascoltato, perché il chirurgo, finalmente, uscì dalla sala operatoria e si avvicinò a Marcello.
“L'intervento è riuscito perfettamente; sua moglie non ha riportato danni alla spina dorsale, e il trauma cranico è rientrato. Certo, come avrà visto, è ancora piuttosto acciaccata; niente che non si possa sistemare con un gesso al braccio sinistro e un po' di trucco per nascondere i graffi e gli ematomi” scherzò, per far capire al giovane uomo che aveva davanti di non preoccuparsi. Ne aveva viste tante, in 25 anni di carriera, e di sicuro quell'intervento non era stato dei più determinanti, per la paziente e per lui.
Il sospiro di sollievo che tirarono i due soci si sentì fino a Partanna, probabilmente.
“Sua moglie è ancora sotto anestesia, naturalmente, ma tra un po' dovrebbe svegliarsi. La stanno portando nella sua stanza, quindi tra poco avrà il permesso di raggiungerla. Presumo sia inutile suggerirLe di tornare a casa, darsi una rinfrescata, mangiare qualcosa... Vero?”
L'espressione di Marcello confermò pienamente la supposizione del chirurgo.
“Come immaginavo. Suppongo che possa farsi portare dei ricambi puliti e forse anche l'occorrente per la signora... Lei è il fratello?” sorrise in direzione di Salvo.
“Si può dire di sì” confermò Marcello, posando la mano destra sulla spalla corrispondente dell'amico, che ricambiò la stretta con vigore.
“Non c'è alcun problema, dottore; penserò io a portare a Roberta... Intendo, alla signora Barbieri tutto il necessario.”
“Molto bene. Ora potete rilassarvi. Vi devo lasciare; ho dei post-operatori da controllare e una montagna di scartoffie da compilare. Passerò più tardi anche da Sua moglie. Buona giornata” li congedò.
Marcello si rivolse a Salvo, perplesso: “E poi dicono che i chirurghi sono di poche parole e non si fanno mai vedere... Che brava persona. Grazie di tutto, amico mio.”
“Non dirlo neanche per scherzo. Hai visto che è andato tutto bene? Che ti dicevo?”                         “Ma resta il fatto che non guiderà mai più.”
“Seh, seh; come dici tu. Vado ad avvisare mia madre e Irene, che stanno ancora nella cappella.” Salvo gli strizzò l'occhio e si allontanò a passo sicuro, svelto, festante.
Marcello scosse la testa. Il pensiero di riferire immediatamente a Roberta quell'avvenimento inaudito, e la realizzazione di dover quantomeno aspettare qualche ora, lo colpì con una violenza sorda, atroce. Come avrebbe mai potuto essere separato da lei a vita; come... 
 

 
Stava tenendo la mano sinistra di Roberta tra le sue ormai da un po' di tempo; le sentiva intorpidite, ma non avrebbe mollato la presa per nulla al mondo.
Si era categoricamente rifiutato di lasciare che qualcuno attendesse con lui, in stanza; a maggior ragione, di appisolarsi, anche fosse per pochi istanti. Doveva essere il primo volto, per quanto sfinito, che sua moglie avrebbe rivisto una volta che avesse aperto gli occhi; non c'era alcun margine di trattativa con amici e parenti. 
 
D'un tratto, gli sembrò che Roberta avesse mosso l'anulare: che la fede al dito le stesse portando fortuna? Non era solo un'impressione, infatti: si stava svegliando.
Aprì gli occhi lentamente; li fissò dritto davanti a sé, poi mosse le pupille un po' verso destra, tornarono in asse e, infine, si spostarono nella direzione di Marcello.
Non sarebbe stato da lui, se non avesse sdrammatizzato con una battuta: “Ce l'hai fatta a trovarmi, finalmente.”
Poi, tacque, piuttosto nel panico di fronte a una nuova preoccupazione: che stesse benissimo nel fisico, ma potesse aver perso la memoria; non se la sentiva di tenere aperta la scatola dei ricordi a tempo pieno, portando su di sé tutto il peso di quel passato meraviglioso che avevano condiviso.
Quel dubbio lancinante venne fugato immediatamente: “Marcello...” si sforzò di pronunciare Roberta, lentamente; lui si preoccupò un po', perché la voce non sembrava neanche la sua, ma le fu implicitamente grato di non aver ricorso ai nomignoli, neanche a un banale 'amore'.
Sua moglie si schiarì la voce e ritentò, più sicura: “Devi sempre fare lo scemo?”.
Era fatta. Era lei. Era sempre stata lei. 
 
Marcello si sporse leggermente per darle un bacio sulla tempia e rimasero fronte contro fronte per un tempo indefinito.
“Non farmi mai più una cosa simile.” Non riuscì a trattenersi, a dispetto degli sforzi.
Roberta si girò lentamente verso di lui e domandò, cercando di scandire le parole: “Ce l'hai con me, vero?”.
Lui sospirò. “Non è questo il momento di affrontare l'argomento... Mi interessa solamente che tu stia bene e che ti sia risvegliata. Poi ne parleremo.”
Lei azzardò una battuta: “Mi vuoi lasciare?”.
Lui, che non aveva colto del tutto l'intonazione del quesito, aspettò che la moglie riuscisse a formulare anche un sorrisetto furbo per replicare: “Ti piacerebbe, eh? Ma ormai stai qua; non posso rimandarti indietro, poi chi me le stira, le camicie?” … Come se lo avesse mai fatto; se le stirava lui, da solo, o al massimo, se ne occupava la signora Ortensia. Roberta avrebbe voluto tanto alzare gli occhi al cielo, ma ogni più piccolo movimento le costava fatica, o le veniva impedito dall'intorpidimento generale. 
 
“Forse dovresti avvisare qualcuno... O interessa solo a te che sia ancora tra i vivi?”
“Ti dico solo che Irene è andata in cappella a pregare con Agnese.”
“Sei crudele, Marcello; vorrei riderti in faccia e non posso, o mi salteranno i punti”
“Ma io sono serissimo. Ti dico solo che, quando Rocco ha visto la direzione che stava prendendo, si è preoccupato quasi più di me. Poi ha dovuto per forza tornare in magazzino, ma passerà stasera, credo.”
Il sorriso sconfinato che si dipinse sul suo volto gli fece dimenticare per pochi istanti di avercela terribilmente lei. Solo per poco.
“Vado a chiamare la banda e la fanfara. Tu non muoverti.” Una battuta che solo lui sarebbe stato capace di fare; ma lo amava anche e soprattutto per quel motivo, no?
E com'era bello sentirsi riamati così. 
 

 
Quando Marcello tornò il giorno dopo, rispettando gli orari di visita, dato che li aveva sforati completamente restando anche a dormire di notte, era più che mai determinato a chiarire il punto con Roberta. Aveva voluto lasciare che si riprendesse un attimo, per non sparare sulla croce rossa; ma a maggior ragione dopo ciò che gli aveva riferito Armando, non poteva aspettare ulteriormente.
“Da quanto tempo” ironizzò Roberta; erano passate giusto poche ore da quando si erano salutati e Agnese gli aveva dato il cambio. Era appena andata via, perché non voleva restare troppo indietro con le faccende di casa sua e loro, dato che si era autoproclamata domestica e bambinaia della famiglia Barbieri finché Roberta non si fosse ripresa completamente -noncurante del fatto che avessero già una domestica a ore- . Andare in pensione le aveva infuso ancor di più l'argento vivo, se possibile.
 
Marcello si sedette sulla sedia, grave.
“Roberta, dobbiamo parlare, o rischio di esplodere. La situazione a casa è completamente degenerata: Armando mi ha appena riferito che ieri pomeriggio, Vittoria non si riusciva a tenere per fare i compiti: ha piazzato una scenata isterica al secondo problema che non riusciva a risolvere, quando di norma sta lì anche per ore, pazientemente, finché non ha finito.”
“Ma che stai dicendo? Vittoria?” sbottò Roberta, a dir poco incredula.
“Proprio lei. Ti dico solo che l'ha dovuta portare a fare una passeggiata e a prendere un gelato, per calmarla; fortuna che non ero presente, altrimenti sarei stato capace di smollarle il primo e unico schiaffo della sua vita, dal nervoso.”
“Adesso non esagerare... Sarà stata spaventata per me. Non le avete spiegato che era un'operazione da nulla?”
“Un po’ difficile dissimulare, se sei completamente in panico tu stesso. Deve avermi sentito mentre ricevevo la telefonata che avvisava dell'incidente; ero pallido come un morto, un fascio di nervi.”
“Poverina, mi dispiace... Ma Andrea?”
“Andrea, vista la sua beata incoscienza, è quello che sta meglio di tutti. Ma non è questo il punto”
“Come sarebbe a dire? Sono i miei figli, mi preoccupo per loro”
“Appunto! Appunto, Roberta: dovresti preoccupartene di più! Se non avessi questa fissa di voler guidare a tutti i costi, non ci saremmo mai trovati in una situazione di questo tipo.” sentenziò, duro.
Roberta sbuffò, già spazientita. “Non ci posso credere; non ci molli proprio mai, su questa cosa”
“Finché non migliorerai, sotto le indicazioni di qualcuno di esperto, non prenderai mai più l'auto da sola o ancor peggio, con qualcuno a bordo: ci siamo intesi?”
“Non se ne parla neanche; non mi hai mai dato ordini e non comincerai proprio ora”
“E invece sì, dato che c'è qualcosa di piuttosto serio in ballo”
“Sarebbe?” replicò, provocatoria in quanto infastidita dalla piega sessista che quella conversazione stava prendendo; e chiunque la conoscesse abbastanza bene, sapeva che non avrebbe mai ceduto.
“La tua vita, non capisci?! Nonché la mia e quella dei bambini, di riflesso.”
Il giorno dopo un'operazione avrebbe preferito riposare, ma non era da lei tirarsi indietro di fronte a una discussione che non aveva cominciato, specialmente se basata su pretesti assurdi. “Non essere melodrammatico, Marcello, ti prego; un incidente può capitare a tutti, te incluso, e non mi sono fatta nulla di grave”
“Stavolta! Stavolta ci è andata bene”
La tentazione di cacciarlo fuori dalla stanza stava crescendo a dismisura. “Vorresti insinuare che ce ne sarà un'altra, per caso?”
“Voglio semplicemente mettere bene in chiaro di voler evitare a ogni costo di rivivere ciò che ho passato negli ultimi due giorni. Non so se te ne sia resa conto, ma Vittoria non aveva mai fatto storie, men che meno capricci, per essere stata lasciata sola con Armando o chiunque altro; certo, di solito in caffetteria ci siamo anche io e Salvo, che ogni tanto buttiamo lì due castronerie e veniamo tacitati da Armando, che ci accusa di confonderla solamente.” Gli scappa un sorriso, è inevitabile.
“Non vorrai dire che se l'asfalto era scivoloso e non stavo capendo dove volesse andare quel pazzo furioso, la colpa sarebbe comunque mia!” controbatte lei, determinata a tenere il punto.
“Certo che no; ma un autista più esperto sarebbe riuscito ad aggirare la cosa diversamente. Asfalto scivoloso perché, tanto per cambiare, hai voluto prendere la macchina nonostante piovesse a dirotto.”
Tutte quelle puntualizzazioni avevano un che di surreale. “Perché, tu prima di guidare controlli il meteo, di solito? È perché sono donna? Dillo, già che ci siamo; ammettilo.”
Questa, poi… Rinfacciata proprio a lui. “Non sparare cavolate, sai benissimo cosa intendo! Non voglio dovermi preoccupare per te in questo modo, non è ammissibile, punto.”
“Punto un corno! Punto e a capo. Mi dispiace, Marcello, ma fa parte della vita: anch’io, a volte, mi preoccupo per te, ma non vengo continuamente a fartelo sapere, e men che meno a fartelo pesare.”
 
Marcello era disarmato; non sapeva più in che modo potesse farle capire l’angoscia che provava.     “Ma è possibile che tu non capisca?! Io non voglio contemplare una quotidianità in cui tu non mi rompi le scatole sulla tecnica giusta per piantare un chiodo, o montare la gamba del tavolo; o cambiare le ruote della macchina con i bulloni serrati tutti allo stesso valore di coppia, giusto perché sei forse l’unica donna ad aver imparato come sostituire una gomma prima di imparare a guidare.” Roberta cercò di nascondere un sorrisetto, senza riuscirci; sapeva sempre che punti deboli toccare. “Questa sei tu, siamo noi; io potrei benissimo fare tutte queste cose da solo, ma ti ascolto perché mi insegni sempre qualcosa di nuovo in quanto a precisione e tecnica; così come tu saresti perfettamente in grado di preparare una torta di mele, ma è mio compito ufficiale starti col fiato sul collo, perché Sofia è iper pignola e le sue direttive sono legge. E men che meno voglio pensare a nostra figlia, da sempre autonoma nei suoi pomeriggi, che si strugge all'idea di non poterti raccontare la sua giornata, a sera; o al fatto che Andrea non imparerebbe a conoscerti, se te ne andassi troppo presto.” E ora tirava pure in mezzo i loro figli! Colpo basso, bassissimo; le dighe erano già rotte, a quel punto.
 
“Questa storia che tutti siamo necessari, ma nessuno è indispensabile, è la più grande cavolata mai sentita: tu sei indispensabile per me, per la nostra famiglia; senza di te non siamo niente.”           Stoccata finale, come se servisse farla sentire ancor più in colpa di così. Lei, che aveva passato la sua intera esistenza a cercare di fare sempre la cosa giusta, a non far preoccupare mai nessuno; ad essere autosufficiente, autonoma in ogni ambito, per evitare di dover chiedere aiuto e di far preoccupare. Per una volta, una sola, in cui aveva inconsciamente commesso un’imprudenza che l’aveva posta nella condizione di essere assistita e, soprattutto, di far soffrire chi amava, il fatto che Marcello glielo rinfacciasse con quella durezza sofferente la stava ferendo molto più dell’impatto durante l’incidente. Le persone eccessivamente responsabili convivono assai a fatica col senso di colpa; minimizzare, tentare di scacciarlo, è una tecnica collaudata per accettarlo senza lasciarsene toccare troppo… Ma non può essere una soluzione a lungo termine, per poche che siano le volte in cui lo si affronta.
 
Marcello conosceva a memoria ogni singolo ingranaggio della mente e dei sentimenti della moglie, quasi meglio di quelli fisici che lei spiegava ai suoi studenti; ma non poteva esimersi dal condividere con lei le proprie sensazioni e paure, anche se, per una volta, riguardavano lei in prima persona. Proprio perché le leggeva nel pensiero, si sedette, prendendo le sue mani tra le sue, e la rassicurò: “Amore mio… Non ti dico queste cose perché voglio farti star male, o sminuirti, o dissuaderti dal ‘ritornare in sella’… Quel che volevo dirti è semplicemente di fare un’attenzione in più a quel che fai, perché… Tu sei tutta la mia vita; la nostra vita. È una consapevolezza che devi assumere, per forza”.
Roberta, scura in volto, affermò: “Non posso giurarti che non ricapiterà più… Però mi dispiace.”
“Lo so. Anche a me dispiace di aver esagerato.” Marcello sorrise per stemperare la tensione e il peso di quella confessione, accarezzandole la guancia sinistra con la mano e permettendole di appoggiarcisi contro. “Puoi anche prenderla come una minaccia, eh; quella sulla consapevolezza da assumere”
“Ah, mi è concesso di scegliere, quindi: ‘tengo troppo a te’ versus ‘non puoi liberarti di me’ ”
“Vedi che accollarsi meno pesi aiuta? Cos’è che ti dico sempre?”
“Ah, questa la saprei a memoria anche se battessi la testa mille volte: ‘la vita è troppo seria per prenderla seriamente’… Certo, con quel predicozzo hai dimostrato proprio tutto il contrario…”
“Shhh, andavi bene fino alla frase precedente, bimba.”
“Non avevo dubbi. Ti amo, nonostante e soprattutto perché sei il mio scudo umano.”
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il paradiso delle signore / Vai alla pagina dell'autore: Helen_Rose