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Autore: leila91    28/02/2022    27 recensioni
E Crowley vorrebbe dirglielo, ad Aziraphale, che se lo merita il poter godere di ogni cosa bella, senza avere più paura.
E Aziraphale vorrebbe chiederglielo, a Crowley, come ha potuto sopravvivere millenni lontano dalle sue labbra (lì, dove appartiene il suo respiro.)
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Looking through your eyes
 

Si consiglia l'ascolto di Piccola anima (Ermal Meta ft Elisa) a cui questo testo si è ispirato.





Crowley ha sempre pensato di riuscire a capire meglio il mondo ogni volta che prende in prestito gli occhi di Aziraphale.
E’ stato così fin dall’inizio. 

Quando quella creatura eterea, dal comportamento spesso indecifrabile, gli ha confessato quasi di malavoglia di aver regalato ai due umani esiliati dal Giardino dell’Eden la spada di fuoco che Dio stesso gli aveva affidato, ecco, allora Crowley aveva realizzato – il cuore in subbuglio e le pupille da rettile ridotte a fessure – quanto lo sguardo di Aziraphale sulla realtà fosse diverso.
E che di esso Crowley non voleva – non poteva – più fare a meno, perché ogni singola cosa, ogni creatura terrena, e persino un essere dannato come lui diventava più bella, più vera, se illuminata dalla luce di quegli occhi di cielo.


Quando non ci sei vedo meno chiaramente.
(Quante volte era stato sul punto di dirlo.)
Che cosa vuoi veramente da me?
(La domanda che Aziraphale sembrava formulare in silenzio ogni volta che stavano insieme.)

Crowley a parole non lo sapeva spiegare, né a se stesso né ad Aziraphale, ma se avesse trovato modo di esprimersi la sua risposta sarebbe stata una supplica.

Rimani con me. Quando te ne vai porti via con te tutti  i miei sogni.

 


Aziraphale ha sempre pensato che ogni frutto che la terra ha da offrire sia più bello, più gustoso, se condiviso con Crowley.
E’ stato così fin dall’inizio.
Quando nel Giardino dell’Eden ha accolto quello che avrebbe dovuto trattare come un nemico giurato, sotto la sua ala, per ripararlo dalla prima pioggia del mondo, Aziraphale ricorda di aver pensato che Crowley somigliasse più a un passero spaventato che a un serpente.
Si sono rivisti infinite volte da allora, per un caso che caso non era.
Dalla prima ostrica assaggiata insieme, alle opere di Shakespeare rese un successo grazie a piccoli interventi demoniaci, era nato un legame, un accordo, che andava ben oltre la reciproca solidarietà e l'implicita non belligeranza.
Aziraphale era dolorosamente conscio di quanto la presenza di Crowley fosse divenuta ormai indispensabile nella sua vita, di come il suo solo esserci avesse sbaragliato la solitudine provata dall’angelo per tutto il frammento di esistenza vissuto senza di lui.
Crowley gli ha fatto a sua insaputa comprendere la differenza che c’è tra vivere ed esistere, e Aziraphale ora non saprebbe tornare indietro, nemmeno volendolo.

 

Non mi lasciare.

(La sua è una preghiera a cui non riesce a dare voce.)

Sono qui. Ti sto di fronte.

(La risposta di Crowley suona come la più dolce delle rassicurazioni.)

 

§

 

Amici… Noi non siamo amici! Siamo un angelo e un demone. Noi due non abbiamo niente in comune, non mi piaci nemmeno!

 

Poi, all’improvviso ogni cosa era andata in frantumi. All’improvviso era stato come cadere di nuovo – come bruciare ancora una volta fra fiamme che non erano state create con l’intento di ucciderlo, ma per infliggergli un supplizio peggiore della morte.

Tuttavia era stato lui ad andarsene, a voltare le spalle, a dimostrare come non esistesse nulla di più fragile di una promessa.

Prendo la mia roba e me ne vado, angelo, e quando sarò fra le stelle non penserò mai più a te!

Aziraphale non aveva mai fatto fatica a respirare, nemmeno ne aveva bisogno, ma in quel momento aveva sentito l’aria sparire improvvisamente dai polmoni e, per la prima volta in vita sua, si era ritrovato a mettere in discussione tutto: il bene, il male, l’amore per Dio e la fedeltà al paradiso.
Ogni cosa, se messa a confronto con la prospettiva di non rivedere Crowley, mai più, era parsa improvvisamente vacua ed effimera.

E così, per la prima volta in seimila anni, aveva finalmente scelto sé stesso.

 
§
 

La libertà era giunta inattesa, insperata, grazie all’ultima profezia di quella strega che, agendo dal passato, aveva rivoluzionato la vita di entrambi con la forza di diecimila uragani.

-Al mondo.-
-Al mondo.-

 

Occhi di nuovo liberi, labbra che non tremano più.

«Facciamo una passeggiata a St. James Park, caro?»
«Ngk, perché no, angelo.»

Dita a sfiorarsi, allacciarsi, intrecciarsi.
Parole che ancora non trovano la strada per uscire ma galleggiano lì, nello spazio fra i loro visi, ora sempre più vicini.

E Crowley vorrebbe dirglielo, ad Aziraphale, che se lo merita il poter godere di ogni cosa bella, senza avere più paura.
E Aziraphale vorrebbe chiederglielo, a Crowley, come ha potuto sopravvivere millenni lontano dalle sue labbra (lì, dove appartiene il suo respiro.)

Ma è solo quando i loro fiati, i loro sospiri, i loro corpi, finalmente si incontrano, che le risposte smettono di vorticare confuse nell’aria per farsi carne.
E due anime che si rincorrono dall’inizio dei tempi trovano in quell’abbraccio la loro dimora.








 

Che dire? In realtà non lo so cosa dire, non so nemmeno se questa storia si possa considerare una songfic, ma da tanto tempo ho dentro le parole e la melodia di “Piccola anima” di Ermal Meta feat Elisa e dopo mesi sono riuscita a dare una forma completa a questa cosa.
So solo che avevo bisogno di tornare a scrivere di loro, mio rifugio e mia certezza quando le cose intorno vanno male.
Spero vi abbia trasmesso qualcosa, qualunque cosa. (Possibilmente di bello.)


Grazie di essere arrivati/e fin qui ♥

Bennina vostra

NB: nel testo sono presenti sia citazioni della canzone, sia citazioni prese dalla serie tv.
   
 
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