Anime & Manga > Lupin III
Segui la storia  |       
Autore: jarmione    03/03/2022    2 recensioni
Dopo anni di inattività, Lupin torna in azione ed il suo obbiettivo è la Bilancia della morte.
Questa bilancia sconvolgerà il gruppo di Lupin e persino Anika, la quale vedrà il suo mondo sgretolarsi.
Riusciranno a risolvere questo nuovo enigma?
O tutti crolleranno nel tentativo?
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questo capitolo è stato quasi del tutto scritto da Fiore del deserto (si riconosce specialmente dal suo metodo di descrizione ultra mega iper dettagliato come piace a me)

Perciò ringraziate cotale autrice per tutto...e se non vi piace il capitolo...beh, colpa sua.

Buona lettura

4-3-2022 per questioni di plagio non voluto, ho cambiato il nome del cattivo di turno. Chiedo scusa per l'inconveniente, sarà mia premura fare più attenzione in futuro

 

 

 

La cupezza della notte si apriva in uno spiazzo di foschia segnata dall’umidità, l’aria era satura di

inquinamento atmosferico prodotto specialmente dalle auto che continuano a passare, nonostante

l’ora tarda.

All’interno di una viuzza ristretta, Lupin stava pazientemente aspettando qualcuno e, nell’attesa,

aveva ben pensato di aspirare una sigaretta per poter ingannare il tempo.

Alzò di poco la manica per scoprire l’orologio legato al proprio polso sinistro, quanto bastava per

poterne scorgerne l’orario segnato dalle lancette.

Mezzanotte.

“Puntuale come sempre” sogghignò con sfida il ladro, senza staccare gli occhi dall’orologio e

rimanendo ben fermo nella sua posizione “Zazà...”

Proprio alle sue spalle, l’ispettore Zenigata aveva appena fatto la sua comparsa e in un certo senso,

nel profondo, desiderava coglierlo di sorpresa.

Tuttavia, conosceva molto bene il ladro a cui ha dato la caccia da una vita e, nonostante si fosse

preso una pausa per parecchio tempo, sapeva perfettamente che era quasi impossibile prendere

Lupin in contropiede.

Non era, quindi, il caso di sorprendersi e fare domande del tipo -Come hai fatto a scoprirmi?- e

sciocchezze simili.

“Dov’è Anika?” domandò seccamente l’ispettore che, più che una richiesta, sembrava una minaccia.

“Ti basti sapere che è al sicuro.” fu la risposta provocatoria di Lupin che, finalmente, si decise a non

dare più le spalle all’ispettore.

Benché Lupin fosse al corrente di cosa scorreva tra Anika e Zenigata, credette che non fosse

opportuno affrontare tale pretesto.

Malgrado non potesse offrirgli una risposta diversa da quella appena datagli, Lupin sa perfettamente

che quella poteva mettere a durissima prova la pazienza, di per sé scarsa, di Zenigata ed era pronto

ad affrontare qualunque sua reazione.

Infatti, proprio come si aspettava, Zenigata gli balzò addosso come un lupo alfa al quale era stata

minacciata la propria autorità da un membro del branco e, afferrandolo con violenza per il colletto,

gli puntò addosso uno sguardo incattivito e carico di pura ira.

“Dimmi subito dov’è!” esclamò l’ispettore, schiumando di rabbia “Tu, maledetto... Hai rapito

Anika, sappi che non ci andrò leggero...”

Mantenendo una calma glaciale, Lupin afferrò i polsi dell’ispettore e lo colpì con una testata in

piena fronte con la forza sufficiente per fargli allentare la presa.

Dolorante, Zenigata fece un passo indietro e si lamentò appena.

Infine, Lupin lo atterrò colpendolo alla mascella con un solo ma deciso pugno avventato.

“Ti sei calmato?” domandò Lupin, assicurandosi che l’ispettore fosse momentaneamente fuori

gioco “Non ho rapito nessuno, Zazà. Sai che non lo farei mai.” fece una breve pausa “E se ti fa

piacere sentirtelo dire, fino ad ora, non ero al corrente di te e Anika. Lei stessa non mi aveva detto

nulla.”

Ottenuta l’attenzione desiderata dall’ispettore, Lupin continuò a spiegargli quanto Anika ci tenesse

a quest’ultimo e che lo aveva intuito da come la donna aveva lottato per impedirgli di arrivare in

città, per non parlare di Yuki e del suo atteggiamento nei confronti di Yata.

Solo dopo essersi assicurato della calma dell’ispettore, il ladro gentiluomo cominciò a fare

riferimento alla bilancia, illustrandone la misteriosa natura.

Gli porse persino il biglietto uscito da essa.

“E’ per questo che sono qui” disse Lupin, mentre Zenigata continuava ad osservare quel foglietto.

Sì, l’istinto omicida nei confronti di Lupin lo aveva avuto e tutto per via di Anika, ma sapeva già

che se mai gli fosse capitato fra le mani al massimo sarebbe finito a prenderlo a sberle e pugni.

Ucciderlo? Giammai.

“Se è perché ho preso Anika, sappi che mai e poi mai le avrei fatto del male, tanto meno rapirla”

cercò di rassicurarlo “E comunque, mi pare doveroso ricordarti che noi siamo la sua famiglia, un

po’ di diritti ancora ne abbiamo...o sbaglio, ispettore?”

Zenigata sospirò “C’è solo un problema” disse ridandogli il biglietto indietro “Non ho mai avuto

intenzione di ucciderti, non intendo sporcarmi le mani” le alzò come si fa in segno di resa “E anche

fosse non mi sognerei di dare ad Anika una delusione simile, ne ha già avute abbastanza anche da

parte mia”

Lupin si sentì molto più sollevato, però restava sempre fermo il fatto che non si capiva il motivo per

cui la bilancia avesse fatto uscire il suo nome.

Ovviamente, la scusa più plausibile era che la bilancia aveva difetti.

Ma come provarlo?

Tuttavia, poco prima di poter elaborare il piano per comprendere il motivo per il quale fosse uscito

quel nome, d’improvviso Lupin e Zenigata vennero interrotti da qualcosa nell’ombra...o qualcuno.

“Chi c’è?” ruggì Zenigata, armandosi della torcia nascosta in una delle tasche della sua giacca.

La lieve luce illuminò le sagome di due individui ma, a causa della muta nera che li ricopriva dalla

testa ai piedi, era impossibile riconoscerne l’identità.

“Cosa volete?” strepitò di nuovo l’ispettore, senza lasciarsi intimorire.

Grazie ad un gioco di luci ed ombre, causato involontariamente dalla torcia di Zenigata, Lupin

venne attratto da un sbrilluccichio.

C’era qualcosa nel buio del vicolo, oltre i due tipi loschi, che stava luccicando.

“Zazà, attento!” esclamò Lupin, accorgendosi appena in tempo della presenza di un terzo uomo

armato di pistola.

Il tempo fu sufficiente perché anche l’ispettore si accorgesse della trappola, ma non bastò del tutto

perché quel losco individuo premette il grilletto all’unisono con il richiamo di Lupin.

Lo scoppio echeggiò nella notte, squarciando il silenzio.

Gli occhi di Lupin si spalancarono per l’angoscia preliminare di essere stati centrati in pieno, ma si

rasserenò istantaneamente non appena si rese conto di essere ancora in piedi insieme a Zenigata.

Immediatamente, l’ispettore impugnò la propria pistola e rispose al fuoco, mentre Lupin ne prese

esempio seduta stante.

La sarabanda di spari interruppe la serenità della notte ed essendo stati colti di sorpresa,

specialmente all’interno di una ristretta viuzza, non potevano garantire una vittoria contro quei tre

balordi.

Lupin, a quel punto, urlò a Zenigata di tagliare la corda.

Se voleva rivedere Anika e Yuki ancora una volta, l’ispettore pensò che battere in ritirata fosse

un’idea da seguire.

Una volta a bordo della Fiat 500, parcheggiata poco distante, Lupin picchia sull’acceleratore,

mordendosi un labbro per bloccare un’imprecazione, scaturita dal fatto che si era lasciato cogliere

alla sprovvista.

Oltre a questo, ad impedirgli ogni possibile brutta parola, fu un mugolio appena accennato da parte

Zenigata.

Lupin non fa in tempo a domandargli cosa abbia, poiché si accorse di una macchia scura adiacente

alla spalla dell’ispettore.

Sangue.

Era stato colpito da un proiettile e, nonostante tutto, aveva avuto un coraggio da leone e non si era

mostrato debole di fronte al pericolo.

“Non ci voleva!” ringhiò Lupin schiacciando ulteriormente l’acceleratore per arrivare alla cascina

più in fretta che potè, in modo da poter aiutare Zenigata a curarsi.

Non appena giunsero alla cascina, tuttavia, ad accoglierli non vi era Anika né Jigen e nemmeno la

cascina.

Solo un enorme nube di fumo nera ed il sordo silenzio innaturale che non faceva presagire nulla di

buono.

Ad un certo punto, quella quiete venne spezzata dal cellulare di Zenigata che squillò.

Lo sguardo dell’ispettore variò nel momento che lesse il nome del chiamante.

Non fece in tempo a premere il tasto verde di accettazione, che divenne più bianco di un lenzuolo.

Ispettore! Hanno preso Yuki!”

 

*****

 

Era mezzanotte, tutto taceva.

Fujiko aveva condotto l’elicottero sull’isola di Hashima, la stessa isola che molti anni prima aveva

ospitato la prima missione ufficiale di Anika.

Quest’ultima, infatti, non era per niente d’accordo a rimanere lì, ma visti gli ultimi avvenimenti non

poteva fare diversamente.

In uno dei vecchi magazzini dismessi, il gruppo si era rintanato e aveva acceso un piccolo fuoco

giusto per evitare di morire di freddo e tenere al caldo alcune cibarie di fortuna trovate

nell’elicottero rubato.

Nonostante la tensione, Fujiko non riuscì a trattenere il suo entusiasmo nel rivedere Anika.

La stava stringendo forte, quasi soffocandola con il suo seno prosperoso, lievemente commossa.

Non era tipa da esternare molto i suoi sentimenti, ma dopo aver saputo cosa Jigen aveva combinato,

era rimasta talmente sconvolta che non gli aveva più rivolto la parola.

Stesa cosa aveva fatto con Lupin, perché sperava che aiutasse il pistolero a cambiare idea e

rimettersi sulla buona strada.

Anika le era mancata davvero.

Persino quest’ultima, nonostante non fosse granché simpatizzante con lei, ammise che le era

mancata e che parecchie volte aveva sperato di vederla apparire.

“Oh tu non sai quanto mi sei mancata!” cinguettò Fujiko “Ma guardati, come sei cresciuta, sei più

donna ed hai anche più stile rispetto a prima!” aggiunse notando l’abbigliamento più femminile di

Anika.

Anika sorrise “Anche tu mi sei mancata, Fujiko” disse “Come ci avete trovati?”

“Mia cara, dopo tutto il tempo passato con noi ancora fai queste domande?” ammiccò Fujiko,

facendola di nuovo sorridere.

“Io vorrei sapere, piuttosto, chi diamine erano quei tipi che ci hanno attaccati” brontolò Jigen

“Sicuramente degli incompetenti, visto che sei ancora vivo” lo punzecchiò Fujiko, che ancora non

aveva mandato giù l’abbandono di Anika.

A Jigen non servirono spiegazioni sul perché di quella frecciatina “Te l’ho già spiegato, donna, non

serve che te lo ribadisca!”

“Beh, avresti anche potuto consultarti con noi!”

“Avreste accettato?”

“Certo che no!” ribattè Fujiko scandalizzata “Ma come ti viene in mente, razza di babbeo!?”

Anika tentò di mettere pace fra i due, ma risultò un’impresa impossibile.

Preferì lasciar perdere ed uscì dal magazzino, raggiungendo Goemon sul tetto di esso.

Il samurai stava facendo la guardia.

Fino a quel momento non aveva avuto modo di parlargli e sentiva di averne un gran bisogno.

Goemon era discreto e Anika sapeva che avrebbe potuto dirgli qualunque cosa e lui l’avrebbe

capita, ascoltata e consigliata per il meglio.

E poi gli era mancato, Dio solo sapeva quanto.

Una volta alle sue spalle, si bloccò.

“Ciao, Goemon”

Il samurai sembrò ridestarsi dai suoi pensieri e si voltò lentamente verso di lei, dando le spalle alla

brezza leggera della notte.

Fece un piccolo sorriso “E’ un piacere rivederti, Anika”

Anika si morse il labbro, non riuscendo a sostenere lo sguardo dell’uomo “Dove sei stato fino ad

ora?”

“Fra le montagne svizzere” rispose “In quei luoghi c’è la quiete che serve al mio animo per

meditare”

“Ma pare che non serva solo a quello” disse Anika, avvicinandosi e guardandolo attentamente.

Il tempo era passato per tutti loro, ma Goemon sembrava averne risentito di più.

Per quanto presentasse ancora una buona massa muscolare, il suo viso era più scavato ed era molto

pallido.

Anche Jigen era cambiato tanto, ma era decisamente più in forma rispetto al samurai.

Anika allungò una mano e gli accarezzò il volto “Che ti è successo?”

Goemon sospirò “Ho fatto meditazione” rispose “Alle volte durava anche giorni”

Meditazione che, a detta di Fujiko, era dovuta al fatto che gli erano venuti istinti omicidi nei

confronti di Jigen e Lupin.

Questo lo aveva portato a ritirarsi per scacciare i cattivi pensieri e tornare sulla retta via.

Di istinto, Anika lo strinse forte a se “Mi sei mancato, Goemon”

Goemon non rispose, non serviva che lo facesse, strinse di rimando Anika e rimasero così per

lunghi secondi.

 

*****

 

“Che cosa!?” fu l’esclamazione che risuonò per tutta l’enorme villa e la zona limitrofa.

Fu abbastanza forte da far abbaiare i cani da guardia, che iniziarono a tirare il guinzaglio come se

volessero attaccare.

Le due guardie fecero fatica a tenerli fermi, essendo due pastori tedeschi erano ben massicci e

avevano una bella forza.

“Come sarebbe a dire ci sono sfuggiti?” ennesima domanda alla quale gli uomini dalla muta nera

non seppero rispondere.

Avevano fallito e si erano già pentiti di tutto e sapevano che il loro padrone non li avrebbe

risparmiati.

“Non posso fare affidamento neanche su di voi” strinse i pugni “Fuori di qui, idiota, andatevene!”

Senza farselo dire due volte, gli uomini uscirono dalla stanza a gran velocità.

Fecero in tempo a chiudere la porta prima che un vaso di ceramica molto antico si frantumasse su di

essa, segno della rabbia che l’uomo aveva.

Lui, Hideo Kimura, il più grande magnate dell’industria tessile esistente al mondo, il cui denaro

arrivava ad essere talmente tanto da non sapere più come spenderlo, aveva assunto uomini per un

lavoro che non erano in grado di svolgere.

Si sentiva uno stupido, impotente e con voglia di buttare tutto all’aria.

Cercò di calmarsi e si avvicinò alla finestra.

Fuori era buio pesto, neanche una luce illuminava la villa e i dintorni sotto stretto ordine suo.

Voleva rendere l’accesso ai malvivente il più difficile possibile.

Aveva installato i migliori sistemi di allarme e anti ladro esistenti e, se mai qualcuno fosse riuscito a

passarli tutti, avrebbe trovato i suoi uomini e i cani.

Non c’era scampo.

Sempre vicino alla finestra, osservava il suo stesso volto riflesso sul vetro vedendo impresso su di

esso tutta la sofferenza e la vecchiaia che avanzava.

Ma nonostante ciò, vedeva un uomo dell'andatura fiera, rigidamente gelida e saldamente composta,

con l'aria di chi sa fermare qualsiasi individuo con un solo sguardo.

L'argento nei capelli segnalava la maturità dei suoi anni, segnati dal tempo che aveva toccato le

lievi rughe del volto rettangolare, che parte con un'ampia fronte.

Lo sguardo di ghiaccio e crudele era contornato dall'arco delle sopracciglia grigiastre e, al primo

impatto, sembrava un lupo pronto a balzare sulla preda.

Il naso era di poco irregolare, ma non perdeva la propria eleganza.

I solchi naso labiali erano marcati e la sottilissima bocca sembrava non aver mai accennato un

sorriso per tutti quegli anni.

Come poteva un uomo come lui essersi ridotto in quel modo? Ad assoldare gente che non sapeva

nemmeno portare avanti un compito così semplice.

Tre squadre aveva mandato avanti e due di loro avevano fallito.

Sperò vivamente che la terza avesse portato a termine la missione richiesta.

A questo, ottenne risposta circa due minuti più tardi.

Dopo che qualcuno aveva bussato, la porta si spalancò ed un gruppo di uomini entrarono nella

stanza.

Uno di loro teneva un bambino addormentato in braccio...o meglio...sedato.

“Vedo che almeno voi ci siete riusciti” commentò “Sapete cosa fare”

Gli uomini annuirono ed uscirono, portando via quel piccolo esserino indifeso.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lupin III / Vai alla pagina dell'autore: jarmione