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Autore: Ghost Writer TNCS    05/03/2022    2 recensioni
Da sempre le persone hanno vissuto sotto il controllo degli dei. La teocrazia del Clero è sempre stata l’unica forma di governo possibile, l’unica concepibile, eppure qualcosa sta cambiando. Nel continente meridionale, alcuni eretici hanno cominciato a ribellarsi agli dei e a cercare la verità nascosta tra le incongruenze della dottrina.
Nel frattempo, nel continente settentrionale qualcun altro sta pianificando la sua mossa. Qualcuno mosso dalla vendetta, ma anche dalla volontà di costruire un mondo migliore. Un mondo dove le persone sono libere di costruire il proprio destino, senza bisogno di affidarsi ai capricci degli dei.
E chi meglio di lui per guidare i popoli verso un futuro di prosperità e progresso? Chi meglio di Havard, figlio di Hel, e nuovo dio della morte?
Questo racconto è il seguito di AoE - 1 - Eresia e riprende alcuni eventi principali di HoJ - 1 - La frontiera perduta.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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9. La miniera

Il priore di Ganshada era chiaramente un uomo interessato più al profitto che alla fede. Havard aveva capito al primo sguardo che doveva puntare sulle prospettive di profitto per convincerlo a collaborare, ma l’anziano orco non era così avido da mettere a repentaglio la propria vita per denaro.

«Una guerra contro gli dei? Ti rendi conto di ciò di cui stai parlando, ragazzo? Moriranno a migliaia, decine di migliaia.» Dopo un attimo il priore realizzò una cosa: «Capisco: sei un dio della morte, quindi tutte quelle morti non faranno che aumentare il tuo potere.»

«Ti sbagli» ribatté Havard. «Più morti vuol dire solo più lavoro. Perfino quell’altro sacerdote dovrebbe saperlo, se sa come fare il suo lavoro.»

«Ma allora perché? Per vendetta? Perché hanno lasciato morire tua madre?»

«È così strano voler creare un mondo migliore per tutti? Voler combattere degli dei bugiardi che vi usano solo come fonte di preghiere? Voi vedete gli dei della morte solo come avidi di anime – e forse è così per Nergal – ma non è così che dovrebbe essere. La morte alimenta il cambiamento, il progresso, e in quanto dio della morte, è mio dovere giudicare le anime. Per come la vedo io, alimentare la giustizia e il progresso è il modo migliore per svolgere il mio compito.»

Il priore rimase in silenzio a riflettere.

«Ho visto che Ganshada è una città fiorente, e per questo non intendo deporti» affermò Havard. «Lavora per me, e grazie alle nuove rotte commerciali diventerai ancora più ricco. Ho portato con me dei monoceratopi, così da poter avviare i primi scambi. Ci saranno dei cambiamenti, ad esempio intendo abolire la schiavitù, ma per il resto avrai molta libertà di azione. Certo, dovrai comunque rendere conto a me di ciò che farai.»

«Abolire la schiavitù? Da quando?»

«Da subito.»

Il priore era scettico. «Molti non saranno d’accordo.»

«Questo non mi ha mai fermato. E se non intendono rinunciare ai loro schiavi, potrai arrestarli e sequestrare i loro beni. Dalli agli ex schiavi così che possano cominciare una nuova vita.»

L’anziano orco era sempre più pensieroso.

«Se aboliamo gli schiavi, ci saranno più cittadini che pagheranno le tasse» gli fece notare il figlio di Hel. «Un guadagno per tutti, non trovi?»

Il priore annuì tra sé.

«Se questo non ti andasse a genio, troverò qualcun altro disposto a prendere il tuo posto.»

Il chierico allargò le braccia. «Non mi lasci altra scelta, dunque.»

«Vedila più come una nuova opportunità» rilanciò Havard, che intendeva assicurarsi – per quanto possibile – la lealtà dell’avido governante. «Piuttosto: ho percepito qualcosa di strano provenire da nord. Dalle miniere.»

«Sì, c’è stato un… crollo di recente. Alcuni minatori sono rimasti schiacciati purtroppo. Abbiamo avuto qualche piccolo… contrattempo, ma niente di preoccupante. Presto saremo di nuovo al pieno della produzione.»

Havard intuì che il priore non gli stava raccontando tutta la verità, ma prima di affrontare il discorso, voleva saperne di più.

«Se le cose stanno come penso, non vi basterà qualche sacerdote di Nergal per risolvere la questione. Voglio andare immediatamente alla miniera.»

Il priore provò a ribattere, ma alla fine dovette capitolare.

«Avrò bisogno di qualcuno in grado di liberare l’ingresso e di almeno un paio di sacerdoti di Nergal» proseguì il figlio di Hel. «Non voglio rischiare che qualche spirito fugga dalla miniera e attacchi qualcuno.»

Una volta radunati tre sacerdoti, Havard si fece guidare verso le miniere. Si trovavano all’esterno della città ed era possibile raggiungerle usando un ingresso secondario, che per la verità era forse anche più grande del portone principale. Anche lì c’era un gran via vai, ma si trattava quasi esclusivamente di carri pieni di pietre trainati da monoceratopi.

C’era un gran baccano di martelli e picconi, e il pallido non aveva dubbi che la maggior parte dei lavoratori erano schiavi. Erano per lo più orchi – tra cui molti pallidi –, ma riconobbe alcuni goblin – utili per infilarsi nei cunicoli più stretti al pari dei bambini – e diversi troll – la cui notevole forza li rendeva estremamente utili per i lavori pesanti.

Le riflessioni del figlio di Hel erano però disturbate dalla sensazione sempre più opprimente di spiriti inferiori nei paraggi: il crollo doveva aver ucciso almeno una dozzina di minatori, forse di più.

Quando raggiunse la miniera in questione, la presenza dei fantasmi era così intensa che anche il chierico non devoto a Nergal riusciva a percepirla.

«Tu, preparati a liberare l’ingresso» ordinò il figlio di Hel. «Voi, state all’erta: non dobbiamo far fuggire gli spiriti inferiori.»

«Non c’è bisogno che tu ce lo dica» ribatté il giovane sacerdote già incontrato nello studio del priore.

Con l’aiuto di una bacchetta, il chierico devoto a Mbaba Mwana Waresa cominciò a spostare le macerie, ammassandole in alcune pile ai margini dell’ingresso. L’ingresso di per sé non era molto largo, ma ci volle del tempo per liberare il passaggio perché il crollo aveva interessato una porzione lunga almeno una decina di metri.

Una volta concluso il processo, Havard prese una torcia e cominciò a percorrere la stretta e buia miniera. La presenza degli spiriti inferiori era intensa, ma ancora non riusciva a individuarli con certezza: erano troppo numerosi.

Un suono metallico lo mise in allerta. Lasciò cadere la torcia e portò in avanti il bastone. Evocò una barriera e una sagoma affilata vi sbatté contro. Era il fantasma di un orco, ma il suo corpo asciutto si era deformato e ora presentava sporgenze aguzze che sembravano le punte di tanti picconi.

Lo spirito emise un verso acuto che sembrava quello del ferro strusciato su altro ferro. Colpì lo scudo a ripetizione con entrambe le braccia, ma Havard non si fece spaventare. Dissolse la barriera e scagliò una magia offensiva che sparò indietro il nemico. Evocò un incantesimo di ghiaccio e il corpo dello spirito si ricoprì di brina.

Lo spirito era sul punto di soccombere, e fu allora che gli altri si rivelarono. Una dozzina di fantasmi eruttò dalla profondità della miniera, gettandosi all’attacco in maniera disordinata. Havard li bloccò con la magia, ma uno riuscì a eludere la barriera e serpeggiò verso l’uscita.

«Sta arrivando!» gridò per allertare i sacerdoti di Nergal.

I chierici erano pronti e unirono le forze per afferrarlo con la loro magia.

Il devoto a Mbaba Mwana Waresa sobbalzò e si allontanò ulteriormente, terrorizzato dallo spirito urlante, il cui aspetto era solo vagamente riconducibile a quello di un goblin.

Havard sapeva di dover intervenire – non era sicuro che i chierici sarebbero stati in grado di tenere testa al fantasma – ma aveva altri problemi a cui pensare: uno degli spiriti caricò il pugno e frantumò la sua barriera. A giudicare dalla stazza, probabilmente in vita era stato un troll, e ora il suo corpo ingobbito riusciva a malapena a passare in quella stretta galleria.

Lo spirito raccolse una grossa pietra e la scagliò contro Havard, costringendolo a schivare di lato. In quello spazio ridotto il massiccio fantasma non sarebbe stato un avversario particolarmente ostico, ma la schiera di altri spiriti impediva al figlio di Hel di preparare una controffensiva adeguata.

Evocò un incantesimo di ghiaccio e creò un muro per bloccare completamente il passaggio. Grazie alla sua magia, i fantasmi non sarebbero riusciti ad attraversarlo senza prima distruggerlo, inoltre il fatto che non fossero ancora fuggiti gli faceva supporre che la morte per crollo li aveva resi incapaci di attraversare la terra. O forse quegli spiriti erano vincolati alla miniera stessa, ma non intendeva correre il rischio.

Si voltò verso l’uscita e tese la mano verso il fantasma del goblin tenuto a bada dai due chierici di Nergal. Subito lo spirito cominciò a venire risucchiato e, per quanto si aggrappasse alla terra, le sue dita artigliate non riuscivano a fare presa.

Havard strinse il pugno e inviò l’anima al regno infernale di sua madre, dove non avrebbe potuto nuocere a nessuno. Nel farlo riuscì ad avvertire alcuni dei ricordi del goblin: in essi traspariva tutta la sua rabbia, la frustrazione e il dolore per ciò che aveva patito in vita.

Proprio in quel momento gli altri fantasmi sfondarono la barriera di ghiaccio e si tuffarono di nuovo all’attacco.

Il figlio di Hel rispose con una raffica di incantesimi, ma i nemici erano ancora troppo numerosi. Uno gli sgusciò di lato, ma qualcosa lo rispedì indietro.

«Siamo sacerdoti di Nergal!» esclamò uno dei chierici. «È nostro dovere occuparci di questi spiriti!»

Havard si limitò ad annuire: un po’ di aiuto gli avrebbe fatto comodo.

I tre maghi unirono le forze per respingere i nemici e questo diede al pallido abbastanza tempo da evocare un altro e più potente incantesimo di ghiaccio. Con i nemici immobilizzati e controllati dai due sacerdoti, per Havard fu molto più semplice catturare le loro anime.

Essendo un dio della morte, per lui era naturale percepire la vera essenza di coloro che raggiungevano il suo regno infernale. Era questa abilità che gli consentiva di esprimere un giudizio. E proprio grazie a questa abilità riuscì a farsi un’idea piuttosto chiara di quello che era successo. Del perché si trovavano lì e del motivo per cui la miniera era crollata.

Una volta esorcizzato l’ultimo spirito, il pallido si concesse un momento per riprendere fiato. Non aveva mai affrontato tanti spiriti inferiori in una volta sola, e se non fosse stato per i due sacerdoti, non sarebbe riuscito a contenerli tutti.

«Vi ringrazio, mi siete stati d’aiuto.»

«Siamo sacerdoti di Nergal, siamo noi che ti ringraziamo per l’aiuto che ci hai dato» ribatté il chierico che aveva incontrato con il priore.

Il pallido annuì e si incamminò verso la città.

«Ehi, dove stai andando?»

«Devo andare dal priore. Voglio fargli delle domande, e in base alle sue risposte deciderò il suo destino.»

Il sacerdote era confuso. «Di cosa stai parlando?»

«Di dare una prova della mia giustizia.»


Note dell’autore

Ben ritrovati :)

In questo capitolo vediamo Havard dare ulteriore prova della sua forza, sia mentale nella discussione con il priore, sia magica nello scontro con gli spiriti inferiori.

La battaglia nella miniera si è risolta con la vittoria del pallido (e dei suoi alleati), ma Havard non sembra essere ancora soddisfatto. Ora non resta che capire cosa c’entra il priore in tutta questa faccenda e quali siano le reali intenzioni del figlio di Hel.

Grazie a tutti e a presto ^.^


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