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Autore: Memel    10/03/2022    7 recensioni
Ci sono storie che non possono essere cambiate, o aggiustate.
Non importa il numero di cancellature e riscritture, per quanto possiamo impegnarci il finale non cambia.
In questi casi la cosa migliore da fare è abbandonarle, accettare la sconfitta e ricominciare.
Ci sarà sempre una nuova pagina bianca ad attenderci, l’inizio di un nuovo capitolo, di una nuova storia.
~
Tratto dal prologo:
Fu soprattutto Bokuto ad attirare completamente la sua attenzione: imprimeva in ogni azione tutta la potenza che il suo corpo gli permetteva, e la sua passione traboccava da ogni sguardo ed esclamazione durante il gioco.
Sembrava davvero la persona più felice del mondo, intento a fare ciò che più amava e per cui era portato.
Era davvero al posto giusto, nel momento giusto.

[Characters Study / IC / OCxCanon + SideBokuAka]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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彌生

 

 tracks n°63-64-65-66-69

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Nori 1 ; 2 ; 3

 

La pioggia tamburellava sui vetri impolverati della palestra senza accennare a smettere, mentre le poche nuvole in cielo sembravano inghiottire gli ultimi barlumi di luce rimasti in quella tetra giornata. 

E di tetro quel giorno non c’era solo il tempo, purtroppo.

“Dove si è nascosto questa volta?” chiese Nori, seguendo Yukie tra i corridoi che conducevano agli spogliatoi maschili

“Komi ha detto che quando lui e Saru se ne sono andati era ancora in doccia. E pensare che questa volta mi ero organizzata in anticipo, chiudendo a chiave tutti gli sgabuzzini!” le rispose con aria affranta, per poi stringere i pugni, spazientita

“Su, non ti preoccupare, ora ci penso io a tirarlo fuori da lì!” disse Shikako, cercando di tranquillizzarla

“Ero sicura che dopo San Valentino avessimo ormai scansato definitivamente il pericolo di Bokuto in emo-mode! Mi ero completamente dimenticata del White Day!! Ma questa volta Konoha me la paga!!!” sbuffò, aprendo di scatto la porta degli spogliatoi, facendo così sussultare Akaashi, intento a rivestirsi

“Mi dispiace, ma la persona che stai cercando se n’è appena andata, l’hai mancata di poco” le disse Keiji vedendola guardarsi attorno con aria torva e intuendo subito il motivo di tanto affanno

“Ha fatto bene, ma non mi potrà sfuggire a lungo! Anzi, forse riesco ancora a raggiungerlo e a obbligarlo a comprarmi qualche dozzina di melon pan per farsi perdonare… sarebbe il minimo!” esclamò, prima di salutarli distrattamente e lasciarli soli

Nori la seguì con lo sguardo per poi decidersi ad affrontare la situazione di petto, senza ulteriori indugi. Così, prese un respiro profondo e si diresse verso la zona delle docce, sperando con tutta sé stessa di riuscire a risolvere la cosa senza trascinarla ancora per le lunghe, visto che tra il mal di testa, la pioggia che non accennava a smettere, e le scenate di Kotaro, ne aveva abbastanza per desiderare di infilarsi sotto le coperte al più presto.

“Bokut-“

“Nori-chan non venire! Ti avverto che sono nudo!!”

“Lo sai vero che ti vedo le scarpe e gli scaldamuscoli da qui?”

Lo sentì brontolare e ne approfittò per avvicinarsi, fino ad arrivare davanti alla lastra semitrasparente su cui lo intravide appoggiato.

“Hai intenzione di startene rinchiuso lì dentro ancora per molto? Te lo ripeto per l’ultima volta: a me sono piaciuti molto i cioccolatini che hai fatto, ok?” gli disse, massaggiandosi le tempie con aria stanca

“Anche se Konoha ha detto che invece che a dei gufi assomigliavano più a dei pipistrelli in sovrappeso?” lo sentì piagnucolare in risposta

“Sì”

“Anche se ti ha detto che avevi tutte le ragioni del mondo per non volerli assaggiare?”

“Sì”

“Anche se ho finito per sbagliare l’ordine degli ingredienti e mettere più sale che zucchero?”

Shikako sorrise al ricordo della smorfia che aveva fatto pochi minuti prima, quando ignara di quel piccolo ma importante dettaglio li aveva divorati in un sol boccone, pur di farlo felice e distrarlo dalle risate del resto della squadra. 

“Sì, te l’ho detto, il sale si è mescolato al caramello e quindi alla fine è come se avessi fatto dei cioccolatini al cioccolato bianco e caramello salato. Come primo esperimento direi che puoi ritenerti più che soddisfatto, no?” gli rispose, confidando nel potere delle bugie dette a fin di bene

“Sicura?” bofonchiò Kotaro, sbucando lentamente dalla porta semiaperta della doccia, fissandola imbronciato 

Lei annuì, prendendolo per mano e trascinandolo con risolutezza fuori da lì, mentre lui si lasciava guidare senza obiettare, come un cane ubbidiente con la coda tra le gambe.

“Il coach ti sta cercando, a proposito. Mi ha detto di riferirti che ti aspetta in aula insegnanti, non so il motivo ma sembrerebbe urgente” gli riferì, lasciandolo sulla soglia della palestra, per poi dirigersi verso la panchina ingombra di asciugamani e borracce che aspettavano di essere messi in ordine

“Ah, aspetta!”

Nori si voltò, guardandolo interrogativa.

“Mi prometti che mangerai anche la seconda scatola di cioccolatini che ho portato? Yukie e Kaori non li hanno nemmeno toccati…” la implorò, abbassando lo sguardo, sconsolato

Certo che se neanche Yukippe ha voluto assaggiarli forse due domande dovrei farmele, si ritrovò a pensare Shikako. Ma vederlo in quelle condizioni era per lei insopportabile: non riusciva a non cedere alle sue richieste, per quanto assurde potessero essere, e ogni volta finiva per rimanere vittima della tenerezza che quell’infantile e melodrammatica versione di Kotaro le ispirava. Un copione che conosceva ormai a memoria e che si ripeteva puntualmente, purtroppo.

“E va bene… però ora muoviti o ti prenderai una lavata di capo!” gli rispose infine, facendolo esultare

Il sorriso che istantaneamente gli illuminò il viso era per lei l’unica ragione che la spingeva ad assecondarlo ogni singola volta: una sorta di ricompensa, assolutamente meritata, per l’infinita dose di pazienza che stargli accanto richiedeva.

“Sta piovendo, prendi almeno un ombrello…” cercò di dirgli prima di vederlo scattare in direzione dell’edificio principale, saltellando allegramente da una pozzanghera all’altra, noncurante della pioggia che lo inzuppava sempre più

Si limitò a scuotere la testa stancamente e a socchiudere per qualche secondo gli occhi, sentendo la pressione alle tempie aumentare vertiginosamente, per poi richiudersi la porta alle spalle con un sospiro, confidando nella meritata sgridata del coach Yamiji da cui quella volta non lo avrebbe certo salvato.

 

*

 

Guardai l’orologio che troneggiava al centro della palestra vuota per l’ennesima volta, stringendo a me la tracolla con aria impaziente, mentre le ciocche con cui avevo giocherellato fino ad allora ricadevano mollemente sulle mie spalle.

“Sei sicura che non vuoi che rimanga io ad aspettarlo e a chiudere?” mi chiese Akaashi, intento a passeggiare distrattamente intorno alla panchina su cui ero seduta, come me in attesa del ritorno di Bokuto

“No, tranquillo, ormai sono proprio curiosa di sapere perché il coach lo abbia trattenuto tanto…” risposi distrattamente, cercando di trattenere l’ennesimo sbadiglio

Non vedevo l’ora di tornare a casa e dormire, ma la voglia di conoscere il motivo dietro quel ritardo superava di gran lunga qualsiasi mal di testa, ore di sonno arretrate e meteoropatia.

Come in risposta alla nostra impazienza sentimmo la porta principale della palestra aprirsi di scatto e ci voltammo all’unisono, vedendo così un Bokuto insolitamente sovrappensiero venirci incontro.

Lo fissammo in attesa di una spiegazione, ma lui sembrava completamente assorto nei suoi pensieri, tanto che dovetti andargli incontro e tirarlo per una manica per attirare finalmente la sua attenzione.

“Allora? Ci vuoi dire che cosa è successo?” gli chiesi, sentendo la stanchezza prevalere e vincere anche sulla mia inesauribile pazienza 

“Oh, già!” disse, ridestandosi finalmente “Beh, avevo detto ad entrambi che alcune squadre si erano fatte avanti dopo l’Interhigh, no? Oggi il coach mi ha finalmente rivelato i nomi…”

“E…?” lo incalzammo io e Keiji, trattenendo il fiato

“Si tratta dei Tachibana Red Falcons e degli MSBY Black Jackals” esclamò, alzando lo sguardo su di noi, accennando finalmente un sorriso soddisfatto

Lasciai scivolare a terra la tracolla per la sorpresa, fissandolo senza parole, per poi ricambiare il suo sorriso, trattenendo a stento l’emozione: conoscevo quelle squadre solo di nome e per la fama che le accompagnava, ma il fatto che entrambe appartenessero alla prima divisione della V. League era un’informazione più che sufficiente per spiegare lo sgomento che quella notizia provocò in noi.

Mi voltai a guardare Akaashi e lessi nei suoi occhi lo stesso stupore e la stessa felicità, sentendo il mio sorriso allargarsi sempre più, incontenibile.

Stavo per andare incontro a Bokuto per congratularmi con lui per quella bellissima notizia, ma quello che vidi quando incrociai il suo sguardo mi destabilizzò per qualche secondo, immobilizzandomi di colpo.

All’inizio non ci avevo fatto troppo caso, complice prima la spossatezza di fine giornata e poi la confusione che le sue parole avevano provocato, ma c’era qualcosa che non quadrava: era stranamente posato e calmo, e non aveva mostrato per un solo istante un briciolo della scalmanata ed incontrollabile euforia che di solito tirava fuori anche per la battuta più stupida.

“Non sei contento?” mi azzardai a chiedergli, non capendo il perché di quell’insolita reazione controllata, per niente da lui

“Certo, come potrei non esserlo!!!” esclamò lui sulla difensiva, sfoderando un sorriso forzato che non mi convinse minimamente

“Ma…?” lo convinse a proseguire Akaashi

“Ma pensavo che almeno una delle due offerte provenisse da una squadra estera…” si lasciò scappare infine, ponendo fine a quella farsa durata anche troppo a lungo, e sostituendo il finto sorriso di prima con il suo solito e ormai iconico broncio

Era davvero un pessimo attore.

Non potei fare a meno di roteare gli occhi, esasperata da quella sua uscita: dovevo aspettarmelo in fondo, stavamo pur sempre parlando della stessa persona che si era lamentata di non giocare nel campo principale durante il primo giorno del torneo primaverile; che se non era circondata da abbastanza pubblico non si sentiva completamente motivata a dare il massimo; che era in grado di lasciare che la propria prestazione di gioco venisse influenzata dal livello degli avversari che aveva di fronte.

Per lui era sempre così, o tutto o niente.

Ma questo gioco degli estremi, questo suo lasciarsi guidare dalle sue emozioni e ambizioni, spesso fuori portata o irrazionali, non poteva continuare ancora a lungo, non così almeno.

Ogni eccesso finisce sempre per diventare nocivo e pericoloso se non viene tenuto sotto controllo e arginato.

E dopo questi mesi, dopo tutte le partite affrontate, sapevo che lui era in grado di farlo, sapevo che poteva controllarsi e non lasciarsi destabilizzare da questi pensieri fuorvianti e controproducenti.

Per questo quella sua risposta mi fece arrabbiare tanto: dopo tutto quello che era successo, dopo quanto lo avevo visto cambiare e maturare, osservarlo perdersi in un bicchiere d’acqua mi fece esaurire completamente ogni possibile pazienza, come non mi succedeva da tanto.

“Personalmente penso che entrambe le squadre siano un ottimo trampolino di lancio per iniziare una carriera professionale, Bokuto-san...” sentii Akaashi rispondergli, il tono lucido e controllato

Così pacato rispetto a quello che avrei usato io se non mi fossi trattenuta dall’aprire bocca, preferendo andarmene per evitare di dire cose di cui avrei potuto pentirmi.

“Nori-chan dove vai??”

Bokuto mi corse dietro mentre mi dirigevo a grandi falcate verso la porta principale sforzandomi di ignorare la valanga di domande con cui stava tentando di rallentarmi, prima con tono sorpreso e poi sempre più lamentoso, finché non aprii l’ombrello per immergermi nella la pioggia che cadeva scrosciante, inghiottendo ogni suono, compresa la sua voce, che cercava di raggiungermi invano dalla palestra.

 

*

 

Akaashi estrasse il cellulare dalla tasca indeciso sul da farsi, ma dopo qualche istante di tentennamento optò per concedere a Bokuto ancora qualche minuto prima di decidersi a chiamarlo.

Si dondolò distrattamente sull’altalena arrugginita del parco vicino al konbini, quello dove erano soliti fermarsi dopo gli allenamenti e dove si erano messi d’accordo per incontrarsi, visto che negli ultimi giorni Yukie aveva deciso di chiudere la palestra prima del solito, a costo di scacciarli in malo modo, con la scusa che quelle ultime settimane prima del diploma voleva viverle senza ulteriore stress e problemi. E non aveva tutti i torti.

Così avevano deciso di vedersi lì, ma quando Keiji era uscito dalle docce aveva intravisto Kotaro rincorrere il coach Yamiji e dirigersi con lui verso il piccolo ufficio adiacente agli spogliatoi, e intuendo il ritardo che sicuramente avrebbe accumulato, aveva preferito anticiparlo e aspettarlo direttamente in quel loro punto di ritrovo abituale.

Sentì il telefono vibrare nella tasca della divisa, ma a chiamarlo non era il suo capitano, ma bensì Nori.

“Ehi, scusami se oggi sono scappata a casa senza salutare, ma stasera è il compleanno di mia madre e le avevo promesso che le avrei preparato una torta delle mie…” disse Shikako, il tono affannato, mentre in sottofondo si sentivano smorzati i rumori di uno sbattitore elettrico

“Figurati, non preoccuparti”

“Volevi dirmi qualcosa? Ah, cavoli la bilancia ha le pile scariche! Scusami ma qui sto combinando un casino, non sono proprio dell’umore per fare dolci…”

“Tu e Bokuto non avete più parlato dopo quello che è successo l’altro giorno?” le chiese senza giri di parole, sperando di non essere stato troppo diretto come suo solito

“No… o meglio, io no, lui non demorde e ignorarlo sta diventando sempre più difficile. Credimi, non vorrei essere così dura, ma te l’ho detto… se non riesce a prendere una decisione tanto importante da solo non imparerà mai a cavarsela davvero, lo deve capire… e anche tu dovresti capirlo. Non dovresti aiutarlo, non questa volta” gli rispose, la voce tesa ma decisa, ferma nella presa di posizione che negli ultimi giorni l’aveva vista assumere

“Lo so, hai ragione. Non sarà facile farglielo comprendere, ma la penso come te… spero solo che prenda la decisione giusta”

“Lo spero anche io… ah, ti devo lasciare, è appena arrivata mia mamma e sono indietrissimo con l’impasto! A domani!”

Keiji fissò lo schermo sovrappensiero, soppesando ancora una volta le parole usate da Nori: come lei anche lui era dell’idea che questa volta Bokuto dovesse risolvere quella questione da solo, mettendo da parte emozioni e istinto, tirando fuori quella lucidità e maturità che aveva già dimostrato di possedere.

Ad averlo colpito era stato soprattutto ciò che Shikako gli aveva rivelato durante la pausa pranzo all’indomani del White Day: lei credeva in lui ed era convinta che Kotaro possedesse già le capacità per prendere una decisione tanto importante da solo, perché lo aveva già fatto altre volte, come quando aveva assunto il comando della squadra durante l’Interhigh, mettendo da parte la propria emotività e istintività per impersonare quell’immagine di asso e capitano capace di meritare la fiducia e il rispetto dei propri compagni.

Ora si trattava solo di completare quel percorso, quella trasformazione.

Doveva dimostrare di essere maturato sia dentro che fuori dal campo.

Non poteva più permettersi di nascondersi dietro un muso lungo o un broncio infantile, né di fare ancora affidamento sulla pazienza di chi lo circondava, non quando la posta in gioco era così alta, non quando ad essere messo in discussione era il suo stesso futuro.

Era per questo che Nori aveva deciso di prendere le distanze da lui, e di ignorare così le sue pressanti richieste di spiegazioni ed interminabili domande: voleva dargli tempo e modo di arrivare ad una possibile soluzione da solo, senza suggerimenti o spinte, senza influenzarlo. 

Akaashi sapeva bene quanto tutto ciò pesasse ad entrambi, non solo a Bokuto, ma anche a Shikako, che aveva paura di dimostrarsi troppo dura e fredda nei confronti di Kotaro, ma che continuava imperterrita nel seguire quella strategia, a costo di soffrirne lei stessa.

E anche Keiji non poteva fare a meno di starci male: vederli entrambi feriti da quella situazione, senza sapere come comportarsi o quanto esporsi, era davvero snervante, e non solo per lui ma anche per il resto della squadra, che, dopo qualche innocente battutina iniziale, aveva presto capito quanto la questione fosse ben più complessa di come apparisse, e per evitare ulteriori problemi aveva deciso di farsi da parte e rispettare i sentimenti di entrambi.

Persino Yukie e Konoha, dopo aver provato inutilmente a sondare il terreno, avevano deciso di non intervenire, evitando di stuzzicare eccessivamente i diretti interessanti.

Ma per Keiji era diverso, prendere le distanze non era così facile, non dopo tutti gli anni passati ad essere l’ombra e il confidente di Kotaro, ormai del tutto abituato a fornirgli quel supporto e quelle risposte che lui tanto spesso gli chiedeva.

Sospirò, estraendo il cellulare per l’ennesima volta, pronto a mandargli un messaggio, preoccupato da quel ritardo eccessivo anche per i suoi standard.

“Akaaaashiiii!” si sentì chiamare in quel momento

Bokuto lo raggiunse con il fiatone, lasciandosi cadere con la sua solita poca grazia sull’altalena di fianco a lui, inspirando pesantemente mentre cominciava a dondolarsi.

“Va tutto bene? Ti ho visto entrare nell’ufficio del coach e ho preferito aspettarti direttamente qua”
 “Ah sì! Il coach Yamiji voleva parlare delle due offerte… mi ha detto che devo prendere una decisione entro la cerimonia del diploma visto che il periodo di recruitment sportivo termina sempre entro aprile” gli rispose, lo sguardo distante e assente, come catturato da un flusso di pensieri più grandi di lui

Akaashi si torse le mani, quella situazione cominciava davvero a pesargli: vedere Bokuto in quelle condizioni, così spento e perso, gli faceva rimpiangere l’asso scalmanato e lunatico che era sempre stato. 

“Hai visto Nori?” gli chiese Kotaro, alzando gli occhi su di lui, in attesa

“Sì, di sfuggita. Mi ha detto che oggi doveva tornare a casa prima visto che era il compleanno di sua madre”

“Oh… capisco”

Il silenzio che seguì fu anche peggio, tanto che Keiji dovete seriamente trattenersi dall’alzarsi e prendere per le spalle Bokuto per scuoterlo fino a farlo tornare in sé, così da poter riempire quell’assurda e irreale quiete con le risate rumorose e le battute idiote con cui Kotaro era solito tormentarlo.

“Akaashi?”
“Sì, Bokuto-san?”

“Mi dici che cosa ho fatto di male?” 

“Vuoi che te lo elenchi in ordine alfabetico o cronologico?”

“Akaaashiiii!”

“Va bene, va bene… ti riferisci al comportamento di Shikako, giusto?”

“Sì! Ogni volta che mi vede trova il modo di evitarmi, ha sempre un impegno o una scusa pronta… risponde ai miei messaggi per monosillabi e mi guarda spesso in modo strano… come se volesse dirmi qualcosa, ma senza mai rispondere alle mie domande o cedere alle mie suppliche. Non so che cosa ho sbagliato l’altro giorno ma da quel momento non ha fatto che allontanarsi da me… e questa situazione mi sta facendo impazzire!” esclamò con tono sempre più concitato, puntando i piedi e smettendo così di dondolarsi, per poi voltarsi a cercare lo sguardo di Keiji, in attesa di una risposta, o meglio, del suo solito consiglio

Akaashi lo osservò, soffermandosi su quell’espressione determinata che tante volte gli aveva visto fare quando un problema che non capiva lo faceva innervosire e perdere così del tutto la poca pazienza che possedeva.

Ma questa volta non stavano parlando dell’ultimo test di algebra o di un’amichevole contro il Nekoma.

No, questa volta il quesito era di tutt’altra natura e lui sentiva di non essere così esperto come Kotaro credeva.

Ma ciononostante decise di provarci, quella in fondo poteva essere una delle ultime volte in cui avrebbe potuto essergli utile, l’ultima occasione per assolvere ai suoi doveri di vicecapitano e amico prima di vederlo proseguire verso quel futuro che lo attendeva impaziente.

“Ti ricordi cosa hai detto a me e alla squadra durante l’Interhigh? Sull’asso che saresti diventato?”

Bokuto annuì, fissandolo con aria interrogativa, non capendo dove volesse andare a parare.

“Quelle parole, quella dichiarazione di intenti che hai fatto davanti a tutti, ha reso chiaro a chiunque i progressi che come giocatore e capitano hai compiuto in tutto questo tempo. Sei stato in grado di dire quelle frasi perché sei riuscito finalmente a riconoscere i tuoi punti deboli, e a capire che puoi migliorare e crescere. Rendersi conto dei propri sbagli è il primo passo verso il cambiamento, un percorso che non si può compiere in un giorno solo e che non è fatto solo di parole ma soprattutto di azioni” disse Akaashi, continuando a sostenere lo sguardo di Bokuto, che vide trasformarsi sotto i suoi occhi, diventando sempre meno smarrito e sempre più consapevole

“Lo hai dimostrato in quella partita, ora devi continuare a metterlo in pratica, anche fuori dal campo” concluse, sperando di essere stato abbastanza chiaro e che il messaggio che quelle parole nascondevano, e in cui sia lui che Nori credevano, gli arrivasse con la stessa intensità e forza che lui aveva dimostrato loro quando si era definito solo un semplice asso

Kotaro fu il primo a distogliere lo sguardo, completamente assorbito dalla risposta esaustiva e saggia che Keiji, come sempre, era stato in grado di dargli. 

Finalmente i tasselli del puzzle che avevano ingarbugliato la sua mente negli ultimi giorni cominciarono ad avere un senso: gli sguardi carichi di muti rimproveri e i pesanti silenzi di Shikako gli apparivano ora sotto una luce diversa, non più come modi per farlo sentire in colpa ma come gesti che volevano solo farlo riflettere.

“Sai sempre dire la cosa giusta, Akaashi… non so come fai, ma lo fai sembrare così facile. Io… non lo so, a volte mi sento così stupido!”

“A volte lo sei davvero”

“Akaashiii! Non lo faccio apposta, ma spesso non riesco a tenermi dentro niente e agisco senza riflettere sulle conseguenze delle mie azioni… sono così sbagliato e senza speranze?”

“No, te l’ho già detto, non devi per forza vederla come una brutta cosa. Tu sei semplicemente più impulsivo. Ma le parole come le azioni possono avere un potere smisurato, devi ricordartelo e agire di conseguenza, cercando di mantenere sempre fede alle promesse che fai. Sono sicuro che Shikako la pensa come me, e che una volta che avrai capito cosa fare riuscirai a risolvere anche le cose con lei. Le sfide ti sono sempre piaciute in fondo, no?”

“Hai ragione, in quello sono bravo, vero?” rispose, un timido sorriso a increspargli finalmente il viso

“Come giocatore sì, ma ricordati che una relazione non è come una partita di pallavolo. Non importa quanti punti accumuli, ogni tiro è come il set point che può ribaltare la situazione e farti perdere. Ogni azione ha un peso, devi imparare a calibrare la tua forza per poter durare anche nei set successivi”

“E quanti set ha una relazione?”

“Che domanda stupida è questa?”

“Sei tu che hai fatto il paragone con la pallavolo, no?”

“Era solo un esempio creato sul momento per aiutarti a capire meglio le cose, non devi mica prenderlo alla lettera!”

“Oh, capisco! Beh, sei proprio bravo in queste cose, Akaashi!!”

“Semplicemente mi piace osservare le persone che mi circondano e analizzare quello che mi accade intorno, tutto qua”

“Wow, a me scoppierebbe la testa!”

“Non ti preoccupare, tu continua a essere te stesso, senza esagerare, e sono sicuro che le cose con Shikako andranno sempre bene”

“Uhm okay, mi aiuterai quando farò un altro casino, vero?”

“Certo, Bokuto-san, ci sarò, non ti preoccupare”

Anche Keiji finalmente sorrise, perdendosi nel volto ora disteso e spensierato dell’amico seduto accanto a lui, mentre il silenzio scendeva di nuovo tra loro, interrotto solo dal cigolio ritmico delle altalene.

Ma questa volta si trattava di un silenzio diverso, fatto di propositi e progetti che si mettevano lentamente in moto, di idee e parole che non vedevano l’ora di essere pronunciate e concretizzate.

 

*

 

La camera era un completo disastro ma non avevo la benché minima voglia di alzarmi dal letto o muovere un dito, non quella sera.

Il vento batteva sui vetri delle finestre con una violenza insolita per il clima mite di Tokyo, tanto che se socchiudevo gli occhi mi sembrava di tornare al cielo irrequieto e ai temporali violenti di Vancouver, alle notti passate a contare i tuoni e i fulmini cercando di prendere sonno.

Mi rigirai sotto le coperte sospirando per l’ennesima volta, obbligandomi poi ad alzare lo sguardo dai cuscini per guardare sconsolata i fogli sparsi sulla scrivania ingombra, su cui troneggiava il mio quaderno degli appunti, che sembrava come chiamarmi, anzi supplicarmi.

Erano settimane che non riuscivo a scrivere, dal White Day a voler essere precisi.

Indossare quella maschera fatta di silenzi e distanze davanti a Bokuto era stato facile all’inizio, ma più passava il tempo e più mi rendevo conto di quanto quella situazione mi stesse lentamente soffocando.

Ma se lo stavo facendo era perché lo volevo far reagire.

Questa volta volevo vederlo rialzarsi da solo, perché sapevo che era in grado di farlo. Ne ero assolutamente certa.

Come lui aveva saputo illuminarmi la strada da seguire senza forzarmi, ora toccava a me restituire il favore e permettergli di spiccare il volo con le sue sole forze.

Mi ero domandata spesso se stessi facendo la cosa giusta a comportarmi così, ne avevo persino parlato con Akaashi, l’unico a conoscere davvero i fatti, ma lui non aveva fatto altro che confermare i miei pensieri, supportando quella mia scelta.

Ma per quanto la mente si muova lucida nel prendere certe decisioni, il cuore non sempre riesce a reggere quel ritmo e fatica spesso a stargli dietro.

E io mi sentivo proprio così: dilaniata tra la volontà di dare a Kotaro il tempo di capire i propri sbagli e rialzarsi, e il desiderio di correre da lui e cancellare quell’espressione abbattuta e ferita dal suo volto, nascondendomi tra le sue braccia per potergli sussurrare che sarebbe andato tutto bene.

Strinsi forte il cuscino al petto ricacciando indietro le lacrime, cercando di allontanare quei pensieri e sforzandomi di concentrarmi su altro.

Mi costrinsi finalmente ad alzarmi dal letto e a trascinarmi fino alla scrivania.

Anche una riga, anche una sola frase, ma dovevo sforzarmi di scrivere qualcosa, di uscire da quel blocco creativo che mi stava consumando da ormai troppo tempo.

Avevo un disperato bisogno di distrarmi, di perdermi tra le pagine di una storia che non era la mia, tra la calma e l’ordine che a volte solo le parole sanno donare.

Chiusi gli occhi e sentii che al vento si era sostituita la pioggia, che lenta e incessante iniziò a lavare via tutto il rumore e il superfluo, regalandomi la quiete di cui avevo bisogno.

Lasciai che la penna scivolasse sul foglio, prima cauta, poi sempre più veloce, come un fiume che si ingrossa fino a straripare: così il flusso aggrovigliato di pensieri che mi portavo dentro iniziò a sgorgare ad un ritmo sempre più incontrollabile, riempiendo una riga dopo l’altra.

Era da tanto che non pioveva di notte, quasi un mese.

L’ultima volta che avevo visto la pioggia rigare i vetri scuri delle finestre era stato dopo l’ultima grande nevicata che mi aveva obbligato a passare la notte fuori casa: notte che avevo trascorso tra le braccia di Bokuto, che ormai addormentato non si era nemmeno accorto che aveva smesso di nevicare e che un piccolo temporale minacciava di spazzare via la tanta neve accumulata, insieme al suo proposito di fare un pupazzo l’indomani mattina.

Ricordo che la cosa mi aveva fatto sorridere, portandomi a riflettere su quante cose, piccole e grandi, avevamo condiviso in quei mesi lui ed io. Avevo ripensato anche ai discorsi che ci avevano tenuti svegli fino a qualche ora prima, ai progetti e alle ambizioni che ci eravamo confidati a vicenda, nella speranza di renderli più reali, più vicini.

Quella notte avevo davvero offerto tutta me stessa a quel ragazzo che, giorno dopo giorno, aveva scavato il suo posto nella mia vita, nella mia mente, e nel mio cuore. 

Non ero mai stata così in intimità con una persona, non avevo mai confessato a nessun altro le mie paure e paranoie, i miei sogni e segreti più imbarazzanti, i miei ricordi e desideri. 

Era come se fosse riuscito a scavalcare, passo dopo passo, ogni barriera che negli anni avevo finito per innalzare per proteggermi da me stessa e dagli altri.

E lo aveva fatto con una naturalezza che mi spiazzava sempre, come se per lui si trattasse davvero della cosa più semplice al mondo. 

Come se fosse nato per abbattere ogni muro che gli si parava davanti.

Ma soprattutto, lo sapeva fare senza mai smettere di sorridere.

Era questo che più di tutto mi piaceva di lui: il saper prendere ogni mia preoccupazione e sbriciolarla, facendomi capire che ogni problema era in realtà una sfida, che ogni ostacolo in realtà nascondeva un’occasione.

“A volte vorrei vedere il mondo come lo vedi tu” avevo mormorato, stretta al suo petto

“Davvero? Beh è semplice, basta fare così…” mi aveva risposto, prendendomi il viso tra le mani fino a farlo aderire al suo, naso contro naso, occhi contro occhi

“Ma così vedi solo me, baka”

“Esatto, ed è la cosa più importante!” mi aveva risposto soddisfatto

“Sei sempre il solito sdolcinato” avevo detto sbuffando, rituffandomi tra le sue braccia per nascondere quell’incontrollabile sorriso che mi era spuntato in viso

Alzai la penna dal foglio osservando le ultime parole scritte, ripetendole tra me e me, per capire se combaciassero, se stessero bene insieme.

Sentii il telefono vibrare e mi allungai per prenderlo.

Era Bokuto, ma a differenza delle solite fila di emoji c’era un semplice messaggio, fatto di poche ma potenti parole.

> Augurami buona fortuna Nori-chin! A domani!

Domani.

Un brivido mi percorse la schiena, mentre si faceva largo in me la consapevolezza che presto avrei davvero scritto la parola fine su un importante capitolo della mia vita, quale era stato il mio secondo anno di liceo.

Domani.

La cerimonia di diploma di Kotaro e di tutti i ragazzi del terzo anno, i saluti ai senpai, le ultime foto e risate assieme, prima di un arrivederci urlato tra sorrisi e lacrime.

Certo, ci saremmo ancora visti tutti, ma qualcosa si sarebbe spezzato per sempre, quell’atmosfera fatta di battute, sospiri, fatica, speranze condivise e obiettivi comuni non sarebbe più tornata.

Ma avremmo sempre avuto i nostri ricordi: frammenti di vita che ci avrebbero riscaldato anche nelle notti più gelide, anche nei momenti più duri; si sarebbero fatti largo tra le difficoltà che avrebbero riempito il nostro futuro, strappandoci sempre un sorriso.

Fissai lo schermo, sentendo farsi largo prepotentemente in me la voglia di rispondergli.

Ma la sua non era una vera e propria richiesta, quanto una dichiarazione, un invito ad aspettarlo, ancora un altro po’.

Sapevo che ce la stava mettendo tutta e che presto quegli sforzi avrebbero dato i loro frutti, ne ero sicura.

E io desideravo non essere da meno: volevo essere coraggiosa come lui e continuare a lottare le mie battaglie senza lasciarmi rallentare dai miei soliti dubbi, sforzandomi di dare sempre il massimo e imprimendo in ogni parola e azione tutta me stessa, senza rimpianti e paure, senza mai smettere di sorridere.

L’improvviso silenzio calato nella stanza mi fece voltare verso la finestra, da cui vidi fare capolino una timida luna: aveva smesso di piovere e il cielo brillava come nuovo, simile ad una pagina bianca costellata di parole lucenti che avrebbero presto illuminato nuove storie.

 

*

 

“Fammene un’altra, Nori-chan! Mi sa che non ti stavo guardando!”

Shikako alzò gli occhi al cielo, fingendosi esasperata, ma finendo per sorridere di fronte all’ennesima richiesta di Yukie.

“Ehi, ricordati che rimango sempre una tua senpai! Anche se non sarò più qui a tormentarti tutti i giorni verrò a trovarti quando meno te lo aspetti!” le disse, avvicinandosi per allungarle un pizzicotto a tradimento

“Yukippe sei sempre la solita, anche se ti sei appena diplomata sono sicuro che non cambierai mai di una virgola!” ridacchiò Komi, per poi nascondersi dietro Kaori per sfuggire alla sua vendetta

“Dai ragazzi, almeno per oggi cercatevi di comportare da persone adulte!”

“Disse quello che ha appena finito di importunare delle kohai del secondo anno… senza successo per giunta!”

“Eh?! Non è vero!! Volevano farsi delle foto con me… ancora non vi è entrato in testa che sono piuttosto popolare?!” si difese Konoha, arrossendo offeso

“Sì certo, continua a crederci… l’unico ragazzo davvero popolare qui è Akaashi, non dimenticartelo!” gli rispose Haruki, facendo un cenno verso Keiji 

“Abbassa la voce Komiyan, se ti sentisse Bokuto finirebbe per fare una scenata delle sue!” si intromise Sarukui

“A proposito, ma che fine ha fatto? L’ho visto aggiungersi al resto della sua classe poco prima dell’inizio della cerimonia…”

"È sempre il solito ritardatario, fino alla fine!”

Nori alzò gli occhi dalla mirrorless ricordandosi di quel dettaglio: anche lei lo aveva intravisto arrivare trafelato prima di scomparire tra le fila di studenti del terzo anno, e da quel momento in poi lo aveva completamente perso di vista.

Era così sovrappensiero che il vibrare del telefono nella tasca della divisa la fece sussultare.

Lesse il messaggio sgranando leggermente gli occhi, ma decise di non farsi troppe domande.

“Ah, ho dimenticato il copriobiettivo in palestra, torno subito!” esclamò, lasciandosi alle spalle il gruppetto che le lanciò occhiate interrogative

La porta dell’edificio era aperta quando arrivò: il parquet, tirato a lucido e splendente, scricchiolò mentre entrava nella stanza inondata di sole.

“Ho letto il tuo messaggio… ma non vorrai farmi credere che hai intenzione di allenarti pure oggi, vero?” disse, osservando la figura in controluce davanti a lei, per poi ripararsi il viso dai raggi riflessi dalle finestre circostanti, che la accecarono per qualche istante

Quando riaprì gli occhi vide che Bokuto si era avvicinato, e la guardava ora in attesa, un sorriso soddisfatto e tronfio a illuminargli il volto, che tanto le era mancato ammirare.

Distolse lo sguardo, allargando la sua visuale, rendendosi finalmente conto di cosa lo stesse facendo sorridere tanto, e la sorpresa fu così grande per lei che non riuscì a fare altro che rimanere a bocca aperta, non avendo il coraggio di muoversi o di dire qualcosa.

“Hey, hey, hey, ti piace la mia nuova maglia?” 

Sentì gli occhi pizzicarle e la vista annebbiarsi per qualche secondo, ma scacciò indietro le lacrime concentrandosi sui colori che brillavano davanti a lei: oro e nero, su cui spiccava a grandi lettere il numero 12, bianco e splendente.

I colori degli MSBY Black Jackals.

Kotaro aprì le braccia e Nori non se lo fece ripetere due volte, andandogli incontro senza alcuna esitazione, nascondendo il viso nel suo petto. La conosceva troppo bene ormai.

“Scusami” mormorò Shikako dopo qualche istante, una volta riacquistata maggior lucidità e calma “Per tutte queste settimane, per averti ignorato… o almeno averci provato. Ma volevo lasciarti il tempo e lo spazio per riflettere… per prendere una decisione che spettava solo a te prendere. Ero sicura che ce l’avresti fatta!” 

“La prossima volta però potresti trovare un modo meno doloroso per farlo? Ad un certo punto ho pure pensato che volessi lasciarmi” le rispose con voce commossa, tirando su rumorosamente con il naso e facendola sorridere

“Che scemo, volevo solo che imparassi una lezione… tutto qua”

“Ok, lezione imparata Nori-sensei! Ora sono perdonato, vero? Vero??” 

“Non ti devo perdonare nulla, baka. E ora corri a cambiarti, qualcuno potrebbe vederti e non penso che sarebbe il caso di far iniziare la tua carriera professionale con un mini scandalo mediatico”

“Ricevuto!” esclamò, sciogliendo l’abbraccio “La prossima volta che mi vedrai indossarla sarò un giocatore professionista… non vedo l’ora!” aggiunse con tono emozionato, un’espressione di trepidazione dipinta in viso, i pugni e i muscoli tesi per quella felicità che sentiva attraversarlo da capo a piedi

Nori lo osservò orgogliosa, non potendo fare a meno di lasciarsi investire da quella carica di adrenalina e gioia che Kotaro sembrava sprigionare, e prima di rendersene conto si mosse verso di lui: gli prese il volto fra le mani, asciugandogli le lacrime sfuggite dagli occhi lucidi, specchio dei suoi, cercando di imprimere nella sua memoria ogni dettaglio di quegli istanti, prima di annullare ogni distanza e rubargli un veloce bacio.

“Su, gli altri ci aspettano… Komi ha detto che per festeggiare suo zio ci offrirà il pranzo!” disse con tono deciso, spingendolo verso gli spogliatoi, quando lo vide chinarsi nuovamente su di lei

Quella notizia a quanto pare fu abbastanza allettante da convincerlo, e farlo correre come una saetta a cambiarsi.

Lo guardò scomparire oltre la porta che dava sui corridoi, lasciandosi scappare un sorriso liberatorio, mentre con la mentre ripercorreva tutti gli ostacoli superati, le sfide affrontate, i musi lunghi, le sfuriate, le incomprensioni e le risate che avevano portato a quel preciso momento. All’istante che aveva riconfermato tutte le speranze che da sempre aveva riposto in lui: lui che ancora una volta si era comportato come il semplice asso che era sempre stato e il capitano che tutti avevano sempre ammirato, che per quei tre anni aveva saputo guidare gli animi di tutta la squadra, indipendentemente dal risultato delle partite che avevano giocato.

Ed era questo quello che contava, più di ogni vittoria.

L’aver saputo mantenere fede, fino alla fine, a quella tacita promessa accettata nel momento stesso in cui aveva fatto sua la maglia numero 4 della Fukurodani.

L’essere stato fino all’ultimo quel giocatore che quasi un anno fa aveva saputo catturare il suo sguardo spento e distratto, spingendola ad uscire da quella bolla che si era costruita con le sue stesse mani, ispirandola ad accettare di entrare nuovamente in quel mondo che pensava non le appartenesse più e verso cui ora provava solo gratitudine.

Tu non lo sai ma quel giorno è cambiato tutto.

Non me ne ero accorta ma per tanto, troppo tempo, avevo trattenuto il fiato, sommersa da ondate di dubbi, da abissi di domande e paranoie.

Ma sono riuscita a trovare la forza di riemergere: tutto per poter tornare a sentire il calore del sole sulla mia pelle, per poter vedere di nuovo quella luce accecante di cui ora non posso più fare a meno.

 

*

 

“Vuoi abbassare la musica?? Finirai per attirarti già l’antipatia dei vicini, baka!” dissi, anzi urlai, allungandomi verso lo stereo da cui usciva a tutto volume Lay all your love on me degli ABBA

“Ma è una delle tue canzoni preferite, no? Ti avevo promesso che avresti scelto tu la musica se mi avessi aiutato con il trasloco!” esclamò lui sulla difensiva, interrompendo il suo balletto improvvisato

“Sì, ma senza dover fracassare i timpani a nessun-“ cercai di rispondere, prima di venir interrotta e sollevata di peso tra gli scatoloni in cui ero immersa

Bokuto iniziò a farmi roteare per la stanza, cercando di canticchiare, a modo suo ovviamente, il ritornello, in una lingua che tutto sembrava fuorché inglese.

“E tu saresti voluto andare in una squadra estera? E come avresti comunicato, sentiamo!” gli chiesi, guardandolo con aria divertita, le braccia ancorate al suo collo per evitare di scivolare nonostante la sua presa ferrea

“Beh, è naturale! Con il linguaggio del corpo ovviamente!! E poi ho una faccia così espressiva… senza contare che sto simpatico a tutti!”

“Mmm certo, non smettere mai di essere così ottimista, ti servirà tutto questo entusiasmo quando domani incontrerai finalmente i tuoi futuri compagni di squadra” gli risposi, approfittando della fine della canzone per scendere dalle sue braccia e riprendere quello che stavo facendo

“Aaah domani è già lunedì?! Il weekend è davvero volato!! Non puoi proprio rimanere un’altra notte? In fondo puoi sempre prendere il primo Shinkansen domattina ed essere a Tokyo in nemmeno 3 ore!”

“Non se ne parla proprio! Se rimango ancora un altro giorno a Osaka mia nonna mi disereda, e tu sei sempre più vicino a finire sulla sua lista nera…” lo minacciai, cercando di non scoppiare a ridere “Inoltre io e Akaashi abbiamo una riunione importante con il coach in mattinata. Senza contare che tra pochi giorni comincerà il nuovo anno scolastico e dobbiamo lavorare ad una strategia d’attacco efficace per reclutare un sacco di nuovi giocatori visto che la squadra si è praticamente svuotata!” aggiunsi, fissando divertita la smorfia di sofferenza che Kotaro aveva dipinta in viso

“Almeno verrai a trovarmi ogni fine settimana come mi hai promesso?” piagnucolò, guardandomi supplichevole

“Beh, vediamo… tra la scuola e il club sarà dura e poi presto inizierà il nuovo Campionato della V. League e sarai occupato anche tu con…” mi fermai, vedendolo quasi sul punto di scoppiare a piangere, sempre calato nella solita parte di attore melodrammatico “Va bene, va bene, vedrò di fare il possibile, ok? E ora muoviamoci che mancano ancora un sacco di scatoloni… meno male che ti avevo suggerito di farti spedire solo il necessario!”  

Lui finalmente si sciolse in un sorriso vittorioso, allungandosi per stritolarmi in un abbraccio, per poi tornare a spacchettare la tonnellata di scarpe, scaldamuscoli, palloni, peluches e vecchi dvd che aveva finito per portarsi dietro, nulla in confronto al resto degli acquisti che aveva già provveduto a fare, come la collezione di merchandise dei Black Jackals che troneggiava in mezzo alla stanza. 

Sospirai stanca, stiracchiandomi e allungando uno sguardo al cellulare, accorgendomi che era quasi ora di pranzo.

“Scendo a fare un salto al konbini qui vicino per prendere qualcosa e no, non c’è bisogno che vieni anche tu, altrimenti ci metteremmo ore a decidere cosa mangiare. A dopo!” esclamai, afferrando la tracolla e infilandomi le scarpe il più in fretta possibile, per non dare così il tempo a Bokuto di raggiungermi

Le strade del quartiere di Ohasuhigashi erano piuttosto tranquille e silenziose, così diverse dal caos di rumori e persone che caratterizzavano ogni via di Tokyo. Non ero mai stata ad Osaka ed ero contenta che il destino di Kotaro lo avesse portato qui, nonostante la prospettiva di dover affrontare una relazione a distanza non facesse sprizzare di gioia neppure me.

Ma non volevo che quei pensieri negativi offuscassero la felicità che entrambi stavamo provando, che rovinassero la luce di quel momento. 

Volevo fidarmi di lui e di me stessa, e lasciare che la mia mente venisse distratta solo dai propositi che mi attendevano nei prossimi mesi: l’ingresso nel mio terzo e ultimo anno di liceo, le responsabilità come manager della squadra, la nuova Fukurodani che avrei visto e contribuito a far nascere, l’inizio della carriera professionale di Bokuto e le partite che presto avrebbe giocato. Tutti piccoli passi che mi avrebbero avvicinato sempre più al destino che avevo deciso di intraprendere e fare mio.

Ero quasi arrivata a destinazione, quando un oggetto di un rosso acceso attirò la mia attenzione, facendomi fermare.

Non me ne ero resa conto ma nella tracolla avevo ancora la sceneggiatura, ormai conclusa, che avevo realizzato per il concorso di scrittura a cui mi ero iscritta lo scorso mese.

La estrassi, osservandola un’ultima volta prima di decidermi ad imbucarla di getto nel portalettere di fronte a me, mettendo a tacere ogni dubbio e ripensamento, spinta solo dalla voglia di chiudere quella storia per poter dare spazio alle prossime che ero sicura non avrebbero tardato ad arrivare.

 

 

 

- - -
 
N O T E
 
 
Hola <3

Non avete idea di quanto sono felice di poter pubblicare questo capitolo sofferto! XD L’ho riletto talmente tanto che ne ho la nausea ahaha però il peggio ormai è alle spalle, spero che le nottate passate a sistemarlo siano valse a qualcosa <3 

Siamo alla fine, ormai la storia è praticamente conclusa, il prossimo capitolo sarà un breve epilogo con un salto temporale (come nel manga, cosa che ho adorato, anche se avrei dato qualsiasi cosa per poter avere più capitoli prima della conclusione ufficiale TT__TT). 

Come vi avevo anticipato ho aggiunto un po’ di angst e pepe alla nostra coppia prima di “lasciarli in pace” XD , anche se a ripensarci non è stato niente di tragico, ANZI avrei potuto fare mooolto peggio. Ma volevo rimanere realistica, non mi piacciono i dramma inutili e visto il percorso di maturazione sia di Nori che di Bokuto non potevo neanche fargli fare chissà quanti passi indietro. Mi scuso poi per le parti troppo dolcine ma sono giovani e alle prime armi, perdonateli XD

Ho adorato il dialogo tra Bokuto e Akaashi: ho voluto che fosse quest’ultimo a guidarlo verso la risoluzione dei problemi con Nori perché in fondo loro sono amici da più tempo e in più caratterialmente Nori è davvero testarda e poco comunicativa quando si arrabbia (crescerà anche lei XD).

La soundtrack di questo capitolo è bella corposa, come i precedenti del resto XD, e tra tutte la canzone che più ho sentito vicina è “Stars Are on Your Side” di Ross Copperman per il richiamo alle stelle, che nel manga poi è anche una tra le immagini che Akaashi usa per descrivere Bokuto <3

Spero che la storia di Nori e Bokuto vi sia piaciuta quanto a me è piaciuto scriverla, se avete dubbi, critiche e consigli sapete che mi farà sempre piacere leggerli.

Alla prossima, vi lascio con la ending della fanfiction che ho creato per concludere la storia <3

Mel

P.S. Visto che ho menzionato “Mamma Mia!” (uno dei miei musical preferiti) volevo confidarvi che Sky e Sophie un pochino mi ricordano Nori e Bokuto lol, e sì Nori è davvero una patita di musical, mi piaceva inserire nuovamente questa chicca <3

 

 

   
 
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