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Autore: Flofly    11/03/2022    2 recensioni
*COMPLETA*SEGUITO DE IL CALICE DELLA VITA. Dopo gli eventi del quarto anno Draco, Hermione, Ron, Pansy ed Harry sono costretti a tornare al passato per recuperare uno degli Horcrux di Voldemort e poter finalmente dire addio ad un incubo. Catapultati nell'Hogwarts ai tempi delle sorelle Black e della famiglia Malfoy, si troveranno ad affrontare non solo la pazzia dei neonati Mangiamorte ma anche oscuri segreti di famiglia. Dramione, Lucissa, OOCC. . Attenzione: tematiche delicate, violenza, linguaggio volgare,accenni a maltrattamenti di minori.Cronologia alterata rispetto al CANON: I malandrini frequentano Hogwarts negli stessi anni di Lucius, Narcissa, Andromeda e Bellatrix
Genere: Dark, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Black, Famiglia Malfoy, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Sorelle Black | Coppie: Draco/Hermione, Lucius/Narcissa, Ted/Andromeda
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Da V libro alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'Potentia Par Vis'
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* TRIGGER WARNING: riferimenti a tentativi di suicidio*

E Lucius è un filo zuccheroso

 


 


Erano quasi le luce dell’alba e suo padre non si era ancora visto

Aveva aspettato che sua madre crollasse sotto gli influssi delle pozioni, poi aveva chiesto Cockey di guardarla mentre lui non c’era. Diede un’ultima occhiata a Pansy, anche lei sembrava profondamente addormentata ma sapeva bene che stava solo fingendo.

Solo che lui, in quel momento, non poteva occuparsi di loro.

La sua priorità era un’altra.

La Granger. Ora che però la quiete era scesa sul maniero non poteva perdere più tempo.

Lanciò una manciata di polvere nel camino. Grimmauld place.

Non si erano sbagliato.

 

I Granger erano li. E non erano soli.

Voci. Tante voci.

Potter, Sirius, praticamente tutti i Weasley, Lupin.

Ma non quella della sua natababbana.

Entrò nel salone. Erano tutti lì, a brindare e a darsi grandi pacche sulle spalle.

Dlin Dlon La strega è morta. Aveva detto Weasley senior. Chissà perché ma era sicuro che fosse qualche riferimento babbano.

E giù grasse risate.

Peccato che quella strega fosse la sorella di sua madre. E a proposito di quello… qualcuno doveva andare a Villa Black per avvertire quelle due mummie che stravedevano per la figlia maggiore.

Il rumore cessò di colpa appena la videro. Neanche il suo miglior Silencio avrebbe avuto quell’effetto.

Sentì il rumore metallico dell’argento delle posate cesellate che ricadevano sul tavolo.

“Tu... come osi”

Conosceva quella voce.

Una voce che aveva ignorato per cinque anni.

A guardarlo bene quel bambinetto grassoccio e pasticcione sembrava un ricordo.

Forse era merito di Potter.

O solo della rabbia che gli usciva dagli occhi.

Si, in quel momento somigliava decisamente a suo padre.

“Longbottom” disse muovendo appena le labbra.







 

 

Non avrebbe dovuto essere li. Non in quel momento, non con Andromeda e Tonks che ancora non erano tornate. 

E soprattutto non ora che c’era Neville. Mentre lei tornava a Grimmauld place Sirius e Remus erano andati da Augusta Longbottom per darle la notizia. Li capiva in fondo, soprattutto dopo aver visto Frank e Alice nel pieno della loro giovinezza. 

Harry le aveva raccontato che Augusta, che dai racconti del nipote sembrava una donna quasi glaciale, era scoppiata in lacrime prima di correre al San Mungo mentre Neville aveva iniziato ad urlare selvaggiamente. Per quello avevano deciso di portarlo con loro. Per tenerlo d’occhio. E anche un po’ per festeggiare insieme.

In fondo avevano eliminato tre dei più famosi e crudeli sostenitori di Voldemort. E Selwyn, un altro che se l’era cavata durante la prima guerra magica.

Si girò verso i suoi genitori. Molly e Arthur avevano medicato tutte le ferite, le abrasioni e i lividi. A vederli sembrava che non fosse successo niente. Ma sapeva bene che quelle ore non avrebbero potuto mai essere cancellate dalla loro memoria.

Per un attimo aveva anche pensato di usare il confundus ma Ginny l’aveva fermata. In fondo era giusto che sapessero di poter essere in pericolo, non poteva farli vivere in un’eterna spensieratezza.

Tonks le aveva detto che il giorno successivo sarebbe venuta per mettere nuovi incantesimi di sicurezza ma sapeva che non sarebbe mai più stata tranquilla. Ci sarebbe stato sempre il pensiero strisciante che qualcuno potesse di nuovo violare la sua casa.

Per punire lei.

Una natababbana che osava entrare nel mondo dei maghi.

L’amica di Harry Potter che aveva cospirato per la caduta del Signore Oscuro.

Guardò Draco fermo sullo stipite. Sembrava assolutamente calmo. Ma poteva ingannare tutti. Non lei. Vedeva le ombre in fondo ai suoi occhi, quando Neville gli si era fatto sotto prendendolo per il bavero.

Non aveva mosso un muscolo. Né fatto una battuta velenosa

Deglutì. Avrebbe voluto dire qualcosa. Ma aveva un macigno sul cuore.

Non poteva scordare che lui si era precipitato con lei per cercare di salvare i suoi.

Ma c’era un’altra verità. Infantile e crudele.

Era colpa sua. Locke l’aveva detto. Lo avevano seguito, li avevano visti insieme. Quella sera passata a casa sua, era stata quella a condannarli.

Ed era stata sua zia ad ordinare il rapimento, la stessa per la cui morte sua madre sembrava sconvolta. Madre che si era affrettato a portare via, sia mai che qualcuno potesse accusarla.

Si era chiesta spesso chi avrebbe scelto nel caso fosse costretto.

Aveva voluto credere che sarebbe stata lei.

Quando l’aveva seguita senza esitare ci aveva creduto.

E poi di nuovo quel dubbio che la trafiggeva.

Forse era solo stanca. 

Sfinita per dover lottare ogni giorno. Prima da babbana troppo strana e poi da maga troppo intelligente per non essere almeno mezzosangue.

Sanguesporco

Ce l’aveva chiamata anche lui. 

Nemici dell’erede tremate

Per me, spero che la prima sia la Granger

Se le ricordava quelle parole. Gliele avevano riportate ma poteva sentire la sua voce nella testa, il modo in cui le labbra si piegavano in un ghigno di disprezzo mentre pronunciava il suo nome.

Era vero, le aveva chiesto scusa mille volte, spiegato che l’aveva fatto per mantenere la sua maschera. Ma nel buio aveva fatto di tutto perché lei sapesse, perché si salvasse.

“Neville, basta. Non è colpa di Draco se ha dei parenti terribili. Fatta salva Andromeda, ovviamente. E anche lei ogni tanto ha i suoi momenti no.” - la voce vellutata di Sirius si era fatta facilmente strada nel silenzio, quasi ipnotica.

Lentamente le mani del grifondoro si erano levate dal suo collo ma Draco non appariva affatto sollevato, anzi. Sembrava avesse sperato che gli tirasse un pugno almeno. Per un attimo pensò che avrebbe detto ad alta voce quello che gli leggeva negli occhi.

Mi dispiace.

Invece, ovviamente restò zitto.

Dannato testardo.

“Guarda che lo sapevi quanto te lo sei preso” - le aveva mormorato Ginny in un orecchio- “Oh andiamo, non puoi lasciarlo così. Sembra un cucciolo di foca bianca sull’ultimo pezzetto di ghiaccio alla deriva “

Ma quella dove l’aveva sentita? 

“Libri babbani di papà... a volte avete dei gusti per Merlino…alcuni erano proprio angoscianti” - rispose noncurante prendendo l’ultimo zuccotto sotto il naso di Ron e ficcandoselo in bocca mentre il fratello fissava un punto imprecisato della sala.

“Ehm … Malfoy” - lo sentì dire titubante, tamburellando nervoso sulla tovaglia mentre Ginny alzava gli occhi al cielo teatralmente. 

Draco non rispose subito, continuando a non staccarle gli occhi di dosso. Poi quasi facendosi violenza portò la sua attenzione sul più giovane dei Weasley.

“Pansy sta bene. Beh più o meno. L’ho lasciata che faceva finta di dormire ma ho detto a Cockey di controllarla ogni tanto. E di toglierle gli alcolici. Sai non l’ha presa bene che sua madre l’ha praticamente venduta. E non è neanche la prima volta, quindi…”

Video Ron abbassare il capo, quasi non avesse voluto sentire.

“Ma le dirò che hai chiesto di lei. Puoi venirla a trovare se vuoi…oppure” -continuò Draco incerto, quasi le parole non riuscissero a rotolare bene sulla lunga.

“Oppure potreste venire entrambi a pranzo domani. A Sirius non dispiacerà, vero Sirius? E domani preparo il mio stufato speciale. C’è da festeggiare. Povera creatura, deve essere spaventata. Anche se, Merlino mi assista, se scopro che è vero quello che ha insinuato Kreatcher…” - Molly come al solito incapace di stare ferma usciva dalla cucina con teglie di cibo profumato e succoso che fluttuavano intorno a lei, senza dimenticare di tendere un orecchio a quello che stava accadendo- “Ma non è questo il momento di preoccuparsene.  E anche tu devi essere affamato. Vieni, caro, siediti”

Gli occhi di Draco si allargarono talmente tanto che non poté impedirsi di sorridere. Aveva ragione Ginny. Sembrava sul serio una foca, con quegli occhioni sgranati.

Sua madre accanto a lei le accarezzò una spalla, i muscoli talmente contratti da farle male.

“Si, Draco, sarebbe davvero un piacere passare altro tempo con te. E a proposito, sei stato l’unico che non abbiamo avuto modo di ringraziare” - disse poi, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Hermione per poco non soffocò con il succo di zucca che stava bevendo per calmarsi.

Draco sospirò, appoggiandosi alla parete, quasi a cercarne protezione.

“Signora Granger, lo sa che quelli erano i miei zii, vero? E l’elfo… prima era a servizio da mio nonno” - disse infine, sputando fuori le parole come se fossero dolose,

Ancora una volta sua madre la stupì

“Si, quell’elfo ce l’ha ripetuto più volte. Un filo irritante, a dire il vero. A proposito, Herm, tesoro mio, spero sul serio che quell’elfo sia un’eccezione, oppure non capisco davvero il senso di tutto il tuo attivismo” - disse con sorriso sincero mentre continuava ad accarezzarle piano la nuca. Sotto quel tocco la paura sembrava finalmente sciogliersi-” E ci ha anche detto di tuo nonno. Ne era molto fiero, a dire il vero. Mi dispiace molto per quello che ti è successo, Draco”

“E poi tutti hanno qualche parente folle” - si era intromesso suo padre. - “Vedrai quando conoscerai la nonna di Hermione”

“Per fortuna io ho eliminato il problema suoceri a monte” - gli aveva dato manforte Ted, meditabondo.

Se solo non lo avesse conosciuto ad Hogwarts le sarebbe parso un mago assolutamente nella media. E si sarebbe sbagliata di grosso.

Hermione si era girato a guardare suo padre sconvolta. Stava chiacchierando amabilmente con Arthur Weasley e Ted come se fosse una normalissima cena, Arthur che continuava a fare domande sugli oggetti babbani.

“I tuoi sono solo ad un livello superiore” - aveva sentenziato mentre iniziavano un assurdo discorso sui campanelli delle biciclette.

“E poi io onestamente mi preoccuperei di più del fatto che hai dei cazzo di capelli assurdi. E che ne sei ossessionato. Quello sì che è un problema” - se ne era uscito Harry, seduto tra Sirius e Neville- “Comunque se volete sapere qualche altra storia io ne ho di molto belle. Tipo quanto è stato trasformato in un furetto. O di quando l’ho fatto finire con il culo per terra al club dei duelli. O di quando non ha preso il boccino d’oro perché è uno sciocco vanesio…”

“Harry, piantala! -” - era sbottata infine Hermione, lanciandogli un panino fragrante che il bambino sopravvissuto prese al volo, mordendolo con gusto.

“E’ colpa tua se l’abbiamo raccattato. E ora te lo tieni, bella mia. Io te l’avevo detto che era un viscido serpeverde…” - continuò battendo la bottiglia di birra con Sirius.

“Oh chiudi il becco” - disse alzandosi ed andando verso di lui.

Era arrabbiata, era vero.

Furiosa a dirla tutto.

Ma con Bellatrix e i fottuti mangiamorte.

Tutto un mondo che lui aveva rifiutato.

E si ricordò di tutte le ore passate insieme. Dei sorrisi, dei baci, delle nottate passate a parlare. Di quando si svegliava mentre lui la guardava dormire.

E soprattutto che aveva mantenuto la promessa.

Era rimasto con lei. A combattere.

Gli diede un bacio sulla guancia, mentre lui tremava appena sotto il suo tocco.

Quello stupido sul serio aveva creduto che l’avrebbe mollato.

Buono a sapersi.

“Tu sei un fatto mio, Malfoy. Ricordatelo sempre. Ma basta con i parenti maniaci assassini, ok?” - gli bisbigliò in un orecchio - “E ricordati che ho imparato un sacco di incantesimi nuovi e non proprio politicamente corretti che potrei divertirmi ad usare”.

Draco finalmente sorrise stringendola sé per baciarla, poi lanciò uno sguardo ai suoi E Neville.

“E a proposito di questo… io dovrei tornare al Maniero prima che mio padre sappia che non ho fatto quello che mi ha chiesto. Quindi, visto che non vuoi causare la mia eterna infelicità e posso evitare di buttarmi sotto il nottetempo, dovrei scappare. Ma ci vediamo domani ,vero?” - disse lanciando uno sguardo preoccupato alla grande pendola del salone

“Volesse Merlino che finissi spiaccicato sotto il Nottetempo” - borbottò automaticamente Harry, brindando di nuovo con il suo padrino alla battuta.

“Ti piacerebbe, Sfregiato” - rispose Draco a mo’ di saluto. Poi si fermò un attimo- “Beh visto che prima che succedesse questo casino non è che io e mio padre stessimo proprio conversando amabilmente… se non mi faccio sentire manda zia al Maniero, ok? E reclama il mio corpo, sarebbe carino da parte tua.”

Hermione gli deve un pizzico. Già perché c’era anche quel problema. Appena si fossero calmate le acque doveva fare due chiacchiere con Lucius Malfoy.

Che fosse venuto a salvarli non gliene poteva fregare di meno.

Perché per un grifondoro una promessa è una promessa.

Specie quando è una minaccia non troppo velata.

“E quindi, Ron bello… dicci un po’…Pansy Parkinson? Sul serio” - aveva tubato Fred e George all’unisono dietro di lei, gli occhi che brillavano per l’eccitazione di aver trovato qualcosa di succoso con cui tormentare il fratello minore.








 

 

Non era stato affatto facile trovare Bellatrix sotto tutte quelle macerie. Neanche con la magia. Eppure sapeva che non poteva farlo. Non poteva girare i tacchi e lasciare che se ne occupassero Lucius e Severus. E non solo perché Narcissa non glielo avrebbe mai perdonato.

Ma perché in fondo nonostante tutto quello che aveva fatto

Nonostante fosse diventata un mostro

Nonostante se ne avesse avuto l’opportunità sarebbe stata lei e non Molly ad ucciderla.

Nonostante questo e molto altro, era sempre sua sorella.

Era stata Andromeda a trovarla, sepolta tra le macerie, il corpo che formava angoli scomposti per via del grande pezzo di marmo che le era caduto sulla schiena. Ma il viso era pressoché intatto, quasi che la stessa casa che l’aveva vista padrona volesse tributare un ultimo omaggio.

Sprecato.

Perché ora che la vita aveva abbandonato il corpo di Bellatrix, ora che quel furore si era spento, non sembrava che una copia della donna che era stata. 

Era duro ammetterlo ma era sempre stata speciale, un buco nero che inghiottiva tutto quello che aveva intorno, una strega che avrebbe potuto rigirarsi il mondo attorno ad un dito se lo avesse voluto.

Nel corso degli anni l’aveva vista scivolare via, persa nella sua follia, accecata dalla sua infatuazione. Lei più di tutti, lei che si era portata dietro tanti, travolti dalle stesse bugie che avevano. Erano state quelle a seppellirla, a rinchiuderla in quella prigione che era diventata la sua mente.

O forse come diceva Sirius era colpa dei matrimoni tra consanguinei.

“È stata lei a salvare Draco da bambino” - mormorò Lucius accovacciato accanto a lei più rivolto a sé stesso che ad Andromeda e Severus, 

“Veramente vorrei ricordare che l’ho fatto nascere io” - la risposta di Andromeda era stata più un automatismo che una reale volontà di puntualizzare. Era china in terra, accanto al corpo della sorella, la mano sollevata a pochi centimetri dal volto di Bellatrix, quasi ad aver paura di toccarlo. Quella donna dal viso rovinato, i capelli incolti, le unghie spezzate non aveva niente della sorella che ricordava.

Lucius scosse la testa, tirando fuori la bacchetta e passandola sopra la strega, a togliere i segni più evidenti di quello che era successo. Non poteva far ricrescere le ossa con un incantesimo, ma sistemarle in modo che non fosse una marionetta con i fili spezzati sì.

Chissà cosa gli passava per la testa. Dopo tutto quello che avevano passato insieme. Se non fosse stato per Narcissa sotto le rovine avrebbe potuto benissimo esserci lui, sempre che fosse sopravvissuto ad Azkaban.

“Quello che ha detto alla festa… Che avrebbe dovuto lasciare che Greyback mangiasse Draco… era vero. Se non ci fosse stata lei, io…” - iniziò ma Severus lo interruppe con voce sorda

“Avresti lasciato che Voldemort vedesse quanto ti importava. E sai bene che lui non doveva essere secondo a nessuno. Merlino quante volte te l’ho detto in passato? È un miracolo che non abbia ucciso Narcissa. O forse è stato solo questione di tempo. “

Non aveva difficoltà ad immaginarsi la scena, Voldemort che usava un neonato per terrorizzare il padre. E soprattutto per testarne la fedeltà. Chissà cosa era passato per la testa di sua sorella per avere uno spiraglio di luce in quell’oscurità che ormai la pervadeva. Per una che professava una cieca obbedienza e che si sarebbe strappata il cuore dal petto per il suo Signore Oscuro, quello era un assimilabile ad un tradimento.

Eppure l’aveva fatto.

“Se avesse iniziato ad uccidere i bambini purosangue dei suoi seguaci direi che si sarebbe sputtanato prima del tempo, no?” - commentò senza muovere un muscolo. Non sapeva se fosse vero ma sentiva che dovevano lasciare andare Bellatrix. Lasciarla libera da quel mostro che le aveva risucchiato la vita.

Prima che la bacchetta del mago arrivasse al volto, Andromeda gli bloccò la mano.

“A questo ci penso io. In fondo, anche se non lo ammetteva, anche Bella è sempre stata un po’ vanesia. Come tutte le sorelle Black-” sorrise- “E piantala anche tu, Severus. Non mi pare il momento.”

“Non è mai il momento per te. Allora visto che qui sono di troppo vada ad aiutare tua figlia. Merlino solo sa che ne avrà bisogno... Lucius, scusa puoi venire? Pare che l’incantesimo di protezione una volta che la porta è crollata si è evoluto in uno scudo che copre l’intera aria, ergo serve proprio uno come te per aprire la barriera. E prima o poi gli Auror dovranno pur arrivare” - borbottò prendendo l’ex compagno di casa per un braccio e trascinandolo via.

Già, tra poco sarebbero arrivati gli Auror. E loro sarebbero dovuti sparire. Nymphadora si era data da fare per cancellare tutte le loro tracce ma non poteva continuare a tenerli fuori.

Shackebolt non era uno sciocco, sapeva perfettamente che lei, i Weasley e i Malfoy erano coinvolti. E Malocchio Moody non vedeva l’ora di mettere le mani su un ex mangiamorte.

Un plop accanto a lei.

Dita puntute, occhi globosi e lunghe orecchie puntute dalle quali spuntava un grosso fiocco.

“Cockey è venuta per il cadavere di quel cattivo di Locke. Cockey gliel’aveva detto che non doveva fare male al padroncino ma lui non ascolta. Lui solo una persona ascolta. Quell’elfo è pazzo, Miss Black” - cantilenò non provando neanche a sembrare dispiaciuta.

Ecco come era arrivata. Legame magico degli elfi. Una strana legge per la quale qualcuno dei suoi simili poteva reclamare il corpo ovunque fosse.

Poi l’elfa tolse le mani dietro la schiena mettendole l’oggetto che nascondeva nelle sue mani.

Le dita le si strinsero sull’impugnatura Noce, rigida, cuore di fibra di corda di drago, l'inconfondibile forma ad artiglio. Se lo ricordava bene quando Olivander l’aveva consegnata a Bellatrix, quasi titubante. Le bacchette di noce scelgono solo i maghi più brillanti, aveva detto. Poi però si era fermato. Spero che lei non lo sia troppo, aveva aggiunto poi con voce talmente fioca da farle pensare che avesse avuto le allucinazioni.

Ovviamente Bella non se ne era accorta, continuando a rimirare la sua prima bacchetta con occhi brillanti.

“Il prossimo anno toccherà a te, sono proprio curiosa di vedere cosa tirerà fuori il vecchio” - le aveva detto aprendo la porta senza degnarsi di salutare.

Lei invece si era girata verso Olivander. Il suo sguardo ancora se lo sentiva addosso.

“Stia attenta Signorina Black” - aveva detto infine prima di voltarsi.

Non aveva mai saputo a chi delle due si riferisse.

Dopo la notte del rituale, quando finalmente aveva potuto lasciare il San Mungo era andata ad Hogwarts, si era seduta sulle rive del lago e l’aveva gettata nelle sue acque scure, osservandola sprofondare come fosse fatta di piombo.

Eppure era di nuovo li.

E ora poteva finalmente trovare pace.

Così come sperava la trovasse Bellatrix, nonostante tutto.





 

 

Erano anni che non si sentiva così stanco. E il pensiero di quello che sarebbe accaduto nei giorni seguenti non lo aiutava. Ci sarebbe stato il riconoscimento ufficiale dei corpi. E poi il funerale, con i suoi suoceri che non avrebbero fatto altro che parlare di quella loro figlia prediletta e dell’adorato genero. Meglio che non sapessero mai il loro reale coinvolgimento in quelle morti, o non gli avrebbero dato tregua.

Anche se a dire la verità il fatto che nel giro di sei mesi entrambe le loro famiglie avessero cospirato per uccidere l’ultimo erede era quasi al confine del ridicolo.

Senza contare che, e lo sapeva per certo visto che aveva le sue spie nello studio dell’avvocato cui si era rivolto, Cygnus aveva avuto intenzione di proporre a Draco un’enorme somma di denaro di denaro perché cambiasse ufficialmente il proprio cognome in Black. Almeno pare che ci fosse una postilla in cui in cambio di un impegno formale, avrebbe potuto aspettare che lui fosse morto. Poi Sirius era stato scagionato e quindi non poteva più sperare che fosse lui a portare avanti il nome dei Black.

Voci di corridoio avevano detto che fosse furioso. Per lui era già cosa fatta.

Che perle di suoceri che si era ritrovato.

La cosa che più lo disturbava era che non provava nulla. In fondo aveva passato anni con Bellatrix e Rodolphus, spesso aveva trascorso l’estate da loro una volta che Nicholas non c’era più e Arael era sposata con Nott. E anche l’estate del suo settimo anno, prima che Abraxas lo spedisse in giro per l’Europa per prendere contatti, era lì che si era rifugiato. 

Eppure ora il cadavere di Bella era quello di un’estranea, un semplice simulacro di tutti gli sbagli che aveva commesso in passato e che, forse, finalmente sarebbero finiti sepolti per sempre.

Ma c’erano ancora tante questioni in sospeso.

Sua moglie non aveva preso per niente bene la morte della sorella. Una volta capito che il figlio era al sicuro era crollata di fronte all’evidenza. Probabilmente Narcissa era l’unica persona oltre Voldemort cui Bellatrix avesse mai realmente tenuto. Ma anche lei alla fine era stata messa in secondo piano.

E poi c’era Draco. Non poteva dimenticare che ora c’era il marchio nero sul suo braccio e come l’avrebbe tormentato per tutta la vita. Sapeva bene cosa si doveva fare per averlo, cosa si provava nel riceverlo, l’odore della propria carne che bruciava. Draco non era così’. Draco non era come lui.

Per un momento ritornò a quella lontana sera di dicembre quando era andato consapevolmente a compiere un massacro di babbani. L’euforia e l’eccitazione di quella notte. Sentiva che c’era qualcosa che gli sfuggiva. Un volto che non riusciva a focalizzare.

Non ne aveva idea all’epoca. Ma ora avrebbe dato tutta la sua fortuna per poter tornare indietro a quel momento. Quanti bivi decisivi ci erano stati nella sua vita? 

Aveva fatto molte scelte, spezzato molte vite. E si era sempre detto che l’aveva fatto per amore, per poter stare con Narcissa. 

Onestamente dei babbani morti non gli interessava. O lui o loro. E nel caso… meglio loro.

Ma c’era una cosa che non si sarebbe mai perdonato dei suoi anni come mangiamorte.

Di essere stato lui a consegnare il Canto di Amergin a Voldemort. Lo stesso che aveva quasi ucciso suo figlio.

Perso nei suoi pensieri quasi non si accorse della figura rannicchiata sul divano del suo studio, nel buio innaturale delle tende tirate che non faceva filtrare la luce dell’alba.

“Draco?” - chiese incredulo. Non sapeva se considerarlo un buon segno che fosse lì ad attenderlo.

Un attimo di silenzio in cui temette che fosse successo qualcosa di irreparabile. Forse Narcissa aveva avuto una crisi. O lui stava per dirgli che se ne andava a vivere con Potter e il suo stupido padrino grifondoro.

“Ero preoccupato. Sono passate ore e non tornavi. Pensavo ti avessero preso gli Auror”.

Dentro di sé sentì qualcosa colpirlo allo stomaco. Si ricordò di Draco bambino terrorizzato che lo portassero via. Era quasi un uomo ormai, eppure riusciva a vedere gli stessi occhi sgranati di sincera preoccupazione.

Deglutì un grumo di sciocco sentimentalismo andando verso l’armadietto dove teneva i liquori. Sospirando verso due dita di whiskey incendiario in paio di bicchieri e ne diede uno a Draco.

Tanto non sarebbe mai stato il padre dell’anno comunque.

“Ma non avevi detto che mi odiavi?” -non poté fare a meno di chiedere ricadendo stancamente sulla poltrona mentre si godeva la reazione stralunata di suo figlio, ormai convinto che fosse impazzito anche lui.

Draco scosse le spalle, bagnandosi appena le labbra. 

“Sei comunque mio padre. Non so che farci” - si limitò a commentare-” E poi era passata una vita. Nel frattempo sono andato dalla Granger. E dai nonni a dirgli di zia Bella”

Eccolo la che doveva rovinare tutto. Dannato testardo.

“Per uno che doveva restare a casa sei andato parecchio in giro.” - commentò acidamente. Merlino ma come doveva fare per farsi ascoltare? A volte credeva che avrebbe avuto più soddisfazione a parlare con l’armatura antica nel suo studio.

Draco rabbrividì appena poi borbottò prendendo un lungo sorso “Qualcuno doveva dirglielo. Dovresti ringraziarmi, invece”

“Ah sì?”

“Certo. Nonna ha dato di matto. Ha iniziato a tirare cose in giro e per poco non mi ha preso in testa. Per fortuna che sono allenato come cercatore, altrimenti avrei vinto un altro viaggio al San Mungo.” - disse imbronciato.

Non faticava a crederlo. E in effetti non dover andare dai suoi suoceri non era certo un peccato.

Poi la voce di Draco si fece più bassa, quasi inaudibile- “Non mi hanno neanche chiesto come sta la mamma”

Lucius sospirò. Tipico. Solo Draco poteva esserne davvero stupito.

Rimasero in silenzio. Ma c’era il grosso erumpent nella stanza di cui dovevano parlare. Anzi due.

“Draco… mi dispiace per quello che ti ho fatto, sul serio. Perdonami, ho perso la testa. Ma vederti il marchio nero addosso…”.

Suo figlio non rispose, continuando a fissare il bicchiere come se fosse l’unica cosa interessante. Se l’era aspettato. E in fondo se l’era meritato.

Era il momento di usare un po’ di astuzia.

“Cockey” - neanche il tempo di chiamarla e l’Elfa si era materializzata accanto a lui.

“Portaci un po’ di tè e qualcosa da mangiare. “-ordinò.

L’Elfa gli lanciò un’occhiata dubbiosa- “Tè, padrone?”

Lucius annuì ghignando- “Tè, Cockey. E qualcuno dei tortini che so che avevi preparato in via eccezionale”

Il grosso fiocco oscillò, mentre la testa dell’elfa annuiva vigorosamente.

“Tortini? Quelli alle mele?” - suo figlio sembrava improvvisamente aver trovato qualcosa di interessante oltre al bicchiere vuoto- “Ma non voglio il tè. Non posso avere altro whiskey?”

“No. E poi sei gelato, hai bisogno di qualcosa di caldo. O sbaglio?”

Draco sbuffò, non dandogli la soddisfazione di avere ragione.

Lucius soffocò una risata: poteva sentirsi grande quanto voleva, ma alla fin fine era rimasto il bambino di un tempo.

Poi si sistemò meglio in attesa del ritorno di Cockey.

“Hai sentito quello che ti ho detto, almeno?”.

“Che non posso bere? Tutti i miei amici lo fanno”

“Sono quasi certo di non essere il padre dei tuoi amici, quindi non mi interessa”

“In che senso quasi sicuro?” - chiese con un ghigno. 

Lucius si concesse di ridere. Era proprio figlio suo. “Togli il quasi. Allora? Devo ripetetelo?”.

Draco non rispose subito. Poi finalmente concesse: “Lo so.”

Ma non lo faceva sentire meglio. Niente avrebbe mai potuto farlo.







 

 

Non sapeva quanto tempo era rimasto li. In attesa. Quando era tornato il Maniero era stranamente silenzioso. Solo Krippy gli era venuto incontro torcendosi le lunghe dita, chiedendo dove fosse andato il padrone. Per un attimo sentì gelarsi il sangue.

E se sua cugina lo avesse tradito? Messi al sicuro i Weasley, Remus e Sirius era rimasta la persona più facile da incolpare. Già si vedeva gli Auror invadere la casa e lanciare tutto all’aria. Si costrinse a respirare. Non era possibile.

Sicuramente non gli era simpatico ma non l’avrebbe pugnalato così alle spalle.

Andò in punta di piedi da Pansy e poi da sua madre, trovandole fortunatamente profondamente addormentate.

Si era fatto una lunga doccia e cambiato. Ma non riusciva a stare in camera sua, le orecchie tese a sentire ogni rumore. Alla fine si era deciso a scendere nello studio di suo padre e raggomitolarsi sul divano. Ad attenderlo.

Ed ora erano entrambi li, ognuno sulla sua poltrona, immersi nei propri silenzi.

Aveva detto che gli dispiaceva. Ma Hermione aveva ragione, non era giusto. Non poteva giustificarlo pensando che lui aveva passato ben di peggio.

Buttò giù un sorso di tè, cercando di capire cosa doveva fare. Andarsene? Convincere sua madre a divorziare? Cercare qualcuno che aiutasse suo padre con gli scoppi di rabbia?

A questo punto ne aveva visti tre e subiti due. Pochi rispetto ai suoi amici. Troppi secondo la voce della ragione.

Il liquido scese caldo e dolce in gola. Non era la miscela solita, ma aveva qualcosa di famigliare.

Troppo.

“Cazzo” - mormorò appena.

“Come prego?” - Lucius lo guardava con un sorrisetto divertito, mentre sorseggiava il suo tè.

“Mi hai drogato. Cazzo. Si ho detto cazzo, va bene? Non parli mai di tua madre e poi usi le sue dannate miscele per drogarmi. Ma c’è una maledetta persona normale in questa famiglia? “- era sbottato. Si era ricordato quel sapore. Lo stesso di quella sera in biblioteca, quando aveva raccontato a sua nonna vita morte e miracoli.

“Ricetta di famiglia. Serve solo ad abbassare le barriere, visto che tu sei un dannato testardo che ha la tendenza ad occludere. Come vedi lo sto bevendo anche io “- aveva commentato Lucius guardandolo da sopra la porcellana decorata.

“E chi me lo dice non sia stato alterato solo il mio?” - chiese velenosamente, mentre suo padre sospirando mentre gli prendeva di mano la tazza e la vuotava con un sorso.

“Ti senti meglio ora? E comunque vorrei sapere come fai a sapere che è una ricetta di mia madre. O come facevi a sapere di me e Cassandra. O di quello che ha fatto a tua madre” -chiese passandogli un piatto con tortino ancora caldo- “Vuoi che mangi anche questo?”

“E io vorrei sapere perché non mi hai detto che stavi con lei. ” rispose acido prendendo il piatto.

Lucius continuava a guardarlo perplesso- “Non capisco perché ti dia così tanto fastidio. È stata tua zia vero? Ha sempre avuto la lingua lunga, ma di solito non per i pettegolezzi ma per i commenti acidi.”

Draco scosse la testa: “Eravate amici. Tu ed Andromeda intendo”.

“Beh sì. Direi che tranne la parentesi di vent’anni in cui ci siamo evitati lo siamo ancora” - ammise Lucius piuttosto candidamente, cercando di capire dove volesse andare a parare Draco.

“E allora perché hai lasciato che zia Bella e zio Rodolphus uccidessero i genitori di Ted?” - chiese. Era una verità che aveva scoperto qualche mese prima, facendo ricerche su quello zio di cui non aveva mai sentito parlare. Ed era uscito fuori il racconto di quel delitto efferato- “Volevano fare la stessa cosa con quelli di Hermione”.

Lucius sospirò “A dire la verità l’ho scoperto solo dopo che era successo, se proprio vuoi saperlo. Ma cosa vuoi che ti dica, Draco? Erano babbani, eravamo in guerra, pensavo che era sempre meglio che toccasse a loro invece che a noi”

Brutalmente onesto. 

Fin troppo per gli standard di suo padre. Forse era vero che la bevanda drogata l’aveva bevuta anche lui.

“E allora perché aiutare i genitori della Granger?”

Lucius si massaggiò gli occhi prima di rispondere- “Perché tu avevi deciso di seguire quegli stupidi grifondoro ed andare a cercare di farti ammazzare, ecco perché. Secondo te sul serio avrei potuto lasciare che ti uccidessero? E non provare neanche a dire che l’ho fatto solo per tua madre. Come devo fare a fartelo capire che per me sei importante?”

Draco si riempì la tazza, stringendo le mani attorno alla porcellana, cercando di fare chiarezza nella sua testa. Tanto ormai drogato per drogato, doveva ammettere che comunque era piacevole avere qualcosa di caldo da bere. Non aveva una risposta. Era vero che c’erano stati tanti atteggiamenti di Lucius che dimostravano che davvero tenesse a lui. Ma tanti altri no. E li sapeva benissimo anche lui.

“Smetterò mai di sentire la sua voce nella testa?” - chiese invece. Non c’era bisogno di dire a chi si riferisse. Abraxas continuava ad insinuarsi nei suoi pensieri, distorcendoli e alimentandoli di paura.

Lucius gli posò una mano sul braccio guardandolo fisso negli occhi, un gesto che non poteva sapere ma era così simile a quello che aveva fatto quel pomeriggio lontano, con l’aria satura di fumo e una strana donna anziana che cantilenavano una melodia antica. Per un attimo ebbe l’impressione che girandosi avrebbe potuto vedere anche Nicholas e Arael fermi a guardarli.

“Prima o poi accadrà qualcosa per cui capirai che non è più importante. Prima di innamorarmi di tua madre per me contava solo quello che pensava o voleva Abraxas. È stata lei a farmi capire che non dovevo vivere nella sua ombra e soprattutto che potevo essere felice. Prima non era mai stata una possibilità. Il fidanzamento con Cassandra mi andava bene, ma non mi ero mai posto il problema di cosa volessi. E poi quando sei arrivato tu, finalmente ho capito che lui non valeva niente.” - gli disse calmo, stringendogli appena il polso. Poi gli aveva tolto la tazza dalle mani e gli si era seduto accanto, passandogli il braccio sulle spalle e avvicinandolo a lui.

Non voleva ammetterlo ma quelle dannate erbe stavano facendo il loro effetto. Forse dicendolo ad alta voce finalmente sarebbe potuto iniziare a guarire.

“Sai perché lo scorso anno ho deciso di provarci con la Granger? Perché non avevo nulla da perdere.  Avevo già deciso che se mi avesse rifiutato non sarebbe stato un gran problema, avevo il mio piano. Tutti i professori erano troppo impegnati a controllare la sala grande o a stanare le varie coppiette. Avevo già preparato una pozione per addormentarmi. Sarei uscito approfittando della confusione e sarei arrivato al Lago Nero, avrei nuotato un po’ giusto il tempo di allontanarmi dalla riva. E se non fossi stato artigliato dalla piovra gigante avrei preso la pozione e mi sarei semplicemente addormentato. Sarebbe stato un modo abbastanza indolore per andarsene. Non mi avrebbero più trovato. Per questo avevo lasciato un biglietto per mamma, per farla smettere di cercarmi. E questa volta non c’era Cockey ad impedirmi di andare fino in fondo”.

Le parole erano uscite dalle sue labbra come se stesse raccontando di qualcun altro. All’epoca non vedeva altre soluzioni. Non con Abraxas che diventava sempre più violento ogni anno che passava, o con Cassandra e le sue idee sadiche. E poi aveva sentito che stavano preparando qualcosa di speciale per gennaio. Per quello aveva deciso che il Ballo del Ceppo fosse il momento migliore.

Sentì la stretta di suo padre farsi più solido, quasi disperata, mentre gli avvicinava la fronte alla sua.

In fondo sarebbe stato bello poter tornare bambino solo per un momento, credere che suo padre l’avrebbe protetto. Che finché era con lui tutto sarebbe andato bene. Era grande ormai, eppure ne sentiva un bisogno quasi viscerale. 

Si rannicchiò sul divano, stringendosi le ginocchia con le braccia. La Granger l’aveva salvato. Gli aveva dato per la prima volta dopo tanto tempo una ragione per aprire gli occhi la mattina, per sperare che ci fosse qualcosa per cui valesse la pena vivere.

Lucius lo strinse a sé senza dire niente. Poteva sentire quanto fosse scosso dal modo spasmodico in cui lo teneva, quasi avesse paura che gli sfuggisse dalle mani. Era insolito ma piacevole. E per un attimo gli tornò alla mente un momento in cui aveva fatto lo stesso, mentre attorno a loro infuriava il caos. Il sapore metallico del sangue in bocca, il corpo che non rispondeva, l’energia che sentiva scivolare via ad ogni respiro sempre più doloroso. Si ricordava di quando si era sentito così, del veleno che aveva ingerito quando aveva capito che avrebbero usato lui per far rinascere il signore oscuro che sembrava bruciargli nelle vene. Allora non era vero che quella sera Lucius si fosse limitato a guardarlo morire. Ora lo ricordava. Era stato con lui, l’aveva protetto.

D’improvviso gli venne in mente quello che la strega aveva chiesto a suo padre quando avevano fatto i loro tatuaggi. La protezione funzionerà solo se amerai veramente. Che stesse parlando di lui?

Dopo quello che parve un tempo infinito Lucius finalmente parlò, le labbra a pochi centimetri dalla sua tempia.

“Non era la prima volta? ” - chiese in un soffio.

“No. La prima volta avevo dodici anni. Ricordi quando mi hai trovato che bevevo a casa dei Nott e mi hai riportato a casa e poi sei tornato alla festa? Sono salito sul tetto senza bacchetta e mi sono buttato giù. Ero ubriaco, pensavo bastasse perché non si attivasse nessun tipo di magia. Invece dopo poco ho iniziato a rallentare e sono atterrato morbidamente sull’erba. A dire il vero mi sarei dovuto schiantare proprio qui davanti” - raccontò indicando il grande salice che sapeva vedersi dietro la finestra. Aveva scelto quell’angolo, seppur ancora con la testa che gli scoppiava e la nebbia annebbiata dall’alcol per due motivi. Uno, perché sua madre tornando non l’avrebbe visto. Il secondo, beh, è che così ogni volta che avesse aperto la finestra del suo studio, suo padre avrebbe pensato che era per colpa sua se l’ultimo erede dei Malfoy aveva fatto una cosa così socialmente riprovevole per i purosangue. Sarebbe stato uno scandalo. Era stato uno stupido, credendo ciecamente a quello che diceva suo nonno. -” “Cockey mi ha salvato. Poi mi ha dato delle pozioni e mi ha messo a letto. Non ricordo altro. Beh più o meno”

Si ricordava benissimo di quanto suo padre fosse arrabbiato per averlo trovato a bere come un dannato alcolizzato barbone sanguesporco. Non gliel’aveva detto allora che aveva pensato che così avrebbe cancellato quelle ore e tutte quelle che sapeva ci sarebbero state. I suoni, gli odori, le voci. Tutto doveva scomparire. Ovviamente non aveva funzionato, procurandogli solo un sacco di guai oltre ad un mal di testa lancinante. 

Posò la testa sulla spalla di suo padre, chiudendo gli occhi.

Era così stanco. Gli sembrava di non dormire da secoli. Ma si sentiva stranamente bene, come se finalmente potesse respirare di nuovo.

“Draco…” - la voce di suo padre era poco più di un sussurro- “Ti prego, dimmi che non ci sarà una terza volta. Che se mai dovesse mai venire in mente una cosa del genere verrai da me, da tua madre o da chiunque ti pare.… Merlino Draco non riesco neanche a dirlo. “

Nonostante la situazione Draco sorrise, scivolando nel sonno.

No, non ci avrebbe pensato di più.

Perché non era più lo stesso.

Le sbarre della sua prigione erano state finalmente sciolte.

Era libero.

E anche felice, nonostante tutto.



 

 

Draco respirava tranquillo, profondamente addormentato con la testa appoggiata sul bordo del divano, un sorriso rilassato sulle labbra come non lo vedeva da anni.

Lui invece si chiedeva come potesse mai più riuscire a dormire. Sapeva per certo che ogni volta che avesse chiuso gli occhi avrebbe avuto l’immagine di suo figlio disperato che si buttava dal tetto del maniero mentre lui era ad un dannato party. Ancora una volta era tutta colpa sua. Era sempre stata colpa sua.

Non avevano parlato del marchio nero alla fine. Non c’era stato modo, la sua mente era stata dilaniata dall’idea che non si fosse reso conto di nulla. 

Il Lago Nero. Lo stesso che si era preso Arael. Non riusciva neanche a concepire l’idea di sentire di nuovo quella notizia. Immaginare Draco disperso, sperare che venisse ritrovato ma sapere che fosse impossibile. Aveva passato ore a vivere nella sua testa l’idea del corpo di sua sorella che veniva inghiottito dalle profondità del lago, i polmoni che man mano si riempivano di acqua, gli occhi che diventavano sempre più opachi. Si era svegliato spesso nel cuore della notte boccheggiando, come se ad annegare fosse stato lui. E se l’idea di Arael era insopportabile quella di Draco era talmente dolorosa che la sua mente rifiutava persino di concepirla. Eppure sapeva che sarebbe tornata a tormentarlo.

Ma c’erano due persone che doveva ringraziare perché quell’incubo non si fosse realizzato.

“Cockey” - chiamò piano, scostando dagli occhi chiusi di Draco una ciocca di capelli. Era così’ simile a lui fisicamente, lo dicevano tutti. Ma in realtà ai suoi occhi era sempre stato così simile a Nicholas che a volte diventava doloroso.

Neanche il tempo di finire il pensiero che l’elfa si era materializzata davanti a lui,

“Si, padrone?” - squittì sgranando gli occhi alla figura addormentata sul divano.

“Siamo soli Cockey, non serve che mi chiami padrone.” - sospirò. Già, uno dei grandi segreti della sua famiglia era che in realtà Cockey fosse un elfo libero. Serviva la sua famiglia per sua scelta, da anni. Quando anche lui aveva terminato Hogwarts era tornata da sua madre, e poi alla sua morte aveva deciso di rimanere. Nessuno aveva mai neanche fatto caso che portasse un fiocco in testa, il suo grande vezzo. Nessun altro elfo portava niente del genere.

Cockey non rispose limitandosi a sorridere, mentre gli passava una coperta morbidissima e calda con cui coprire Draco.

“Perché non mi hai detto che mio figlio ha tentato di uccidersi?” - chiese continuando ad osservare il respiro regolare di Draco.

Le orecchie dell’elfa si abbassarono di colpo: “Mi dispiace, signore. Cockey voleva dirlo. Ma era così disperato. Mi ha fatto promettere che non lo avrei mai detto. Piangeva così tanto. Cockey aveva paura che se Cockey avesse parlato il signorino non avrebbe avuto nessuno di cui fidarsi. Cockey voleva proteggerlo, signore” - la voce si stava facendo sempre più stridula.

Forse doveva smettere di fare domande. 

“Shhh. abbassa la voce, Cockey” - disse cercando di calmare l’elfa che aveva iniziato a dondolare da un piede all’altro emettendo strani versi- “Dimmi come posso ringraziarti. Chiedimi quello che vuoi. Qualsiasi cosa”

Cockey si fermò di colpo guardandolo come se lo vedesse per la prima volta. “Qualsiasi cosa Signore?”

Lucius annuì. Cockey era già libera e spariva per un paio di settimane all’equinozio d’estate e a quello di inverno senza che nessuno sapesse dove andava. Ma era nei patti, quindi non se ne era mai preoccupato.

“Un giorno potrò essere al servizio della Signorina Granger, Signore? A Cockey piace la Signorina Granger. Anche se è un po’ strana. Un po’ matta a dire il vero. E rende il signorino Draco molto felice. Come ha fatto Miss Black con il signore. La signorina Arael e il signorino Nicholas erano così contenti quando finalmente il signore ha smesso di comportarsi come un cretino” - squittì.

Lucius ghignò. Se solo qualcuno lo avesse sentito farsi insultare da un elfo…

“Devi chiederlo alla Signorina Granger, non a me. Ma credo che sia un po’ prematuro per lei non credi?” - disse non riuscendo ad impedirsi di sorridere all’idea. Gli occhi dell’elfa però iniziarono a riempirsi di lacrime. Prima che potesse ricominciare con la sua litania si affrettò ad aggiungere- “Però potresti andare a trovarla. E a portarle una cosa da parte mia”.

Cockey batté le mani tutta contenta mentre Lucius si alzava e andava alla sua libreria personale. Sfiorò appena il libro di incantesimi sulle cui pagine antiche Draco bambino aveva disegnato un grosso boccino con i pastelli magici. Quando l’aveva visto non aveva potuto arrabbiarsi perché nella pagina successiva aveva anche fatto uno schizzo di loro due che giocavano a Quidditch con scritto in una grafia orribile ma che riusciva a sciogliergli il cuore ogni volta che la guardava Ti voglio bene.

A volte era uno stupido sentimentale come il peggior Tassorosso. Ma era un segreto che sapeva mantenere bene anche se Narcissa ovviamente l’aveva scoperto e ancora lo prendeva in giro a volte.

Alla fine prese un raro volume di incantesimi che si considerava perduto da secoli. Era certo che alla Granger sarebbe piaciuto. E c’era un’ultima cosa che doveva aggiungere. 

Sua sorella oltre agli anelli gli aveva lasciato tre carte con tre brevissime frasi ad accompagnarlo.

L’Innamorato. Scegli.

La torre. Liberati.

La forza.

Su questa ovviamente non aveva scritto niente. Ma se la immaginava sogghignare mentre la preparava. Probabilmente aveva già visto tutto. Una giovane donna che domava una belva feroce. Audacia, determinazione, lealtà.

Accettazione.

Si, era perfetta. Sopra scrisse solo una parola.

Grazie.

Poi la mise nel libro e lo consegnò all’Elfa.

“Porta questo alla signorina Granger “

Cockey sorrise e sparì con un plop.

Lucius diede un’ultima occhiata a suo figlio, rinnovando l’incantesimo riscaldante. Poi spense la luce e accostò piano la porta.





 

 

Per un attimo aveva temuto che Narcissa non avrebbe voluto vederla. Invece sua sorella l’aveva stupita nuovamente. Appena si era presentata al Maniero il giorno successivo le era corsa incontro e l’aveva abbracciata stretta.

Stava per fare un commento fuori luogo quando si morse la lingua, ricambiando l’abbraccio. 

Erano andate in uno dei salottini a chiacchierare e per fortuna invece del solito tè Narcissa aveva aperto una bottiglia di Brandy elfico.

“In fondo è tardo pomeriggio no? E poi Bellatrix non avrebbe apprezzato una bevanda analcolica.” - aveva sospirato rannicchiandosi in una poltrona, come quando era bambina,

Andromeda aveva fissato a lungo il bicchiere. Nelle ore passate molti avevano brindato alla morte dei Lestrange. Lei no, si era messa da parte limitandosi ad osservare in silenzio una volta tanto.

Perché in fondo, nonostante avesse passato anni ad odiarla ferocemente, Bellatrix era pur sempre sua sorella maggiore. Quella che le aveva insegnato a volare. A non abbassare mai la testa.

E a lanciare maledizioni senza perdono, ma quello era un altro paio di maniche.

“Ricordi quando avete dato fuoco ad una parte di Villa Black?” - chiese sua sorella dando un piccolo morso delicato alla pasta bianca e soffice di un sandwich al cetriolo. Narcissa che mangiava carboidrati. Forse Lucius non scherzava quando le aveva detto che si stava comportando in maniera strana.

“Diciamo che era un modo per rendere visibile il nostro disappunto per certe decisioni assurde dei nostri cari genitori. E a dire il vero Bella minacciò di andare alla Gringott e di usare l’ardimonio su tutti i gioielli di nostra madre.” - ricordò con un sorriso

“Non è mai stata tipo da gioielli"- sorrise Narcissa, poi si rabbuiò un attimo- “Tranne per la collana che le regalò…lui”

“Puoi dire il suo nome. La paura di un nome …” - le disse versandole un altro dito di liquido denso e ambrato.

“Non fa che incrementare la paura della cosa stessa. Già l’ho sentita questa” - sbuffò, poi la fissò con i grandi occhi azzurri che diventavano cupi come il cielo prima di un temporale - “Ma lui ha rovinato la mia famiglia. Prima Bellatrix, poi Lucius. Si è preso le persone che amavo. E ora anche Draco. Ancora non ci ha spiegato nulla del marchio nero. “

Andromeda sospirò. Non ci aveva mai pensato. A quanto la vita di Narcissa fosse stata intossicata da quell’oscura presenza.

“E lo so che non ci credi ma io ho sempre lottato per strappare le loro vite dai suoi artigli. Ci sono riuscita in parte con Lucius. Ma Bella… lei non mi è mai voluta stare a sentire” - mormorò la sorella minore rannicchiandosi ancora di più sulla grande poltrona di velluto blu nella quale sembrava quasi scomparire.

Quasi contemporaneamente il fuoco nel camino si accese, il rumore rassicurante delle fiamme che sembrava colmare il silenzio tra di loro.

Si alzò per sedersi sul bracciolo e abbracciare la sorella- “Lo so, Cissy. Lo so. E per quanto riguarda Draco...non so esattamente cos’è successo ma credimi è stato per un buon motivo”.

Narcissa si staccò da lei fulminandola con lo sguardo:” Cosa mi nascondi sorella?”.

Andromeda rise alzando le mani: “Che nonostante i geni e il pessimo carattere che si ritrova forse tuo figlio ha qualche speranza”

Narcissa mise il broncio- “Prima o poi mi dovrete dire cosa è successo, lo sai vero? Non posso neanche contare su Lucius. E non solo perché ancora non abbiamo chiarito. Il fatto è che ormai le poche ore Draco non è con la Granger le passa con suo padre. Non chiedermi cosa è successo tra quei due perché anche questo rimarrà un mistero. E questo mi sta rendendo più difficile decidere se chiedere il divorzio.”

La notizia non la sorprese. Era normale e giusto che Narcissa fosse ancora furiosa con Lucius ma dovevano capire che c’era di più oltre al loro rapporto. Draco aveva bisogno di qualcuno di esterno che lo aiutasse e Lucius doveva lavorare sui suoi attacchi di rabbia. Questo continuo altalenare nel rapporto tra padre e figlio non era salutare per nessuno. Prese un appunto mentale di tirare fuori la questione appena si fossero calmate le acque:” A proposito di figli che fanno cose che non ci aspettiamo. Ricordi il test di gravidanza?”

Non poté fare a meno di sogghignare vedendo il lampo di terrore negli occhi di sua sorella.

“E’ di Nymphadora. Diventerò nonna. E se mi chiedi come si chiama un bambino nato da un lupo mannaro e un metamorfomago giuro che farò in mille coriandoli i tuoi bei vestiti costosi, sappilo”.

Narcissa rise di cuore. Un suono che non sentiva da tempo, troppo tempo - “O per Merlino… stai per diventare nonna. E a proposito, ricordi vero che un purosangue è colui che ha almeno tutti e quattro i nonni maghi? Beh diciamo che non lo definirei proprio così ma pare che abbia fatto un salto di qualità” - ridacchio- “Oh andiamo sto scherzando! Ti ricordo che mio figlio si vede con una natababbana. Natababbana che io sto introducendo in società, tra l’altro”

“A proposito, mi spieghi come mai questa storia? Non me la bevo che sia solo perché vi siete preoccupati per Draco” - una domanda che le frullava in testa da tempo. La storia dei genitori affettuosi era plausibile sino ad un certo punto, conoscendoli.

Sua sorella si alzò facendo segno di seguirla.

Ancora con i bicchieri in mano avevano attraversato un dedalo di corridoi e stanze, i tacchi di entrambe che risuonavano sul marmo tirato a lucido da chissà quali povere creature. Arrivate davanti ad una porta laccata di bianco Narcissa indugiò un attimo prima di spingere la maniglia dorata.

“Ricordi quando mi fecero fidanzare con Nicholas?” -chiese

“Difficile scordarlo. Tu hai passata le settimane successive a piangere ed urlare e Lucius. beh. tenendo conto che è sparito fino al ritorno ad Hogwarts credo che non l’abbia presa bene neanche lui. E a quello che mi ha detto Arael non credo sia stato un periodo piacevole”. 

Le dita di sua sorella tamburellarono indecise- “Io ho scoperto il reale motivo solo dopo che ci siamo sposati e siamo venuti a vivere qui. Questo Maniero custodisce molti segreti. E questo è uno di loro” - disse infine aprendo la porta.

Entrarono in una sala a pianta quadrata. Non c’era nulla. Nessun mobile, nessun quadro. Neanche una finestra. Le pareti erano però ricoperte da un enorme arazzo di quello che sembrava un nocciolo. Ma dai suoi rami si dipanavano i fiori delle specie più diverse, tutti rigorosamente opachi, parte dell’ordito.

Solo due spiccavano sugli altri, talmente vividi che sembravano veri. Uno in fiore e l’altro che stava per sbocciare, i petali che si aprivano timidi

Sfiorò il primo, vellutato e carnoso sotto il suo tocco: un gelsomino bianco, il cui profumo riempiva l’aria. E sotto un cartiglio.

Narcissa Mira Black 

“Quando il fiore inizia a sbocciare è perché la futura lady del Maniero ha attraversato la sua soglia. ” spiegò sua sorella facendo spaziare lo sguardo sulla stanza, persa in quel ricordo che doveva essere doloroso per lei. Aveva passato mesi da incubo, improvvisamente rinchiusa in un fidanzamento blindato con il fratello dell’uomo che amava.

“Ma tu eri già stata più volte al Maniero prima di quella sera. Come mai hanno scelto proprio quel momento.?”

“Era la prima volta che lo facevo dopo aver compiuto quattordici anni.” - sospirò- “E come puoi vedere questo Maniero ha del senso dell’umorismo a suo modo. “

L’attenzione di Andromeda si spostò quindi su fiore accanto, le foglie verdi brillante e le bacche viola che iniziavano a schiudersi.

 

E sotto in una grafia chiara ed elegante l’ultimo nome che ci sarebbe aspettati di trovare in quel posto

Hermione Jane Granger

Si, decisamente il Maniero aveva senso dell’umorismo.

Ma era meglio che nessuno lo dicesse alla giovane Grifondoro, era certa che non l’avrebbe presa bene. Soprattutto pensando che era stata paragonata ad una delle piante più velenose conosciute.






 

 

La sala grande era a poco più di dieci passi da loro. Pochi, piccoli passi. Quante volte l’avevano fatti in passato? Di fretta, chiacchierando, affamati o semplicemente stanchi. Spesso litigando. Il pensiero ai compiti o alla partita di Quidditch.

Pochi, piccoli passi che ora sembravano infiniti. Perché se fuori già era strano che due come loro si frequentassero, dentro Hogwarts era l’equivalente di dei primi segni dell’Apocalisse. Sempre che la metà purosangue della Scuola sapesse cosa fosse.

“Sei sicura, Granger?” -Draco era accanto a lei, nella sua impeccabile divisa da serpeverde, lo stemma da prefetto lucido quasi quanto il suo ben in vista.

“Io sarei sicuro di buttarti giù dalla torre, se ti interessa” -tubò Harry dietro di loro.

“Fottiti Potter. Vedi come ti butto io giù dalla scopa alla prima partita di Quidditch” - aveva ghignato 

“Ti piacerebbe Malfoy. Piuttosto starei attento a non cadere visto che sei un impiastro. Ma tornando alle domande serie: Hermione, sei assolutamente, indiscutibilmente ed irrimediabilmente certa di voler far sapere a tutti che ti sei definitivamente bevuta il cervello?” - le chiese la speranza dei maghi dandole un bacio sulla guancia.

“Siete noiosi. E poi credo che gli unici che non sappiano che eri al party di Natale siano degli sfigati babbani di cui non mi preoccuperei. Piuttosto, avete saputo della nuova insegnante di difesa contro le arti oscure?” - Pansy spazientita aveva iniziato a spingerli verso la porta, lanciando un’occhiataccia a Ron. - “E in quanto a te… non azzardarti a toccarmi in pubblico o ti rimando alla Tana con qualche arto mancante”

“Ehi, ma che modi. “- sbuffò Hermione togliendosi le lunghe dita affusolate di dosso- “Si, Tonks ce l’ha detto. L’hanno tolta dal servizio attivo per via della gravidanza ma ha detto che sicuramente ad Hogwarts sarebbe stato più stimolante che finire dietro una scrivania, visto che c’è sempre qualcuno che in un modo o nell’altro cerca di fare fuori Harry”

“Quelli sono i geni dei Black, comunque, io ve lo dico” - aveva borbottato Ron rubando un bacio a Pansy che lo malediceva perché le aveva sbavato il rossetto.

“È tu sei pronto?” - gli bisbigliò all’orecchio

Lui non rispose portandosi la sua mano alle labbra e sfiorandola.

“Diamo iniziò allo show. Ci sarà da ridere… e il primo che mi chiama furetto giuro che lo pietrifico”.

No non ce n’era bisogno.

Ci avrebbe pensato lei.

Pochi passi che non vedeva l’ora di fare.

Pensò al libro che teneva nascosto nella borsa. E alla carta al suo interno. 

Si, per una volta Lucius Malfoy ci aveva azzeccato.

Ed ora era il momento di dimostrare al mondo che non solo era la strega più intelligente della sua generazione.

Ma anche la fidanzata di un vanesio, testardo e purosangue esponente di Serpeverde.

Gli prese la mano e si diresse spedita verso l’entrata.

Quando il brusio intorno a loro cessò all’improvviso seppe che ormai non poteva tornare indietro.

E andava benissimo così.






 

 

E così quei due avevano deciso di renderlo ufficiale. Molto nobile. Peccato che questo avrebbe dovuto significare passare l’anno a sedare risse tra Grifondoro e Serpeverde. Persino i Tassorosso sembravano sconvolti dal vedere non una ma ben due coppie altamente improbabili attraversare il corridoio prima di sedersi ciascun ai rispettivi tavoli. Perché la sceneggiata di Pansy non se l’era bevuta nessuno a quanto pare. E l’amico di Potter doveva imparare a mentire meglio, a quanto pareva.

Mentre stava parlando con la McGranitt con la coda dell’occhio aveva visto che Draco stava per baciare la Granger per salutarla ma doveva aver intuito dal suo sguardo che se non voleva finire dritto a fare lezione di babbanologia tutte le sere che Merlino mandava sulla terra era meglio che si desse un contegno. E se babbanologia non fosse bastata, sarebbe passato a concimare tutte le piante della serra. E le pozioni le avrebbe viste solo con un incantesimo ingrandente. Poteva fregare tutti con la sua aria di sufficienza, ma togliere veleni e intrugli al figlio di Narcissa era come togliere il cibo a Weasley junior.

Lo stesso sguardo glaciale riuscì a sedare sul nascere qualsiasi tentativo di mormorii o rimbrotti al tavolo della sua casa. Ottimo.

“Mia madre mi ha detto che eri il mago più dotato che avesse mai incontrato … ma si era dimenticata di dirmi che hai sangue di basilisco” - ridacchiò con voce cristallina la ragazza seduta accanto a lui. Lunghi capelli biondissimi raccolti in una treccia che le correva lungo la nuca, lineamenti affilati e un ghigno sulle labbra morbide. Se non fosse stato per gli occhi nerissimi e brillanti nessuno avrebbe avuto dubbi di chi fosse figlia. Beh quello e il fatto che in teoria dovesse essere affogata ancora prima di nascere.

“Sempre pensato che tua madre fosse la più intelligente della famiglia, Niamh” - rispose senza staccare gli occhi dalla sala, cercando come abitudine quei capelli continuamente arruffati, la divisa in disordine e il capannello di gente che continuamente attorniavano Harry Potter - “Ma ancora non mi hai detto perché sei qui. Sono certa che avremmo potuto trovare qualcun altro per sostituire la Cooman qualche mese”

Niamh sorrise scoprendo i denti bianchissimi “Per l’ultimo Horcrux, mi pare ovvio. E perché devo parlare con Pansy. È stata scelta, devo prepararla”

Severus sentì’ un brivido lungo la schiena. Si costrinse a non girarsi per cercare lo sguardo di Silente. L’ultimo Horcrux. Il figlio di Lily. Non poteva tradirla di nuovo.

Sentì il tocco fresco della mano della ragazza sulla sua.

“Sono qui per aiutare te. Sai qual è il motto della famiglia di mia madre?” - disse con voce dolce- “Santimonia vincet sempre”

“Mi spiace dirtelo ma io sono un mezzosangue. E Lei… beh lei era…” - iniziò, le parole che gli mancavano come ogni volta che parlava di Lily.

“Mio zio diceva che il vero significato era che non c’è niente più importante delle persone che amiamo, la famiglia. La vera famiglia. E tu hai aiutato a proteggere la mia. Io non posso che ricambiare. Perché tu la ami ancora, vero? Anche dopo tutto questo tempo” - chiese con un sorriso.

Il peso che gli bloccava il petto si dissipò. Per fortuna nessuno aveva visto il suo momento di debolezza. E ora non era solo. Aveva fallito con Lily. Ma non lo avrebbe fatto con suo figlio.

Prese un sorso di zucca, ricordando un giorno d’estate di tanti anni fa. Il rumore del vento tra le fronde degli alberi, il calore del giorno che finiva attorno a loro.

E il sorriso di Lily. Quello nessuno avrebbe potuto farglielo scordare.

“Sempre”



 

 

 


 

Eccoci qui, siamo arrivati alla fine.

Grazie per aver avuto la pazienza di arrivare fino a qui insieme a me, anche quando i personaggi hanno deciso di prendersi molto più spazio del previsto. Ho lasciato che facessero quello che volevano e li ho seguiti nella storia che volevano raccontarmi, quindi non scriverò quello che penso del loro percorso o come li vedo, direi che già è stato detto molto.

Ti lascio la mia vision board per questo viaggio che abbiamo fatto insieme https://www.pinterest.it/Flo_flo_fy/quel-che-%C3%A8-statoquel-che-sar%C3%A0/

Riprendendo in mano per ripubblicare questa storia ho notato che ci sono molti problemi soprattutto con parole ripetute o scritte male.. sto cercando di sistemarla, intanto scusami e grazie per la pazienza. Sto ripassando tutto su word e spero che ti sia capitato di leggerla quando già avevo un po’ limitato i problemi.

Detto ciò... ancora una volta, semplicemente GRAZIE. Se hai voglia il seguito è già pubblicato in gran parte e lo trovi sotto il titolo "Moth Goth"

   
 
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