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Autore: Neamh Moonstar    12/03/2022    1 recensioni
La giovane Ann adora fermarsi a leggere nella calda e polverosa libreria del signor Fell. Una volta è persino riuscita a farsi prestare un libro, e già questo avrebbe dovuto farle sospettare che qualcosa non andava.
Quando il distinto e gentile libraio sparisce nel nulla e nessuno ne parla, però, tutto prende una piega inaspettata. Tra loschi figuri sotto le finestre, un pub che chiude dall'oggi al domani, pettegolezzi e una punta di stregoneria, Ann si ritroverà a scoprire qualcosa di incredibile su sé stessa, sul mondo e su un serpente.
°°
Outsider POV/Giallo
Genere: Angst, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anatema Device, Aziraphale/Azraphel, Crowley, Newton Pulsifer, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il suo vero nome era Zachary, nessuno lo chiamava così e non avrebbe dovuto essere lì. O meglio, Zac aveva due lavori: uno ufficiale e uno che faceva quando aveva bisogno di due soldi in più o si annoiava. Il secondo era lo stesso di Ann, il primo era quello che amava di più: era perfetto per un ragazzo instancabile come lui, e non lo avrebbe lasciato per nulla al mondo. Tantomeno avrebbe saltato un turno, cosa che stava facendo.

    Ann controllò ora e data sul cellulare per sicurezza e sì: erano le nove meno cinque di un lunedì mattina. Suo cugino sarebbe decisamente dovuto essere altrove. Per questo, quando lo vide spolverare allegramente una mensola con la musica sparata nelle orecchie, vi si avvicinò e gli tolse l'airpod dall'orecchio destro. «Buongiorno anche a te» disse, sarcastica. «Che ci fai qui?»

    Zac riprese la cuffietta, se la cacciò in tasca e fermò la traccia con un sorriso. «Mary non te l'ha detto?»

    «Sono appena arrivata: non ci siamo ancora viste.»

    «Ah, sarà sul retro. Sicuramente ti butterà in magazzino oggi: preparati ad un bagno di polvere.»

Ann appese il cappotto con un sospiro: prima o poi arrivava il giorno in cui era costretta a riorganizzare le mille milioni di scatole, scatoline e scatoloni del negozio. Era la cosa che meno le piaceva: preferiva stare alla cassa o guidare i clienti attraverso file e file di ben impilati vinili.

Il negozio di musica in cui lei - e a volte suo cugino- lavorava, esisteva sin da quando la sua ora cinquantenne proprietaria aveva iniziato ad avere una strana ossessione per i giradischi. Col tempo si era evoluto abbastanza da stare al passo anche con le richieste delle nuove generazioni: disponeva di una buona fornitura di CD, stereo neri e lucidi - di quelli con le manopole lisce che girano fluide come l'olio, set da DJ e persino strumenti musicali.

    «Me ne farò una ragione,» riprese Ann. «Ora sono curiosa, però. Non dovresti essere al pub?»

Non che un pub avesse molto da fare a quell'ora del mattino. Per questo Zac e i suoi colleghi andavano lì alle prime ore del giorno giusto per assicurarsi che tutto fosse pulito, in ordine e rifornito per la sera. A detta sua, però, non c'era mai veramente nulla da fare: quel posto era sempre miracolosamente lucido, splendente e pieno zeppo di alcolici. Non era il solito ritrovo per vecchi seguaci della squadra locale, no: il maxischermo lì serviva solo per sintonizzarsi sui migliori canali di musica ventiquattro ore su ventiquattro - quando non c'era musica dal vivo, e lì la musica dal vivo c'era sempre. Ann non c'era mai stata - non era esattamente il suo ambiente - ma Zac glielo aveva sempre descritto come un luogo "fighissimo". 

Si trovava sulla stessa strada della libreria. Proprio davanti.

    «Come? Non hai sentito?» trillò una voce dal retro, impedendo al ragazzo di iniziare la sua spiegazione.

Mary arrivò e poggiò uno scatolone sul bancone. Era una donna magra come uno spillo, i capelli riccissimi e di un biondo non esattamente naturale. Era un'amica di famiglia, una perenne zitella, una gattara convinta - ne aveva sei in appartamento - e un amante del pettegolezzo; la classica donna che andava dalla parrucchiera una volta sì e l'altra anche per raccogliere a sé le sue discepole e parlare della tresca di Tizio, il tradimento di Caio e il nuovo amore di Sempronio. 

    Zac alzò gli occhi scuri al cielo, senza smettere di sorridere: «No, è appena arrivata. Comunque ti cedo le redini: so che espolderesti se non ti lasciassi raccontare tutto.»

Ann guardò prima suo cugino, poi la sua datrice di lavoro, chiedendosi quale pazzesco scandalo fosse accaduto per attirare l'attenzione totale di quest'ultima.

    «Il capo di Zac ha inviato un messaggio sul gruppo del pub dicendo che avrebbero chiuso a tempo indeterminato» spiegò Mary, il tono sommesso di chi sta raccontando un grande segreto.

    «Il signor C?»

    Zachary annuì: «Assurdo, vero? Quell'uomo ama il suo lavoro e ama quel posto. E dopo cinque anni di apertura ininterrotta se ne esce sospendendo l'attività.»

Il modo tranquillo e per niente preoccupato o interdetto in cui lo disse, fece alzare un sopracciglio - e tantissimi dubbi - ad Ann. Il signor C era il "capo numero uno" di suo cugino: non aveva idea di quale fosse il suo vero nome, né lo aveva mai visto; sapeva solo che era un tipo strano, un po' eccentrico, ma anche un sacco simpatico. Come gestiva la baracca lui, non gestiva niente nessuno.

    «E la cosa non ti stranisce?» Chiese, notando il fare disinvolto con cui Zac si era rimesso a spolverare.

    Questi fece spallucce: «Avrà i suoi motivi.»

Suo cugino era sempre stato un ottimista: probabilmente nel profondo era convinto che avrebbero riaperto presto. La cosa era comunque strana: possibile che non si fosse fatto domande o non avesse chiesto spiegazioni? Lì gatta ci covava, e non solo al pub.

    «Assurdo» Commentò Ann. «Neanche il signor Fell era a lavoro oggi, il che è strano.»

    «Oh, giusto: mi avevi parlato di quel libro che dovevi restituire» esclamò Mary, ricordandosi della conversazione che avevano avuto pochi giorni prima. «Non hai notato la serranda abbassata del pub quando sei stata lì?»

    Ann scosse la testa: «In effetti no.»

    Zac si buttò lo straccio che stava usando sulla spalla e fissò la cugina, sopracciglia aggrottate: «Quello che lavora dall'altra parte della strada, no? La libreria dove vai sempre». Era una domanda retorica - soprattutto perché non esistevano tanti altri posti del genere a cui fare riferimento - così continuò: «Viene da noi quasi tutte le sere. Chiude, attraversa la strada e ci viene a trovare. A quanto pare, lui e il signor C si conoscono.»

    Mary parve illuminarsi come una lampadina: «Il diavolo e l'acqua santa, proprio.»

    «Beh, non è detto» riprese, Ann. «Lavorare in un posto silenzioso e tranquillo non implica che non ti piacciano l'alcool e la buona musica, no?»

    Zac sbuffò con un sorriso, un po' ad indicare un concetto che andava ben oltre quella semplice affermazione. «La buona musica non saprei, ma posso assicurarti che quei due da soli drenerebbero l'Inghilterra intera. Quando non vanno a chiacchierare nello studio del signor C, restano al bancone a bere e parlottare tra un bicchiere e l'altro. Sembrano lo stereotipo di amici di vecchia data, sai: quelli che si salutano a pacche sulle spalle.»

    Mary emise una risatina subito accompagnata dal sorriso furbetto di chi sa quale argomento portare alle sue amiche la prossima volta che dovrà ritoccare la ricrescita. «Amici, dici.»

    Ann inclinò un po' la testa a quel pensiero, prima di raggiungere la conclusione che sì, almeno il signor Fell era decisamente tipo da avere un... Beh, un tipo. Era un'altra di quelle cose ovvie ma non dette, forse addirittura un po' stereotipiche, inoltre: «Questo spiegherebbe perché sono andati via lo stesso giorno. Magari volevano fare qualcosa assieme.»

    «Non mi stupirebbe» rispose Zac tirando un'occhiata a Mary. «Le poche volte che ho sentito quello che si dicevano, parlavano sempre dell'andare assieme da qualche parte: al ristorante, al parco, al cottage, a Edimburgo... Cose così.»

    Mary riprese lo scatolone con un unico, fluido movimento del suo corpo scheletrico: «Siete così ciechi, ragazzi miei: stanno ovviamente pianificando qualcosa». Poi guardò la porta d'ingresso come per assicurarsi che nessuno avesse intenzione di entrare e sussurrò: «Torneranno sposati, ve lo dico io.»

Zac annuì, ponderando la questione e scrollando le spalle in un tacito: "Può essere". Ann si ritrovò a sorridere all'idea: suonava alquanto adorabile come cosa, e si disse di tenere d'occhio il libraio in futuro, alla ricerca di eventuali anelli di fidanzamento. Eppure c'era qualcosa che non la convinceva, o meglio, più di una. L'indifferenza di suo cugino alla notizia della chiusura di uno dei suoi posti preferiti in assoluto aveva lasciato un'impronta profonda e indelebile dentro di lei. Inoltre, l'uomo con la bambina che adesso stava a guardia della libreria le era parso decisamente nervoso e impacciato. Se aveva così tanto da fare con sua figlia, perché accettare l'incarico? Nessuna persona a modo glielo avrebbe mai affidato in primis, tantomeno il signor Fell - indipendentemente dal rapporto che poteva esserci tra loro.

    «Va bene, basta chiacchiere» trillò Mary. «Abbiamo un magazzino da sistemare, Annie.»

Ann annuì, osservandola mentre spariva tra gli scaffali più in fondo. Improvvisamente l'idea di dover passare il pomeriggio a riorganizzare quel luogo angusto non le parve male: aveva tutto il tempo di ragionare su quella bizzarra situazione.

    «Qualcosa non va?» Zac si era messo a guardarla confuso, forse anche leggermente preoccupato.

Tra loro c'era sempre stato un buon rapporto. Vivevano l'uno accanto all'altra sin da quando erano bambini e, nel momento in cui Ann aveva deciso di lasciare gli studi, Zac era stato il primo a farsi avanti per sostenere la sua voglia di indipendenza. Aveva patteggiato con Mary perché le desse la possibilità di lavorare, aveva trovato modo di farle avere l'appartamento sopra il suo, insomma: Ann gli doveva tanto. Anche per questo erano abituati a dirsi tutto e anche per questo si conoscevano come il palmo della loro mano.

    «Pensi che Mary possa avere ragione?» Gli chiese quindi, iniziando a torturarsi distrattamente le dita.

    «O questo,» iniziò Zac con il tono di chi sa bene cosa sta succedendo, «o il tuo libraio di fiducia vuole mettere le mani su qualche copia stravecchia di non so che opera dell'avanti Cristo, e il signor C lo ha accompagnato. Sai: roba da antiquari strambi. Stai tranquilla.»

Ed Ann ci provò a tranquillizzarsi. Provò a spostare i suoi pensieri altrove, salvo poi ritrovarli a pensare a quelle due sparizioni improvvise, a quegli avvenimenti... beh, avvenuti di fretta, al suo stomaco che si richiudeva ad ogni ipotesi che provava a darsi. Doveva ripassare da Soho, si disse. Come se fare una passeggiata da quelle parti potesse aiutarla a capirci qualcosa.

Magari ci stava pensando troppo e Zac e Mary avevano ragione, cosa che sperava.


**


Ann e Zac andavano a casa insieme ogni volta che potevano, ma quella sera la giovane disse al cugino che aveva alcune cose da fare prima di rientrare.

    Il rosso si stupì fino ad un certo punto: di solito era lui quello che mancava per via di qualche appuntamento. Capì subito dove Ann volesse andare a parare, però. «Avvisami semmai dovessi veder il mio capo» disse. «Lo noti subito: ha una macchina d'epoca e i Queen sempre sparati a palla.»

Forse Mary non aveva poi tutti i torti sulla storia del diavolo e l'acqua santa.


Le luci della sera rendevano l'affollata Soho un po' meno soffocante. Ann puntò subito gli occhi sull'edificio man mano che si avvicinava, facendosi agilmente strada tra la gente, e notò subito che effettivamente c'era un'auto parcheggiata, vecchia anche, ma sicuramente non d'epoca. Era tozza, rotonda, ferma dove non era consentito fermarsi e con il cofano aperto. Anche la porta d'ingresso della libreria era aperta, ma stranamente la ragazza non sentì nessuno cenno di speranza, né si aspettò di vedere la nuvoletta di capelli candidi che ben conosceva uscirne. Semplicemente, si piazzò davanti all'entrata: c'erano un paio di valige e alcuni scatoloni sparsi in giro; dall'interno provenivano due voci e il pianto di un neonato.

    «Dove ti poggio questi?» Disse una voce maschile che Ann riconobbe come la stessa di quella mattina. Proveniva da dietro un tavolo pieno di volumi che la ragazza andava sempre a controllare quando visitava la libreria. L'ordine dei libri cambiava sempre non solo lì ma praticamente su ogni scaffale, perciò era una specie di sorpresa ogni volta:;non sapevi mai cos'avresti trovato.

I suoi sospetti vennero confermati quando l'uomo dal volto stravolto si rialzò con una pila di oggetti dall'aspetto particolare tra le braccia. Sembrava stare leggermente meglio rispetto a quella mattina, forse perché la pargoletta era stata affidata a qualcun altro.

Quel qualcun altro era una donna, più o meno della stessa età di quello che presumibilmente era il suo compagno, che fece capolino da un punto non ben precisato della libreria. La piangente creaturina di rosa vestita tra le sue braccia le somigliava incredibilmente: entrambe erano davvero carine, caratterizzate da pelle leggermente ambrata e occhi e capelli che viaggiavano tra tanti toni di castano.

    «Forse potrei usare la stanza di sopra» disse lei, cullando la figlia. 

Sembravano nel bel mezzo di un trasloco, il che confuse Ann ancora di più. Forse non avrebbe dovuto intromettersi, ma bussare al lato della porta di ingresso le venne quasi automatico. Non avrebbe saputo dire se era stata la curiosità a guidarla, o semplicemente la voglia di dare una mano.


Genitori e figlia si voltarono all'unisono. Quest'ultima, forse perché distratta da qualsiasi cosa la stesse turbando, smise di lamentarsi e spalancò i grossi occhi nocciola.

    «Ehm, salve» salutò Ann con una mano. «Ho visto che siete indaffarati e, beh, forse posso aiutarvi?»

Ci furono pochi secondi di attonito silenzio. L'uomo guardò la compagna ed essa - sopracciglia aggrottate e bocca socchiusa - si mise a fissare Ann così intensamente che la giovane temette di ritrovarsi spinta nuovamente in strada da una mano invisible.

    Fu l'unico uomo della situazione a rompere il ghiaccio con un inutile e nervoso schiarimento di voce: «Ciao di nuovo» salutò con un sorriso tirato.

    L'attenzione si spostò tutta su di lui. «Vi conoscete?» Chiese la compagna.

    «È la ragazza del libro.»

Ann si sentì un po' a disagio, o meglio: continuò a sentirsi a disagio. Non pensava di essere diventata "famosa" per una cosa semplice come prendere un libro da una libreria, eppure eccola lì: ferma in mezzo al freddo di Soho e le luci calde di quel luogo accogliente, con tre paia di occhi tutte puntate su di lei.

    «Sentite,» disse, cercando di abbassare il livello di imbarazzo generale. «Se volete essere lasciati soli ai vostri spostamenti, capisco» affermò con un sorriso. «Non volevo intromettermi.»

    Ciò parve abbastanza da addolcire la bolla di tensione tra loro. «Sei gentile, ma-» riprese la donna guardandosi un po' attorno, come se la risposta risiedesse nelle copertine consunte. «Ce la caveremo.»

    Ann annuì, indietreggiando come ad indicare che sarebbe tornata sui suoi passi: «Bene, allora vi auguro buona serata.»

Si salutarono e persino la bambina parve voler alzare un pugnetto ambrato verso di lei in un tenero: "arrivederci".


Sembrava volessero cacciarmi, si ritrovò a pensare Ann mentre tornava a casa. Un'intera famiglia in quel posto mentre il signor Fell non c'era aggravò ancor di più la sua teoria secondo la quale qualcosa non quadrava. Forse avrebbe dovuto parlarne con Zachary, anche se persino lui era strano. La giornata in sé era stata strana.

Dicono che la notte porti consiglio. Ann sperò fosse vero.

   
 
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