Capitolo
III
E
poi fu un attimo. Uno schianto. La schiena di Draco che urtava contro la parete
in modo violento. Hermione che guardava il giovane seduto in terra in uno stato
di semi-incoscienza.
Non
lo sentiva gemere.
Non
lo vedeva muoversi.
Era
sempre lui, il solito Malfoy. Il suo viso restava una maschera imperturbabile
anche adesso che si trovava sul pavimento con la schiena dolorante e, ne era
sicura, non solo quella.
Era
tranquillo, come se quello che aveva appena subito non fosse mai successo.
Era
noncurante come se quello fosse il vero Draco Malfoy, come se lui fosse davvero
il ragazzo spocchioso che si divertiva a mandare in bestia l’auto-controllo di
Hermione, ma lei sapeva che non era così.
Decise
di scendere le scale ignorandolo, come se non lo avesse incontrato, come se non
lo avesse cercato. Scendeva rapida. Non voleva restare là un minuto di più.
Non voleva sentire altre parole, altre verità.
Scendeva
veloce. Uno scalino dietro l’altro… ed ad ogni passo un pezzo della sua
anima andava via.
Una
ferita che credeva, sperava, guarita riprendeva a bruciare e fare male.
Quella parola – Vigliacca! – era come il sale su di un taglio
sanguinante. Il dolore era insopportabile, era come sentirsi strappare via la
carne dal proprio petto ma non piangeva, non una lacrima.
Lei
non piangeva più. Non aveva più lacrime per farlo, o forse lo credeva…
Non
poteva più permetterselo, per lo meno non adesso che era rimasta sola a guidare
l’Ordine della Fenice. Era rimasta da sola. Sola contro un folle che aveva
distrutto la sua vita. Che si era portato via tutto. I suoi sogni. I suoi amici.
La sua giovinezza.
Alla
fine delle scale la vide: Ginny.
Aveva
un sorriso triste sulle labbra un tempo piene ed adesso… inaridite. Come il
cuore di Hermione.
Gli
occhi della più piccola dei Weasley erano vacui, avevano perso la loro vitalità.
La stessa vitalità che era scomparsa dalle giornate di Hermione.
Anche
i capelli di Ginevra apparivano meno vermigli, spenti. Spenti come il fuoco che,
un tempo, rinforzava l’anima di quella che era stata la più fiera dei
Grifondoro.
Hermione
si rivedeva in Ginevra, Ginny si specchiava in Hermione. Così diverse
esteriormente ma così simili intimamente. La guerra aveva fatto molte vittime.
Alcune erano seppellite nei cimiteri, altre – come loro due – camminavano
tra coloro che ancora avevano la forza per vivere.
Ma
esisteva una differenza tra le due giovani donne. Una delle due, la più piccola
e forse la più forte, aveva un motivo per sopravvivere, per andare avanti, per
lottare… e sperare.
Quando
Hermione giunse alla fine della scalinata Ginevra le si rivolse con fare severo.
-
Quando la finirete tu e Draco di schiantarvi in ogni angolo della casa? Non
siamo più ad Hogwarts… purtroppo.
Quel purtroppo era stato solo
accennato, sussurrato, ma nelle orecchie di Hermione era risuonato come un urlo
disperato.
Gli
occhi castani adesso guardavano Hermione smarriti, colpevoli. Possono, occhi di
colore diverso ricordare così intensamente qualcuno che non c’è più? Eppure
era così, gli occhi nocciola di Ginevra ricordavano ad Hermione quelli di Ron.
La
stessa espressione smarrita. La stessa espressione perduta di quella mattina.
Attraverso quegli occhi riuscì a rivedere, per pochi secondi, Ron.
Purtroppo,
però, non erano più ad Hogwarts.
Erano
ancora giovani.
Troppo
giovani.
Nel
mondo Babbano alla loro età – non più adolescenti, ma ancora troppo giovani
per essere considerati adulti – la massima preoccupazione era scegliere a
quale festa del college partecipare.
Nel
Mondo Magico alla loro età, in quel contesto specialmente, la massima
preoccupazione era comprendere come riuscire a sopravvivere ad un altro giorno
di guerra.
Quei pensieri accompagnavano ogni giorno Hermione, prima di un nuovo attacco diventavano il suo chiodo fisso.
Spesso aveva desiderato abbandonare tutto e vivere semplicemente come una Babbana ma poi si fermava, pensava a tutto ciò che aveva vissuto e si dava della stupida: fuggire, ecco cosa voleva fare. Lei non poteva, lei doveva lottare e vendicarsi anche se non sapeva bene di chi, o di cosa.
- Ginny non preoccuparti. Malfoy ha la pellaccia dura, vedrai che tra meno di due minuti tornerà a rompere come prima.
-
Non credi di aver esagerato? Sei stata tu che sei andata a cercarlo!
Incurante delle parole di Ginny,
si diresse verso la biblioteca.
Un camino scoppiettante rischiara la stanza. Le tende blu scuro erano tirate e non lasciavano passare la luce dell’esterno, non cambiava nulla che fosse giorno o fosse notte, lì, in quella stanza, la luce del Sole non era mai arrivata.
Un mobilio stentato. Un divano e due poltrone sempre blu, come le tende. Una libreria stracolma di libri che Hermione aveva già letto e che conosceva a memoria. Non un oggetto a dare un po’ di calore a quell’ambiente.
Era
tutto così impersonale.
Impersonale
come era diventata Hermione.
Hermione
che non provava più niente.
Nulla
scalfiva il suo spirito.
Nulla
la feriva.
Tutto
le scivolava addosso.
Era
davvero così? Era tutto vero o semplicemente, il muro che aveva innalzato,
impediva ad altri di leggere il suo animo?
Il
suo smisurato ego, oltre alla dolce vendetta, erano diventati gli unici
sentimenti che l’accompagnavano? Era davvero diventata così fredda?
Si
mise a sedere davanti al camino per godere del suo fittizio calore: il suo corpo
si scaldava ma la sua anima restava fredda.
§§§§§*§§§§§
- Hermione, qualunque cosa
accada, qualunque, prometti che andrai avanti. Promettimi che lotterai
per avere un mondo migliore… anche se io non dovessi essere al tuo fianco.
Giuralo!
-
Ronald cosa…
L’indice di Ron, posato sulle
sue labbra, le impedì di continuare a parlare. Gli occhi azzurri del giovane
erano seri, attenti, in attesa di una risposta.
Il
silenzio fu spezzato ancora una volta da Ron.
-
Ti prego Herm! Ho bisogno di saperlo. È necessario. Devo sapere che qualsiasi
cosa accada tu continuerai a lottare, a vivere, per noi. Voglio essere certo che
continuerai ad amare come hai sempre fatto. Giuralo!
Gli occhi castani di Hermione
fissavano quelli azzurri di Ron. Il tempo sembrava essersi fermato. I respiri
erano lenti, quasi statici. Ron stringeva una mano di Hermione che sembrava come
in un’altra dimensione.
Con
uno scatto rigido la ragazza si mise a sedere sul grande letto a baldacchino. I
lunghi capelli castani a coprirle i seni nudi. Il freddo che la investì fu
nulla se paragonato al gelo che avvertiva nel cuore.
Adesso
anche lui era seduto al centro del letto e la profonda cicatrice che
attraversava il suo torace era in bella mostra. Hermione inavvertitamente, o
forse volontariamente, aveva posato i suoi occhi su quello squarcio che
deturpava quel corpo di adolescente ancora troppo giovane per aver assaporato il
sapore amaro della guerra… eppure quel marchio diceva il
contrario.
Il
respiro di Ron era regolare come se non avesse detto nulla di orribile. Come se
avesse chiesto ad Hermione di andare insieme la partita dei Cannoni, ma non era
così. Ron le aveva chiesto un giuramento, le aveva chiesto di continuare a
vivere nel caso in cui lui fosse
morto.
Morto.
Lasciata
da sola, anzi no, abbandonata.
Contro la sua volontà.
Morto.
Andato
via, per sempre, per l’eternità.
Poteva accettarlo?
Davvero Hermione
aveva la forza per accettare l’abbandono, la separazione da Ron? Era davvero
così forte da potersi alzare, nuovamente?
Avrebbe ancora avuto
il coraggio di continuare a vivere? Di amare?
Ron lesse nei suoi occhi il
dolore. La rabbia. Il senso di abbandono. No. Non era questo che voleva. Lui
voleva solo essere certo che, in qualsiasi caso, Hermione avrebbe continuato a
vivere come aveva sempre fatto.
Non riuscì a
fermarsi. Non riuscì a controllare l’istinto.
Afferrò la sua nuca,
quasi con violenza. Avvicinò il suo viso a quello di lei. Le fronti a
combaciare. Occhi negli occhi.
- Ho bisogno di sapere che sarà
così. Giuralo.
La sua voce parve un lamento che
si contrapponeva alla forza di quei gesti. Era una preghiera. Una supplica a cui
Hermione non riuscì a rispondere.
-
Ron io… io…
La presa alla nuca si accentuò,
forse fece male ad Hermione ma il terrore negli occhi di lei era troppo grande
per lasciar trasparire altre sensazioni. Non voleva, non poteva. Non ce
l’avrebbe fatta, ne era certa.
-
Ti supplico. Giurami che anche se io dovessi morire tu continuerai ad amare.
Herm, giurami che non ti lascerai morire.
Perché era tutto lì, Ron lo
sapeva. Se Hermione avesse smesso di amare avrebbe smesso anche di vivere come
era già accaduto in passato.
§§§§§*§§§§§
Alla fine aveva vinto Ron.
Aveva promesso. Continuava a vivere ma si impediva di amare. Non poteva amare,
non più. Aveva perso tutto. Aveva perso se stessa.
Non
voleva più amare. Faceva solo male. Legarsi a qualcuno per poi separarsene. No,
era stanca. Disillusa.
Aveva
deciso di sopravvivere. Aveva deciso di continuare a lottare per permettere agli
altri, alle future generazioni, di poter vivere con serenità la bellezza della
vita.
Aveva
chiuso le porte del suo cuore. Non poteva permettersi di crollare ancora, di
nuovo.
Un passo insicuro la ridestò
dai suoi ricordi e dalla sue riflessioni. Un fagottino le si avvicinò nel suo
vestitino azzurro. I capelli mori della piccola ricadevano liberi sulle sue
piccole spalle. Gli occhi attenti e scrutatori ricordavano tanto quelli della
madre ma il taglio era proprio quello del padre. Quella piccola era il perfetto
mix tra i suoi genitori.
-
Ehi piccolina che ci fai qui? A quest’ora dovresti essere a letto già da un
pezzo, se lo scoprisse la mamma sai che si arrabbierebbe tantissimo?
- Zia fiaba.
La piccola le prese l’indice
tra le paffute manine e le indicò con un sorriso birichino la libreria.
Scompigliandole i capelli e regalandole uno dei suoi rari sorrisi, Hermione si
alzò dal divano sul quale era seduta da ormai diversi minuti. Con sicurezza
prese il libro “Fiabe Babbane” e si rimise a sedere sul grande divano dove
la piccola l’attendeva con ansia. Con un incantesimo non verbale fece apparire
una coperta con la quale coprì la bambina che si era accucciata al suo fianco.
Solo
in quei frangenti Hermione tornava ad essere più umana. Solo con quella bambina
paffuta lasciava alle spalle il pensiero della guerra.
In
fondo era per lei, per quella futura generazione, che continuava a lottare.
La
bambina, intanto, si era accoccolata meglio al fianco di Hermione ed era in
trepidante attesa sperando di sentire le avventure dei suoi personaggi
preferiti.
Però,
quando Hermione aprì il libro, fu un’altra la voce che si propagò per la
stanza silenziosa.
-
Cordelia Ginevra Weasley cosa ci fai qui? Dovresti essere a dormire già da un
pezzo!
Il passo sicuro di Ginny si
avvicinava minaccioso verso di loro. Hermione neanche si era voltata. La piccola
Cordelia, nel frattempo, si era nascosta sotto le coperte sperando di fuggire
alla madre. Hermione osservava la scena con il sorriso sulle labbra.
Era
davvero solo in quei momenti che riusciva a dimenticare l’orrore di quella
guerra. Solo in quei momenti sentiva battere il suo cuore. Forse non c’erano
solo sentimenti negativi nel suo animo. Forse anche per lei esisteva ancora una
speranza.
Ginny,
mani sui fianchi e piede che sbatteva nervosamente in terra, aveva assunto una
posa molto familiare, identica a quella di Molly, sua madre. Le parole uscirono
dalla bocca di Hermione con facilità
- Ginny credo che tu ti sia
sbagliata. Cordelia non è qui.
Ginevra
roteò gli occhi al cielo. Non sopportava quando era costretta ad impersonare il
ruolo della mamma cattiva. Si mise a sbuffare e sedette anche lei sul divano,
facendo attenzione a non schiacciare la piccola. Portandosi l’indice alle
labbra fece cenno all’altra di restare in silenzio. Con un movimento rapido
tolse la coperta da una Cordelia rannicchiata di sotto. La bambina emise un
gridolino spaventato. Mentre la madre con le braccia conserte si rivolse verso
l’amica.
-
Dimmi Hermione, sei ancora così sicura di non aver visto Cordelia in giro?
Le
due donne si scambiarono un gesto di intesa senza farsi vedere dalla bambina.
- No, Gin ti assicuro. Non
ho visto nessuno.
Intanto la bambina restava immobile. Tesa come la corda di un violino. Gli occhi serrati. I pugni stretti. Le labbra sigillate. A stento Hermione tratteneva le risate. Quella bambina era la boccata di ossigeno che occorreva per ridare vivacità a tutti gli occupanti di quella casa.
Ginny
senza attendere oltre si buttò sulla piccola Cordelia ed iniziò a farle il
solletico. La bambina restò immobile per alcuni secondi ma poi esplose. La sua
risata cristallina riempì il salone. Lottando con tutte le sue forze cercava di
bloccare le mani della madre, ma con scarsi risultati.
-
Batta… mamma… batta… io a letto… batta però…
Ginny all’ennesima richiesta
di tregua da parte della figlia si decise a smettere. Fissava con cipiglio
severo la piccola ed attendeva che questa si mettesse a sedere compostamente sul
divano. Salutata Hermione con un bacio sulla guancia, che la strega accettò
volentieri, Cordelia scese dal divano e sorrise alla madre cercando di
rabbonirla. L’effetto sperato non si fece attendere e Ginevra prese tra le
braccia la figlia dandole un bacio tra i capelli: era difficile essere severi
con quella bambina dal sorriso contagioso e dalla risata cristallina.
Così
Hermione rimase nuovamente sola nella grande biblioteca. Le risa di Cordelia
erano solo un ricordo ma la strega le sentiva ancora vive, presenti. Chiuse gli
occhi cercando di bearsi ancora un po’ di quella sensazione di serenità, di
pace.
Quando riaprì gli occhi la
tranquillità e serenità erano scomparse per lasciare spazio alla solita
espressione seria e decisa. Iniziò a parlare senza staccare mai gli occhi dalle
fiamme.
-
Mi dà tremendamente fastidio la gente che mi spia.
Un lieve fremito dell’aria e
da sotto il mantello dell’invisibilità era apparso Draco Malfoy. Senza
perdere la sua compostezza, senza mostrare sorpresa per essere stato scoperto,
senza far trapelare i propri sentimenti, poggiò il gomito sinistro sul
cornicione del camino, la mano del medesimo lato venne utilizzata come un
cuscino. Adesso la fissava silenzioso.
Hermione
non perse la sua aria seria, i suoi occhi ancora puntati, fissi ed immobili, sul
camino.
-
Mi dà ancora più fastidio la gente che tenta di utilizzare la Legilimanzia
sulla mia persona. Che diamine vuoi sapere?
Draco non si scompose nel
sentire quelle parole così piene di rabbia, anzi, il ghigno sulle sue labbra si
allargò ulteriormente e rispose con la perfidia che lo aveva da sempre
caratterizzato.
-
Vorrei solo capire fino a che punto si spinge la tua vigliaccheria.
Al suono di quelle parole
Hermione si era risvegliata. Finalmente gli occhi lasciarono le fiamme danzanti
e si posarono in quelli di Draco che mantenne la sua espressione strafottente.
Lo
sapevano entrambi: un’altra battaglia stava per cominciare.
Buonasera. Scusate l’enorme ritardo ma sapete tra estate, vacanze e studio ho rallentato, ulteriormente, il ritmo degli aggiornamenti.
Ecco un altro capitolo di questa storia ed ancora, da qui non si capisce granché. Ho apportato qualche modifica al personaggio di Ronald rispetto alla prima stesura, adesso ho cercato di renderlo leggermente più… maturo, uomo, concedetemi questo termine. Per chi avesse letto la prima versione della storia… non rivelate nulla circa Cordelia se è possibile.
Adesso passo ai ringraziamenti.
RINGRAZIAMENTI:
- WHITNEY: prima di tutto crepi il lupo ed il lupacchiotto. Effettivamente anche se c’è stata l’estate di mezzo l’università non mi ha mai abbandonata e poi sono rimasta in ospedale a fare un po’ di sano tirocinio che non fa mai male. Per quel che riguarda la storia come hai potuto notare ancora non succede, per quel che riguarda i due protagonisti, nulla di eclatante se non qualche scaramuccia dovuta al caratterino battagliero di Hermione e a quello leggermente “serpeggiante” di Draco! Ti ringrazio per i complimenti relativi allo scorso capitolo e spero che anche questo non ti abbia deluso. Alla prossima!
- STEPHY89D: ciao. Mia cara prima di capire il rapporto esistente tra Draco ed Hermione dovrai attendere molto anche perché neanch’io ho idea di come impostarlo. Spero che questo nuovo capitolo ti sia piaciuto e non ti abbia annoiato dato che i contatti – io li definirei più che altro scontri – tra i due protagonisti sono stati davvero pochi. Alla prossima!
-
RANYARE: ti dirò la verità, dopo gli ultimi due capitoli che ho letto
pubblicare questo mio piccolo ed insulso capitoletto mi ha creato qualche
problema (parlo così perché tanto Diana è tranquilla nel suo Paradiso
meritato e guadagnato con il sudore e con il sangue! Cerco di alleggerire la
tensione perché se ripenso a ieri ed a stamattina riprendo a piangere!). Voglio
essere maligna e dirti che mi fa parecchio piacere sapere che hai avuto la pelle
d’oca leggendo dei ricordi di Hermione relativi a Ron, così impari a farmi
piangere per due giorni di seguito (e gira e che ti rigira torniamo sempre da
Diana… ma riuscirò mai a staccarmi da questo personaggio? Spero di no perché
lo amo!), per quel che riguarda Ron non so se hai notato che ho cercato di
renderlo un po’ più uomo in questo capitolo – non mi riferisco alla ferita
sul torace ma al modo con cui tratta Hermione – anche perché io sono stanca
di leggere sempre di un Ron deficiente ed imbranato, ogni tanto diamo qualche
onore a questo povero ragazzo! Per quel che riguarda Hermione se ricordi la
prima versione e soprattutto se hai la bontà di aspettare il proseguimento
della storia, capirai perché è così mutata, trasformata. Scusa, solo una
domanda – e si torna sempre a Diana! – io farei soffrire troppo Hermione? Io
farei soffrire troppo un personaggio… senti da quale pulpito viene la predica
(tu fai soffrire anche la povera Lyl!)… dai su che a sofferenza mi sa tanto
che ci possiamo dare la mano, tu per i tuoi motivi ed io per i miei ed i nostri
personaggi ne risentono! Come siamo sadiche! Per quel che riguarda Draco ma
secondo te in questo capitolo l’ho reso troppo poco bastardo? Concludo con
questa domanda, spero di non averti tediata con questo capitolo (ma guarda che
linguaggio aulico riesco ad utilizzare, mi faccio paura da sola!) e speriamo di
leggerti al più presto! Un bacio ed alla prossima. P.S. auguri Fenice (per un
po’ dovrai sentirti chiamare così!)…
Credo di aver detto tutto. Non mi resta che darvi appuntamento al
prossimo capitolo.