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Autore: Ghostro    13/03/2022    1 recensioni
Questa storia prende spunto dal contest Riddikulus di Fiore di Cenere
Le vicende si svolgono durante gli eventi del quinto libro della saga. Damien Kiran, giovane Tassorosso, durante una punizione notturna nella Foresta proibita fa una scoperta che cambierà per sempre la sua vita. Lui e i suoi amici si troveranno alle prese con il furto di un artefatto antichissimo e proibito capace di strappare alle persone la loro risorsa più preziosa: l'amore.
Genere: Azione, Dark, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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TEMPO
 
 
George fece segno a Fred con la testa. Uscirono allo scoperto in un corridoio deserto e presero a braccetto Damien Kiran ciascuno da un lato, come fecero con Harry Potter solo un paio d’anni prima. «Gran bella chiacchierata con la Umbridge.»
«Già, una lunga chiacchierata.»
«Non pensavamo che ti piacessero le vecchie megere, Kiran.»
«O le fan sfegatate dei gatti animati.»
«Che portano strani fermagli a forma di mosca sulla testa.»
Lo gettarono ai piedi di una scalinata e con le braccia conserte attesero che si sedesse sul gradino più basso. L’avevano preso in simpatia da quando avevano saputo dell’insulto a quello scemo di Malfoy, ma non ci sarebbero andati leggeri con lui se non avesse vuotato il sacco.
«Immagino che vogliate delle spiegazioni per quella notte» disse lui, tranquillissimo.
«Puoi dirlo forte» rispose George. «Sapevamo di portare la nostra sorellina in un posto poco raccomandabile. Se non sapessimo che Rodriguez è a capo di quella combriccola di delinquenti, non ci saremmo nemmeno azzardati.»
«Nessuno può mettere in pericolo la nostra sorellina. Tu e il tuo amico ci dovete una spiegazione.»
«Credici: non ti conviene vederci arrabbiati.»
«Ragazzi, va bene. Solo, possiamo parlarne in un posto più discreto?»
Si guardarono un momento, prima di annuire.
 
Rimasero di sasso scoprendo che i membri dell’Esercito di Silente non erano i soli a conoscenza della Stanza delle necessità. Quando Damien li aveva preceduti fino al settimo piano, avevano iniziato a temere che fosse una trappola. Poi la porta si era manifestata e guardandolo aprirla avevano scoperto, con assoluto sbigottimento, che era già occupata. Un grammofono sparava musica ad alto volume. Alma Rodriguez, vestita in abiti informali, stava saltellando e ballando in giro per la stanza a ritmo di musica, ondeggiando più volte la testa e quel cespuglio di capelli che teneva legato con un codino. Stava imbrattando i muri facendo librare dozzine di bombolette spray volanti, tingendoli con murales raffiguranti quella che doveva essere la caricatura dell’ormai ex professoressa Cooman circondata da dozzine di sfere di cristallo; era un’opera d’arte davvero pessima, ma ci tenevano troppo alla vita per confessarglielo.
Era raro vederla così spensierata e assorta. Per un momento, rimasero impalati a fissarla fare avanti e indietro balzando, ancheggiando, rigirandosi su sé stessa. Tutto in maniera improvvisata.
«Ogni tanto fa così» disse Damien. «Dice che riesce a “svuotare la mente” e creare i suoi testi. Immagino che ognuno abbia le sue manie. Non ditelo in giro, ci ha minacciato di spezzarci le gambe e siamo propensi a crederle.»
Ed era anche un bel vedere, pensò Fred. Questo però non lo disse ad alta voce.
C’era un altro rumore di sottofondo nella stanza. Più rumoreggiante e fastidioso, metallico.
«Ma questa…?!» Guardando alla sua destra, verso la fonte, rimase allibito.
«Questa è la macchina di papà! Dove l’avete trovata?»
Alma e Richie Gallagard ebbero la stessa reazione: si girarono all’improvviso, facendo delle facce assurde.
«Un corno!» Il secondo gettò via panno sporco di grasso e si alzò per minacciarli con un manico di scopa. «Sapevo che prima o poi sarebbero sbucati dei “proprietari”! Se anche lo foste, ed è da dimostrare, la mia signora è stata abbandonata senza riguardo nella foresta. Tenete giù quelle manacce. Adesso è mia!»
Damien dovette trattenerlo. Quel matto stava procedendo dritto verso di loro e di certo non per acquistare i loro articoli. «Rich, penso che la legge avrebbe qualcosa da ridire in merito» obiettò, nello sforzo.
Alma si voltò verso di lui. «Che vuol dire che la leggere avrebbe qualcosa da ridire? Chi trova tiene. È sempre stato così.»
Mentre quei tre si scambiavano informazioni sulle leggi babbane, Fred si affacciò dallo sportello per guardare dentro l’abitacolo. «La stai tirando a lucido, vedo.»
«Già, davvero un bel lavoro. E non ti preoccupare. Ron ha fatto passare a nostro padre dei mesi d’inferno con la storia della macchina. Noi non abbiamo visto niente» rispose George, mentre fissava i fanali nuovi di zecca.
«Oh… Allora guardate pure.» Per un attimo gli occhi azzurri del tassorosso brillarono di una luce pericolosa. «Se scopro che state mentendo, vi concerò in modi che vostra madre non potrà più riconoscervi.»
«Garantito» gli risposero in coro.
George girò attorno alla macchina con occhio critico. «Non pensavo che la Stanza delle necessità potesse riparare anche le auto. Come accidenti avete fatto a portarla fino al settimo piano?»
«In verità la stanza mi fornisce solo i materiali. Al resto penso io. Quando Damien me l’ha mostrata, ho semplicemente pensato che sarebbe stato il posto perfetto dove ripararla in santa pace. Tempo due secondi, si è aperto un passaggio verso la Foresta proibita.»
Alma ticchettava con le dita sulla carrozzeria. «Sì, è una stanza parecchio interessante. Strano che voi non la conosceste, ragazzi.»
«Chi ha detto che non la conoscevamo?»
«Ma se avessimo una stanza che ci rifornisce di tutto e subito, dove sarebbe il divertimento?»
Alma scosse la testa. «Tipico. Beh, immagino che Damien vi abbia portato qui per parlare di quella notte. Intanto che ne pensate di aiutarci con le riparazioni? Gallagard sta iniziando a diventare una donnicciola isterica.»
Il tassorosso s’inalberò parecchio. «Donnicciola isterica?»
«Su, su…» Alma gli posò una mano sulla spalla. «Devi stare tranquilla. L’aggiusteremo la tua signora. Anche perché, se la macchina era di loro padre…»
La testa di Richie Gallagard scattò come se fosse un automa che prendeva vita. Fu inquietante. «Carte, bollo, libretto di circolazione e dati assicurativi. Libretto d’istruzioni. Tirateli fuori all’istante.»
Tutto ciò che Fred e George capirono di quelle assurdità fu che Damien Kiran si mise una mano sulla faccia.
 
«Ehi.» Fred si sedette accanto a Rodriguez nella biblioteca.
Lei gli rispose con un cenno della testa. «Weasley.» E tornò china sui libri.
George girò al contrario la sedia di fronte a lei e si sistemò con le braccia incrociate sulla punta dello schienale. «Quindi è colpa di questo “Amato” se Ginny ha fatto saltare in aria una parte della biblioteca.»
Presa a tenaglia, Alma capì l’antifona. Ma non rispose a parole: si toccò due volte la punta del naso. «Se volete delle scuse per aver trascinato vostra sorella nei casini, posso anche farvele. E già che ci siamo v’informo che preferirei avere cento di lei a guardarmi le spalle, piuttosto che mille di voi.»
«Ouch!» risposero in coro. «Questo è un colpo basso.»
«Sì, ci ha straziato il cuore.»
«Ma siamo pronti a perdonarti, volendo.»
«Se ci dirai perché in questa scuola nessuno sa ancora niente.»
Il grugnito di Alma Rodriguez poteva essere benissimo un lamento di frustrazione. La corvonero chiuse di scatto il libro d’incantesimi che stava leggendo e li guardò, uno per volta. «Cosa volete che vi dica? La McGranitt si è presa quell’idiota in custodia e l’ha portato chissà dove. Non so altro. Davvero Ginny non vi ha detto niente?»
«Muta come un pesce. Quindi non sono stati i professori a intimarvi di tenere la bocca chiusa?»
Alma fece uno strano sorriso. «Oh, che cara amica… Voglio ritrattare: mi serviranno solo dieci Ginny. Se vostra madre può clonarmele entro l’estate, sarei disposta a pagare in galeoni.»
Fred dovette schioccare le dita per riportarla alla realtà. «Andiamo, Rodriguez. Siamo seri. Stanno già succedendo in giro delle robe pericolose, senza aggiungere questi… Invasati che girano incontrollati per la scuola.»
Alma stava per aprire bocca quando un primino inciampò all’improvviso e franò sul loro tavolo, facendo cadere un marasma di libri. Dopo averli radunati in fretta e furia, se andò farfugliando qualche scusa. Si era dimenticato un foglietto accartocciato, però. Alma non ebbe alcuna esitazione ad afferrarlo e srotolarne il contenuto. Ciò che vi lesse la fece alzare di scatto.
Fred e George la seguirono dopo essersi lanciati una rapida occhiata. La tallonarono per tutta la biblioteca. Anche dopo lei che svoltò l’angolo. Se ne stava appiccicata agli scaffali. Cercava qualcosa. Il suo dito scorreva lungo le rilegature dei libri, lentamente. Si fermò solo quando un’ape si posò sul dorso della mano. Rodriguez non si curò di scacciarla. Estrasse il libro su cui il dito si era fermato e con la mano libera frugò nello spazio lasciato vuoto. C’era un altro foglietto. Stavolta ben piegato e la grafia, quando lei lo aprì, era elaborata e stilisticamente perfetta.
Lo lesse così in fretta da non lasciargli il tempo di fare altrettanto, poi alzò la testa. In quella direzione, c’era una strega serpeverde intenta ad alzare leggermente un calice di vetro. «Perché Lucilla Ollivander ci sta salutando?»
«Lascia perdere.» Alma si voltò verso di loro. «Venite con me.»
 
*
 
Qualcuno bussava alla porta del suo studio con insistenza. Innervosito da quel richiamo fastidioso, Piton si alzò per andare ad aprirla. Riuscì a mascherare per tempo la sua indisposizione, trovandosi davanti Alma Rodriguez e i gemelli Weasley. «Ebbene?»
«Damien dice che è lei ad occuparsi della faccenda.»
«Quale faccenda?»
«Abbiamo delle informazioni per lei. Riguardo l’Amato.»
– Kiran… – C’era almeno uno studente, in tutto il castello, che non avesse la mania di ficcare il naso nelle faccende che non lo riguardavano? Severus tornò alla sua scrivania senza dire una parola. Uno dei figli di Molly chiuse la porta dietro di sé e insieme agli altri si avvicinò a passo deciso. «Immagino che Kiran vi abbia raccontato tutto.»
«Capita quando un pazzo cerca di attentare alla nostra vita, e più d’una volta.»
Alzando gli occhi dalle pergamene che aveva ricominciato a correggere, Severus non poté fare a meno di notare che la somiglianza tra lei e sua madre non era solo nell’aspetto. Ramona Rodriguez era stata una fervida sostenitrice di Voldemort. Aveva un carattere irrequieto e testardo, proprio come la figlia. In lei certo non albergava la follia di Bellatrix Lestrange, ma aveva la stessa indole crudele. Non lo sorprendeva che un tempo fossero state tanto amiche. Se Bellatrix non fosse una strega d’indiscutibile talento, Ramona tra le due sarebbe stata senz’altro la più pericolosa. Cinica, dove l’amica peccava di un’ossessione viscerale verso l’Oscuro signore e infantile sadismo.
Ancora oggi non riusciva a capire come quella strega, con dei principi morali riguardo la razza tanto distorti, si fosse innamorata di un babbano. Un altro criminale, certamente. Appartenere ai Mangiamorte significava rinnegare ogni goccia di sangue babbano che potesse infettare la purezza del proprio sangue, e la volontà di Ramona in questo era sempre stata incrollabile.
Alma Rodriguez si era già indirizzata sulla stessa strada criminale. Silente non voleva ammetterlo, ma era la pura verità. Lo sapeva lui, e lo sapeva Vitious. Severus non era incline ad accettare l’idea che la natura di una persona potesse cambiare. Il passato definiva qualunque mago e strega, era così da sempre. E quello che la ragazza si stava costruendo presto avrebbe iniziato a puzzare di rimpianto.
«Avete intenzione di restarvene lì impalati ancora per molto?»
Uno dei gemelli Weasley parlò sopra di lei. «Sappiamo che questo tizio stava leggendo un libro che elenca gli artefatti magici più rari del mondo magico.» Posò sulla scrivania un tomo particolarmente grosso e pesante.
«Inoltre, brandisce una bacchetta speciale. Non è fatta di legno come le altre. Quando Ginny l’ha colpita, l’incantesimo è rimbalzato via.»
Ciò rapì l’attenzione di Severus. Il loro scontro a Notturne Alley era stato troppo veloce per ricordarne i dettagli, ma le parole del giovane Weasley evocarono qualcosa, nella sua mente, mentre sfogliava pigramente le pagine del tomo. La ricordava quella bacchetta nera. «È tutto?»
Alma Rodriguez sbuffò indignata. «Tutto? Ci siamo fatti il culo per sopravvivere e trovare queste informazioni. Non credi sia il caso di ricambiare dicendo anche a noi cosa sta succedendo?»
«Non essere irrispettosa.»
Provarono a tirarla da parte. Come la madre, Alma Rodriguez si divincolò con rabbia dai gemelli e non volle sentir ragione. «Dovrebbe essere il suo lavoro. Ma forse sei troppo impegnato a svenire in mezzo agli alberi per darti da fare.»
«Dieci punti in meno a Corvonero.»
«Dieci…?» Oltraggiata, Alma avrebbe scavalcato la scrivania se non l’avessero fermata.
Piton non ebbe pietà. «Altri dieci punti in meno a Corvonero.»
Lei e Ramona erano due gocce d’acqua. Solo un uomo come l’Oscuro signore avrebbe potuto spaventarle. Si sarebbero accanite contro chiunque avesse osato sfidarle fino allo sfinimento. Fred e George Weasley dovettero trascinarla indietro di peso mentre si dibatteva.
«Forse, signorina Rodriguez, dimentichi qual è il tuo posto. Qui non siamo nella vita di tutti i giorni: questa è una scuola di magia. Non è compito degli studenti quello d’indagare su affari che non li competono. Lo è far entrare nelle loro testoline eversive il sapere che c’impegniamo ogni giorno d’inculcarvi. Questa non è Notturne Alley e nessuno dei corsi che frequentate mira a rendervi degli Auror. Ci sono delle regole da rispettare.»
«Regole.» Fece una falsa risata. «Forse dovreste rivederle, allora. Sa, professore, non penso che stiano funzionando granché a dovere ultimamente.»
«Sei proprio come tua madre» le disse. «Una ribelle senza speranza. Incapace di sottostare alle leggi perché troppo impegnata a disegnare le sue.»
«Adesso basta!»
Nessuno si era accorto che la porta era stata spalancata. Vitious e Minerva McGranitt sostavano all’ingresso. Dove l’una sembrava una maschera di pietra, l’altro non si curò di nascondere un certo fastidio. Nonostante l’altezza, appariva austero quanto la collega ed egualmente intimidente.
«Potete lasciarci da soli? Rodriguez, parlo anche a te.»
Piton e gli altri attesero che richiudessero la porta; non prima che Alma Rodriguez gli lanciasse uno sguardo torvo. Non era finita: il messaggio era chiaro. Solo in seguito entrambi presero posto sulle sedie davanti alla sua scrivania, assumendo un aria che non lasciava presagire una conversazione di breve durata; con enorme frustrazione, lasciò cadere l’intento di correggere le sue pergamene per quella sera.
«Minerva mi ha raccontato dell’interrogatorio.» Piton non rispose.
«Tu e quella donna siete a conoscenza di questi… Invasati da più che qualche settimana, e così? Con la minaccia di Tu-sai-chi alle porte, come vi è potuto venire in mente, a te e Silente, di non dirci nulla?» s’inserì la McGranitt, altrettanto allarmata.
«Credevo di poter risolvere questa faccenda da solo.»
«Una decina di studenti coinvolta! Intrusioni reiterate nel reparto proibito, uomini… senz’anima! Che cosa faresti se venissero coinvolti gli studenti della tua Casa, Severus?» Minerva diventava più infervorata parola dopo parola e Vitious non sembrava più accondiscendente.
«Gli avrei suggerito di non ficcare il naso. Sapete bene, tutti e due, cosa succede a lasciare che dei ragazzi s’intromettano in faccende che non li riguardano. Da quando Potter è entrato in questa scuola, tali violazioni sono all’ordine del giorno ed è un miracolo che nessuno si sia fatto male. Eccetto, ovviamente, il ragazzo di Amos Diggory l’anno scorso.»
«Lasciamo fuori Potter da questa storia» intervenne Filius.
«I gemelli Weasley riferiscono a Potter ogni loro più insignificante impresa. Per quanto tempo ancora credete che ne resterà all’oscuro? Per non parlare della più giovane ficcanaso di casa Weasley.»
La McGranitt scosse la testa con crescente turbamento. «Abbiamo già avvisato Ginny Weasley e Luna Lovegood di non farne parola con nessuno. Parlerò anche a quei due. Severus, devi dirci tutto. Perché Rodriguez è venuta da te, di cos’altro dovete ancora informarci?»
Fece scorrere il tomo verso di loro. «Stando alla sua testimonianza, pare che l’Invasato stesse sfogliando questo. Se vogliamo credere che ciò sia vero, potrebbe essere interessato a reperire uno di questi artefatti. O cercarne un altro che in questo testo non figura. Silente ha requisito alcuni dei libri più oscuri, ma ciò di cui questa cosiddetta Ombra è in cerca potrebbe non essere mai stato un incantesimo oscuro.»
Vitious intrecciò le mani in grembo. «Avete già in mente un piano per scovarlo? Non possiamo consentire che un criminale scorrazzi in libertà per tutto il castello, non un’altra volta. La Umbridge ne è già al correte e in questo momento un inasprimento dei decreti ministeriali sarebbe catastrofico.»
«Filius ha ragione. Dobbiamo fare qualcosa, Severus.»
Dopo un momento di silenzio, Piton si decise ad annuire. «Il preside ha invitato i fantasmi a setacciare il castello. Inoltre, questa non è la prima testimonianza di uno studente che raccolgo quest’oggi. Lucilla Ollivander mi ha informato su delle attività sospette appena al di fuori delle mura del castello.»
Minerva assottigliò le labbra con evidente indisposizione, ma non parlò. E non lo fece neanche Vitious.
«Ebbene, direi che vale la pena d’indagare» disse infine il Capo della casa Corvonero.
 
La casa di Hagrid sorgeva al confine della Foresta proibita. Era ancora disabitata, ma stando alle parole della signorina Ollivander strani rumori provenivano dall’interno, da qualche notte. Il guardiacaccia non era famoso per l’igiene, l’odore stantio di carne essiccata era un buon motivo perché dei predatori la visitassero. Ma i predatori non accendevano dei lumi.
Qualcuno stava usando quella casa. E non si stava proprio nascondendo.
Seduto sopra i gradini, c’era un Invasato.
Successe così in fretta che Piton e i suoi accompagnatori non ebbero il tempo di reagire. La prateria che li circondava divenne fredda e sterile, i loro fiati nuvole di condensa. Il turbinio delle nubi accompagnò l’avvento del freddo. Fu solo questione di momenti prima che almeno una dozzina di Dissennatori li circondasse, precipitando dal cielo notturno come correnti d’aria che scuotevano brandelli di stracci neri; Minerva e Filius non mascherarono lo sconcerto di trovarsi davanti alle creature del Ministero.
«Severus Piton. Ci incontriamo di nuovo» disse l’Invasato, divertito. Tra le dita stringeva una bacchetta nera.
«Chi sei tu?»
«Tu sai chi sono. L’hai capito: non importa quanti Invasati sconfiggi o dietro quali vesti io mi celi. Io non sono loro. Eppure, in un certo senso, tutti loro sono me. La vera domanda è: a chi va la tua lealtà? Al Ministero, ad Hogwarts. I Mangiamorte? O forse il Possessore di Glyn è riuscito a portarti dalla sua parte?»
Severus preferì non avventurarsi in una risposta. «Possiedi una bacchetta alquanto singolare.»
L’invasato ridacchiò. «Avremo modo di approfondire la conoscenza di questo artefatto, ma non ora. Non ho intenzione d’indispettire oltre il tuo preside con la mia presenza.» Allungò la mano e ne aprì il palmo, mettendo in mostra un globo luminoso. «Questo è ciò che ti ho sottratto, Severus Piton, durante il nostro scontro. Vedo che ti stai tenendo ben stretta l’ultima brace del sentimento che ti ho sottratto. Esso, dopotutto, è una risorsa assai preziosa.» I Dissennatori ne sembrarono attratti in modo viscerale. Un paio avevano tese le braccia per afferrarla e l’Invasato dovette ritirare la mano, lentamente, lasciando che quelle dita scheletriche la sfiorassero. «Sono pronto a restituirtelo, se in cambio mi darai ciò che voglio.»
«E cosa vorrebbe un criminale come te?» s’inserì Minerva con voce graffiante. «Con che coraggio ti rivolgi a un insegnante di Hogwarts aspettandoti che obbedisca ai tuoi biechi ricatti?»
Vitious azzardò un passo verso di lei. «Resta concentrata, professoressa.»
«Ricatto? Non lo chiamerei così. Voglio solo che scopra dov’è il mio amore. È uno scambio equo.» L’Amato si alzò, lentamente. «Dev’essere difficile sopportare il freddo che si fa largo nelle tue viscere, ora dopo ora il compito diventa sempre più arduo e il vuoto che senti cresce di conseguenza. Immagina cosa significhi sopportare questa mancanza per migliaia di vite mortali. È straziante.» Il silenzio si protrasse finché l’Amato non fece fluttuare qualche frammento del globo luminoso verso di lui. «In segno di buona fede.»
Nessuno di loro riuscì ad evitare che quei pochi filamenti di luce entrassero nel suo petto. La sensazione fu frustrante, ma allo stesso tempo un sollievo. Come se un po’ di calore gli fosse scivolato dentro la pelle e la vita avesse assunto all’improvviso più colore. Rimaneva ancora una pallida imitazione delle giornate che furono, ma fu sufficiente per fargli maturare una cupa consapevolezza: la sensazione disagevole che stava provando era opera sua.
Tornò alla realtà scoprendo che Minerva lo sorreggeva. Stanca di chiedergli se stesse bene, rivolse i suoi timori direttamente all’Amato: «Che cosa gli hai fatto?»
«La domanda, strega, è cosa nascondi tu. Tu e il Ministero siete i suoi agenti.»
Vitious fece un passo avanti. «Agente del Ministero, lei? Sei tu che comandi i Dissennatori, mi pare.»
In un certo modo, capirono che le sue parole l’avevano offeso. «I Dissennatori mi hanno sussurrato cos’accadde nei pressi di questo luogo, due anni fa. Il suo potere infesta ancora queste mura. Lo sento sulle tue vesti, donna. Loro lo avvertono nel cuore del Ministero, e su due studenti di questa scuola.»
«Di cosa stai parlando?» chiese Severus, quando riuscì a sostenersi da solo. Il freddo li stava pressando da troppo tempo ormai. Presto non sarebbero riusciti a sostenerlo, se non avessero qualcosa.
L’Amato fece un cenno con la testa verso Minerva McGranitt. «Chiedetelo a lei. Chiediti se sei disposto a rinunciare a cosa ti ho rubato. Le lancette dell’orologio scorrono, Severus Piton. È una legge degli dei: se ti ostini a non prendere una decisione, il tempo lo farà per te.»
Due Dissennatori presero ciascuno per una spalla l’Invasato. Si materializzarono altrove in un battere di ciglia.
 
*
 
Damien e Alma finirono insieme di posare il nuovo motore nel vano del cofano. Fu un lavoro abbastanza faticoso, concentrati com’erano per non fare alcun danno. Minuti interi in cui tennero le loro bacchette tese e puntate verso quella scatola fatta di tubi e scatole più piccole, e altri filamenti quasi invisibili che li attraversavano legandoli tra loro.
Alma si deterse la fronte dal sudore, poi andò a raccogliere una bottiglietta d’acqua fluttuante. La osservò in silenzio prendere dei lunghi sorsi. Aveva le spalle così contratte che un pugile, alla pesa che precede il più importante incontro della sua vita, al confronto sarebbe sembrato rilassato e gioviale. Era entrata come una furia, tallonata dai gemelli Weasley, e chiedendo loro qualcosa da fare si era concentrata sulle riparazioni senza aprire bocca. Se non per parlare con Richie in una lingua che Damien era stato capace di decodificare solo in parte. Era venuto fuori che anche lei se ne intendeva di motori; non come Richie, lui era un fissato, ma aveva una discreta padronanza del lessico che coinvolgeva cavalli, cilindri e tubi di scappamento.
Non c’era bisogno di dare un’occhiata ai due rossi nella stanza per capire che qualcosa non andava.
«Tutto bene?» le chiese, avvicinandola.
«Certo. Perché non dovrebbe?» Scontrosissima.
Damien preferì sedersi contro il muro. «Un po’ ti conosco. Beh, magari non come loro due, ma…»
«Ti ho detto che sto bene.» Ostinata, con una punta di cupezza che recitava: “Stammi alla larga.”
– Ragazzo, non so come voi trattiate con le donne in questo secolo, ma se posso darti un consiglio… –
«Insomma, so qual è il tuo tè preferito.»
Alma sbuffò. «Cosa vuoi, Damien?» Infastidita, con una vena sul collo che iniziava a pulsare come un cuore.
«Niente.» Distolse lo sguardo da lei per rivolgerlo agli altri. Si stavano occupando delle ultime migliorie della giornata. «Sai, mi è piaciuto lavorare tutti insieme, oggi. Era da un po’ che non vedevo tanta gente sorridere. Mi ha fatto sentire nostalgico.»
«Parli di Cedric?» Annuì. «Già… Mi dispiace, Dam. Avrei dovuto chiederti come stavi molto prima. No, lascia perdere. Quel che è fatto è fatto. Sono stata pessima.» Gli scivolò accanto. «Come è andata con Luna?»
«La Umbridge mi ha chiesto di trovare delle prove su Harry Potter in cambio della nostra permanenza nel castello» le confessò, con voce piatta.
Dire che le aveva piazzato una bomba sotto il sedere avrebbe creato meno scompiglio! «E tu che cosa le hai detto?» Ora grattava nervosamente il tappo della bottiglia.
«Ho le prove che Ginny e Luna stanno combinando qualcosa insieme a lui e… Immagino i gemelli, loro fratello, la Granger, e chissà quanti altri. Avrei potuto dirglielo, ieri. Non l’ho fatto. L’ho… più o meno mandata al diavolo.»
Alma cercò di mascherare un sussulto, ma era difficile non notare l’espressione divertita dietro la sua mano. «Vorresti dirmi che tu, il Nonnino di Hogwarts, avresti dato dell’escremento a Malfoy e mandato l’Inquisitore supremo a seguirne la puzza nell’arco di un solo semestre?»
Alzò entrambe le sopracciglia. «Tu come lo sai?»
«Come se si potesse nascondere che un idiota ha spiccato un balzo dalle scale, dopo aver insultato un Prefetto
«Oddio…» Damien si coprì il viso con entrambe le mani. «E Luna lo sa?»
«Oh, non penso che se ne accorgerà prima della prossima estate. A meno che qualcuno non glielo dica prima.»
«Divertente» replicò sarcastico. In cambio, da lei ricevette una leggera spallata.
«Sai che la Umbridge non si fermerà, vero? Quella donna potrà anche spacciarsi per carina e coccolosa, ma è una vipera. Se qualcosa non va come vuole, saprà come vendicarsi.»
«Lo so. Ma non m’importa e, francamente, paragonato a quello che stiamo passando, non vedo come possa fare peggio degli Invasati. È rassicurante sapere che non dovrò affrontarli da solo. Non voglio che i miei amici paghino per questo, però.»
La strega ripose la bottiglia mezza piena nella borsa e sospirò. «Piton» disse infine, come se quello fosse la risposa per tutto. «Non lo sopporto. Gli abbiamo detto quello che cercava l’Amato e mi sono beccata venti punti in meno.» Appoggiò la testa contro la parete. «Ha parlato male di mia madre. Non mi è andato giù.»
Damien annuì. Alma ne parlava raramente, forse perché non l’aveva mai conosciuta davvero. Sapeva solo quello che lei raccontava in giro; probabilmente era tutto ciò che sapeva. Ramona Rodriguez era nata in Argentina, ma aveva sempre vissuto a Notturne Alley. Era una Purosangue che non apparteneva alle sacre ventotto, e alla fine si era innamorata perdutamente di un babbano. Una notizia che all’epoca doveva aver fatto un certo scalpore, considerato che il mondo magico aveva appena iniziato a riprendersi dalle macerie lasciate dalle distorte idee sulla razza di Tu-sai-chi.
«Fortuna che le vacanze di Natale stanno per iniziare, allora. Per qualche giorno non dovrai rivederlo.»
«Già… Finalmente potrò controllare in che stato è il locale. Cerca di non passare per Notturne, se ti è possibile, in questi giorni. Non vorrei dover ricominciare daccapo.»
«Ha-ha.» Lei gli fece la linguaccia. «Possiamo anche prenderci questi giorni come pausa. Sai, ricaricare le batterie. Da quando avete affrontato l’Amato in biblioteca, non abbiamo più visto o sentito nulla» proseguì, continuando a osservare gli altri tre mentre si davano da fare.
«Sempre che lui non abbia già trovato quello che cercava» gli rispose lei, con le braccia incrociate.
Tre schiocchi di dita in rapida successione li attirarono verso Richie. Il suo amico li stava osservando con un’espressione intransigente. «Qui non si batte la fiacca. Riposerete quando la mia signora sarà di nuovo a posto. Come dovrebbe sempre essere.» E lanciò occhiataccia ai gemelli.
Damien si limitò a guardare Alma che si alzava e avvicinarsi a loro mentre proponeva delle modifiche artistiche alla carrozzeria; tutte respinte in blocco da Richie. Incrociando le braccia al petto, per la prima volta da un po’ le sue labbra si aprirono in un leggero sorriso. Gli sarebbe mancato vedere quelle scene, per un po’. Per la prima volta dalla morte di Cedric, sentiva che Hogwarts era tornato ad essere quel posto interessante a cui ripensare con nostalgia. E fu pervaso da un desiderio.
«Ragazzi. Ragazzi!» Tutti si girarono verso di lui. «Che ne dite di fare qualcosa tutti insieme, prima delle vacanze?»
 
«Dunque. Se ho capito bene io ti dico una cosa e tu, tirando un dado, mi dici cosa succede?» domandò Luna, con una voce contesa tra confusione e leggerezza. Ginny rise e le sussurrò all’orecchio qualcosa. «Oh, un’azione!»
Damien annuì e rispose all’occhiolino della Weasley con un’occhiata tra il grato e l’imbarazzato, prima di passare in rassegna tutti i presenti.
Richie continuava a fissarlo con un’aria da “Perché?” stampata in faccia. Sedeva accanto a una Lucilla Ollivander autoinvitatasi alla festa. Il luogo che avevano scelto per incontrarsi si trovava nei pressi della guferia. Una piccola casetta ai piedi del precipizio che un tempo si diceva venisse usata come ressa per i gufi, prima che fosse costruito per loro un luogo apposito. Era ancora in piedi, piena di scartoffie e oggetti in disuso. Lucilla aveva giurato che non ci abitava nessuno ormai da secoli; forse, in effetti, era per questo che aveva scoperto di quell’incontro.
Ad ogni modo, con la Umbridge partita in direzione Ministero e la scuola che andava svuotandosi, erano riusciti a ritagliarsi un momento tutto per loro. Lontano dai G.U.F.O., da Invasati e insinuazioni gratuite di un Ministero che non la smetteva di screditare chiunque la pensasse diversamente sull’argomento Tu-sai-chi.
Era stato un lavoro di gruppo. Lui e Richie si erano preoccupati dei pezzi, i gemelli Weasley di trovare le cose che mancavano e fare incetta di scorte, mentre il resto si dedicava a mettere in ordine quanto bastava. Col risultato che la stanza era stata sgombrata di tutto tranne che un tavolo e delle sedie, e decine di materassi, tappeti e coperte erano stati disposti in ogni dove.
Damien sedeva in un angolo e accanto a lui c’era Luna Lovegood, con Ginny che, sdraiata, poggiava la testa sulle sue gambe raccolte. Dall’altro lato della casetta c’erano Richie e Lucilla, che dividevano una coperta. Neville Paciock sedeva attorno al tavolo insieme a Blaise Zabini e Hannah Abbott. Alla sua destra, Damien aveva Fred e George Weasley che parlavano insieme ad Alma.
Si schiarì la voce. «Allora, sappiamo tutti perché siamo qui. Spero.»
«Parla più forte!» Dal fondo della casetta, il richiamo provenne dalle mani unite davanti alla bocca Richie; al suo fianco, Lucilla ridacchiò.
Damien li scrutò torvo. «Avvicinatevi voi, invece! Dicevo: chi di voi non ha mai giocato a D&D?» Vide molte mani alzate. «Beh, allora, le regole sono…»
Passò un quarto d’ora a spiegare le regole e una mezz’oretta per far creare loro dei personaggi. Come Dungeon Master aveva predisposto un’avventura tra i ghiacci, alla ricerca di una fiamma che potesse disperdere un velo impenetrabile di nebbia che dava sul mare; un altro quarto d’ora era volato solo per ascoltare la consueta allusione di Zabini sul fatto che sua madre fosse una mangiauomini; Richie aveva seguito con attenzione quelle storie finché Alma, dando una schicchera alla Cioccorana, non gliel’aveva tirata in testa.
«Ok, ok, ok. Cominciamo. Vi trovate al nord, in un regno invaso dalla bufera. Il gelo invade le strade e siete…»
«Voce!» All’ennesimo richiamo di Richie, Ginny lo fece urlare come una ragazzina con una fattura Orcovolante.
Si rivolse dapprima a lei. «Grazie. Dicevo: …siete di fronte a una minaccia serissima. Il mare… è pieno di nebbia. Ogni uomo o donna del regno sa che creature di ogni sorta e pericoli inimmaginabili affollano il continente al di là del mare. Se la nebbia non viene diradata, loro potrebbero attraversarlo e causare la morte di centinaia d’innocenti. Lo Jarl ha chiamato voi, i migliori guerrieri di tutto il continente, per cercare chi ha rubato l’artefatto magico che dirada la nebbia. Siete voi gli eroi che avranno il compito di salvare il continente. Ebbene, cosa fate?»
«Chiedo allo Jarl se qualcuno ha visto qualcosa» disse Ginny.
«Io controllo che nessuno di noi abbia addosso dei Gorgosprizzi» s’inserì Luna con entusiasmo.
Damien lanciò il dado due volte e si affrettò a rispondere. «Nessuno ha visto nulla.» Con riluttanza, indicò poi Luna. «Sì, la tettona guerriera matura di Richie ne ha uno su per il naso.» Lei chiuse la mano a pugno e scosse il braccio leggermente a mo’ di esultanza.
L’interpellato sgranò gli occhi tra le risa di tutti. «Ehi! Mi prendi in giro?!»
«Questo però l’hai sentito…»
In rassegna, tutti dissero la loro e l’avventura poté cominciare.
Dopo un’ora di varie peripezie, dopo che tutti si erano stretti intorno a una coperta, i loro protagonisti stavano abbordando un vascello nemico in mezzo al mare. «All’improvviso,» disse Damien «davanti alla porta della cabina del capitano si apre un portale magico violaceo e ne esce un gigante. Pelle rossa come la sabbia del deserto, sei braccia e gambe così muscolose che sembrano rocce scolpite dal vento e la marea. Tre grandi teste fuse insieme. Brandisce due grosse asce cosparse di fiamme. La barca cigola e rimbalza nell’acqua sotto il suo enorme peso. La sua voce baritonale è possente come il rumore di un corno da battaglia soffiato da un guerriero vichingo. Cosa fate?»
– Esistono davvero creature simili? – chiese Glyn, sconcertato.
– Prego ogni giorno di no. –
Luna alzò il braccio. «Una creatura del genere non dovrebbe inciampare sostenendo il peso di tutte quelle braccia?»
Scoraggiato dall’ennesima domanda tecnica, Damien si abbandonò al suo istinto zen. «Per questo ha gambe muscolosissime.» Luna annuì convinta.
Lo alzò, tremante, anche Neville. «Posso buttarmi in mare?»
Damien controllò il numero del dado mentre Fred e Alma gli davano del codardo. «No.»
Fu il turno di George. «Posso dargli dello scemo e attirarlo su di me?»
Damien lanciò i dadi. «È sordo.»
Alma si accigliò. «Se era sordo, non potevi dircelo subito?»
«Lo è diventato dopo aver gridato.»
«Ma che vuol dire questa cosa, Dam?!»
Lucilla fece per aprire bocca. Richie la fermò distendendo il braccio con fare plateale e gonfiando il petto. «No.» Aveva un’aria così combattiva ed egocentrica che Damien non riuscì a non deglutire intimidito. Il suo amico finse persino l’atto di alzare un cappello immaginario e tirare fuori qualcosa prima di rimetterselo. «Lancio le mie fidatissime biglie… ai piedi del gigante.»
Tutti furono contagiati dall’atmosfera pesante che scese nella casetta e assistettero con il fiato sospeso al nuovo lancio dei dadi. Quando si fermò sul numero giusto, Damien chiuse gli occhi. «Io non ci posso credere... Hai più culo che anima.»
«Che è successo?» chiesero tutti
«Dillo!» Richie era già pronto ad alzarsi ed esultare.
«Il gigante muove un passo e…» Damien chiuse gli occhi. «scivola sulle biglie, precipitando in mare.» Al che lui si alzò e sollevando l’indice e il medio di entrambe le mani assunse una posa eroica, celebrato dagli applausi di tutti.
«Signori, signori, vi prego. Calmatevi tutti. Sapete, Becca la Bacca non lo fa per la fama, ma per…»
Ginny lo fece tacere con un’altra fattura Orcovolante. Dopodiché scambiò il pugno con Damien.
«Ricordati d’insegnarmela dopo che abbiamo finito qui» le disse. Prima di lanciare i dadi, però, arrossì le rivolse un’occhiata di scuse. «Se hai un po’ di tempo, ovviamente.»
Le ore passarono velocemente, mentre l’avventura diventava sempre più intensa e articolata. Damien aveva predisposto anche un momento coreografico, in cui Ginny e Alma si misero a cantare le parole di un testo scritto sul momento. Fu come sentire un usignolo e un merlo cantare insieme, ma tutti apprezzarono il coraggio della Weasley; non che ci fosse qualcun altro che avesse una voce in grado di accompagnare la loro compagna corvonero. Il gruppo si stava comportando abbastanza bene, almeno finché Fred e George non decisero di mettere pepe passando al “lato oscuro” di Zabini diventando dei traditori; conoscendolo, Damien aveva preparato anche quella possibilità. Ginny non prese bene la sua morte, ma il personaggio di Luna con la sua assistenza divenne improvvisamente più attaccato alla vita che mai.
«Neville. Un serpente gigantesco scivola verso di te. Cosa fai?»
«P-Posso darmela a gambe?»
Tiro di dado. «No.»
Alma emise un verso frustrato. «Ti lancio la mia spada.»
Damien tirò di nuovo. «Hai sbagliato mira.»
«No, adesso basta! Tu mi stai prendendo in giro!»
«Faccio scivolare il mio stiletto verso di lui con un calcio» dettò Lucilla, all’improvviso.
Neville finalmente smise di tremare e balbettò. «L-Lo prendo!»
«Neville riesce a prenderlo all’ultimo e infilzare la testa del serpente.» Tutti esultarono. «E muore.»
«Cosa?!» Fu un lamento generale.
Si limitò a indicare la serpeverde, che già ridacchiava. «Era avvelenato, ricordate?»
«A-Aspetta, Dam. Lui ha impugnato il manico» obiettò Hannah.
«Nessuno sbaglio» le rispose Lucilla. «Il mio coltello era avvelenato sul manico. Veleno magico.»
Richie scosse la testa. «Sei il diavolo.»
«Sono solo un’elfa senza morale con un’immunità al veleno, Rich.»
In tutto questo, Hannah si rassegnò e diede una pacca sulle spalle di Neville. «Coraggio, non ti abbattere. La prossima volta che affronterai un serpente, ti procureremo una spada che il veleno ce l’ha sulla lama.»
Presto l’avventura iniziò a delinearsi verso una conclusione. L’ultimo dungeon era una città sotterranea e Zabini, Rich, Luna e Lucilla, gli unici sopravvissuti a contendersi la gloria. Ormai tutti quanti si erano sistemati sui vari materassi e sacchi a pelo, per ripararsi dal freddo, e osservavano con il fiato sospeso l’evolversi degli eventi.
«Un enorme Troll, nero come la notte, si staglia in mezzo a voi. La fiamma d’argento arde proprio dietro di lui mentre tutto intorno a voi si muove e frana. Il soffitto trema e stride per effetto dei suoi passi. Non c’è più tempo e lui non sembra intenzionato a lasciarvela prendere. Cosa fate?»
«Lancio le mie biglie fortunate!»
«Le divora e te le tira indietro come fossero proiettili. Addio a Becca.»
Mentre Richie rimaneva sconcertato, Zabini propose di aggirare il Troll mentre gli altri si occupavano di lui.
«Lancio una cerbottana avvelenata su Blaise e sul Troll» disse Lucilla, fomentata.
«Ok… Hai ucciso Blaise, rallentato il Troll, e si è rotta la cerbottana» dichiarò subito. «Lui continua ad avvicinarsi. Il tempo scorre!»
Ginny sussurrò qualcosa a Luna, ma dalla sua espressione si poté intuire che ciò che disse la corvonero non fosse quello a cui aveva pensato: «Lancio un antidoto al Troll!»
Lucilla agitava i pugni con energia. «Corro verso la fiamma!»
Damien sorrise con una punta di perfidia. Tirò il dado e… «La torcia che regge la fiamma è una trappola. La tua pelle si ramifica e ti trasformi in un salice. Le tue radici si diramano immediatamente in tutta la città sotterranea, fermando le frane.» Si girò verso Luna. «Il Troll sapeva della maledizione, per questo stava cercando di tenervi lontani. Scoprendo della tua buona fede, lui ti risparmia la vita e lascia a te la vera fiamma, che trovate nascosta nell’insenatura sotto l’altare. Congratulazioni: hai vinto!»
Dopo un momento di assoluto silenzio, un’ovazione s’innalzò per l’impresa di Luna. Persino Lucilla, che aveva perso all’ultimo momento, si concesse di applaudire.
L’unico che rimase perplesso fu Richie. «Ma che vuol dire, scusa?»
Damien si strinse nelle spalle. «Beh, l’idea mi è venuta quando una certa persona mi ha fatto capire che non tutto è per forza come sembra.» Luna sorrideva appena quando le rivolse un’occhiata di sfuggita. In quel modo fatato che la faceva sembrare sul punto di scoppiare a ridere per l’euforia.
– A proposito: non ti ho mai ringraziato per averci salvato. Mi dispiace – disse infine a Glyn.
 
«Expecto Patronum?»
Luna annuì. «Hermione Granger dice che Harry Potter l’ha usato contro cento Dissennatori in una volta.»
– Niente male. – Fu il commento di Glyn.
«Non te l’ho detto prima perché i Nargilli mi stanno dando qualche noia, ma», ai toccò la collana fatta di anelli di bottiglia, «sento che adesso le mie cose torneranno. Prima o poi.»
Damien assottigliò le labbra. «Non suona molto incoraggiante.»
«Ma lo è!» Gli occhi di Luna, ingrandendosi, s’illuminarono. «È avvincente come un’avventura. Non come le tue, certo. Mi è piaciuto, l’altra sera. A proposito. Quando possiamo rifarlo?»
Arrossì fino alle punte dei capelli. «Quando… vuoi? I-Insomma. Con le vacanze incombenti, posso concentrarmi sul Patronus. Ora che so la formula. Ma posso sempre ritagliarmi del tempo per scriverne un’altra.»
«Posso aiutarti?»
«Perché no? È un lavoro di…» Stava per dire “fantasia” e preferì non farlo. «Un lavoro di scrittura! Tuo padre ha un giornale, di sicuro sa scrivere meglio di me. E qualche trucco lo saprai di sicuro.»
Lei annuì con entusiasmo. «A proposito. Se vuoi posso chiedere a Harry d’insegnartelo. Sai, è molto bravo.»
Prima che potesse risponderle, una voce chiamò Luna. Si girarono entrambi e a Damien quasi venne un colpo. Hermione Granger stava venendo verso di loro a passo spedito. Il Prefetto di Grifondoro con una mente tanto acuta quanto pesanti erano i libri che si portava appresso; aveva forse scopetto della loro partita notturna a D&D?
Passò un minuto di puro imbarazzo. Luna non chiese nulla, sembrava che qualcuno le avesse staccato la spina del cervello, e la Granger era esitante. Facendo rimbalzare lo sguardo dall’una all’altra, Damien non capiva se fosse stato saggio intervenire o tenere la bocca chiusa.
Per fortuna la strega risolse la situazione schiarendosi la voce. «Dovrei parlarti di una cosa.» Luna non rispose.
Damien non riuscì a trattenersi. «È per la guferia? Non abbiamo fatto niente di male, lo giuro.»
Lei si voltò verso di lui, confusa, poi su di lei. Poi, più in imbarazzo e confusa che mai, di nuovo su di lui. «È… Cosa? N-No, non… c’entra niente la guferia. Avrei bisogno di parlare con Luna. In privato.»
«Oh… O-Ok. C-Con permesso, allora.» Rivolse a Luna l’ombra di un saluto con la mano, e poi si ricordò di farlo anche a lei.
«Ciao, Damien. Ci vediamo dopo le vacanze.»
– Aspetta! –
Per poco l’urlo di Glyn non lo fece saltare sul posto. – Che c’è? –
– Quella strega… C’è qualcosa in lei che per un momento mi ha turbato. –
– Sarebbe? –
Glyn non gli rispose subito. – Non lo so. Forse me lo sto solo immaginando. –
 
Bussò alla porta dell’ufficio di Piton ed educatamente attese che lo invitasse a entrare.
«Buongiorno. Pansy Parkinson ha detto che mi cercava.» Tecnicamente non glielo aveva “detto”; si era aiutata a calci e pugni per esprimere il concetto.
Piton trascinò la sedia accanto alla scrivania senza degnarlo di una risposta. «Siedi.» Lo tirò per il maglioncino. E appoggiò una mano sullo schiena per tendersi certo di lui. «Quanto ancora hai intenzione di spifferare che c’è un mago oscuro in giro per il castello?»
«Signore?»
«Ti sei forse dimenticato cos’è successo quando Sirius Black cercava di uccidere Harry Potter? Dei Dissennatori? Quanto tempo ancora credi che impiegherà il nostro Inquisitore supremo per circondarsi di quelle creature?»
La prospettiva non era certo allettante. Se l’Amato poteva esercitare un ascendete su di loro come la notte del pub, non osava immaginare se si fossero rivoltati contro gli studenti e gli insegnanti. «Ma non ha senso. Il Ministero controlla i Dissennatori. Lei crede davvero che potrebbero tradire il ministro?»
Si avvicinò così veloce da tappargli la bocca semplicemente accostando il suo viso aquilino al proprio. «Non credere che i Dissennatori siano delle creature ottuse senza un’indole. Seguono gli ordini del Ministero per sopravvivere, ma sarebbero più che lieti di servire un nuovo padrone.»
«Non… sta parlando dell’Amato, vero?» chiese con un filo di voce. Prima di sgranare gli occhi. «Anche…?!»
«In passato l’Oscuro signore si circondava di ogni genere di creatura che subisse le limitazioni del Ministero. Giganti, ragni, serpenti soprattutto. I Dissennatori sarebbero più che lieti, se venisse concessa loro l’occasione…»
Damien deglutì sonoramente. Strinse i bordi della sedia con forza, stringendo le gambe. «Alma doveva saperlo. Mi avrebbe ucciso se non gliene avessi parlato.»
«E i marmocchi di Molly e Arthur Weasley? Lucilla Ollivander.»
«Sto…» Sospirò sonoramente per cercare di non mangiarsi le parole. «Sto solo cercando di aiutare. Se non avessi detto ad Alma, a Luna, dell’Amato, chissà cosa sarebbe successo in biblioteca. Lei non saprebbe neanche cosa cercava.»
«Intendi questo?» Gli lanciò in grembo un libro pesantissimo. «Un libro di artefatti? Sarebbe come cercare un Bezoar nell’armadietto delle scorte di Horace Lumacorno. Secondo te cosa starà facendo davvero in quella biblioteca?» Scosse la testa, spaventato dalla sua voce affilata e penetrante. Sentirla ronzare nelle orecchie gli impediva di pensare. «Informazioni. Quando si sarà documentato a sufficienza, potrà fare la sua mossa. Non ha alcun interesse nel far del male a degli studenti. Sebbene… pare che abbia mostrato una certa propensione verso di te, Gallagard e Lovegood.»
Sussultò quando Piton lo afferrò per il bavero. «Professore…!»
La bacchetta sfilò fuori dalla manica. «Legilimens
Fu un lampo. Un bagliore che lo scagliò indietro nella sedia, mentre la stanza iniziava a vorticare senza scampo causandogli una forte vertigine. Fu come osservare la propria vita che passava davanti. Il Cappello parlante che lo smistava in Tassorosso. La volta in cui Ginny passò nei corridoi della scuola con uno sguardo vacuo e una voce sibilante. Quel momento, che non riusciva a dimenticare, quando vide Hermione Granger entrare in infermeria con una faccia da gatto.
O quella in cui se la vide sparire nel nulla, due anni prima, mentre lui stava varcando la soglia dell’aula di Difesa contro le arti oscure.
– Un momento! –
Forse era stata opera di Glyn. O forse Piton aveva trovato ciò che cercava; dal suo sguardo improvvisamente distante, non riusciva a intuirlo. Seppe solo che sia Glyn che il professore stavano mormorando qualcosa, e lui anche cercando di capirci qualcosa su quanto era appena successo.
Il professore di Pozioni gli strappò il libro e dopo averlo gettato sulla scrivania, in un tripudio di polvere e odore di muffa, cominciò a sfogliare con energia. «Quella era l’aula del professor Lupin, se non erro.»
Quel tono non era per nulla colloquiale. «S-Sì. Ma lei come…?»
Finalmente, lui trovò la pagina che cercava. Damien dovette allungarsi pur di dare un’occhiata, scoprendo l’artefatto che stava studiando con attenzione. “Giratempo” recitava il libro. Un nome che a lui non disse nulla, eppure provocò nel suo corpo una sensazione di cedimento. No, non era lui: era Glyn.
– Che succede? –
– No, non può essere… –
– Cosa c’è? Perché un ciondolo dovrebbe essere così importante. –
– Non è il ciondolo! – replicò lui, furente. – Voi… Voi non avete idea di cos’avete creato. Siete dei folli!! –
La sua reazione lo lasciò interdetto. – Smettila di girarci intorno e dimmi che succede! – – Succede che è stato tutto inutile! La morte di Aine è stata inutile. Nessun significato. Io, lei e l’Amato abbiamo combattuto insieme pur di eliminare per sempre quel demone e la sua magia. Ora, voi la date a dei giovani maghi e streghe senza alcun rispetto e coscienza del pericolo. Stolti. Ingrati. Traditori! Damien, finora pensavo che l’Amato volesse tornare solo per vendetta e sete di potere. Solo ora capisco. Lui non ha mai mirato a me. Voleva che ne fossi informato. –
– Informato di cosa? –
– Prega che quella Giratempo sia solo una pallida imitazione. Se esistesse un mago capace di utilizzare la Magia del tempo, l’Amato sarebbe l’ultimo dei nostri problemi… –
   
 
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