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Autore: Signorina Granger    13/03/2022    3 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
Vostro figlio/a è una testa calda? Ha combinato qualche guaio indicibile, prende solo T in alcune materie e non ha voglia di fare nulla?
Volete levarvelo/a di torno per metà delle vacanze estive?
Ritenete che i mesi trascorsi ad Hogwarts non siano stati abbastanza e che in vista del VII anno abbia bisogno di studiare ulteriormente?
Cari genitori, nessun problema: il Phoenix Feather Camp fa al caso vostro.
Genere: Comico, Demenziale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of weird campers'
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Capitolo 14 – Scimmiette e fucili

 
 
Dopo aver organizzato la visita di Freya al Camp con sua madre, Håkon aveva deciso di non farne parola con Margi per farle una sorpresa. Così quella mattina, mentre i colleghi facevano colazione e Phil e Margot discutevano a proposito dei cereali, uno sostenendo che prima andasse versato il latte e l’altra, invece, il contrario, Hakon aveva afferrato una manciata di Polvere Volante dal vasetto sistemato sopra al camino prima di informare sbrigativo gli altri di “dover fare una cosa”.
 
“Una cosa?! Te ne vai così di punto in bianco? Dove devi andare?”
Dimenticatasi momentaneamente della diatriba sui cereali, Margot sguardò allibita il suo migliore amico cercare di infilarsi all’interno del camino mentre Phil gli puntava minaccioso contro il cucchiaio, intimandogli di non provare a svignarsela dal Camp con una settimana di anticipo lasciando loro quattro alle prese con i “marmocchi”.
Hakon assicurò al collega di non avere intenzione di darsi alla macchia, ma restò comunque sul vago e non rispose alla domanda di Margot prima di sparire in una fiammata verde dopo aver borbottato un indirizzo. Accigliata, l’insegnante di Trasfigurazione si disse che quell’indirizzo le era sicuramente familiare. Doveva essere un posto che conosceva, ma in quel momento non le venne in mente nulla di concreto.
 

 
*

 
Chalet dei ragazzi
 

Quando Hiro Davies si svegliò e, dopo essersi stiracchiato distendendo le braccia sopra la testa, si mise a sedere sul letto senza scorgere traccia di Malai non si stupì affatto dell’assenza dell’amico. A stupire il Corvonero fu l’assenza della voce di Malai che cantava a squarciagola sotto la doccia.
Facendo piano per non svegliare i suoi compagni ancora addormentati Hiro si scostò il copriletto rosso mattone di dosso e si alzò, attraversando la stanza a piedi nudi e nel suo pigiama blu polvere. Quando passò davanti al letto di Malai notò che era già stato rifatto e con una precisione a dir poco millimetrica nelle pieghe degli angoli, ma di nuovo la cosa non lo stupì particolarmente.
Uscito dalla stanza Hiro si affacciò dal ballatoio per cercare Malai, abbozzando un sorriso divertito quando udì dei rumori provenire dalla cucina: scese rapido e silenziosissimo le scale di legno e infine si fermò davanti alla cucina, sorridendo quando vide i banconi completamente occupati da quello che, ad occhio, sembrava l’intero contenuto della loro dispensa che veniva rifornita ogni settimana.
Malai non si trovava in cucina, ma a giudicare dai borbotti seccati che provenivano dall’interno della dispensa Hiro si arrampicò su uno degli alti sgabelli accennando un sorriso e rivolgendosi alla porta aperta:
“Stai facendo ordine?”
Quando l’alta figura di Malai entrò finalmente nel campo visivo dell’amico Hiro lo vide uscire dalla dispensa reggendo una pila di confezioni di basta, il pigiama giallo e nero di Adventure Time addosso e i capelli ricci raccolti sulla nuca per comodità.
“Ciao Hiro. Sì, queste cose sono disposte senza la minima logica, per come era prima la dispensa non era assolutamente funzionale! Che senso ha avere le spezie tutte lontane tra loro? E i biscotti e le fette biscottate dovrebbero andare vicino alle confetture e al miele, è così ovvio! E vorrei prprio sapere chi è che continua a spostare il caffè da quando siamo arrivati, io continuo a metterlo vicino ai tè e qualcuno invece non fa che lasciarlo in giro a casaccio!”
Il Tassorosso depositò il suo carico vicino ad Hiro e poi agitò stizzito una mano per manifestare ulteriormente la sua disapprovazione mentre l’amico, guardandolo più serio che poteva, annuiva impassibile prima di chiedergli quando pensava che la cucina sarebbe tornata disponibile per fare colazione.
“Oh, ci metto un secondo. Un attimo che spolvero.”
Terminato di accatastare buona parte delle loro cibarie in cucina, Malai arraffò uno spolverino che Hiro, fino a quel momento, non aveva assolutamente notato e poi se ne tornò dentro la dispensa per pulire gli scaffali e le mensole senza smettere di parlare con Hiro:
“Questa mattina abbiamo lezione con Margi, ma sembra che oggi pomeriggio avremo qualcosa da fare con il Professor Watrous… Di che cosa pensi che si tratti?”
“Non lo so proprio… Ma dopo l’ultima volta ho un po’ di timore. Se non altro sappiamo che sarà di pomeriggio e che stanotte quindi potremo dormire tranquilli, è già qualcosa.”

 
*

 
“Freya, sei pronta?! Papà arriverà a momenti!”
“Non trovo Mango! Dov’è Mango?!”
Freya sollevò disperata il cuscino del suo letto senza però trovare traccia della scimmia perduta mentre suo nonno la guardava esasperato dalla soglia della cameretta. Non trovando Mango Freya si gettò sul pavimento per controllare sotto al letto, ma mormorò che non fosse nemmeno lì prima di correre verso la cesta dei giochi e metterla a soqquadro per cercare la scimmia.
Ormai Willhelm Jørgen era assolutamente convinto di una cosa: vivevano in una casa stregata. Solo in quel modo avrebbe potuto spiegarsi perché sua moglie e sua nipote perdessero quotidianamente qualsiasi cosa, a volte anche le matite che tenevano in mano.
Sospirando, il danese si rivolse verso le scale che conducevano al pian terreno, dove Winnie stava lavando i piatti della colazione:
“WINNIE! DOV’E’ MANGO?!”
“CHE COSA NE SO IO?!”
“PERCHE’ LE DONNE DI QUESTA FAMIGLIA SONO UNA PIU’ DISORDINATA DELL’ALTRA?!”
“SMETTILA DI URLARE WILL! APPELLALA, SEI UN MAGO, NO?!”
 
Effettivamente, sua moglie non aveva tutti i torti. Ricordatosi di essere un mago, Willhelm prese la bacchetta e appellò borbottando un incantesimo in danese una delle tante scimmiette di peluche della nipotina, che stava quasi per scoppiare in lacrime.
L’uomo non seppe spiegarsi come, perché o quando, ma Mango sfrecciò a tutta velocità verso di lui da dentro l’armadio delle scope. Come ci era finita la scimmia lì dentro?!
Decidendo che non fare domande fosse la soluzione più rapida e semplice, Willhelm porse il peluche alla nipotina mentre Freya, sorridendo sollevata, correva verso di lui a braccia tese, ringraziandolo per averla trovata.
“Ecco amore, tieni Mango. Adesso vai a metterla nello zaino e mettiti le scarpe, forza.”
“Sì, vado, grazie Nonno.”
La bimba corse verso le scale per mettere al sicuro Mango nel suo zainetto magicamente espanso grazie ad un incantesimo del nonno, che poté rilassarsi per, circa, quindici secondi. Dopodiché udì la bambina chiamarlo disperata dal piano di sotto e chiedergli dove fosse la sua scarpa sinistra.
 
“Ma non è possibile, era vicino al divano un attimo fa!”
 
 
Nonostante avesse chiesto ai genitori di far sì che al suo arrivo Freya fosse pronta, Håkon non si stupì affatto quando, giunto nel soggiorno illuminato dalle ampie finestre che davano sulla spiaggia, scorse solo lo zaino della figlia abbandonato sul divano color crema. Dei genitori e della bambina nessuna traccia, ma l’astronomo intuì che fossero alla ricerca delle ultime cose di Freya, a giudicare dai lamenti della bambina e dalla ramanzina che Willhelm stava facendo alla moglie, incolpandola di aver trasmesso alla nipote il suo disordine cronico. Ramanzina dalla quale Winnie si stava difendendo brandendo una spugna pregna di detersivo contro il marito.
“Mamma, Papà… sono arrivato.”
All’improvviso le voci cessarono e un istante dopo tutti e tre apparvero sulla soglia del vano della parete a forma di arco che conduceva alla cucina. Freya emise un gridolino e corse verso il padre con le braccia tese, abbracciandolo di slancio mentre, alle sue spalle, i nonni continuavano imperterriti il battibecco:
Lo vedi Winnie, Håkon è arrivato e Freya non ha tutte le sue cose!”
“Meno male che ci sei tu a ricordarmi l’ovvio, pensi che non abbia visto nostro figlio?!”
“Considerando che ieri non hai visto le tue pantofole, che dopo averla cercata per un’ora si sono rivelate essere ai piedi del letto come al solito, non ci scommetterei!”
 
“Mamma, Papà… non importa. Come stai Scimmietta? Mi sei mancata tantissimo.”
Hakon sorrise alla figlia mentre le stringeva delicatamente il visino tra le mani, guardandola adorante prima di scoccarle una sequenza infinita di baci sulle guance.
“Bene Papino, anche tu mi sei mancato… Non vedo l’ora di vedere la zia! Iris come sta?”
“Stanno bene, adesso andiamo a salutarle… se hai tutte le tue cose. Che cosa state cercando?!”
“Non troviamo il nuovo libro di Freya tesoro, chissà dov’è finito! Ma prima dai un abbraccio anche a me, su.”
 
Sbolognata la spugna al marito, che la guardò contrariato, Winnifred si avvicinò al figlio per farsi dare un abbraccio a sua volta. Incapace di non accontentarla, Håkon le sorrise con affetto e l’abbracciò mentre Freya continuava imperterrita a stargli incollata alle gambe. Continuando a stringere Winnie in un abbraccio, Håkon guardò con un sorriso divertito il padre dirgli in labiale che “la colpa era tutta di sua madre” prima che i suoi occhi scuri scivolassero sul resto della stanza, soffermandosi in particolare sul tavolino da caffè.
“… Mamma. Lì c’è un libro verde che parla di una scimmia che non ho mai visto. È quello il nuovo libro di Freya?!”
“Sìììì! Maurice the Monkey!”
 
Freya corse a prendere il libro verde, stringendolo felice al petto prima di affrettarsi a metterlo all’interno del suo zainetto. Allibito e orripilato al tempo stesso, Willhelm guardò prima la nipote, poi il tavolo – in bella vista – e infine la moglie, chiedendole incredulo come avesse fatto a non vederlo.
“Oh cielo, mi sarà sfuggito! In effetti è da ieri che non trovo i miei occhiali… che comunque sono solo occhiali da riposo perché no, non sono affatto vecchia!”
Håkon, non è che al Camp puoi portarti anche tua madre? Ha bisogno di una vacanza, e anche io.”
“Credo proprio che sia meglio di no, è già difficile gestire tutto quanto così… Saluta i nonni amore.”
Quando Freya gli si fu avvicinata con lo zaino sulle spalle Hakon la prese per mano e la condusse all’interno del camino, invitandola dolcemente a salutare i suoi genitori. Come sempre Freya obbedì, saltando dentro al caminetto e sorridendo ai nonni mentre li salutava agitando felice la manina:
 
“Ciao! Ci vediamo stasera!”
“Ciao tesoro, comportati bene. Håkon, salutaci tanto Margi!”
 
Håkon annuì in segno di assenso prima di chiedere alla figlia di chiudere gli occhi e infine gettare la manciata di Polvere Volante ai suoi piedi, serrando gli occhi scuri a sua volta prima di ritrovarsi nuovamente allo chalet del Camp.
 
Theobald, Beau, Margi e Phil stavano ancora facendo colazione, ma tutti e quattro si interruppero e smisero di parlare quando si resero conto che il collega era già di ritorno. Margot stava per chiedergli dove fosse andato e a fare cosa, ma le parole le morirono in gola quando scorse il delizioso quanto familiare visino sorridente di una bambina dai grandi occhi castani e i lunghi capelli ricci del medesimo colore.
Porco Yoda… Freya!”
La strega si alzò spalancando incredula gli occhi blu, dimenticandosi della colazione mentre la bambina, sorridendole, usciva dal camino per correrle incontro con lo zainetto che le ballonzolava sulle spalle:
“Ciao Zia Margi!”
Freya si gettò letteralmente tra le braccia di Margot, che sorrise e la strinse a sua volta prima di scoccarle due sonori baci sulle guance:
“Papino non me lo aveva detto, che saresti venuta! Perché non me lo hai detto?”
“Volevo farti una sorpresa. Direi che ci sono riuscito. Freya, saluta tutti quanti.”
Hakon sorrise alla figlia accennando a Beau, Theobald e Phil, tutti e tre con gli occhi chiari fissi sulla bimba. Freya, le braccine ancora strette attorno al collo di Margot, sorrise allegra ai tre uomini prima di agitare una manina nella loro direzione:
“Ciao!”
“Ciao piccola! Ma allora qualcuno di noi deve restare qui a badare a lei, oggi… Io sono occupato con i ragazzi.”  Theobald ripiegò la copia della Gazzetta del Profeta arrivata via gufo un’ora prima e assunse soddisfatto la sua “aria misteriosa”, piuttosto fiero della suspence che era riuscito a creare nei giorni precedenti: benchè ci avessero tutti provato in più di un’occasione, non aveva mai rivelato a nessuno dei colleghi che cosa avesse deciso di organizzare per gli studenti.
“Io oggi ho lezione… Non è che qualcuno può sostituirmi, così posso stare un po’ con Freya?”
Margot si sentì il cuore sprofondare quando rammentò di avere due ore di lezione con gli studenti del VI anno quella mattina e guardò implorante Phil e Beau, che però si nascosero dietro alle loro tazze: avevano fatto il pieno il giorno precedente, quando avevano trascorso due ore ciascuno con i ragazzi.
 
“Vorrà dire che Phil e Beau saranno le tate del giorno. Io devo andare a fare una capatina nel bosco…”
Theobald si alzò sfoggiando un sorrisetto che allarmò tutti i presenti – tranne ovviamente la piccola Freya, che studiava piena di curiosità i colleghi del padre –, tanto che Håkon, benchè l’idea di stare lontano dalla figlia quando finalmente aveva la possibilità di stare un po’ con lei non gli piacesse a fatto, si offrì di accompagnarlo con un sospiro tetro:
“Se vuole la aiuto, Professore.”
“Davvero? Oh, grazie Håkon caro, sei così gentile. Tuo padre è fantastico, sai tesoro? Io sono Theo, piacere di conoscerti.”
Dopo essersi alzato e aver raggiunto lei e Margi Theobald rivolse un sorriso gentile alla bambina e le allungò una mano, che Freya strinse come poteva con la sua ricambiando il sorriso:
“Ciao. Sì, il mio Papino è bravissimo e bellissimo.”
 
Margot si schiarì rumorosamente la voce e Freya, annuendo, l’abbracciò di nuovo asserendo che la sua fosse la migliore zietta del mondo.
“Ora sì che si ragiona. Phil, Beau, abbiate cura del mio batuffolo rosa di zucchero filato, o ve la vedrete con zia Margi.”
“Perché parli al plurale ma guardi soltanto me Campbell?!”
“Usa il tuo QI sopra la media per arrivarci, Phineas.”
Nell’udire quel nome qualcosa si smosse nella memoria della piccola Freya Jørgen, che spalancò sorpresa gli occhioni da cerbiatta e indicò Phil con l’aria di chi ha svelato il più intricato dei misteri:
“Ma allora sei tu Phineas! Zia, ma avevi detto che era brutto!”
 
In un’altra situazione e parlando di chiunque altro Margot avrebbe cercato in tutti i modi di rimediare alla gaffe procuratale dalla bambina, ma dopo una rapida riflessione la strega stabilì che dell’opinione di MacMillan non gliene fregava un accidente, così annuì e confermò con uno sbadiglio le parole della bimba.
Almeno io non mi faccio superare in altezza dai ragazzini del secondo anno!”
“Erano del terzo, non del secondo! C’è una bella differenza. E comunque, il vino buono sta nelle botti piccole.”
“Il classico proverbio inventato da un Folletto con i complessi, probabilmente.”
 
Mentre i due davano vita all’ennesimo battibecco Freya, senza lasciarsi impressionare troppo, si avvicinò al tavolo e sedette sulla sedia vicina a Beau, rimasta vuota dopo che Margot si era alzata:
“Papino me lo ha detto che fanno sempre così. Posso un biscotto?”
“Certo tesoro.”
Beau le porse il piattino dei biscotti con un sorriso mentre Hakon, dietro di loro, raccomandava alla figlia di non esagserare con i dolci. Nel farlo si sentì un vero ipocrita, considerando quanti biscottini al burro appena sfornati da Mindel aveva ingurgitato il giorno prima, ma ovviamente decise di non farne parola con Freya per evitare di compromettere la sua credibilità di genitore.
 

 
*

 
“Lei è Banana, questa invece è Eucalipto… E lui è Mr Monkey, è il mio preferito, Papino mi ha detto che me lo hanno regalato i nonni quando mi hanno vista la prima volta. Ti piacciono le scimmiette?”
Phil detestava le scimmie. Tremendi animali imprevedibili, nonché notoriamente dispettosi, che ti potevano piombare addosso da qualsiasi angolo e in qualsiasi momento. Con il preciso intento ti rubarti il cibo o qualsiasi cosa avessi in mano. O anche solo tirarti i capelli.
Era però evidente che le scimmie fossero l’animale preferito della piccola Freya Jørgen, che stava estraendo una successione infinita di peluche dal suo zaino di My Little Pony per mostrargli orgogliosa la sua collezione, disponendole tutta in fila sul tavolo. Ragion per cui, alla domanda della bambina – e di fronte al suo sguardo così teneramente innocente –, Phil si vide costretto ad annuire e a decretare di adorare le scimmie.
“Certo, sono bellissime. Ne hai davvero tante Freya.”
“Non le ho portate tutte, la nonna mi ha detto che potevo prenderne al massimo 10… Me ne regalano una ad ogni compleanno e Natale, sai? E la zia Margi me ne regala una ogni tanto quando viene a trovarci, anche se Papino le dice di non farlo.”
“Già, la Zia Margi fa sempre quello che le pare…”
“Da grande sarò come la zia Margi! Voglio anche essere Tassorosso come lei.”
Merlino speriamo di no
 
“Se proprio ci tieni a diventare così…”
“Cosa stai facendo con quei fogli?”  Terminato di disporre la sua collezione di scimmie sul tavolo, Freya abbracciò l’inseparabile Mr Monkey e guardò curiosa la gran quantità di pergamene disseminate davanti a Phil, che scarabocchiò qualcosa con l’inchiostro rosso sfoggiando un accenno di smorfia schifata dopo aver letto l’ennesimo orrore:
“Devo correggere i compiti, come fanno anche il tuo papà e la zia.” Papà e Zietta che avevano lasciato lui e Beau alle prese con la piccola Jørgen mentre Watrous organizzava chissà quali diavolerie nel bosco, il primo per aiutare l’anziano collega – in realtà per controllarlo – e la seconda per fare lezione. Sembrava che fare il babysitter fosse il suo vero destino, dopotutto.
“Quando hai finito mi leggi questo libro? Me l’ha regalo ieri la nonna, non l’ho ancora letto. Sai, lei ha un negozio di libri e mi porta un sacco di libri sulle scimmiette!”
 
La bambina prese la sua copia nuova di zecca di “Maurice the Monkey” sfoderando un sorriso, mostrando il leggero spazio tra gli incisivi da latte. Phil esitò, combattuto tra la scarsa voglia di accontentarla e la sua irresistibile vocina. Infine, dicendosi che se non l’avesse fatto avrebbe dato alla gnoma logorroica motivo di assillarlo, l’ex Corvonero annuì e mormorò un assenso.
“Grazie! Vado a vedere cosa fa Beau.”
 
Freya lasciò il libro sul tavolo, scivolò giù dalla sedia e trotterellò via per andare da Beau, seduto su una poltrona e impegnato nella stessa attività del collega.
Phil seguì brevemente la bambina con lo sguardo prima di tornare accigliato ai compiti di quegli ignoranti di adolescenti, domandandosi come fosse possibile che un carattere così solare, vivace ed estroverso appartenesse alla figlia di Håkon Jørgen.
Probabilmente la vicinanza con la gnoma logorroica aveva contribuito.

 
*

 
Nessuno dei suoi studenti aveva mai visto Margot Campbell così giù di corda ed evidentemente poco entusiasta di fare lezione. Margot sembrava così triste quella mattina che Malai non aveva potuto esimersi dall’avvicinarlesi e chiederle se le fosse successo qualcosa. Leggermente preoccupato, il Tassorosso guardò la sua insegnante preferita soffiarsi il naso e assicurargli con un mormorio tetro di non preoccuparsi e che andava tutto bene.
La sua mimica facciale e il suo linguaggio non verbale comunicavano tutt’altro, ma se non le andava di parlarne Malai non se la sentì di insistere, e non potendola nemmeno abbracciare a causa della presenza dei suoi compagni – Margot e sua madre avevano sempre insistito perché tenesse un atteggiamento più confidenziale nei suoi confronti solo fuori dall’aula e in generale quando non erano presenti i suoi compagni – il ragazzo si vide costretto a lasciar perdere.
Tuttavia, lo sguardo del Tassorosso si illuminò visibilmente quando scorse due dei suoi compagni di casa avvicinarsi alla porzione di prato, al limitare del boschetto, dove Margot era solita fare lezione quando c’era bel tempo.
 
“Merda, Malai ci ha visti. Malai ci sta fissando. Bel, coprimi!”
Marley afferrò il braccio dell’amico e fece per usarlo come scudo umano dietro cui nascondersi, ignorando le giustissime quanto fastidiosissime osservazioni di Bel:
“Ma se ti ha già vista?!”
“Non importa, tu coprimi!”
 
 
A qualche metro di distanza, Lilian Park stava osservando quel pigro nullafacente cronico di suo cugino, che si era comodamente sistemato su un ceppo d’albero e stava sfogliando una rivista musicale coreana.
“Shou, ma non hai la borsa con i libri?”
“L’ho scordata.”
“Ma la rivista te la sei ricordata?”
“Evidentemente sì, visto che ce l’ho in mano. Guarderò con chi si siederà vicino a me, pazienza.”
 
Le parole del cugino le fecero venire una brillante idea: accennando un sorrisino soddisfatto, Lilian si affrettò a rivolgersi a Priscilla – che stava chiacchierando con Tallulah – prima di stringere l’amica per le spalle:
“Prisci, hai visto, Shou è da solo. Vai a sederti vicino a lui!”
“Ma veramente io e Miss X pensavamo di…”
Lilian non ascoltò l’amica e nemmeno le permise di terminare il discorso, quasi spingendola verso il cugino sotto lo sguardo per nulla offeso, ma anzi profondamente divertito di Tallulah: non c’era tempo da perdere, osservò stizzita Lilian, non appena suo cugino aveva parlato di usare il libro in comune con il suo vicino uno stormo di studentesse aveva quasi intentato una rissa per stabilire chi dovesse aggiudicarsi quel privilegio.
 
“Shou, sei fortunato, questa adorabile buon’anima accetta di condividere il libro con te.”
Tornata accanto al cugino, Lilian sorrise prima di dare un paio di colpetti incoraggianti sulla spalla di Priscilla, invitandola a sedersi vicino a lui. Shou sollevò lo sguardo dalla sua rivista e sorrise alla Corvonero, ringraziandola mentre la ragazza, arrossita leggermente, sedeva accanto a lui assicurandogli che non fosse un problema con un piccolo sorriso.
 
Lilian osservò piena di soddisfazione il risultato del suo lavoro, ma ebbe anche la prontezza di riflessi di notare una sua compagna che si stava avvicinando risentita al cugino e alla sua migliore amica: voltatasi verso di lei, Lilian incrociò le braccia pallide al petto e, assunta la sua espressione più truce, la fulminò con lo sguardo per intimarle di stare alla larga.
“Gira al largo, numero 6.”
 
Lilian era minuta e piuttosto mingherlina, la sua non era propriamente una fisicità in grado di mettere in soggezione qualcuno, ma il suo sguardo bastava e avanzava. La ragazza, infatti, di cui Lilian non era sicura di ricordare il nome, ammutolì e balbettò qualcosa di incomprensibile prima di voltarsi e fuggire impaurita.
 
E due sono sistemati
 
Lilian la seguì brevemente con lo sguardo, annuendo soddisfatta prima di iniziare a guardarsi attorno con attenzione, cercando i suoi altri obbiettivi. Quando scorse Hiro la Grifondoro scattò rapida verso di lui, apparendogli a fianco prima di parlare col tono più vago e disinteressato che le riuscì:
“Davies, ho sentito che a Tallulah piacerebbe sedersi vicino a te.”
“Te lo ha detto…”
 
Hiro avrebbe voluto accertarsi che a dirglielo fosse stata esattamente la diretta interessata, ma Lilian sparì prima di dargliene il tempo: vagamente perplesso, il Corvonero la guardò allontanarsi in tutt’altra direzione, oltre i loro compagni già seduti, chiedendosi perché ultimamente la ragazza fosse così strana.
 
“Miss X. Ho sentito che a Hiro piacerebbe sedersi vicino a te.”
“Scusa, da chi dovresti averlo sentito, esattamente? Gli alberi parlano?”
“Di questo non ti deve interessare. Oh, guarda che coincidenza, eccolo!”
 
Lilian ripeté praticamente la stessa operazione attuata con Priscilla: prese Tallulah e quasi la spinse verso Hiro mentre Margot, che di norma si sarebbe domandata che cosa stesse combinando Lilian Park, aspettava appositamente di iniziare la lezione seguendo le operazioni della Grifondoro. Infine, quando Lilian le rivolse un cenno appena percettibile con il capo e vide Hiro e Tallulah sedersi vicini, Margot stabilì con un sospiro tetro di poter iniziare la lezione.
Completata con successo la sua missione, Lilian si avvicinò a Malai, l’unico rimasto ancora in piedi, lo prese per un braccio e intimò a “Riccioli d’Oro” di sedersi vicino a lei, ignorando i suoi lamenti e le sue richieste di sedersi vicino a Marley.
“Perché vuoi sederti vicino a Marley? Ancora non ti è passata?”
 
Malai piagnucolò di no, diede voce al suo dolore dettato dal fatto che Marley avesse preferito stare vicino a Bel piuttosto che a lui e infine prese una margheritina per giocare a “M’ama non m’ama” sotto lo sguardo esasperato dell’amica.
 
Seduta a qualche metro di distanza davanti ad una lavagna evocata dal nulla, Margot chiede agli studenti di andare a pagina 560 del libro di testo con tono cupo, totalmente priva del suo solito entusiasmo.
Povera Freya, tutta sola con Beau e quel maledetto di MacMillan! Chissà come se la stava passando la sua batuffolina senza di lei.
 

 
*

 
“Volete prendere il tè con le mie scimmiette?!”
Prima di lasciare lo chalet – nessuno dei suoi colleghi l’aveva mai vista recarsi a malincuore ad una lezione, prima di quel giorno – Margot aveva fatto apparire un delizioso set per far giocare Freya: cinque tavolini con seggioline annesse e un servizio da tè completo di tazze, piattini, zuccheriere, teiera e mini alzate per dolci che erano state subito riempite di mini muffin da Mindel.
 
La bambina, trillando entusiasta, aveva subito dimenticato di essere stata lasciata momentaneamente sola da padre e zia e poco dopo aveva iniziato a disporre i suoi peluche sulle sedioline. Dopodiché, dopo aver apparecchiato e aver dato ad ogni scimmia la sua tazza e il suo piattino, aveva osservato soddisfatta il suo lavoro e si era avvicinata a Phil e a Beau con Mr Monkey in braccio e gli occhioni spalancati, imploranti.
Phil distolse lo sguardo dai compiti che stava correggendo per rivolgere la propria attenzione a Freya, che guardava lui e Beau stringendo al petto la scimmietta che indossava un papillon rosso cremisi a pois blu.
Chiedendosi dove fosse la Campbell quando c’era bisogno di lei, l’insegnante di Antiche Rune chiamò a sé tutto il suo autocontrollo per costringersi a declinare l’invito dell’adorabile bambina che lo fissava implorante. Distogliendo lo sguardo – non era abbastanza forte da deludere Freya guardandola in faccia – Phil stava per dirle che era troppo impegnato per prendere il tè con dei peluche quando Beau, sorridendo adorante alla bimba e parlando con tono zuccheroso, lo precedette:
“Ma certo tesoro!”
“Sìì, grazie!”
Il visino di Freya s’illuminò mentre la bambina allungava una mano per prendere quella di Phil, costringendolo ad alzarsi mentre Beau faceva altrettanto, abbandonando i compiti. Mentre i due venivano trascinati dalla bambina verso i tavolini e le sedie giocattolo della sua sala da tè improvvista Phil scoccò un’occhiataccia al collega e gli si rivolse parlando in un sussurro, in modo che Freya non lo sentisse:
Ma certo?! Abbiamo valanghe di roba da correggere!”
“Lo so, ma come si fa a dirle di no?! Guarda, ha messo le scimmiette in ordine per dimensioni, che tenera…”
Beau indicò intenerito le scimmie di peluche sedute davanti alle tazze giocattolo e Phil, sbuffando, alzò gli occhi al cielo mentre Freya sistemava su una sedia anche Mr Monkey, l’ultima scimmia della sua collezione a non essere ancora seduta:
Sei un debole.”
“Phil, ti siedi vicino a me?”
“Davvero vuoi sederti vicino a me?”
 
Sorridendo, Freya strattonò dolcemente la mano di Phil e lui, accigliato, chinò meravigliato lo sguardo su di lei. Beau avrebbe giurato di avergli visto accennare un minuscolo sorriso, ma sparì prima di potersene accertare mentre il collega si schiariva la voce:
 
“Cioè, volevo dire, va bene, se ci tieni. Spero almeno che i muffin siano veri, ho una certa fame.”
 

 
*

 
“Grazie per aver accettato di darmi una mano, Håkon caro…”
Håkon rispose con un borbottio, evitando di far sapere all’anziano collega che più che per aiutarlo lo aveva accompagnato nel bosco dopo che lui, Beau, Margot e Phil avevano ritenuto opportuno che qualcuno lo tenesse d’occhio. Mentre camminava accanto a Theobald l’insegnante di Difesa contro le Arti Oscure sorrise e sollevò lo sguardo su di lui, guardandolo divertito:
“Tua figlia sembra davvero adorabile.”
“Grazie. Lo è. Tutti di domandano come possa essere mia figlia, infatti…”
“Oh, non me ne parlare, mio figlio Charles non ha troppo senso dell’umorismo, quando gli faccio uno scherzo reagisce sempre male! A Eugenie invece non dispiacevano, mi chiedo da chi abbia preso…”
Quella domanda se la poneva spesso anche Håkon: a volte le persone gli chiedevano se la madre di Freya avesse un carattere simile a quello della bambina, ma la risposta che l’astronomo si dava era sempre negativa. No, Freya non somigliava ad Andromeda. Per sua fortuna, probabilmente.
“Mia figlia somiglia abbastanza a mia madre, caratterialmente… anche lei è sempre molto energica. Infatti lei e Margot vanno troppo d’accordo.”
Il danese si incupì mentre Theobald, al contrario, scoppiava a ridere assestandogli qualche pacca di incoraggiamento sulla spalla:
“Povero caro, sei proprio circondato!”
“Già, penso che finirò col fare la fine di mio padre. Lui è un vero santo, sopporta mia madre da quasi quarant’anni.”

 
*

 
“Phil, vuoi un Orl Grei?!”
“Vuoi dire un’Earl Grey?”
“E io che cosa ho detto?”
“Allora per me va bene, grazie.”
“Ci vuoi lo zucchero?”
“No, ti ringrazio.”
 
Freya inclinò la teiera sopra ad una tazza, fingendo di riempirla prima di spingerla verso Phil. Dopo aver chiesto, serissima, a Beau se volesse un “Prins of Ueils” e aver ricevuto una risposta affermativa, la bambina ripeté l’operazione con una seconda tazza, dopodiché la consegnò ad un Beau sorridente e prese finalmente posto sulla sua sedia, allo stesso tavolo dei due insegnanti e di Mango e Banana, due membri del suo esercito di scimmiette.
 
“Allora, che cosa si dice oggi?”
Freya prese la sua tazza rosa per il manico stando ben attenta a non sollevare il mignolo, portandosela alle labbra dopo aver assunto un’aria particolarmente sostenuta. All’improvviso il tono e l’espressione della bambina ricordarono paurosamente qualcuno a Beau e a Phil, che si scambiarono due occhiate interdette prima che il secondo desse voce ai pensieri di entrambi:
“Ma Freya, come parli?!”
“A volte la zia mi porta fuori con le sue amiche, e loro parlano così!”
 
Freya rimise la tazza sul piattino e fece spallucce prima di allungarsi per prendere un mini muffin ai mirtilli, addentandolo mentre continuava a snocciolare tutto ciò che aveva sentito durante le riunioni tra amiche di sua zia:
“E poi parlano di sciopping, e del lavoro… e parlano di fidanzati, e dicono che la zia Margi se ne deve trovare uno. Ma io non voglio che lo trova, perché poi non viene più a trovare me e Papino!”
La bambina aggrottò seria la fronte e agitò stizzita quel che restava del suo mini muffin. Phil fece del suo meglio per esimersi dal pronunciare una battutaccia sull’assoluta certezza che sua zia avrebbe continuato a fare visita spesso a lei e a Papino ancora a lungo, mentre Beau, sorridendo alla bambina, le assicurava gentilmente che di certo Margot non avrebbe smesso di volerle bene, anche con un fidanzato.
Beh, ma io non voglio!”

 
*

 
Al termine delle due ore di lezione Margot si era quasi precipitata verso il suo chalet, mollando di sana pianta i suoi studenti senza nemmeno aver assegnato loro dei compiti e sfrecciando rapida verso la porta d’ingresso dell’edificio. Håkon, scorgendola di sfuggita da lontano, si domandò accigliato se per caso non fosse stato avvistato Ryan Gosling nel perimetro del Camp o se l’amica non avesse saputo di una svendita di scarpe, gli unici motivi che gli vennero in mente alla vista di tutta quella insolita voglia di correre.
Margot invece corse dritta verso lo chalet, spalancò la porta con un sorriso a trentadue denti e individuò Freya nel salone prima di annunciare allegra la sua presenza:
“Freya tesoro, sono tornata!”
 
La bambina stava giocando alla sala da tè con Beau, i suoi peluche… e Phineas. Margot si domandò se per caso quei pochi metri percorsi correndo non le avessero provocato delle allucinazioni quando vide il suo collega seduto su una mini sedia giocattolo e con una tazzina in mano, ma si convinse che sì, si trattava realmente di lui quando scorse l’occhiata truce che le lanciò.
Vedendo entrare la strega il visino di Freya si illuminò, e la bambina lasciò la sua tazza sul piattino prima di correre verso di lei con un sorriso e abbracciarla.
Mentre Margot decretava quanto le fosse mancata durante la separazione Phil le guardò accigliato, ricordando perplesso alla collega che erano state lontane per appena due ore mentre Freya, sorridendo allegra, si liberava dalla stretta per prendere a saltellare sul posto davanti a Margot:
“Zia, giochiamo al salone di bellezza? Ti preeeego!”
“Certo piccolina, andiamo a prendere tutto quello che serve. Ti sei divertita con Phineas e Beau?”
Margot prese la bambina per mano e si diresse insieme a lei verso le scale per andare in camera sua, udendo l’unica risposta che non aveva previsto:
“Sì, sono simpatici!”
“… Veramente?! Anche Phineas?!  … PHIL, CHE COSA LE HAI FATTO?!”
Margot smise improvvisamente di salire le scale, fermandosi su uno dei gradini di legno della rampa prima di gettare un’occhiata allarmata al collega e poi inginocchiarsi davanti alla bambina, prendendole il viso tra le mani e guardandola preoccupata:
“Che cosa ti ha fatto, batuffola di zucchero filato mia, dimmelo e lo appendo al lampadario.”
“Niente, ha preso il tè con le scimmiette e me. E mi ha regalato questo, guarda!”
Freya si infilò una mano nella tasca della felpa a fiori rosa e bianca e ne estrasse un origami fatto con un post-it arancione, a forma di scimmia. Margot guardò stralunata l’oggetto poggiato sul piccolo palmo di Freya, che accarezzò adorante l’origami prima che Phil borbottasse sommessamente qualcosa a proposito della gnoma e di quanto prevenuta fosse nei suoi confronti.
 

 
*
 

“Marley, mi spieghi perché stai evitando Malai come se tu fossi un vampiro e lui una collana di spicchi d’aglio?”
Terminata la lezione di Trasfigurazione buona parte degli studenti del VI anno si era incamminata verso i rispettivi alloggi. Tra questi figuravano anche Bel e Marley, che camminavano uno accanto all’altro sul prato e ad un passo insolitamente spedito dettato proprio dalla ragazza e al quale Bel si era dovuto adeguare per poterle parlare.
Marley si prese qualche istante prima di rispondere alla domanda di Bel, sbuffando piano mentre scoccava un’occhiata di sbieco in direzione dell’alta e longilinea figura di Malai Johansson, che camminava insieme a Shou Park e a Hiro Davies qualche metro davanti a loro.
“Penso che anche le pareti del vostro chalet si siano accorte che qualche giorno fa gli è presa una delle sue celebri “cotte lampo”, e pare che a questo giro la “fortunata” sia io.”
“Sì, credo che sia stato impossibile non accorgersene un po’ per chiunque, visto che l’altra sera ha cercato di venire a cantarti una canzone sotto alla finestra prima che Lilian lo spedisse a letto prendendolo per un orecchio…”
Il ricordo scaturì un piccolo sorriso sulle labbra di Bel, ma Marley non lo imitò, limitandosi ad osservare cupa la schiena di Malai prima di borbottare qualcosa sul stargli lontano finchè non gli fosse passata.
“Tempo altri tre giorni, una settimana al massimo… poi tutto sarà come prima.”
“E tu non vedi l’ora che le cose tornino come prima?”
“Certo.”

 
*

 
Quando Håkon e Theobald fecero ritorno allo chalet il primo non provò il minimo stupore vedendo sua figlia seduta sul divano con una maschera bianca spalmata sul visino e dando le spalle a Margot, impegnata a legarle i lunghi capelli in una treccia con il viso nelle medesime condizioni.
No, il “salone di bellezza” era il gioco preferito di sua figlia e della sua amica, e vedere Freya con maschere di cui non aveva bisogno sul viso aveva smesso di stupirlo molto tempo prima. La sua attenzione venne catturata invece dai tavolini, dalle sedie e dal servizio da tè giocattolo, da Beau e Phil impegnati a finire di correggere i compiti mentre il secondo mangiava i mini muffin rimasti e soprattutto dalla valanga di origami arancioni a forma di scimmia sparsi per tutto il tappeto.
“C’è stata un’invasione di scimmie?”
“Papino, Phil sa fare le scimmie di carta, vedi!”
Sorridendo, Freya si voltò verso l’ingresso e indicò entusiasta la marea di origami, moltiplicati da Phil con la magia quando la bambina gli aveva chiesto un centinaio di scimmiette di carta.
 
“Impossibile non vederlo, tesoro. Scusa se sono andato via, ti sei divertita?”
Håkon raggiunse il divano, si chinò e depositò un bacio sulla testa della figlia, che sorrise entusiasta e annuì mentre Theobald si avvicinava a Phil e a Beau per informarli baldanzoso che sarebbero stati i suoi aiutanti durante l’attività del giorno.
I due non risposero, consci di non avere alcuna possibilità di mettersi in fuga o di venire meno al loro triste destino, limitandosi a scambiarsi due occhiate inquiete mentre Theobald asseriva di non poterlo certo chiedere a Margot e a Hakon:
“Insomma, poverini, vorranno stare con la piccola Freya… Quindi i fortunati siete voi, cari. Iniziamo dopo pranzo.”
“Wow, ma allora è questo che si prova a vincere la lotteria…”
 
“Adesso io e la Zia giochiamo al salone di bellezza. Ha detto che quando ci togliamo questa ci mettiamo lo smalto.”
Freya indicò entusiasta le proprie unghie mentre Margot adornava con forcine colorate la sua lunga treccia. Quando asserì di aver finito e le allungò un piccolo specchio circolare per ammirare il risultato, Freya emise un gridolino felice prima di voltarsi verso il padre e chiedergli perché lui non sapesse fare le trecce come la zia Margi.
“Scusa tesoro, la zia Margi mi farà un corso e imparerò, promesso.”
Håkon sorrise con affetto alla figlia, che ricambiò prima di voltarsi verso Margot indicando le mani del padre:
“Zia, può mettere lo smalto anche a Papino?”
Il viso di Håkon sbiancò, e il mago spalancò inorridito gli occhi scuri cercando di gettare un’occhiata implorante all’amica, che però non solo lo ignorò, ma sorrise divertita, annuendo mentre cercava di non scoppiare a ridere:

“Ma certo cucciola! Vuoi che lo mettano anche Theobald, Phil e Beau?”
“Sììì!”
 
“Che cos’è che devo mettermi, io?!”
“Lo smalto per unghie, Phil. Per me va bene, ogni tanto anche Dove ha insistito per mettermelo…”
“Cristo, ma quando finisce questo campeggio…”
Esasperato e ormai sempre più vicino al suo limite di sopportazione Phil fece apparire il suo calendario con gli ananas con un rapido movimento della bacchetta, segnando con la piuma la data corrente prima di contare con un sospiro i giorni che mancavano al ritorno a casa.
Meno sei giorni. Solo sei giorni. Poteva farcela
 
“Per me va bene piccola Freya, mi sono sempre chiesto che sensazione fosse, avere le unghie colorate…”

 
Cinque minuti dopo
 
 
“Allora, signori, avete deciso il colore?! Mai avuto una clientela più difficile di questa.”
“Io voglio ogni unghia di un colore diverso!”
Freya allungò con decisione le manine verso Margi, che annuì e prese a svitare una delle numerose boccette di smalto che affollavano il grande tavolo del salone:
“Tu sei una certezza Freya, è questo che mi piace di te. Voialtri invece, avete scelto?”
Mentre iniziava a dipingere con gesti rapidi le minuscole unghie della bimba l’ex Tassorosso gettò un’occhiata obliqua ai quattro uomini che le sedevano davanti, uno più indeciso dell’altro.
Che branco di incapaci, nemmeno in grado di scegliere un colore…
 
“Non so Margi cara, dici che il blu cobalto mi dona?!”
Theobald sollevò dubbioso la boccetta del blu cobalto per studiarla più da vicino, asserendo che quello fosse stato il colore preferito della sua cara Eugenie e che quindi avrebbe voluto avere le unghie di quella tonalità. Fortunatamente la collega gli assicurò che il colore si “sarebbe intonato perfettamente ai suoi occhi”, e Theobald sorrise sollevato mentre Håkon, accanto a lui, studiava schifato le boccette dai toni pastello, sgargianti o orribilmente piene di glitter che aveva davanti:
“Margi, spero vivamente che tu abbia almeno lo smalto nero.”
“Håk Bello, mi conosci da un ventennio e davvero pensi che IO abbia lo smalto nero? Come sei divertente. Il tempo per scegliere è scaduto gentili signori, sarà la nostra ospite d’onore a decidere per voi. Cucciola, assegna un colore a Papino, a Phil e a Beau.”
 
Margot rivolse un sorriso divertito e una strizzata d’occhio alla bimba mentre le dipingeva di verde smeraldo le unghie degli anulari, guardandola sfoderare un sorriso furbetto prima di indicare la boccetta del colore che popolava gli incubi di più reconditi suo padre:
“Per Papino rosa glitter!”
 
Margot annuì, commossa, complimentandosi con la bambina per la scelta e dicendosi molto fiera di lei mentre le accarezzava i lunghi ricci castani. Freya sorrise compiaciuta per l’approvazione della zia mentre Hakon prima sbiancava e poi assumeva un colore terreo, sibilando che piuttosto di sfoggiare unghie di quel colore avrebbe percorso il perimetro del Camp su un piede solo.
“Io… rosa glitter… no. Mai.”
“Papino daiiiii! Ti prego. Lo fai per me?”
 
Freya guardò il padre spalancando implorante gli occhioni, guardandolo adorabilmente speranzosa mentre un coro sommesso di “Quanto è carina!” pronunciati con tono melenso si sollevava dalla direzione di Beau e Theobald.
 
“Va bene. Appena se ne va me lo togli.”
Margot finse di non udire la minaccia dell’amico, affrettandosi a svitare allegra il tappo della boccetta designata mentre Freya assegnava il giallo a Phil e l’azzurro pastello a Beau.
“Ma io odio il giallo! Ma chi si dipinge le unghie di giallo, che schifo!”
“Tu a quanto pare, Phineas caro. Del resto si abbina al tuo animo di UomoAnanas… Beau, qualche rimostranza sul tuo colore?”
“Oh, no, va bene qualsiasi cosa scelga Freya.”
 
Beau sorrise gentilmente alla bimba, che ricambiò allegra mentre Margot, chinandosi su di lei, le assicurava che lui fosse il suo collega preferito proprio per quel motivo.
 
“Chiedo scusa, non sono io il tuo preferito?!”
“Zitto e fuori le mani Håk Bello, è il momento del rosa glitter. Cucciola, la vuoi una foto di Papino con quelle unghie, vero?! Da mostrare alla nonna, ovviamente.”
Margot chinò nuovamente lo sguardo su Freya, guardandola sbattendo amabilmente le folte ciglia scure mentre l’amico la fulminava con lo sguardo. La bambina invece sembrò apprezzare moltissimo la proposta della strega, perché sorrise allegra e si agitò sulla sedia senza smettere di annuire:
“Sì, foto!”

 
*

 
Subito dopo pranzo Theobald aveva lasciato lo chalet per radunare gli studenti e coinvolgerli nella sua attività con un sorriso a trentadue denti sulle labbra, premurandosi di nominare Phil e Beau “supervisori” senza chiedere loro un parere, né tantomeno il consenso. I due ex Corvonero si erano quindi visti costretti a seguire l’anziano collega fuori dall’edificio con una Nix scodinzolante al seguito, Beau chiedendosi curioso che cosa avesse organizzato Theobald e Phil con una faccia da funerale, pregando di non ritrovarsi costretto a passare il pomeriggio inseguendo strambe creature nel bosco. Per lo meno si era premurato di cambiarsi, infilandosi la camicia che meno gli piaceva tra tutte quelle che aveva portato con sé al Camp. Questa volta nessun Ghoul gli avrebbe rovinato uno dei suoi bei maglioni a trecce.
Margot e Håkon avevano invece deciso di approfittare del pomeriggio libero per mostrare la zona a Freya, in particolare la riva del lago. L’unica a restare nello chalet era quindi stata Sunday, con la quale Theobald si era raccomandato “di comportarsi da brava gallina” prima di lasciarla sola. Mentre si dirigeva verso lo chalet dei ragazzi l’insegnante di Difesa contro le Arti Oscure asserì che di certo la sua piccola e cara Sunday avrebbe molto sofferto per la solitudine, inconsapevole che Sunday, invece, avesse deciso di farsi un pisolino davanti al camino per festeggiare la pace ritrovata: con il padrone lontano e anche l’odiatore di galline, finalmente poteva riposarsi un po’.
 
Håkon osservò torvo le proprie unghie, dipinte di una scintillante tonalità di rosa piena di glitter, maledicendo mentalmente gli smalti di Margot prima di tornare a concentrarsi su di lei e sulla figlia, guardandole da un paio di metri di distanza mentre l’amica cercava di insegnare a Freya a lanciare i sassi sull’acqua per farli rimbalzare.
Margot, inginocchiata accanto a lei, porse alla bambina un sasso piatto e la invitò a provare da sola prima di rimettersi in piedi e tornare indietro verso Hakon, sorridendogli allegra mentre gli si fermava accanto per osservare Freya insieme a lui.
“Sono davvero contenta che sia venuta.”
“Sì, anche io. E anche lei mi sembra felice.”
Mentre Håkon osservava pensieroso la figlia Margot gli sorrise, ricordandogli quanto la bambina lo adorasse.
“È ovvio che sia felice. Sono sicura che non vedeva l’ora di vederti tanto quanto tu non vedevi l’ora di vedere lei.”
“Lo so… a volte mi dispiace solo che sia già così abituata a non vedermi molto spesso, e ha solo 5 anni.”
“Quando studierà ad Hogwarts la vedrai di più, forse anche troppo. Chiedi a Demelza, se non mi credi.”
 
Håkon abbozzò un sorriso ricordando le numerose occasioni in cui aveva sentito la collega lamentarsi per il fatto di avere il figlio costantemente tra i piedi, ma era anche certo che quando Freya avrebbe iniziato Hogwarts per lui averla quasi sempre attorno sarebbe stato tutt’altro che un problema.
Freya che, in piedi sui sassi vicino all’acqua, si voltò verso padre e zia e sorrise loro allegra prima di agitare una mano nella loro direzione:
“Voglio cercare dei sassi carini da portare al nonno e alla nonna!”
“Va bene, ma stai attenta a dove metti i piedi.”
La bambina, alla quale Margot aveva fatto infilare poco prima dei minuscoli stivali Wellington fucsia con gli unicorni trovati nello zaino della bimba per renderle più difficile scivolare sui sassi umidi, annuì, dopodiché iniziò a perlustrare attentamente il suolo alla ricerca di dei souvenir, sperando di trovare un sasso a forma di cuore da portare a Nonna Winnie mentre Iris, il geco del padre, la seguiva guardandola con curiosità.
 
“Sai, a volte mi chiedo se le somigli.”
“A chi? Ad Andromeda?”
“Sì.”
Håkon non rispose, osservando la figlia mentre un viso che non vedeva da 5 anni prendeva forma, sbiadito, nella sua memoria.
“Sai qual è stata la prima impressione che ho avuto su di lei? Che fosse una saccente rompicazzo della peggior specie. E in effetti un po’ lo era, quini da questo punto di vista direi che Freya non le somiglia. Però era molto estroversa, questo deve averlo preso da lei.”
“Un po’ da lei, un po’ da tua madre.”
Margot distolse lo sguardo da Freya per sorridere divertita all’amico, guardandolo annuire accennando un sorriso a sua volta: non lo sorprendeva affatto che Freya e sua madre andassero tanto d’accordo, visto quanto si somigliavano.
 
“Pensi mai che possa rifarsi viva?”
“No.”
“Come fai ad esserne sicuro?”
Di nuovo, Margot smise di guardare la bambina che cercava sassi in riva al lago per guardare l’amico, una leggera apprensione negli occhi blu. Per quanto a volte la rattristasse che la sua dolce “nipotina” non conoscesse sua madre, talvolta immaginava quella strega senza volto, che lei non aveva mai conosciuto, ricomparire dal nulla e prendersi la bimba. Una prospettiva che, forse egoisticamente, non le piaceva affatto. Håkon invece si strinse nelle spalle, rilassato e per nulla preoccupato all’idea che la sua ex potesse rifarsi viva:
“Perché glie l’ho detto molto chiaramente, quando è nata Freya. Se voleva andarsene per non avere una figlia tra i piedi era libera di farlo, l’accordo era quello, ma non poteva cambiare idea. Le ho detto di non sognarsi di rifarsi viva dopo qualche anno per giocare a fare la mamma e poi, magari, sparire di nuovo se si fosse stancata. Mi dispiace che Freya non abbia sua madre, ma penso che sia stato meglio così… Andromeda non sarebbe stata in grado di crescerla, di sicuro non in quel momento. È stata molto chiara sul non volerla, all’epoca. Non ha abortito solo perché ho insistito e le ho assicurato che me ne sarei preso cura da solo. Non l’ho mai più vista, dopo che è nata Freya, non so nemmeno dove sia di preciso adesso.”
“È fortunata ad averti, Håk Bello. Credimi, le dai abbastanza affetto e attenzioni per due genitori. Te lo dice una che per anni ha avuto un codazzo di marmocchi al seguito perché la loro madre era troppo impegnata e i loro padri non si sono mai fatti vedere.”
Margi sorrise all’amico, colpendolo dolcemente sul braccio mentre Håkon, staccando gli occhi scuri dalla figlia per la prima volta da quando avevano iniziato a parlare, le sorrideva con affetto di rimando.
“È fortunata anche ad avere te. Siamo fortunati, in effetti.”
 
Aveva un chiarissimo ricordo del giorno in cui Freya aveva conosciuto la sua futura “Zia”. La bambina era nata da appena una settimana, Andromeda se n’era già andata come d’accordo e lui stava finendo gli scatoloni nell’appartamento a Diagon Alley dove i due avevano vissuto insieme fino alla nascita della bambina.
 
 
“Ohh… com’è carina. Ciao piccola Freya!”
Håkon stava litigando con un enorme rotolo di nastro adesivo che non ne voleva sapere di collaborare mentre si accingeva a chiudere l’ennesimo scatolone pieno di vestiti. Era una fortuna che una delle sue più vecchie amiche, che non vedeva da mesi, si fosse offerta di fargli visita per badare alla figlia e permettergli di dedicarsi al trasloco in santa pace. Naturalmente Margot si era anche presentata alla sua porta con una gigantesca teglia di lasagne e un enorme Tupperware pieno dei suoi biscotti al burro preferiti, rendendo la sua visita ancora più gradita.
La strega stava in piedi nell’appartamento ormai semi vuoto, già svuotato di tutte le cose della madre della bambina. Freya invece se ne stava buona buona nella culla, sonnecchiando placidamente con  una minuscola cuffietta rosa da neonato a fasciarle la testa.
 
Quando Håkon Jørgen qualche mese prima le aveva scritto informandola che sarebbe presto diventato padre Margot quasi aveva stentato a crederci. Si erano conosciuti da ragazzini ed erano rimasti amici per anni, anche se il lungo periodo passato da Håkon in Groenlandia per dedicarsi all’Astronomia gli aveva impedito di vedersi spesso. Lui le aveva accennato alla sua fidanzata in diverse lettere, ma dopo averla informata della nascita imminente della figlia aveva smesso improvvisamente di nominare Andromeda, conosciuta proprio in Groenlandia.
Solo pochi giorni prima, quando aveva saputo della nascita di Freya, l’amico le aveva raccontato dell’accordo che avevano stretto: Andromeda, che a differenza sua non voleva figli, avrebbe tenuto la bambina solo a condizione che dopo la sua nascita fosse esclusivamente lui ad occuparsene.
 
Margot non si sentiva nella posizione di approvare, disapprovare o fare commenti di qualsiasi sorta, così si era limitata ad offrire al vecchio amico il suo sostegno e a fargli visita piena di cibo e di giochi per la bambina.
 
“Hai bisogno di una mano con lo scotch, o ce la fai?”
“No, ce la faccio. Devo farcela, se non riesco a chiudere degli scatoloni come posso tirare su Freya da solo?!”
“So che scherzi, ma ti ricordo comunque che non sei da solo. Hai i tuoi fantastici genitori super amorevoli, e anche la tua fantastica amica Margi che, per inciso, è certificata come la migliore babysitter mai esistita.”
Margot diede le spalle alla culla per sorridere all’amico, che ricambiò grato. Stava mettendo da parte lo scatolone appena chiuso per prendere un altro quando l’amica, alle sue spalle, gli accennò qualcosa con tono vago:
“Sai, stavo pensando… Dubito che tu te ne voglia tornare nella terra dimenticata da Dio con la piccola Freya a cui badare.”
“No Margi, ad occhio direi che la Groenlandia non è posto per neonati.”
“Decisamente. Sai, a quanto pare l’anno prossimo Aurora Sinistra lascerà la cattedra di Astronomia ad Hogwarts. Potresti pensarci su.”
 
 

“Figurati, per me è un piacere. Oltretutto, non potrei mai lasciare la piccola e adorabile Freya solo nelle tue mani, rischierebbe di diventare l’unica bambina al mondo con un guardaroba completamente nero.”
Ogni volta in cui aveva provato a comprare qualcosa di quel colore per la figlia Hakon aveva subito i rimproveri sia di sua madre che di Margot, entrambe fervide sostenitrici dei vestiti colorati, soprattutto se si parlava di una bambina che ancora non andava nemmeno alle elementari. Come risultato, l’armadio di Freya non contava un solo capo nero, visto che i pochi che suo padre era riuscito a racimolare erano tutti misteriosamente spariti nell’arco di poco tempo.
“Pensala come ti pare Margi, ma se tra dieci anni guardando le sue vecchie foto Freya dovesse lamentarsi delle cose assurdamente colorate e piene di unicorni e coccinelle che tu e mia madre le fate indossare sarà da voi che la manderò.”


Margot si strinse nelle spalle, asserendo che la bambina era sempre così carina che lamentarsi del suo aspetto non le sarebbe mai stato possibile mentre Freya correva verso di loro con un sasso che ricordava vagamente un cuore nel palmo della mano:
“Papino guarda, ho trovato questo per la Nonna.”
“Che bello tesoro… Vuoi che dopo torniamo dentro e lo dipingiamo, così è più carino?”
Freya sorrise e annuì, asserendo che lo avrebbe “riempito di glitter come le unghie di Papino”, facendo comparire una smorfia sulle labbra di Håkon mentre Margot, invece, si offriva di aiutarla a cercare un sasso anche per il nonno cercando di non ridergli in faccia.

 
*

 
Quando il Professor Watrous si era presentato al limitare del bosco in compagnia del Professor Hawkes, del Professor MacMillan e di un baule enorme di legno massiccio che gli fluttuava accanto Lilian aveva sentito la preoccupazione crescere: che cosa aveva architettato il suo insegnante più imprevedibile?
La Grifondoro, così come quasi tutti i suoi compagni, gettò un’occhiata preoccupata al baule dall’aria pesantissima, chiedendosi nervosamente che cosa contesse mentre Tallulah, in piedi accanto a lei, borbottava cupa qualcosa in proposito ai Fiammagranchi dell’attività notturna delle settimane passate:
“Spero vivamente che da quel baule non escano altre bestiacce…”
“Guarda il lato positivo. Gli Schiopodi Sparacoda sono troppo grandi per entrare in un baule. O almeno spero.”
L’unica a sembrare di ottimo umore era Marley: la Tassorosso aveva un sorriso sulle labbra fin da quando aveva messo piede fuori dallo chalet che condivideva con le altre ragazze, impaziente di scoprire che cosa avesse in serbo per loro il suo insegnante prediletto. Bel, in piedi accanto all’amica con le braccia strette al petto, non era dello stesso avviso, e scoccò un’occhiata decisamente inquieta all’insegnante di Difesa delle Arti Oscure, che sembrava fin troppo allegro perché la sua attività potesse rivelarsi qualcosa di totalmente innocuo.
Nemmeno Phil aveva l’aria entusiasta, anzi, Lilian osservò brevemente l’insegnante prima di stabilire che avesse tutta l’aria di chi è stato costretto ad accordarsi senza avere la minima voglia di partecipare. E a giudicare dagli sguardi dubbiosi che lui e il Professor Hawkes scoccavano al baule, era evidente che nemmeno loro avessero idea di in che cosa stessero per essere coinvolti.
 
“Bene miei cari, prendete una biglia dal sacchetto, per favore.”
Un sacchetto di tela marrone apparve tra le mani di Theobald, che sorrise angelico mentre lo apriva e si avvicinava agli studenti. I primi eseguirono con reticenza, come se avessero timore che qualcosa all’interno del sacchetto potesse morderli, ma vedendo che effettivamente sembrava contenere solo innocue biglie di vetro colorate gli altri si tranquillizzarono. Almeno per il momento.
 
“Di che colore l’hai presa?”
“Rossa.”
Lilian mostrò la biglia di vetro dalle vive sfumature scarlatte a Tallulah, che invece sbuffò amareggiata mentre stringeva tra le mani la sua biglia blu.
“Che pluffe, io Blu… Allora non saremo in squadra insieme.”
“Anche io l’ho presa rossa!”
Malai mostrò la sua biglia sorridendo allegro mentre Shou, alle sue spalle, infilava a sua volta una mano nel sacchetto. Quando sollevò una biglia rossa identica a quelle della cugina e di Malai il Serpeverde sorrise, mostrandola entusiasta all’amico prima che i due iniziassero a festeggiare per la loro sorte fortuita. Lilian invece non si unì ai festeggiamenti, osservandoli cupa e chiedendosi perché il fato si accanisse contro di lei.
 
Quando arrivò il suo turno Bel invece prese una biglia blu, e guardò Marley infilare una mano nel sacchetto pregando mentalmente che l’amica ne prendesse una del medesimo colore. Quando la compagna di Casa gli mostrò la sua biglia color blu notte il ragazzo sospirò di sollievo, abbracciandola mentre Theobald porgeva sorridendo il sacchetto ormai quasi vuoto ad Hiro, che scelse la terza biglia blu consecutiva.
Quanto a Priscilla, per una volta quando arrivò il suo turno la Corvonero non aveva la minima preferenza: se ne avesse pescata una rossa avrebbe fatto squadra con Lilian, Shou e Malai, in caso contrario ci sarebbero comunque stati Tallulah e Hiro nel suo gruppo. Tutto sommato, le sarebbe andata bene in ogni caso.
“Rossa… Lily, siamo insieme!”
Priscilla agitò la biglia color cremisi in direzione dell’amica con un largo sorriso sulle labbra, avvicinandosi a lei e a Tallulah mentre la Grifondoro sospirava sollevata e la Corvonero, invece, borbottava qualcosa sulla fortuna che le due amiche avevano avuto a capitare nella stessa squadra.
“Grazie al cielo, qualcuno mi salverà… Non penso che sarei sopravvissuta, da sola con quei due. Oh, merda, anche Jessica Everett è con noi, che sfiga!”
 
Mentre Lilian sfoggiava una smorfia schifata Tallulah al contrario sospirò di sollievo, asserendo che anche se sarebbero state divise almeno lei si era evitata la seconda attività consecutiva da fare con la Everett. La bionda aveva appena finito di parlare quando spalancò inorridita i grandi occhi azzurri, portandosi una mano alle labbra e sussurrando che dopo quella “botta di culo” sicuramente il giorno seguente l’avrebbe colpita una sfiga dietro l’altra come risarcimento.   
 
“Signorini, avete tutti una biglia? Benissimo, allora dividetevi, blu alla mia sinistra e rossi a destra… Ora i miei gentilissimi colleghi vi consegneranno dei giubbotti, per favore indossateli.”
 
Il baule, aperto da Beau, si rivelò contenere dei strani giubbotti imbottiti neri, tutti senza maniche e con dei sogni rosso o blu sulla spalla destra. A giudicare dall’espressione sgomenta che fece capolino sul volto dell’insegnante quando sollevò il coperchio del baule fu abbastanza evidente che dentro ci fosse anche dell’altro, ma nessuno osò fare domande e tutti si limitarono ad attendere con leggera inquietudine mentre Beau e Phil distribuivano le giacche, il primo sorridente e garbato e il secondo quasi lanciandole addosso ai vari studenti senza aprire bocca, visibilmente impaziente di tornare allo chalet. Quella giornata di baby-sitting iniziava a farsi troppo lunga, per i suoi gusti.
 
Perché sembrano pericolosamente simili a giubbotti antri proiettile?!”
Tallulah guardò la sua giacca sollevandola inorridita, e accanto a lei Bel impallidì mentre Marley, invece, se la allacciava trillando entusiasta.
Ad una manciata di metri di distanza, la giacca già allacciata e in piedi in mezzo ai suoi compagni di squadra, Malai stava lamentando la sua solita sfortuna per non essere capitato in gruppo con Marley, scatenando i sospiri esasperati e le lamentele di Shou e Lilian, ormai saturi delle “pene d’amore” dell’amico.
Il Tassorosso fece per rivolgersi ai due amici chiedendo loro seccato di non “prendersi gioco dei suoi nobili sentimenti” e iniziare una filippica a riguardo, ma per fortuna dei cugini Park Theobald scese quell’esatto momento per prendere la parola e spiegare finalmente agli studenti che cosa avrebbero dovuto fare quel pomeriggio.
 
“So che molti di voi vengono da famiglie di maghi, quindi ve lo chiedo… Quanti di voi conoscono il Paintball?!”
Alcuni ragazzi lo guardarono perplessi, altri iniziarono a mormorare eccitati. Lilian imprecò mentalmente contro la sua iella per essere finita nella stessa squadra della Everett – sarebbe stata la scusa buona per suonargliele di santa ragione – mentre Shou si portava spaventato le mani ai capelli biondi appena lavati, pretendendo a voce alta di ricevere in dotazione un casco oltre alla giacca imbottita.
Marley non aveva idea di che cosa stessero parlando, ma quando Bel le ebbe accennato di che cosa si trattava quasi iniziò a saltellare sul posto con un sorriso che le andava da un orecchio all’altro: com’era possibile che non ne avesse mai sentito parlare? Quanti anni di vita sprecati.
 
“Ma non potevano dirlo prima?! Non avrei di sicuro messo la mia felpa preferita! Il primo che prova ad imbrattarmela farà una gran brutta fine.”
Tallulah incrociò le braccia al petto scoccando occhiate torve a destra e a sinistra, quasi sfidando chiunque ad azzardarsi a spararle vernice addosso mentre Hiro, accanto a lei, guardava cupo a sua volta le maniche esposte del suo maglione preferito.
“Ma perché nessuno pensa mai di organizzare attività intellettuali, o con le Pozioni… Sarebbe molto meglio, per me.”
“Sei proprio un adorabile secchioncello, Hiro Davies.”
I due si sorrisero mentre Lilian, osservandoli pensierosa a distanza, si diceva che in fin dei conti la divisione in squadre era stata fortuita, Tallulah con Hiro e suo cugino con Priscilla. Forse un po’ troppo fortuita, si disse la Grifondoro mentre scoccava un’occhiata dubbiosa al professore, iniziando a chiedersi se dietro non ci fosse il suo zampino.
 
Apprendendo del Paintball Phil non poté fare a meno di ringraziare il suo buonsenso per non aver indossato uno dei bei maglioni costosi mentre Beau, in piedi accanto a lui, sospirava di sollievo e tornava a sorridere, rincuorato:
“Grazie al cielo, quando ho visto i fucili ho temuto il peggio…”
 

 
*

 
Dopo aver diviso i ragazzi in squadre e aver distribuito giubbotti imbottiti e paraocchi, Theobald aveva consegnato ad ogni studente un fucile da Paintball e aveva spiegato l’obbiettivo del gioco, ossia recuperare la bandiera del colore della propria squadra e consegnarla a lui, che avrebbe aspettato al di fuori del bosco.
Theobald aveva anche giurato solennemente che quel giorno non avrebbero trovato la minima sorpresa ad attenderli nel bosco ma nessuno, Phil e Beau inclusi, gli aveva creduto.
Vagamente offeso e soprattutto sconcertato per quell’assoluta ed immotivata mancanza di fiducia nei suoi confronti, l’insegnante aveva mai raccomandato agli studenti di non colpirsi a vicenda troppo da vicino e soprattutto di non mirare alla testa. Dopodiché aveva affidato un gruppo a Beau e uno a Phil, invitandoli a condurre i ragazzi ai margini opposti del bosco per poi dare inizio al gioco; rimasto solo, l’insegnante aveva evocato una sedia pieghevole blu, si era accomodato con un libro sulla storia del Nepal e un thermos pieno e si era dato al relax.
 
Phil, giunto a destinazione con la sua parte di studenti, stava aspettando pigramente le scintille blu con cui Beau avrebbe dovuto comunicargli che anche la metà restante era pronta per iniziare. Appoggiato al tronco di un albero e controllando distrattamente lo stato delle sue unghie mentre ignorava i mormorii concitati dei ragazzi alle sue spalle.
“Il Professor Watrous ci ha chiesto di restare nei paraggi per controllare che nessuno si faccia male… Ne approfitto per sottolineare che il primo che dovesse azzardarsi a sfiorarmi con della vernice verrà interrogato ad ogni lezione del prossimo anno fino a Natale. Se invece quel qualcuno non dovesse essere un mio studente, vorrà dire che esenterò un Elfo Domestico dal dover pulire il mio ufficio e ci penserà lui o lei.”
 
Priscilla deglutì a fatica, gettando un’occhiata carica di nervosismo al suo fucile – che come Lilian aveva alleggerito con un incantesimo, altrimenti non sarebbe mai riuscita a portarselo appresso a lungo – mentre si appuntava mentalmente di stare a debita distanza dall’insegnante. A dire il vero quel gioco non la allettava per nulla, e se ne sarebbe rimasta seduta in un angolo a guardare più che volentieri.
Shou naturalmente non era dello stesso avviso, e aveva subito messo da parte la pigrizia per iniziare ad elaborare schemi per poi snocciolarli ai compagni.
“E ricordate, che nessuno si sogni di colpire Tallulah.”
“Ma colpire gli altri non è il nostro obbiettivo?”
“Certo Riccioli d’Oro, ma anche sopravvivere, e sfido chiunque a riuscirci dopo aver imbrattato Miss X. Sarebbe un vero bagno di sangue che Hunger Games sposati, chiaro?”
Malai annuì, stabilendo serio che l’amica fosse off-limits mentre Lilian sbadigliava accanto a lui: non vedeva l’ora di tornare ai suoi libri. L’unica che le sarebbe piaciuto colpire era una sua compagna di squadra, quindi il divertimento le era stato totalmente negato a priori.
 
Quando Phil scorse finalmente le scintille blu illuminare il cielo sopra di loro sospirò di sollievo: se non altro l’attesa era finita. Poteva solo sperare che si muovessero a prendere una bandiera, così se la sarebbero cavata con poco tempo.
“Bene ragazzi, potete cominciare. Cercate di non ammazzarvi, non usate la magia… e per il resto, fate un po’ quello che vi pare. Ma se vi fate male non venite a piangere da me, non sono la Professoressa Campbell.”
Phil si allontanò con la massima nonchalance e le mani infilate nelle tasche mentre Malai, legatosi i capelli e inforcati i paraocchi, toglieva la sicura dal suo fucile. Non vedeva l’ora di imbrattare brutalmente qualcuno.
A parte la sua adorata Marley, ovviamente.
 

 
*
 
 
“Odio questo gioco! Dovevo darmi malata!”
Rannicchiata dietro il tronco di un albero e assolutamente intenzionata a non muoversi da lì, Priscilla gemette mentre abbracciava il suo fucile e, attorno a lei, veniva sparata vernice rossa e blu da tutte le parti.
“Prisci, dammi una mano… Capitale delle Filippine?”
 
Lilian, seduta dietro all’albero accanto al suo con il fucile appoggiato al tronco, si puntellò pensierosa la matita sul labbro inferiore mentre cercava di risolvere le parole crociate.
“Non lo so proprio Lily, faccio pena in geografia… Ma Malai lo sa di certo. Malaiiiii! Capitale delle Filippine?!”
La Corvonero si sporse leggermente oltre il tronco dell’albero per cercare Malai con lo sguardo, giusto in tempo per vederlo lanciarsi in un cespuglio per evitare di essere colpito da una palla di vernice blu.
“Manila! Proprio ieri stavo leggendo un atlante sul sud-est asiatico…”
“Sì, sì, va bene, pensa a sparare alla gente. Manila… Bene, ho quasi finito.”
Lilian sorrise soddisfatta mentre guardava il suo lavoro quasi concluso, del tutto incurante della situazione n cui si trovavano mentre Priscilla, invece, si guardava nervosamente attorno sperando che nessuno degli avversari le trovasse.
 
“Edgecombe, Park, perché non vi rendete utili invece di stare lì a fare le amebe?!”
“Dai ancora delle amebe a me e a Prisci e ti uso come cavia per i nuovi incantesimi di Trasfigurazione, Hills! Deficiente…”
Dopo aver fulminato il Corvonero di passaggio con lo sguardo Lilian tornò in tutta calma alle sue parole crociate mentre Shou, a qualche metro di distanza, cercava di colpire Marley senza successo.
“Ma che razza di riflessi ha quella ragazza…”
“Shou, smettila di mirare Marley!”
“Non rompere Malai, hai visto come spara, rischia di farci fuori tutti! No Celia, non mirare Tallulah, rischiamo di finire con i denti rotti!”
Shou afferrò rapido il braccio della compagna di squadra quando la vide puntare alla Corvonero, dirottando il tiro e finendo col farle colpire un albero.
 
Ad una decina di metri di distanza Tallulah, appiattita al suolo dietro ad un cespuglio insieme a Bel, si domandò a voce alta perché tutti stessero misteriosamente evitando di colpirla in tutti i modi.
“Non ne ho idea, ma se è così io resto vicino a te, così forse non mi mirano… Marley, Shou e Celia sono nascosti laggiù!”
Bel si sollevò leggermente per indicare i due Serpeverde a Marley, che si era nascosta dietro ad un albero un paio di metri più avanti. La Tassorosso subito si voltò e, seguendo le indicazioni dell’amico, caricò il fucile per prendere la mira mentre Celia sbraitava offesa insulti al gemello da dietro il suo nascondiglio:
 
“TRADITORE DI UN FRATELLO!”
“SCUSA CELIA!”
 
Shou si appiattì più che poteva al suolo mentre una raffica di proiettili di vernice si abbatteva sul suo nascondiglio, mancandolo di poco ma finendo col colpire una Celia decisamente risentita nei confronti del gemello.
 
“Merda, ho mancato Shou… e ho quasi finito la vernice!” Marley controllò preoccupata lo stato dei suoi rifornimenti mentre Tallulah, sbadigliando annoiata, si offriva di prestarle il suo fucile:
“Oh, tranquilla, puoi avere il mio, praticamente non l’ho usato…”
“Aspetta… stanno evitando di colpirti apposta, no? È perfetto. Tallulah, mi farai da scudo umano per arrivare alla bandiera!”
Marley indicò la Corvonero con un enorme sorriso, fiera della sua trovata mentre Tallulah, al contrario, la guardava inorridita:
“Cosa?! COL CAVOLO CHE LO FACCIO!”
“Ma faresti una bella figura con Hiro. E ci faresti vincere.”
Questa volta Tallulah esitò, gettando una rapida occhiata in direzione di Hiro – impegnato a cercare di colpirsi a vicenda con Malai ad alcuni metri di distanza – prima di sospirare e acconsentire, seppur poco convinta:
“… Va bene allora. Ma se mi colpiscono sarà colpa tua Marley!”
“Tranquilla. Non te ne pentirai.”

 
*

 
Per Lilian e Priscilla la pace era durata poco: ben presto il loro nascondiglio era stato scoperto dalla squadra avversaria. Priscilla stava fuggendo correndo come mai aveva fatto in vita sua, pregando Eulalia Haze di non colpirla sporcandole i capelli lavati il giorno prima quando Shou mise fine alla sua agonia colpendo la Grifondoro, mettendola fuori gioco.
“Grazie Shou… Non mi sento più la milza… Lilian sta insultando Goldman perché l’ha colpita e le ha imbrattato le gambe.”
Priscilla sorrise grata all’amico mentre si accasciava esausta accanto a lui, ormai vicina a prendere in considerazione l’idea di farsi colpire apposta pur di non dover più giocare. Quasi quasi invidiava Bel, che era stato colpito da Shou poco prima e si era allontanato dalla zona di fuoco con aria immensamente sollevata.
 
“Merda, Marley ha capito che non vogliamo colpire Tallulah e se la tiene appiccicata come un francobollo! Dobbiamo riuscire a neutralizzarle! Malai, ma ti hanno colpito?!”
Quando scorse l’amico avvicinarsi trascinandosi dietro mestamente il fucile e con aria da cane bastonato Shou lo guardò incredulo mentre Priscilla, al contrario, lo invidiava in silenzio:
“Sì, è stato Hiro… Non ho voluto colpire Marley e Miss X e lui mi ha preso alla sprovvista…”
“Che cavaliere…”
 
Priscilla sorrise con affetto all’amico, rincuorandolo un poco mentre il Tassorosso sedeva a terra accanto a lei.
“Grazie. Tu sei ancora in gioco, Cavolfiorino?”
“Purtroppo sì, vorrei farmi eliminare apposta ma mi sentirei in colpa per la squadra, tutto sommato…”
 
 
Marley era ormai a soli pochi metri dalla bandiera blu mentre imbracciava il fucile che Tallulah era stata ben lieta di cederle, più determinata che mai a vincere: durante il gioco notturno delle settimane precedenti si era fatta soffiare la vittoria sotto al naso per un soffio e non era intenzionata a ripetere l’esperienza.
“Hiro, cerca di coprirmi! Tallulah, dobbiamo prendere la bandiera e poi schizzare via alla velocità della luce, pensi di farcela?”
“Onestamente? No, ma farò il possibile. La prossima volta esigo che il Professor Watrous organizzi un casco di quiz sugli anime, ne ho le tasche piene di correre per il bosco!”
“Io invece adoro le attività del Professor Watrous!”
 
Tallulah non empatizzò affatto con lo sguardo trasognato di Marley, limitandosi a guardare stranita la Tassorosso – nonostante la trovasse simpatica, a volte proprio non riusciva a capire quella ragazza – prima di alzare gli occhi al cielo e darle un leggero colpetto sulla spalla:
“Va bene, adesso andiamo. Sono stanca e comunque vada voglio che finisca in fretta…”
Marley annuì, sistemandosi il paraocchi e stringendo il fucile mentre controllava dove fossero gli avversari. Infine fece un cenno ad Hiro e intimò alla compagna di stare pronta.
“D’accordo. Al mio tre, andiamo.”
“Lo faccio solo per non fare una figura di melma con Hiro, chiaramente.”
“Chiaramente, sì.”

 
*

 
“Sentite, al diavolo l’ira funesta di Tallulah, se Marley continuerà a starle incollata l’unico modo di vincere è rischiare di colpire anche lei. Mal che vada cercherà di il collo per averle rovinato la felpa, ma il Camp è grande, possiamo sempre nasconderci da qualche parte.”
Dal canto suo Priscilla non se la sentì proprio di condividere l’ottimismo e la positività di Shou, che parlò serio ai compagni mentre Malai, seduto accanto a loro nonostante fosse stato colpito dalla vernice blu degli avversari, parlava aggrottando le sopracciglia e con tono dubbioso.
“Ora che ci penso… Hanno parlato di qualche ricompensa? Insomma, alla fin fine perché stiamo facendo tutta questa fatica?!”
 “Io l’ho detto, che stiamo facendo fatica per niente! Cioè, voi, non io, io non posso dire di aver faticato granché.”
“Sì Edgecombe, ce ne siamo accorti tutti.”
Priscilla scoccò un’occhiata torva a Jessica, ma non potendo darle torto non se la sentì di risponderle replicando. Al suo posto lo fece Shou, zittendola sbrigativo e con l’aria di chi non ha nessuna voglia di perdere tempo:
“Everett, chiudi il becco.”
“Sì Everett, chiudi il becco!”
 
L’eco della voce di Lilian giunse da un punto lontano e non ben definito, facendo sorridere Priscilla mentre Jessica, sbuffando, borbottava acidamente qualcosa sul dover fregarsene della reazione di Tallulah e di doverla colpire, se volevano sperare di vincere. Premurandosi anche di aggiungere qualcosa su come la Corvonero non potesse di certo correre troppo velocemente a causa “del suo peso”.
 
Shou s’irrigidì visibilmente, così come Malai, e stava per voltarsi verso la Grifondoro per intimarle poco gentilmente di chiudere la bocca per la seconda volta nell’arco di pochi minuti, ma il suono di uno sparo lo precedette.
Sconvolto, Shou si voltò senza parole verso Priscilla, che teneva la canna del fucile da Paintball puntata verso Jessica dopo averla quasi completamente imbrattata di vernice scarlatta. Paralizzata dalla sorpresa, la Grifondoro sollevò le mani piene di vernice e chinò lo sguardo per guardarsi, pietrificata, prima di sbottare contro la compagna:
“Ma che cazzo… Edgecombe, che cazzo hai fatto?! Sono nella tua squadra, imbecille!”
“Non mi importa niente di questo stupido gioco Jessica. Sei… sei una brutta stronza! E non ripetere mai più quelle cose su Tallulah!”
 
Shou spalancò gli occhi scuri, guardando Priscilla sconvolto mentre un silenzio di tomba calava sul gruppetto. Nessuno di loro, mai, l’aveva sentita dire una parolaccia prima di quel momento.
Malai si portò una mano alla bocca semi-aperta, mormorando qualcosa a proposito di Priscilla e di come “fosse diventata grande” mentre la Corvonero, alzatasi in piedi senza battere ciglio, mollava il suo fucile a terra. Chinatasi su Malai, Priscilla strofinò la mano sull’enorme chiazza di vernice blu ancora fresca che il Tassorosso sfoggiava sulla giacca nera imbottita prima di spalmarsene a sua volta un po’ sulla giacca.
Infine, ancora piuttosto seria, la ragazza si rivolse ai compagni:
“E ora, col vostro permesso, io me ne vado da Lily e Bel. Ciao.”
 
Senza aggiungere altro Priscilla si allontanò, incamminandosi verso la direzione intrapresa da buona parte dei suoi compagni precedentemente eliminati mentre un sorriso soddisfatto le piegava le labbra verso l’alto.

 
*

 
Quando vide Marley afferrare l’asta della barriera e poi schizzare rapida verso la direzione opposta mentre fiotti di vernice scarlatta volavano sopra le loro teste, Tallulah Rice stabilì che per quel giorno il suo dovere era stato fatto. Ora poteva smettere di fare l’eroina e tornare la solita Tallulah di sempre, ovvero quella che se ne sbatteva altamente.
“Vai Marley, corri! Io per oggi ho dato, mi sono rotta…”
 
“Tall, ma che fai?!”
Quando vide la compagna di Casa fermarsi invece di seguire Marley Hiro strabuzzò gli occhi neri, guardandola sorpreso mentre la bionda, invece, ruotava su se stessa dando le spalle alla direzione intrapresa dalla Tassorosso e si stringeva nelle spalle con tutta la nonchalance possibile:
“Non me ne frega niente, Marley può tranquillamente farci vincere da sola… Forza Shou, colpiscimi se vuoi, ti do il permesso di farlo, ma vedi di non rovinarmi la felpa!”
“Sei sicura?! Non è una trappola, vero?!”
Quando Tallulah vide la testa bionda dell’amico fare capolino da dietro un albero sorrise, annuendo divertita mentre Malai, dietro all’amico, si lanciava in un sentitissimo sproloquio sulle doti di Marley che però nessuno stette ad ascoltare.
 
Quando la vernice scarlatta di Shou la colpì Tallulah, che aveva serrato con decisione gli occhi, soffocò un gemito infastidito a causa dell’attrito prima di controllare seria i danni causati. Quando ebbe appurato che la sua felpa era sana e salva la Corvonero, sollevata, decide di cimentarsi in una scena madre gettandosi a terra e sbraitando qualcosa a proposito della morte, degli spiriti e della luce verso la quale stava andando.
Gli occhi chiusi, Tallulah udì dei passi dirigersi verso di lei prima di aprire gli occhi blu e ritrovarsi a guardare Hiro che, in piedi accanto a lei, le sorrise guardandola divertito:
 
“Sei viva, Principessa?”
Tallulah ricambiò il sorriso, annuendo prima di sollevare un braccio e accettare la mano che Hiro le porgeva per rimettersi in piedi mentre gli altri, ormai arresi all’inevitabile vittoria della squadra Blu, li raggiungevano.
“Sì, direi di sì. Ma spero davvero per il bene di Watrous che ci sia una bella ricompensa ad aspettarci, dopo tutta la fatica che abbiamo… che tu e Marley avete fatto!”

 
*

 
Theobald stava leggendo sorseggiando il suo tè in tutta calma, in placida attesa che uno o più studenti lo raggiungessero. Quando gli sembrò di scorgere una nota di colore tra gli alberi con la coda dell’occhio l’anziano insegnante sollevò di scatto la testa dal suo libro per cercare di capire quale squadra stesse vincendo e, soprattutto, di quale studente si trattasse.
Un sorriso si fece largo sulle labbra del mago quando scorse nientepopodimeno che la sua allieva prediletta correre a perdifiato tra gli alberi stringendo l’asta di una bandiera blu. In fin dei conti, si disse Theobald con una buona dose di orgoglio, avrebbe dovuto aspettarselo.
 
“Ecco… la… Bandiera. Ho vinto. Sì! La prego, mi dica che c’è una ricompensa…”
Marley avrebbe voluto conficcare l’asta della bandiera al suolo in una perfetta replica di una scena da film, ma si rese conto suo malgrado che era molto più difficile e che richiedeva molta più forza di quanto pensasse. Così la ragazza, che per quella giornata aveva quasi esaurito la sua scorta quotidiana di energie, decise di mollarla semplicemente per terra prima di gettarsi lunga distesa accanto al fucile per riprendere fiato mentre Theobald la guardava scandalizzato e quasi offeso:
“Oh, ma certo cara. Per chi mi hai preso, suvvia?!”
 

 
*

 
“Quando torni a trovarmi?!”
“Presto piccolina, promesso.”
“E io quando posso venire a te a fare i biscotti?!”
“Quando vuoi, basta che lo chiedi a Papino. Mi mancherai tantissimo!”
 
Inginocchiata sulle travi di legno del pavimento davanti al camino, Margot si allungò di nuovo verso Freya e stritolò la bimba nell’ennesimo abbraccio, stampandole un sonoro bacio su una guancia mentre Hakon aspettava alle sue spalle stringendo le braccia al petto e osservando spazientito la scena idilliaca: per quanto apprezzasse il rapporto che la sua amica aveva con la figlia, Margot stava “salutando” la bambina da circa venti minuti.
“Margi, pensi che ora sia arrivato il mio turno di salutare mia figlia o devo ripassare tra mezz’ora?”
“Uffa, come sei noioso! Va bene, ho finito. Ciao Scimmietta, ci vediamo presto, fai la brava e mangia le verdure.”
Margot prese delicatamente la testa della bimba con una mano e le depositò un bacio sulla tempia prima di sorriderle e alzarsi in piedi, cedendo il posto ad un Håkon improvvisamente sorridente.
L’ex Grifondoro prese il posto dell’amica, inginocchiandosi davanti alla figlia e sorridendole mentre la stringeva delicatamente tenendola per le spalle:
“Allora, Scimmietta… ti mancherà solo la zia?”
“No, anche Iris!”
Freya sorrise mentre indicava allegra il piccolo geco colorato del padre, che proprio in quel momento stava zampettando fuori dal taschino della sua camicia nera a maniche corte per raggiungere la sua spalla.
“Sì, certo, anche Iris. Papino invece può andarsene ai Caraibi quando finisce qui, o vuoi che torna a casa con te?”
“Non puoi andare ai Caraibi senza di me!”
Freya non aveva idea di cosa fossero i Caraibi, ma aggrottò indispettita la piccola fronte e guardò male il padre mentre Margot, in piedi spalle di Hakon, asseriva che valeva lo stesso anche per lei. Andare in vacanza ai Caraibi con quelle due somigliava più ad un incubo che ad una vacanza da sogno, e il mago si appuntò mentalmente di non mettere piede ai Caraibi per ancora diversi anni prima di scuotere il capo e sorridere dolcemente alla figlia:
“No, certo, scherzavo. Allora ti mancherò anche io nei prossimi giorni?”
“Sì, ma la Nonna ha detto che torni presto.”
Freya strinse le mani del padre e le fece dondolare leggermente, sorridendogli allegra mentre Hakon, ricambiando il sorriso, annuiva. Non vedeva l’ora di tornare a casa, anche più di lei.
“Sì, ormai manca poco… dopo ti porterò in spiaggia quando vuoi, promesso.”
 
La bimba parve rallegrarsi molto della promessa del padre, sorridendo e informandolo allegra di avere molti costumini nuovi da fargli vedere, tutti recenti regali da parte di Nonna Winnie. A quelle parole il padre si limitò ad alzare gli occhi scuri al cielo, evitando di ribadire davanti alla figlia che sua nonna le comprava sempre troppi vestiti.
“Sei sicura di aver preso tutte le scimmie?”
“Sì, Beau mi ha aiutato a contarle.”
Freya accennò al suo zaino stracolmo e magicamente ingrandito mentre il padre, annuendo, si alzava per prenderla per mano e condurla verso il camino:
“D’accordo, allora ti accompagno a casa e poi io torno subito qui, ok? Preferisco che non usi ancora la Metropolvere da sola, sei troppo piccola. Ciao Zia Margi!”
Di norma Freya avrebbe obbiettato, avrebbe sottolineato che lei non era affatto una bambina piccola e avrebbe cercato di convincere il padre a farle fare le cose da sola, ma la prospettiva di poter stare ancora un po’ con lui le impedì di sollevare proteste. Così, stretta la mano di Håkon, Freya si infilò ubbidiente nel camino accanto al padre prima di sorridere a Margot e agitare la manina destra nella sua direzione:
“Ciao Zia Margi!”
“Ciao tesorina.”
Margot ricambiò teneramente il sorriso, muovendo piano la mano in direzione della bimba poco prima che lei e il padre sparissero grazie alla Polvere Volante.
Rimasta improvvisamente sola nella stanza, Margot rimase dov’era per qualche istante prima di dirigersi verso la cucina, consapevole che i colleghi fossero alle prese con i ragazzi e la nuova attività del Professor Watrous proprio in quel momento. Chiedendosi divertita come se la stessero cavando, Margot stava per aprire il frigo per prendere il latte e prepararsi una tazza di tè – vero, questa volta – quando i suoi grandi occhi blu indugiarono sullo sportello del frigo.
Attaccato con un magnete a forma di fiorellino, figurava un disegno che fino a quella stessa mattina non c’era. Dimenticatasi momentaneamente del latte Margot prese il foglio bianco e lo staccò delicatamente dal frigo, osservandolo brevemente prima di sorridere.
5 persone, quattro uomini e una donna – che era alta quasi quanto quello vestito di nero e con i capelli neri, giudicò divertita la strega – stavano seduti a dei tavolini rosa insieme a degli ammassi marroni che Margot ricondusse alle scimmiette e ad una bambina sorridente con lunghi capelli castani e ricci.

 
*

 
Quando apparvero nel salotto della casa in riva al mare dei suoi genitori Hakon aiutò Freya ad uscire dal camino prima di fare altrettanto, facendo attenzione a non sbattere la testa dopo anni e anni di dolorose testate e conseguenti imprecazioni.
Né Winnifred né Willhelm si trovavano nella stanza, e Hakon approfittò degli ultimi istanti di solitudine con la figlia che gli restavano per chinarsi su di lei e pregarla di fargli un ultimo, piccolo, immenso favore:
“Freya, amore, per favore non dire alla nonna e al nonno che Papino si è fatto mettere lo smalto…”
Ma Håkon non fece in tempo ad ottenere una risposta dalla figlia, perché sua madre irruppe nella stanza asserendo che le era sembrato di sentire dei rumori in soggiorno prima di correre dal figlio e stritolarlo in un abbraccio.
“M-mamma, mi soffochi…”
“Ma come faccio a soffocarti se sono metà di te, sei un lagnoso! Ciao piccolina, come è andata da papà?”
Lasciato andare il figlio Winnie si chinò sulla nipotina per abbracciarla mentre Håkon guardava suo padre unirsi al quadretto familiare entrando nella stanza. L’astronomo ebbe appena il tempo di salutarlo, perché subito dopo la vocina trillante di Freya riempì la stanza e catalizzò su di sé l’attenzione di tutti i presenti:
“Zia Margi ha messo lo smalto rosa glitter a Papino!”
 
La bambina si premurò anche di indicare le mani del padre, che si sentì raggelare e cercò di nascondere le mani nelle tasche prima che i genitori potessero scorgergli le unghie, ma invano. Un istante dopo il soggiorno si riempì delle grasse risate di Winnifred e Willhelm, che decretarono di adorare l’amica del figlio con le lacrime agli occhi mentre Hakon, scuro in volto, sibilava qualcosa a proposito della Groenlandia e di come ci sarebbe tornato immediatamente per starsene isolato dal resto dell’umanità, se solo non avesse avuto una figlia.
 
 
Quando pochi minuti dopo Håkon fu di ritorno allo chalet si ritrovò nel salone deserto. Uscito dal camino, Hakon si spolverò con gesti rapidi e decisi la cenere dalle spalle mentre si guardava attorno torvo, perlustrando la stanza alla ricerca della sua migliore amica, quella traditrice.
“MARGOT! VIENI SUBITO A TOGLIERMI QUESTA ROBACCIA ROSA APPICCICOSA!”
 
Margot sedeva sola in cucina, un libro in mano e la tazza di tè nero e il bricchetto del latte vuoto davanti. Quando sentì la voce profonda dell’amico tuonare dal salone represse a fatica una risatina, ribattendo con tono angelico che aveva sbadatamente rovesciato il flaconcino dell’acetone giusto poco prima.
“Non c’è un incantesimo per farlo sparire?! Margi? Margi, rispondimi, sento che stai ridendo!”
 

 
*

 
Marley era felice che la sua squadra avesse vinto nel Paintball e di essersi guadagnata la rivincita dopo aver perso per un soffio nella caccia alla bandiera organizzata dal Professor Watrous qualche settimana prima. Ed era stata ancor più felice quando il professore si era presentato alla loro porta con una pila di cartoni di pizze fumanti “per le brillanti vincitrici”.
Subito dopo cena però la Tassorosso si era ritirata nella stanza che condivideva con Lilian, Tallulah, Priscilla, Blodwel e prima che la Corvonero venisse mandata a casa a seguito della scoperta da parte dei professori del suo “problema con i libri” anche con Amelie.
Distesa supina sul suo letto, Marley giocherellava distrattamente con la sua amata e inseparabile bussola mentre Leith, seduto sulla porzione di cuscino accanto alla sua testa, le solleticava i capelli castani e l’orecchio di tanto in tanto, come a chiederle il perché di quell’insolita carenza di energia.
 
Quando Lilian aprì la porta della stanza e vi trovò Marley, sola e distesa sul suo letto completamente vestita, non riuscì a trattenere la sorpresa: era un evento raro non solo vederla sola, ma soprattutto giù di tono e senza far nulla.
“Oh, ciao Marley. Scusa, non volevo disturbarti, mi serve solo prendere una cosa.”
“Non preoccuparti, non sto facendo niente, non mi disturbi.”
 
Marley non si mosse dal letto mentre Lilian attraversava la stanza per recuperare un libro, continuando a giocherellare con la sua bussola senza far caso a Leith e alle attenzioni che il suo affezionato Asticello stava cercando di reclamare.
“Pensi che a Malai passerà presto?”
Lilian continuò a frugare tra le proprie cose senza voltarsi verso la Tassorosso, annuendo distrattamente e liquidando il discorso con un movimento sbrigativo della mano:
“Oh, sì, non preoccuparti. Le statistiche dicono che dovrebbe assillarti per un’altra settimana e poi dimenticarsene il giorno seguente. Speriamo solo che non ritenti con un’altra serenata, ieri l’ho sentito pregare Prisci di fargli da accompagnamento col violino…”
Lilian alzò gli occhi al cielo, voltandosi verso la compagna di stanza dopo aver finalmente recuperato ciò che stava cercando.
Solo allora la Grifondoro notò l’espressione accigliata della Tassorosso, chiedendole se ci fosse qualcosa che non andava prima di ricevere un diniego poco convinto.
Dicendosi che probabilmente Marley preferiva stare sola Lilian uscì presto dalla stanza; si era appena chiusa la porta alle spalle quando un pensiero improvviso la colpì: per certi versi aveva dell’assurdo, ma si domandò comunque come avesse fatto a non pensarci prima di quel momento.
 
A Marley piaceva Malai?!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
…………………………………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:
 
Buonasera mie care autrici <3
Spero che questo capitolo assurdamente lungo vi sia piaciuto, che abbiate apprezzato la presenza di quella batuffolina di Freya e anche il paintball di Theobald. Scusate se non mi sono soffermata esageratamente su quest’ultimo aspetto, ma il capitolo era già chilometrico così e non volevo renderlo troppo “pesante”. Come sempre vi ringrazio per le recensioni, scusate se negli ultimi mesi non rispondo quasi mai, ma sappiate che le apprezzo sempre davvero tanto.
Ci sentiamo tra un paio di settimane, quasi sicuramente sempre nel weekend, con l’ultimo capitolo (Epilogo escluso) della storia. *Rumore di cuore che va in frantumi* Nel frattempo alla settimana prossima con MOTRE, per chi partecipa anche lì.
 
Buona serata e a presto,
Signorina Granger
   
 
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