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Autore: MaryFangirl    14/03/2022    1 recensioni
Kaede Rukawa, ex matricola dello Shohoku, finalmente sta realizzando il suo sogno; ma troppo presto, tutto sembra andare a rotoli. Dall’altro lato, Hanamichi Sakuragi, autoproclamato genio e re dei rimbalzi, si trova a un bivio su quale college scegliere per il suo prossimo futuro.
Cercare risposte e prendere decisioni, è così che le strade di entrambi si incrociano di nuovo, iniziando un inedito viaggio che li porterà a conoscersi come non avrebbero mai pensato di fare.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altro personaggio, Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: Lemon, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Ci siamo, questo è l’ultimo capitolo, quello per cui tecnicamente avrei dovuto mettere rating rosso...perché si arriva a scene esplicite e molto molto calde :) però so e mi piace che possano leggere anche persone non iscritte al sito, dunque per stavolta chiudo un occhio e lo lascio arancione, dopotutto io stessa a 14 anni leggevo cose vietate ai minori (e non credo di essere l’unica!).
Spero però che nessuno rimanga troppo sconvolto, per cui se descrizioni di rapporti sessuali dettagliati non sono di tuo gradimento, questo capitolo non fa per te!
Mi raccomando :D ne approfitto per salutare e ringraziare chi ha letto e apprezzato questa storia, il fandom di SD ancora non si libererà di me ^^ per chi vorrà, a presto.
 
 
 
Il chiaro e sonante ‘swoosh’ che la palla emetteva quando attraversava la rete del canestro accelerarono facilmente ma al tempo stesso calmarono leggermente le vibrazioni e i nervi che aveva a fior di pelle. Il suo cuore batteva e pulsava per l’eccitazione. Il suo respiro era irregolare per via dello sforzo. La sua pelle bianca brillava a causa delle forti luci e il sudore della fatica.
 
Ma non si sarebbe arreso.
 
Lui e la sua squadra erano determinati e concentrati sulla vittoria; a fare ciò che sapevano fare meglio, a dimostrare il loro valore, il loro talento e abilità; erano disposti a esibirsi in tecniche al limite dell’impossibile e incoerenti a patto di essere infine incoronati come i migliori, come la migliore squadra universitaria del paese.
 
Lo sentiva nei muscoli, lo vedeva sui volti dei suoi compagni – sia quelli in campo che in panchina -, tutti erano esausti e al limite delle forze fisiche e mentali, ma non si sarebbero arresi, non al punto in cui erano arrivati. Non quando in ogni partita precedente avevano lottato fino alla morte, con il sangue, con il sudore e il dolore. Si erano sacrificati, allenati, battuti, allenati ancora di più, lottato con più forza per essere lì, ora.
 
Vincere quella partita li avrebbe portati a un solo passo dal disputare l’attesa e ambita finale del campionato accademico. Non potevano perdere ora. No, in alcun modo. Tutti i ragazzi in campo si guardarono e annuirono con determinazione, entusiasmo, con la potenza dei vincitori.
Se anche fossero morti quella sera dopo quella maledetta battaglia, avrebbero lasciato in campo le loro anime, e gli ultimi momenti sarebbero stati pieni di orgoglio e soddisfazione.
 
Kevin, con la sua statura alta e i capelli ricci ancora più lunghi, corse verso il tabellone con tutta la forza delle sue lunghe e potenti gambe, palleggiando con la mano destra; i suoi compagni si misero in posizione e aspettarono, bloccando gli avversari per non farli interferire, sapendo cosa la giovane stella intendesse fare, e infatti con un semplice balzo e alzando le braccia, segnò una tripla che permise loro un leggero vantaggio.
 
Urla di euforia, disperazione e nervi spezzarono l’atmosfera dell’immensa palestra che li ospitava, ma i fan che avevano viaggiato per sostenerli si facevano sentire con le loro esclamazioni e grida di incoraggiamenti. Il coach Williams indicava e segnalava con le mani di proseguire, di pressare ancora.
 
E lo fecero.
 
Quando finalmente il fischio segnò il termine della partita, tutti i ragazzi di entrambe le squadre si avvicinarono e si congratularono per l’ottimo lavoro, nonostante le scaramucce e i falli commessi pochi minuti prima.
 
I Tar Heels del North Carolina, quasi campioni, si diedero il cinque e gridarono per la vittoria. Molte persone del pubblico scoppiarono a piangere e urlarono freneticamente. La stampa locale e nazionale si accostò per parlare con le stelle della squadra – Riccio, Nano e Rukawa – congratulandosi e chiedendo brevi commenti sulla partita, ponendo domande su cosa si aspettavano per l’imminente finale. Dopo trascorsero lunghi minuti a fare foto con i fan e a firmare magliette o quaderni.
 
In seguito i giocatori esausti si incamminarono felici verso gli spogliatoi, lasciando uno stadio con la squadra locale piena di tristezza e delusione per aver perso a un passo dalla finale.
I Tar Heels invece cantarono con entusiasmo e stonando mentre facevano la doccia, altri risero intanto che si cambiavano. L’atmosfera del luogo era pregna di vittoria e felicità. L’allenatore, gli assistenti e la squadra medica entrarono per salutarli e congratularsi per l’eccellente lavoro svolto.
 
Ci furono lacrime e parole di orgoglio, ma tutti sapevano molto bene che non era ancora finita.
La maggior parte dei giovani propose e acconsentì di andare a festeggiare, altri, tra cui Kaede, rifiutarono l’offerta per via di altri impegni, ma promisero un’ulteriore celebrazione a cui avrebbero tutti partecipato.
L’inalterabile impegno di cui aveva parlato Kaede era incontrare i suoi genitori all’uscita del parcheggio – ormai una tradizione – per poi andare a cenare in un ristorante di lusso, dove mamma Rukawa avrebbe parlato di ogni meravigliosa giocata di suo figlio durante l’altrettanto meravigliosa partita. Kaede naturalmente rimase al margine da tutto ciò, grato ovviamente a sua madre e al suo sostegno incondizionato, ma desiderando essere da un’altra parte, in particolare a casa, alla sua scrivania, davanti al computer...parlando con Sakuragi.
 
Erano passati due mesi dall’ultima volta che aveva visto il turbolento ragazzo dal vivo, ma ogni giorno pareva un anno e ogni videochiamata sembrava durare cinque minuti. Mai nella sua giovane vita aveva creduto che fosse possibile sentire così tanto la mancanza di una persona. Ogni volta che vedeva il suo viso, era colto dalla stupida, ridicola e patetica voglia di baciare lo schermo, di infilarci la mano e raggiungere l’immagine perfetta che proiettava.
 
Era ossessionato? Uhm...forse un po’. Ma non aveva mai previsto che durante quelle settimane di assenza i sentimenti che nutriva sarebbero aumentati in quel modo. Era così idiota che le cose che un tempo a malapena tollerava di Hanamichi, ora le trovava tenere e divertenti; le cose che aveva odiato erano diventate sopportabili e ogni elemento, ogni parte, gesto, tic, risposta, colore, odore e aspetto della sua personalità che gli erano piaciuti, ora credeva di...adorarli.
 
Nessuno più di lui era spaventato, terrorizzato da tutto ciò, ma era anche emozionato e incantato, perché mai aveva immaginato che uno come lui potesse avere sentimenti di quell’intensità.
 
La stessa intensità che lo portava a muovere con impazienza la gamba e le dita. Guardò l’orologio al polso e gemette internamente. L’idiota stava sicuramente correndo in quel momento...con quelle maledette quasi 14 ore a separarli, contattarsi non era così facile, ma facevano quello che potevano.
 
Nelle ultime settimane Kaede aveva avvertito un cambiamento nel ragazzo; lieve ma palpabile per uno che lo conosceva bene – cosa di cui poteva leggermente vantarsi. Sapeva che Hanamichi doveva essere nervoso per il suo imminente e quasi permanente arrivo in America entro poche settimane, ma pensava che non si trattasse solamente di quello.
 
Una cosa che lo infastidiva realmente era che Hanamichi non era tornato sull’argomento dopo aver detto con apparente disinvoltura che non sarebbe andato in Kentucky; era stato tutto ciò che aveva commentato sul suo viaggio e i suoi piani per il futuro, lasciandolo quasi sull’orlo della disperazione e della curiosità. Molte volte aveva dovuto mordersi la lingua per non fare domande impazienti o irritate, perché non voleva creare un’atmosfera di disagio, era già sufficiente che fossero su diversi livelli emotivi – l’uno a offrire amicizia e l’altro a desiderare, non così segretamente, qualcosa di più.
 
“Tesoro, sembri stanco, non devi rimanere con me e papà tutta la sera, perché non vai a casa?” gli chiese sua madre, il viso corrugato dalla preoccupazione.
 
Kaede, che non voleva offenderla, ma che aveva – davvero – voglia di andarsene, la guardò dritto negli occhi; nel blu così simile al proprio di sua madre c’era uno strano bagliore, un messaggio difficile da decifrare. Ed era un’altra cosa che ultimamente l’aveva alterato. Sua madre sembrava più allegra del solito da qualche settimana. Non che gli desse fastidio che sua madre fosse felice, ma trovava strano che fosse successo di punto in bianco. Se i suoi genitori non fossero stati un po’ in là con l’età, Kaede avrebbe persino pensato che forse sarebbe arrivato un fratellino o sorellina, ma aveva scartato l’idea.
 
La domanda persisteva, che stava succedendo? L’unico indizio erano le strane chiamate che la donna aveva fatto e ricevuto nei precedenti giorni. Kaede, dato che stava per arrivare il periodo delle vacanze, aveva pensato che sua madre stesse organizzando un incredibile viaggio in famiglia.
 
Chissà dove ci porterà stavolta, aveva quasi timoroso ricordando l’ultimo viaggio che i tre avevano fatto un anno prima, organizzato da sua madre con insolito entusiasmo: nello specifico...a DisneyWorld.
 
Kaede si era giurato che prima o poi avrebbe cancellato le foto di lui, a 18 anni, con addosso gigantesche orecchie da topo.
 
“Va bene” rispose, cercando di notare un qualsiasi segno di disgusto o rifiuto negli occhi di sua madre, ma lei parve più che felice e soddisfatta. Suo padre, che pareva altrettanto compiaciuto, gli lasciò dei soldi per il taxi. Grazie a chissà quale divinità, la squadra con cui avevano disputato la semifinale era vicina a casa, quindi non avrebbe impiegato ore per rientrare.
Il tragitto verso casa avvenne in fretta e senza problemi, cosa che apprezzò perché altrimenti si sarebbe addormentato.
 
Entrando dall’ingresso, non si preoccupò di chiudere tende, accendere luci o aprire finestre per ventilare, il suo unico obiettivo era la sua stanza e il suo pc. Gettando la borsa in un angolo, Kaede accese il portatile, e mentre si caricava ne approfittò per cambiarsi e darsi una pulita. Quando aprì la chat e l’account di Skype, tuttavia, scoprì che GenioSaku2.0 non era connesso.
 
Si accigliò, scrivendogli poi: ‘Connettiti, stupido’.
 
Mentre aspettava l’idiota, andò di sotto per fare quello che avrebbe dovuto fin dall’inizio – chiudere le tende, aprire le finestre e accendere qualche luce – e in bagno per lavarsi i denti e la faccia. Tornò tranquillamente verso la sua scrivania e guardò il profilo.
 
GenioSaku2.0 – non connesso, diceva il dannato schermo.
 
Kaede grugnì, trascinandosi sulla sedia. Dov’è quell’idiota? Gli avevo detto che ci sarei stato quest’ora...tsk, imbecille...
 
Rimase lì a non fare nulla per circa 30 minuti prima di chiudere furiosamente il pc e scendere a guardare un po’ di tv. Sapeva che se fosse rimasto in camera sua, avrebbe potuto trascorrere ore davanti al portatile aspettando una risposta.
 
Sdraiandosi senza decoro sul divano, guardò la replica di una partita che aveva commentato con Hanamichi qualche giorno prima.
 
Sakuragi..., pensò, ho detto qualcosa...ho fatto qualcosa l’ultima volta?, si chiese, accigliato e fissando distrattamente il televisore, ricordando nel dettaglio l’ultima volta che avevano parlato, solo due sere prima.
 
Tuttavia pensò che se c’era uno tra di loro che si stava comportando in maniera anomala dal solito, ultimamente, era proprio Sakuragi, che da circa due settimane sembrava arrabbiarsi più facilmente o cambiare umore da un secondo all’altro. Inoltre sembrava che lo fissasse più spesso, cosa che lo rendeva un po’ nervoso, poco abituato all’espressione seria e intensa dei suoi occhi castani su di sé: sul proprio viso, il collo, le spalle, in modo così...così...
 
Hanamichi sembrava misurarlo o memorizzarlo. Assorbirlo. Mangiarlo...
 
Cosa che, anche se non era sgradevole, non era neanche un bene per la sua salute mentale, perché gli dava speranze e aumentava le sue fantasie – sessuali.
 
Era già fantasioso permettersi di pensare che, a prescindere da quale squadra Hanamichi avrebbe scelto, Duke o North Carolina, gli avrebbe permesso di soggiornare lì per tutto il tempo e durante la sua crescita. A volte gli piaceva pensare di avere una possibilità, e altre si permetteva di concludere che la presunta reazione di uno come Sakuragi alla dichiarazione di un altro ragazzo sarebbe stato un pugno; ma Hanamichi, al contrario, non aveva reagito negativamente, né aveva risposto con scherno o aggressività. Era rimasto in silenzio, consentendo anzi di continuare con l’amicizia.
 
Doveva significare qualcosa...no?
 
Forse avrebbe potuto provare con un approccio fisico. Sakuragi, dopotutto, era un ragazzo, un uomo, il che significava che si scaldava con tutto ciò che si muoveva. Beh, lui si muoveva, e lo avrebbe fatto ancora meglio se avesse saputo di poter attirare la sua attenzione. Grazie ai vari video che aveva visto nei giorni precedenti su Internet, poteva dire – non senza un certo orgoglio – che aveva imparato molto sul sesso, sulle tecniche di seduzione, su come accendere facilmente e rapidamente un uomo, e sarebbe stato ancora più fattibile con un ragazzo di 19 anni.
Sbuffò, scuotendo il capo e continuando a guardare la partita in tv.
Quella era la cosa brutta di trascorrere molte ore della notte da solo: la sua mente vagava e sviava lungo percorsi così ridicoli e impossibili.
 
Con gli occhi semichiusi, alzò lo sguardo per vedere l’ora. L’orologio digitale sul tavolino diceva 22.52. La sua fronte si corrugò immediatamente.
 
Perché i miei genitori non sono ancora arrivati...?, Kaede doveva ammettere di non essere esattamente il figlio perfetto o prodigio che qualunque genitore avrebbe voluto, ma voleva bene ai suoi e si preoccupava per loro, per cui fu sorpreso di vedere che era tardi e loro ancora non erano a casa, nemmeno quando uscivano per il loro anniversario stavano fuori tanto.
 
Kaede, che pensava già di andare a dormire fino alla successiva era glaciale, andò prima al telefono per chiamarli. Ci furono diversi squilli, che lo preoccuparono ancora di più. Sua madre non ci metteva mai tanto a rispondere. Quindi riprovò.
 
“Kaede, figliolo?” la voce squillante e leggera di sua madre giunse alle sue orecchie. Kaede arricciò le labbra quando si accorse che si era inquietato invano, pensando di risultare un ragazzino che non poteva stare un’ora senza i suoi genitori.
 
“Chiamavo solo per sapere quando tornate” rispose con indifferenza e stanchezza. Sua madre rise.
 
“Ah, Kaede, non preoccuparti per noi. Tu pensa a divertirti...buona serata” disse prima di riagganciare.
 
Kaede guardò male la cornetta prima di rimetterla al suo posto.
 
Ora si che è strana...o alticcia..., si disse, spegnendo il televisore.
 
Sul punto di salire le scale, però, si stranì nel sentire alcuni decisi ma calmi colpi alla porta d’ingresso. Inclinò la testa, dubbioso.
 
Chi può essere così tardi...?, si chiese avanzando con decisione e preparandosi a un assalto dallo sconosciuto dall’altra parte. Quando aprì piano, però, una forte spinta lo fece rinculare, intravedendo solo un assaggio di una luce blu, nera e rossa con la coda dell’occhio.
Riacquistando rapidamente l’equilibrio, si rivolse all’intruso con il più feroce sguardo assassino, pronto a combattere per difendere la sua casa.
Ma lì, in piedi e al centro della sala, con un viso stanco ma sorridente, una valigetta nera appoggiata a terra e una grossa borsa blu sulla spalla, c’era Hanamichi Sakuragi, autoproclamato genio e talentuoso giocatore dello Shohoku e del Giappone.
 
“S-Sakuragi...” mormorò con reale stupore, totale sorpresa, un po’ di irritazione e genuino incanto. Era tutto strapazzato. Il suo stomaco gli cadde ai piedi e il suo cervello si sciolse.
 
Non è possibile.
 
Non...probabilmente mi sono addormentato sul divano...questo è solo un sogno...
 
È solo un sogno...questo idiota non può essere davvero qui...dovrebbe arrivare tra almeno tre settimane...non verrebbe mai prima sprecando l’occasione di stare con la sua famiglia e gli amici...
 
Non è qui...
 
È un sogno, Kaede...un’allucinazione...
 
Se lo ripeté più volte, sentendo il proprio cuore che cominciava a martellare dolorosamente contro le costole. Il suo stomaco era tutto un pasticcio e la gola era annodata come se avesse mangiato un intero buffet.
 
“Tsk! È così che accogli gli ospiti, volpe maleducata?! Non riesco a credere che tu sia imparentato con mamma Rukawa, siete diversissimi!” urlò e rise con voce caratteristica il sogno che sicuramente si stava svolgendo.
 
Ma è...così reale..., si disse, bevendo l’immagine perfetta che aveva di fronte, i jeans scuri che fasciavano meravigliosamente le sue gambe toniche e una maglietta a maniche lunghe bianche visibile sotto una leggera giacca rossa.
 
“Ehi, idiota! Mi aiuti o no?!” urlò di nuovo, indicando il borsone blu.
Kaede sbatté le palpebre e per inerzia ricevette il pesante bagaglio.
 
Entrambi, ciascuno nel proprio mondo, salirono al piano di sopra, con davanti la scimmia che, disinvolto e sicuro, si diresse verso la stanza degli ospiti. Kaede si accigliò profondamente, pensando subito che la stanza doveva essere piena di spazzatura e scemenze che i suoi genitori infilavano lì quando non sapevano dove altro metterle, ma quando si aprì la porta, Kaede si imbatté in una camera pulita e ordinata, con il letto pronto a essere utilizzato.
 
Mamma...?
 
Lei...sapeva...?
 
“Tu...perché sei qui...?” chiese, rendendosi stupidamente conto che Hanamichi era davvero di fronte a lui e stava lasciando le valigie nell’armadio, togliendosi con calma la giacca che l’aveva riparato dal vento autunnale. Hanamichi si voltò e sorrise, indicando la porta.
 
“Meglio se scendiamo” disse in un raro gesto di serietà e calma. Hanamichi, con le mani nelle tasche, fece strada, e Kaede non poté fare a meno di seguirlo, tenendo lo sguardo fisso sulla sua schiena fino al divano, dove entrambi si accomodarono su ciascuna estremità con cautela.
 
Il silenzio era teso e pieno di aspettativa, entrambi avevano così tanto da dire, non sapendo come diamine iniziare o esprimersi.
Hanamichi, esausto per il volo, stava collassando dopo quelle ultime stressanti settimane e, nervoso per essere finalmente vicino a Kaede, si agitò senza sapere dove o come mettere le mani. Kaede, che lo guardava con labbra leggermente socchiuse, non poteva credere che fosse tutto vero. La scimmia, il ragazzo che sognava e su cui fantasticava da tre mesi, era lì davanti a lui, a sfregarsi le mani con nervosismo.
 
Dovrei essere io a comportarmi così, pensò vagamente.
 
“Ho deciso di unirmi ai Tar Heels...” Hanamichi ruppe il silenzio, alzando gli occhi per incontrare direttamente quelli blu e attoniti di Kaede, che non poté aprire bocca perché l’altro continuò: “dopotutto, avete urgente bisogno di un’ala grande talentuosa come il genio! Ahahaha!” scherzò, gettando indietro la testa in un gesto palesemente forzato.
L’aria era troppo tesa e nervosa.
 
“Idiota” fece Kaede con un sorrisetto.
 
Sakuragi rimarrà qui...verrà nel North Carolina...è già qui...
 
Era stupido, sciocco e patetico, ma Kaede ancora non riusciva ad elaborare tutto in modo ragionevole e coerente; stava accadendo tutto troppo velocemente. Non era ancora in grado di processare ogni cosa. Beh, solo pochi minuti prima era su quello stesso divano sul punto di addormentarsi mentre guardava la replica di una partita e ora...Hanamichi era qui e lo stava guardando imbarazzato e agitato.
 
Inoltre poteva essere un errore quello di voler leggere troppo nelle azioni del suo oramai compagno di squadra.
Cosa significava il suo arrivo in North Carolina? Era solo per la squadra? Voleva che fossero amici? Perché con così tanto anticipo?
Tante domande e poche risposte...
 
Cosa importa, Kaede...è qui..., si disse, rimproverandosi e con confusione, incapace di trattenere una piccola risata nervosa.
 
“L’idiota sarai tu quando ti metterò in ombra con le mie abilità, scemo! Nessuno potrà mettersi contro il genio, ahahah!” rispose Hanamichi senza impeto né rabbia, anche se sentiva che i suoi muscoli chiedevano riposo, ma mentalmente era rilassato e calmo, finalmente in pace. Non avrebbe mentito dicendo di non aver sentito una pugnalata dolorosa nel salutare sua madre e i suoi amici ore prima all’aeroporto in Giappone, ma avrebbe potuto fare un’unica eccezione e ignorarla, tutto per poter guardare quel maledetto Rukawa, che l’aveva tormentato tanto, tanto, durante l’ultima settimana.
 
Hanamichi doveva ammettere che senza il bacio ad Haruko o la lunga e sentita conversazione con il suo caro Yohei settimane prima, molto probabilmente sarebbe stato ancora in fase negazione, o in uno stato di assoluto terrore e imbarazzo; ma ora non più.
 
Aveva paura, sì; era nervoso, anche. In ansia, ovviamente. Ma felice e in attesa di sapere la sua risposta.
 
“Siamo ancora pari, stupido, l’ultima partita non conta” gli ricordò Kaede, strappandolo dai suoi pensieri. Kaede, abbassando un po’ la guardia, si concesse di rilassarsi contro i morbidi cuscini del divano. Apparentemente niente sarebbe cambiato tra loro, concluse, non senza una certa dose di soddisfazione e dolore mischiati. Sarebbero continuati i litigi, gli epiteti, gli insulti, le sfide, ma anche le risate.
Forse lui poteva desiderare di più, ma probabilmente non era ancora il momento.
 
E forse non lo sarà mai...
 
“Come sarebbe, non conta?! Questo genio ti ha spazzato via, perdente!” lo accusò con il dito, indicandolo, mentre Kaede si limitò ad alzare il sopracciglio.
 
“Hai già firmato e tutto quanto?” chiese poi con sincera curiosità, dato che l’immagine disordinata ed esausta di Hanamichi dimostrava che era arrivato direttamente dall’aeroporto, e non che avesse firmato documenti o fatto lunghi discorsi.
 
“No, non ancora...il vecchio Dan mi accompagnerà domani” rispose guardandolo con un piccolo sorriso. Kaede ricambiò lo sguardo, ma lo abbassò sulle sue labbra carnose e sensuali.
 
“Tu...non pensare che il genio se ne stia approfittando o altro, dannato! Ho...parlato con i tuoi genitori e mi hanno detto che posso restare per tutto il tempo necessario...ma comunque cercherò un appartamento...non voglio...approfittare...”
 
“Non devi farlo” lo interruppe troppo in fretta, ma tenendo la voce bassa e svogliata. “I miei genitori saranno felici di averti qui...” disse per poi voltarsi verso il televisore spento, “...e anch’io”
 
Entrambi deglutirono rumorosamente. Tutti e due si maledissero perché stavano dicendo e non dicendo ciò che avevano in mente.
 
Kaede ebbe voglia di sbattere la fronte sul pavimento per quanto si stava comportando da idiota.
 
Bel modo di allontanarlo...bravo, Kaede...probabilmente già domani sarà fuori casa..., si disse trattenendo un ringhio rispetto al proprio commento fuori luogo.
 
Hanamichi, invece, era seccato e irritato con se stesso.
 
Com’è che il re dei ghiacci dice cose migliori di me?! Argh, maledetto Rukawa! Ma non batterà il genio! Non in questo!
 
“Te l’ho già detto una volta, sciocco” cercò Kaede di chiarire, senza guardarlo, “il fatto che io...provi qualcosa...non significa che non possiamo essere...amici” l’ultima parola gli lasciò sulla lingua un sapore pesante e agrodolce, perché anche se da una parte lo confortava, faceva male pensare che non sarebbe mai successo niente...ma era disposto a tutto per averlo nella sua vita.
 
“Ah...” Hanamichi rise sarcasticamente e piano, facendo accigliare l’altro.
 
E ora cos’ha questo idiota?
 
“Non solo sei una volpe puzzolente, dannazione, sei anche stupido!”
 
Kaede aprì le labbra per lo stupore. Non di nuovo, si disse ricordando l’ultimo grande litigio che avevano avuto, quella volta in cui Hanamichi aveva frainteso il suo bacio. Chissà che porcheria stava inquinando i pensieri di quello stupido. Kaede si alzò per imporre la sua statura, e l’altro lo imitò per ritrovarsi faccia a faccia. Si guardarono fieramente.
 
“Dovresti essere quello intelligente...” continuò Hanamichi con un tono più basso ma altrettanto fermo.
 
“Di che diavolo stai parlando, stupida scimmia? Che scemenza è entrata nella tua testa?” Kaede cercò di rimanere calmo e paziente, se fosse esploso ci sarebbe stata una battaglia sanguinosa. E di sicuro la mamma mi uccide se rompiamo qualche mobile. Pertanto la cosa migliore era rimanere calmo e scoprire cosa cazzo aveva quell’idiota in mente.
 
“Perché pensi che sia venuto quasi un mese prima, cretino?! Sì, ero entusiasta di vedere la squadra...ma ho una madre, degli amici e una vita in Giappone, stupido! Credi che sia così egoista e insensibile?! Mi sono chiesto più volte se stavo facendo la cosa giusta! Ma Yohei e i ragazzi mi hanno detto che andava bene, che era tutto a posto. Quindi...sono venuto! Un mese prima! Ho lasciato mia madre un mese prima, volpe!” il viso normalmente abbronzato di Hanamichi ora era rosso e un po’ sudato, ma non poteva farci niente. Era arrabbiato, irato, frustrato ed esausto...e stanco, specialmente per via di quel maledetto testardo che non capiva.
 
“Tsk, pensi che legga nel pensiero, idiota? Avrai le tue ragioni...” lo interruppe Kaede, seccato dal discorsetto sentimentale e senza senso.
 
“Sì! Tu, maledetto egoista, pigro, presuntuoso, viziato, bradipo, freddo, orgoglioso, indifferente! Sono venuto prima per te!”
 
Il silenzio cadde su di loro con velocità e forza, come una palla attraverso la rete dopo un glorioso e poderoso slam dunk. Nessuno dei due osò guardarsi negli occhi o indietreggiare o spostarsi.
Rimasero lì fermi a lottare con le loro battaglie interne.
Kaede era troppo stordito per reagire appropriatamente. Sapeva quello che aveva sentito e cosa significava.
 
Hanamichi...è venuto per me...?, poteva significare una sola cosa, perché potevano essere buoni amici, ottimi rivali in campo, ma nessuno abbandonava la famiglia e gli amici per un semplice...amico...
 
Cosa significava tutto ciò? Che la scimmia provava le stesse cose? Lo ricambiava?
 
Ma come...? E perché non mi ha detto niente prima..., ricordò il comportamento bizzarro che l’altro aveva dimostrato ultimamente; i costanti sguardi penetranti, i rossori inattesi, i commenti senza senso, le domande intime, i sorrisi quasi teneri.
 
Forse...lo sapeva già da lì..., per quello oggi era lì? Per dirglielo in faccia?
 
Bene, bene...
 
Messaggio ricevuto, pensò, lasciando che ogni cosa penetrasse nel suo sistema e venisse elaborato a una velocità vertiginosa. Se Hanamichi provava lo stesso, ora poteva avvicinarsi? Entrare nel suo spazio personale? Abbracciarlo? Baciarlo e stringersi a lui? Portarlo nella sua stanza...?
 
Mentre la volpe rimuginava sulle sue fantasie sconce, Hanamichi rimase immobile per la vergogna. Non era, ovviamente, la prima volta che si dichiarava a qualcuno (erano 52 per l’esattezza), ma era la prima che lo faceva sapendo quale sarebbe stata la risposta dall’altra parte. Ed era ancora più nervoso di quello che doveva succedere dopo.
 
Dovevano uscire insieme? Erano automaticamente fidanzati? Uno doveva chiederlo all’altro? Erano entrambi uomini ma non solo, il destinatario dei suoi sentimenti era il dannato Rukawa – in tutto il resto del maledetto pianeta -, cioè, come sarebbe stata una relazione con quella volpe dormigliona ed egoista? Dovevano...tenersi per mano? Andare al cinema? Comprarsi cose?
 
Hanamichi, in una conversazione estremamente imbarazzante e irripetibile con i suoi amici dell’Armata, aveva condiviso moderatamente ciò che era successo con l’ala dei Tar Heels: certamente tralasciando i dettagli più vergognosi, ma ammettendo in termini generali che forse lui e la volpe non erano solo buoni mici. Yohei, che aveva avuto più tempo per elaborare e digerire il tutto, si era comportato in maniera molto aperta, comunicando ed esprimendo apertamente la sua opinione, sostenendo subito incondizionatamente l’amico. Gli altri ragazzi, più silenziosi e cauti, si erano mostrati sorprendentemente ricettivi e avevano persino scherzato su un rifiuto.
 
Hanamichi li aveva piantati con una testata mortale ciascuno.
Ma ora che era qui, avendo passato e sperimentato le settimane più terribili e traumatiche della sua vita, sentiva di doversi spiegare, perché non si trattava solo di dire ‘Sì, mi piaci anche tu, amico’.
Principalmente perché erano passati due mesi da quel bacio all’aeroporto e tante cose erano venute alla luce in quel lasso di tempo per il povero ragazzo, che si raddrizzò e guardò dritto Kaede. Questi sembrava irrequieto e pronto a spostarsi, ma Hanamichi finalmente parlò.
 
“Io...eh...non ero...sicuro di quello che provavo...per te” cominciò con tono deciso ma dolce, esitante; Kaede lo guardò, “finché non ho baciato Haruko”
 
...
 
Cosa?
 
Da una parte Hanamichi non era certo che fosse un bene dirlo così tranquillamente, anche se era stato un punto cruciale per caprire i propri sentimenti verso il ragazzo, ma sapeva in prima persona quanto fosse crudele e doloroso sentire dalla bocca della propria persona speciale quanto desiderasse o socializzasse con un’altra persona. D’altro canto, voleva vedere e percepire la sua reazione: voleva fastidio e gelosia, voleva che fosse irritato per quello che era successo. Onestamente non era sicuro se fosse perché era la prima volta che lui piaceva a qualcuno (almeno, per quello che ne sapeva), se ricavava qualche soddisfazione nel farlo soffrire o se semplicemente gli piaceva che si ingelosisse.
 
L’unica cosa che era chiara era che gli si riscaldò la pelle e lo stomaco nel vedere un pericoloso bagliore oscuro negli occhi blu del ragazzo.
 
Kaede però non era così accaldato, non in senso positivo almeno.
 
Che cazzo di scherzo malato è questo?, ringhiò la sua mente mentre lo guardava. Eccolo lì, a sognare e fantasticare di piacevoli e vibranti weekend a letto, in palestra, sotto la doccia, in cucina (ovunque, in realtà) e quel dannato stupido doveva lanciargli addosso un secchio di ghiaccio per congelare qualsiasi idea osé.
 
Cos’ha fatto con quella tipa? Ha baciato quella...! E allora cos’è stato quello di prima, uno scherzo...?
 
“Mi importa ben poco quello che-” cominciò con durezza e freddezza.
 
“Ma non ho sentito niente!” lo interruppe, notando che era stato frainteso. “Quando l’ho baciata non è successo niente...dentro di me, intendo...non come...come quando mi hai baciato tu...” confessò con le guance rosse e il cuore a mille, ma si rifiutò di abbassare lo sguardo. Non era il momento per cominciare ad essere timido. Le sue parole, dette con vergogna e nervosismo, ma con fermezza e determinazione, riuscirono istantaneamente a spegnere qualsiasi istinto omicida di Kaede, che ascoltò con attenzione i respiri profondi dell’altro.
 
“Tu...anche tu mi piaci...Kaede”
 
Kaede credette di poter avere la possibilità di sentire l’esplosione di milioni di stelle e pianeti a centinaia di migliaia di chilometri di distanza, perché poteva giurare di aver avvertito un forte e potente boato nel suo cervello nell’udire le parole da quelle labbra carnose che aveva sognato così tante mattine e notti nei suoi momenti di solitudine.
 
Kaede...ha detto ‘Kaede’...
 
Ha detto che gli piaci, idiota...
 
Ma non riusciva a reagire. Non poteva neanche muoversi.
 
Sembrava che i suoi piedi fossero bloccati sulla moquette. Le sue labbra erano dischiuse e secche. Le mani erano statiche lungo i fianchi e sudavano freddo. I suoi occhi blu non riuscivano a mettere a fuoco. Solo per un secondo osò alzare lo sguardo verso il ragazzo e non fu d’aiuto vedere l’espressione sincera sul suo viso e l’onestà nei suoi occhi castani.
 
Hanamichi...
 
Un’intensa scarica elettrica passò attraverso la sua pelle e i muscoli. Kaede lo sentì. Giurò di sentire il cuore trapassargli ossa e carne. Il suo petto poteva aprirsi? E la gola, che si stringeva in maniera così scomoda? Poteva sentire una fiamma viva che cercava di incendiargli la faccia?
 
“Intendi rimanere lì, volpe?! Il genio non ha tutta la notte!” gridò Hanamichi che sentiva di liberarsi da tutta la tensione degli ultimi giorni. Finalmente era in pace, in un tranquillo stato mentale e fisico. Non c’erano dubbi, né domande. C’era solo quel momento. Un momento perfetto in cui Kaede respirò profondamente e sorrise in un’espressione adorabile e sincera, che dedicava solo alle persone speciali, che riservava e custodiva per quel ragazzo disordinato, rumoroso e vanitoso e...così perfetto...
 
Kaede lo guardò con occhi luminosi, con le fossette sulle guance e piccole rughe ai lati delle palpebre, poi si avvicinò lentamente al ragazzo rilassato.
Hanamichi si sentiva imbarazzato o nervoso all’inverosimile, ma la risposta c’era, perché la domanda era stata posta da tempo. Ora spettava a Rukawa fare il passo successivo e Hanamichi sapeva cosa sarebbe accaduto.
 
Solo pochi centimetri separavano i loro corpi, desiderosi di appoggiarsi all’altro. Hanamichi, che mai aveva avuto l’opportunità di avere una relazione o momento amoroso, si armò di coraggio, abbassandosi ed eliminando la distanza tra i loro visi.
 
E fu gloria.
 
Le loro bocche si mossero con ansia e disperazione, inesperte e principianti, alla ricerca di più contatto, più frizione. Si poteva credere che la prima volta ci sarebbe stata solo dolcezza e tenerezza, ma avevano aspettato troppo a lungo. E in realtà non sapevano rallentare dimostrando delicatezza attraverso il tanto agognato contatto di pelle e di calore. Kaede posò una mano su una sua spalla, stringendo forte la maglietta tra le dita, mentre l’altro palmo lo lasciò su un fianco per stringerlo a sé e tenerlo lì, per sempre...
 
Hanamichi, che non sapeva davvero cosa fare con le mani né con il resto delle sue membra, poggiò uno dei pollici sotto la mascella del ragazzo per sollevargli il viso e avvicinarlo alla sua bocca desiderosa; l’altra mano alla fine si piazzò sul suo fianco, e Kaede emise un lieve suono, stringendo ancora di più l’indumento e la sua schiena.
Quando si separarono per prendere aria, nessuno dei due riuscì a respirare un paio di volte prima di riavvicinarsi con uguale urgenza, ma con meno pressione per consentire più movimento.
 
Si mossero con scarsa sincronizzazione per alcuni minuti soffocanti, finché si fermarono per prendere ancora aria, trovando poi la posizione perfetta, che permise a Kaede di aprire un po’ la bocca, dando spazio alla sua avida lingua. Leccò il suo labbro superiore e Hanamichi in risposta socchiuse la bocca seguendo l’istinto, non sapendo ancora bene cosa fare.
I loro cuori battevano a mille. I loro volti erano caldi e arrossati, pieni di vergogna. Ma non si sarebbero fermati.
 
Kaede ovviamente non si fece sfuggire l’occasione e con una certa bruschezza intrufolò la lingua tra le sue umide labbra, tentando e giocando la sua che non tardò a prendere il ritmo, pur con un po’ di titubanza all’inizio.
Hanamichi gemette di piacere per il frenetico bacio, eccitato, sorpreso e deliziato da quel nuovo fuoco che gli invadeva la pelle e tutte le membra. Era la prima volta che provava un desiderio così intenso. Un bisogno così ardente. Aveva la sensazione di essere sulla spiaggia, in un giorno caloroso, ma senza scomode vampate di afa né del bruciore del sole sulla pelle, ma con la freschezza del mare a toccargli tranquillamente i piedi, la brezza marina ad accarezzargli i capelli e il viso. Con una sabbia di diamanti a coprirlo. Con il sole che gli scaldava la pelle squisitamente, dolcemente ma fermamente, sul punto di incendiarlo in qualsiasi momento.
L’unico suono che si sentiva nella stanza era il bagnato e repentino scambio dei due giovani, insieme a continui gemiti, grugniti e lamenti che uscivano dall’uno o dall’altro.
 
Quando si separarono, un sottile rivolo di saliva tracciò la distanza tra le loro bocche, ma non ci badarono, avendo le labbra rosse, umettate e turgide.
Kaede, sospirò sulle sue labbra e si avvicinò ancora di più per appoggiare la fronte su quella di Hanamichi. Rimasero lì per qualche istante, godendosi il calore del corpo dell’altro e pensando scioccamente a quello che era appena successo. Avevano condiviso i respiri e il contatto delle loro sensibili labbra. Hanamichi era incredibilmente rosso in volto per l’imbarazzo e il disagio, ma tutto ciò era schiacciato dalle deliziose sensazioni che sembravano sciogliere i suoi neuroni.
 
Kaede lo guardava con fascino e adorazione. Non riusciva a credere che fosse tutto vero. Che Hanamichi fosse arrivato quella sera, che avesse detto di aver deciso di unirsi alla sua squadra, che ricambiasse i suoi sentimenti, e ancora! Che si fosse lasciato baciare in modo così...appassionato.
 
Se sto dormendo...
 
...non voglio più svegliarmi...
 
“Ehi, volpe” lo interruppe la voce di Hanamichi, che sebbene non forte, non poteva neanche essere considerato un sussurro, “perché non andiamo in camera tua?”
 
Kaede si separò subito da lui, guardandolo per qualche istante e riflettendo sulle sue intenzioni, ma sospirò subito internamente: era troppo ingenuo per voler passare così velocemente alla seconda base.
 
Annuì con riluttanza e salirono. Stendendosi con noncuranza sul morbido materasso, l’uno accanto all’altro, per qualche secondo fissarono il soffitto bianco, finché non si voltarono a guardarsi con occhi pieni di timore. Quelli di Hanamichi sembravano di cioccolato fuso sul suo viso perfetto, e Kaede non si trattenne dall’avvicinarsi per baciarlo di nuovo.
 
L’unione fu ora, forse per via della posizione laterale o per via dello spirito di ciascuno, più docile e delicata, incerta e interrogativa. Si godettero il calore delle loro labbra rigonfie congiunte. Si compiacquero più della vicinanza intima che di quella fisica. Quasi si sciolsero nel tepore che l’altro emanava. Kaede si mosse inconsciamente di più a lui.
Con quella piccola mossa innocente i due ragazzi, che avevano appena scoperto la meraviglia di essere ricambiati e di desiderare con tutte le proprie forze, con ardore e passione misero rapidamente da parte la tenerezza. Fu sorprendente che Hanamichi lo spinse per finire sopra di lui, lasciando Kaede attonito (e molto contento) e con le gambe aperte per riceverlo, appoggiando un braccio intorno al suo collo per avvicinarlo alla propria bocca disperata.
 
Rimasero intrecciati l’uno all’altro a lungo, Hanamichi appoggiò saldamente le mani su ciascun lato della testa di Kaede, mentre questi attirava ancora di più il corpo del ragazzo su di sé per strofinarsi contro il suo calore e la sua prestanza.
I baci non erano sincronizzati, con più lingua e saliva che labbra. Alcune volte addirittura sbatterono i denti per la velocità con cui si muovevano ma, invece di rimanere frustrati o irritati, risero e alleggerirono l’atmosfera.
Kaede, che già da alcuni minuti non tratteneva più l’eccitazione all’altezza dell’inguine, si godette ora la sensazione del proprio sesso duro strofinato contro la coscia di Hanamichi, approfittandone del momento in cui il ragazzo si abbassava sul suo collo per andare con le mani sotto la sua maglia bianca, accarezzando finalmente i muscoli solidi e marcati che si contraevano sotto i suoi palmi e le dita impazienti. Toccò e coccolò ogni linea che sporgeva dalla schiena e dal busto perfetti; avrebbe voluto abbassarsi per leccare gli addominali e i pettorali, ma per il momento si accontentò di usare le mani.
 
Kaede ringhiò forte quando Hanamichi gli morse e leccò la clavicola senza molta cura. Kaede sentì il proprio collo bagnato e umido dai baci e dai succhiotti del ragazzo, e sebbene se li stesse godendo come nient’altro al mondo, gli provocavano a sua volta la voglia di assaggiare la pelle di quel dio greco che si premeva contro di lui.
Sul punto di raccogliere le forze per far girare di schiena Hanamichi, si accigliò quando dal nulla perse il calore, il peso e i baci di Hanamichi, che ora lo guardava, seduto sui suoi fianchi.
Kaede dovette sbattere le palpebre prima di tornare sulla terra.
 
“Cosa c’è?” chiese con foce roca e senza fiato; le sue mani per pura inerzia premettero sui fianchi di Hanamichi, per farlo tornare su di sé e proseguire con quel perfetto e squisito scambio di baci.
 
“C-credo che dovremmo fare qualcos’altro...i tuoi genitori r-rientreranno presto” disse Hanamichi col fiatone, guardando verso la porta della stanza ancora aperta. Kaede guardò una delle sue sveglie, che segnava l’1.23.
 
Wow, riuscì a pensare. Ma non voleva comunque separarsi da Hanamichi, che già si era alzato e si era accomodato accanto a lui con fretta e disagio.
 
“Dammi un momento” rispose, segnalando il rigonfiamento tra le gambe; Hanamichi arrossì totalmente, annuendo automaticamente. Mentre Kaede aspettava che i suoi pensieri ed eventualmente il suo corpo si raffreddassero, non poté fare a meno di infastidirsi notando che solo lui sembrava tanto influenzato dalla loro appassionata sessione di baci.
 
Non riesco a...eccitarlo...?, si chiese deluso e un po’ preoccupato mentre osservava verso i pantaloni di Hanamichi, che pareva del tutto tranquillo e rilassato in quell’area.
Ma qualsiasi pensiero deprimente e domanda seccata fu subito dimenticato perché quando alzò lo sguardo notò con piacere il viso rosso e sudato del suo oramai compagno di squadra; il ragazzo inoltre respirava e soffiava profondamente e pesantemente l’aria che gli entrava nei polmoni, e la cosa più ovvia erano i suoi occhi marroni incollati sul collo bianco e snello della volpe.
 
Aha...quindi non sono l’unico accaldato..., pensò mordendosi le labbra con desiderio, trattenendosi dal saltargli di nuovo addosso.
 
“Argh, quanto tempo ci metti, imbecille?! Mi decomporrò nell’attesa!” affermò Hanamichi vedendo i bianchi denti della volpe che si mordevano con morbidezza ma fermezza il labbro inferiore. Si bloccò con una certa violenza per poi avvicinarsi alla Xbox (tutta impolverata) e collegarla alla tv più per volersi distrarre che divertire.
 
“È colpa tua se sono così eccitato, stupido” lo accusò, irritato e frustrato. Cosa costava a quell’imbecille concedergli solo qualche altro minuto di sfregamento? Con un altro paio di strofinate di sicuro sarebbe venuto nei pantaloni e ora tutto sarebbe stato a posto e migliore, ma no, aveva dovuto rovinare il momento con il ricordo dell’imminente arrivo dei suoi genitori. Tanto valeva lanciargli addosso un secchio d’acqua gelata.
 
Dannato idiota, pensò sedendosi sulle coperte, incontrando lo sguardo omicida della scimmia.
 
“Come osi incolpare il genio?! La colpa è tua, che sei un pervertito!” replicò indicandolo col dito.
 
“Hai cominciato a baciarmi sul collo, scemo! Era ovvio che stessi per venire” sbuffò, sorridendo ironicamente.
 
“Zitto, volpino puzzolente! Non hai controllo!” Hanamichi non sapeva cosa farsene di tutto quell’imbarazzo; normalmente non era affatto timido, ma non era una persona che riusciva a parlare così apertamente del sesso e dei suoi derivati, quindi lo metteva un po’ a disagio che Kaede dicesse cose del genere in quel contesto e con tanta naturalezza.
 
“Io non ho controllo? Mi hai buttato addosso i tuoi 100 chili, idiota”, cosa che Kaede aveva apprezzato immensamente, ma non era quello il punto.
 
“Come sarebbe 100 chili, bastardo?! Questo genio è in splendida forma! Non ho un grammo di grasso-”
 
“Lo so” lo interruppe Kaede, guardandolo dall’alto al basso lentamente, appoggiando le mani sul letto e dietro la schiena. Hanamichi arrossì di colpo, continuando poi a installare l’attrezzatura.
 
“Tsk! Meglio giocare, volpe, mi manca prenderti a calci con Donkey Kong” disse prima di afferrare le due console e sedersi accanto a lui, che accettò con rassegnazione di giocare.
 
Almeno posso appiccicarmi a lui fingendo che è per guidare meglio, si disse trattenendo un sospiro. Proprio come Hanamichi aveva previsto i genitori di Kaede tornarono a casa pochi minuti dopo, trovando i ragazzi impegnati in una sana e violenta gara di Mario Kart; il gioco fu interrotto quando vide i due adulti appoggiati alla porta. Si avvicinò a loro e li salutò con euforia e gioia. Se Kaede non fosse già stato al corrente della cospirazione di sua madre, l’avrebbe capito ora, ascoltando delle diverse chiamate che la donna e Hanamichi avevano condiviso negli ultimi giorni.
 
Grazie mamma..., pensò guardandola con un sorriso, ma lei non si accorse del getto.
La notte proseguì casualmente in seguito. I genitori, dopo aver parlato e chiesto facezie ad un entusiasta Hanamichi, si congedarono fino alla mattina seguente. I due atleti, sebbene fossero terribilmente stanchi, decisero di sfidarsi per un’ultima manche, che alla fine fu vinta dalla volpe. In quel momento fu chiaro che a prescindere dai loro sentimenti, avrebbero sempre continuato a discutere e a competere per tutto, il che era un sollievo per entrambi, perché nessuno dei due sapeva come essere romantico o tenero.
L’unico ovvio cambiamento fu che, prima di sdraiarsi e arrendersi al mondo dei sogni, diedero inizio ad un’altra seppur breve sessione di baci, che sebbene non bastò a spegnere la bruciante e tremenda frustrazione di Kaede, almeno gli diede nuovo materiale per le sue fantasie.
Dopodiché si addormentarono sorridendo.
 
^ ^ ^ ^
 
Il giorno dopo si presentò con una temperatura calda e magnifica per poterlo spendere in casa; il cielo era dipinto di un brillante celeste, il sole si nascondeva ogni tanto dietro alcune soffici nuvole bianche e il vento correva rinfrescando piacevolmente e affascinando i passanti. L’atmosfera era semplicemente perfetta. Così come i due giovani che erano seduti su una solitaria panchina in un parco.
In lontananza si sentivano le urla e le risate dei bambini che scorrazzavano qua e là, ma quel punto era scarso di persone.
 
“Ah! Il vecchio Dan fa sempre così!” si lamentò Hanamichi per la decima volta, tirando fuori il cellulare, quello che da tempo Kaede gli aveva regalato, per vedere le ora. L’orologio digitale segnava le 12.39, mentre lui e il manager avevano deciso di incontrarsi alle 12 per poi dirigersi alla facoltà sportiva del North Carolina per perfezionare gli ultimi dettagli del suo trasferimento e registrazione.
Kaede, che si era aggregato solo per stargli accanto, alzò le spalle, perché non gli importava affatto che il vecchio impiegasse più tempo del necessario, permettendo così loro di trascorrere qualche momento in più da soli e insieme – cosa impossibile in casa con i suoi genitori presenti per tutto il fine settimana.
 
Kaede, seduto con le braccia incrociate e la testa appoggiata allo schienale della panca, vicino alla spalla di Hanamichi, fissò la mano del ragazzo, che si colpiva la coscia con impazienza. Senza pensarci troppo, allungò la propria e la mise sulla sua, facendo così risaltare le diverse tonalità delle loro pelli, una così vivida e abbronzata, l’altra così bianca. Era affascinante e bello da vedere.
 
“Mmh? Che succede, volpe?” chiese Hanamichi che il gesto servisse ad attirare la sua attenzione, ma Kaede continuò in silenzio, prendendogli l’altra mano e facendo intrecciare le loro dita. Strinse con forza prima di alzare lo sguardo sugli occhi castani. I due si guardarono per qualche secondo, finché Hanamichi non si allontanò per alzarsi bruscamente.
 
“Ehi, vecchio! Era ora che arrivassi!” urlò, alzando la mano verso l’uomo che si avvicinava ridendo.
 
Kaede aggrottò la fronte prima di guardarsi la fredda mano con irritazione. Lo infastidì perdere quel tocco caldo, ma era anche seccato di comportarsi in modo così poco decoroso e logico.
Purtroppo lui e Hanamichi non avrebbero mai potuto condividere una relazione normale, di cui poter parlare e da sfoggiare ai media, almeno non nel mondo in cui si muovevano e non se volevano continuare ad essere rispettati in quanto atleti. Kaede si rifiutava di pensare che ci fosse qualcosa di sbagliato in lui o in quello che provava per l’idiota, ma doveva ammettere che nonostante il progresso della società negli ultimi anni, nel mondo dello sport non era facile aprirsi così dal punto di vista della sessualità. Per quell’unico motivo lui e Hanamichi dovevano essere alquanto discreti e fare in modo che lo sapessero solo i familiari e gli amici intimi.
 
“Scusate, ragazzi. Il traffico è orrendo” li salutò l’uomo, stringendo a entrambi la mano.
 
“Sì, sì, scuse vecchie. Andiamo o no?” chiese Hanamichi con impazienza e nervosismo, indicando la strada. Dan tese la mano, come a segnalargli di proseguire, e la scimmia si avviò volentieri, camminando incollato alla volpe, cosa che non passò inosservata al perspicace manager. Le ore successive trascorsero in conversazioni e accordi con l’amministrazione universitaria e la direzione della squadra, che chiesero al giovane giapponese di presentarsi agli allenamenti del lunedì per le rispettive presentazioni. Hanamichi rise, dicendo che conosceva già tutti e che alcuni erano perfino suoi amici.
 
“E poi se il genio, in rarissimi casi, avesse bisogno di aiuto, mi aiuterà il mio migliore amico, vero volpe?” fece con il tono più leggero e scherzoso che poteva, fissando gli occhi blu.
 
“Sempre” rispose subito Kaede, ricambiando l’intensità dello sguardo. Gli uomini e le donne presente sembrarono felici che il nuovo membro della squadra avesse già un amico per aiutarlo a integrarsi più facilmente, mentre dall’altra parte della stanza Dan starnutì esageratamente per interrompere il contatto visivo pregno di tensione sessuale tra i due idioti carichi di ormoni.
Con tutte le pratiche di trasferimento e registrazione pronte, il manager offrì il pranzo ai ragazzi, chiedendo loro dove preferissero andare. I due risposero senza esitare:
 
“Da George”, e fu lì che andarono.
 
Dan guardò tutto con sospetto, le sedie, il personale, i tavoli, i tovaglioli, i menu e il cibo.
 
“Sicuri che questa roba sia igienica?” chiese osservando scettico la strana salsa che scorreva lungo tutto il pane fino al piatto.
 
“Certo! Non c’è posto migliore di questo!” rispose Hanamichi prima di dare un enorme e indecente morso al suo hamburger. Kaede, che notò e capì lo sguardo del manager, acconsentì a rispondere:
 
“Piace anche ai miei gentitori” disse sapendo che Dan si sarebbe fidato della testimonianza di sua madre e suo padre e non della parola di una bestia come Hanamichi, che forse era abituato a ingerire spazzatura simile con i suoi amici in Giappone.
 
Così i tre condivisero il piacevole pomeriggio al ristorante, poi si avviarono tranquillamente per le strade cittadine semiaffollate, finché il manager non li lasciò davanti alla porta di casa, dove i genitori di Kaede stavano guardando un film in salotto.
Hanamichi, sorridendo, si avvicinò per unirsi alla visione del film, ma la presa salda di Kaede sul suo braccio lo fermò. Quando si voltò, Kaede gli rivolse un cenno verso il piano di sopra. Una volta in camera sua, la volpe chiuse la porta a chiave, girandosi poi verso Hanamichi che lo guardava incuriosito. Hanamichi ebbe appena il tempo di aprire bocca prima che un esagitato Kaede gli saltasse addosso, facendo cadere entrambi sul morbido materasso.
 
“V-volpe...i t-tuoi genitori...” riuscì a pronunciare Hanamichi quando poté respirare.
 
“Non disturberanno” rispose Kaede prima di baciarlo fieramente.
 
Kaede desiderava farlo fin da quel dannato sguardo nell’ufficio dell’università, e guardare Hanamichi che si leccava le labbra e le dita durante il pranzo aveva solo aumentato i suoi bollori. Ringhiò di soddisfazione quando, finalmente, Hanamichi cominciò a partecipare, posando una mano ferma tra i suoi capelli, impigliandosi con le dita nelle sue morbide ciocche nere, afferrandogli più fermamente le labbra; con l’altro palmo sfiorò il fianco e la schiena del ragazzo.
 
I baci, come la sera prima, per quanto inizialmente dovevano rimanere calmi e sensuali, per via dell’inesperienza e dell’eccitazione sfociarono in una battaglia di lingue e denti. Il suono umido dei risucchi li provocava ancora di più. Kaede appoggiò tutto il peso sul suo tonico e solido corpo, cominciando a strofinare all’altezza dell’inguine.
 
“Mmh...” uscì dalle labbra aperte di Hanamichi, e Kaede ne approfittò per intrufolare nuovamente la lingua affamata. Hanamichi, che non aveva idea di cosa stesse facendo, abbassò le mani sul modellato e saldo fondoschiena del giovane, volendo applificare la turbolenta e piacevole frizione dei loro sessi attraverso la molesta quantità di vestiti.
Kaede, ansimando e con occhi velati, gli permise di aumentare la velocità e la forza di attrito tra le loro parti sensibili.
 
Mentre Hanamichi stringeva e accarezzava le sue natiche, Kaede abbassò la bocca sul suo collo per finalmente assaporare il gusto della sua pelle. Si permise di leccare, suggere, succhiare, compiaciuto di vedere una traccia di saliva sulla clavicola che aveva marcato.
Afferrò la maglietta e l’abbassò abbastanza per avere spazio e visuale sul petto prestante del ragazzo; muscoli e linee a cui si dedicò, dapprima accarezzandoli con il naso, poi con le labbra e infine con la lingua vogliosa. Hanamichi, gemendo rocamente, afferrò bruscamente i suoi capelli in un pugno e lo sollevò per unire le loro labbra grossolanamente.
 
Continuarono a baciarsi per diversi minuti. Kaede, che sentiva le erezioni di entrambi sfregarsi a vicenda con una certa disperazione, trovò l’occasione perfetta per mettere in pratica alcuni dei video che aveva visto nelle ultime settimane. Si separò controvoglia dalle labbra perfette del ragazzo, che lo seguì per pura inerzia. Kaede, sedendosi sui suoi fianchi, cominciò lentamente ad aprire il bottone e la cerniera dei pantaloni di Hanamichi.
 
“C-che fai?” sibilò Hanamichi, guardando velocemente verso la porta chiusa. Kaede gli sorrise maliziosamente prima di proseguire. Aprì completamente i pantaloni, li abbassò con un certo sforzo perché la scimmia non stava collaborando molto, lasciando così solo i boxer neri attillati intorno al rigonfiamento che ora sembrava alzarsi ulteriormente per attirare l’attenzione. Kaede si morse e leccò le labbra prima di afferrare i bordi e abbassare anche la biancheria intima, non osando guardare gli occhi castani che di sicuro erano scandalizzati – ma non meno eccitati, ed era evidente.
 
Quando i boxer raggiunsero metà coscia, Kaede rimase a bocca aperta a osservare il membro eretto di Hanamichi. Nella maggior parte dei video porno che aveva visto, c’erano sempre bei giovani ben dotati, ma impallidivano di fronte a tanta perfezione.
Kaede non riuscì a controllare il gemito che gli uscì dalla gola guardando quel sesso duro e venato. Sentì la saliva raccogliersi in bocca mentre scese per lasciarvi un piccolo bacio.
 
“N-no! Volpe, no!” sussultò e grugnì Hanamichi, afferrandolo per i capelli per allontanarlo. Non che non impazzisse all’idea di sentire l’umidità e il calore di quella bocca perfetta intorno al proprio membro disperatamente e ovviamente voglioso; ma non ora, con i genitori di Kaede a un solo piano di distanza. Inoltre, anche se poteva apparire una ragazzina sciocca, non si sentiva ancora pronto. Era molto presto, insomma, solo la sera prima si era presentato a confessare i suoi sentimenti. Era una cosa recente e ancora doveva assimilare tutto. Non significava che non lo desiderasse, ma...gli serviva ancora un po’ di tempo per abituarsi all’idea che lui, Hanamichi, volesse Kaede sessualmente.
 
Kaede, d’altra parte, nonostante il suo allucinante stato di eccitazione, comprese l’obiezione del compagno, quindi, deglutendo, si aprì i pantaloni con cautela e nervosismo. Nemmeno lui era tanto tranquillo, ma lo sognava da troppo tempo per lasciarsi sfuggire l’occasione.
Pochi istanti dopo i ragazzi, stretti l’uno contro l’altro, si baciavano con fame e tormento mentre due mani, una pallida e l’altra abbronzata, afferravano i rispettivi sessi, massaggiando con forza. Miracolosamente resistettero a lungo, variando la velocità o l’intensità o cambiando i movimenti; una volta Hanamichi che lo toccava, poi Kaede che toccava lui, poi entrambe le mani che lavoravano insieme. Kaede si godette in particolare il momento in cui Hanamichi affondava il viso nel suo collo per baciarlo e leccarlo.
Hanamichi si rese conto di avere un evidente debole per il suo collo bianco e sottile: amava toccarlo, baciarlo e moderlo, non vedeva l’ora di vedere i segni su di esso.
 
Quando Kaede avvertì il fuoco nello stomaco, la febbre nel suo corpo, l’imminente avvertimento di urgenza ed euforia, gemette gravemente nella bocca dell’altro mentre veniva.
Hanamichi, vedendo il delizioso viso di Kaede e la sua espressione estatica, non poté trattenere l’esplosione che rilasciò con un ringhio nel collo dell’altro.
Rimasero fermi ad ansimare e respirare affannosamente nella stessa posizione, Kaede con la guancia sulla maglietta umida e stropicciata del compagno.
Dopo pochi minuti si separarono per pulirsi. Kaede, che per i suoi momenti solitari teneva sempre a disposizione delle salviette umidificate, tirò fuori la scatola e ne porse una buona quantità alla scimmia. Kaede ne approfittò per cambiarsi, poi spalancò la finestra e si buttò a letto, assonnato e soddisfatto.
 
Hanamichi, che si stava abbottonando i pantaloni con qualche difficoltà – era ancora un po’ nervoso – si sistemò la maglietta e si sedette sul bordo del letto, ancora rigido e teso.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, ognuno perso nei propri pensieri o ricordi. Ma la personalità fu più forte del disagio, apparentemente.
 
“E adesso che facciamo? È ancora presto...” commentò Hanamichi guardando una delle sveglie, che segnava le 19.07. Kaede, steso con gli occhi chiusi, alzò le spalle.
 
“Tsk! Volpe pigra! Questo genio non resterà qui tutto il giorno!” gli urlò, scostando una sua gamba con una certa aggressività e la volpe grugnì.
 
“Zitto” rispose Kaede aprendo un occhio. Hanamichi lo polverizò subito con lo sguardo.
 
“Rimani qui, perdente! Il genio va ad allenarsi!” disse accigliato, lasciando rapidamente la stanza.
 
Kaede, sospirando, si alzò e lo seguì. Perché non possiamo semplicemente rimanere sdraiati ancora un po’...?, si chiese con riluttanza e fastidio, indossando le scarpe da ginnastica, afferrando la borsa e salutando i genitori prima di uscire.
Kaede, steso e rilassato sul letto, l’unica cosa che aveva voluto era che l’altro si sdraiasse accanto a lui, che si stringesse al suo corpo e che potessero rimanere così...non sapeva esattamente per quanto tempo...ma a lungo...
 
Aveva voluto mettere un braccio sopra il torso di Hanamichi, o una gamba su quelle muscolose del compagno, o semplicemente appoggiare la guancia sulla sua spalla. Ma no. Quell’animale dalle infinite energie aveva sempre bisogno di fare qualcosa. Non che Kaede non avesse voglia di giocare a basket, ma lo faceva ogni giorno; Hanamichi invece era negli Stati Uniti da meno di due fottuti giorni...era troppo chiedere di averlo solo per sé per qualche momento?
 
“Questa volta ti distruggerò, bastardo! Vedrai! Questo genio pulirà il pavimento con te!” si vantò e urlò Hanamichi raggiungendo il famoso campetto, lasciando le borse su una vecchia panchina.
 
“Sognare è gratis, scemo” rispose Kaede indifferente, mettendosi la fidata fascetta all’altezza del gomito.
 
“Ti farò ingoiare le tue parole, dannato!” lo attaccò Hanamichi afferrando la palla e indicandolo, mentre Kaede si voltò con un sorriso malizioso sul suo viso da volpe.
 
“Se con la tua lingua nella mia bocca, non ho problemi” disse ridendo per l’espressione inorridita dell’altro.
 
“Argh! Che dici, pervertito? Taci!” lo interruppe subito Hanamichi guardandosi freneticamente intorno, grato che fortunatamente non ci fosse in giro nessun minore né altro essere umano, “tsk...meglio iniziare” continuò con più calma, piazzandosi in mezzo al campo. Dopo una veloce manche di sasso, carta e forbici, il vincitore (volpino) cominciò.
 
Come molte altre partite, anche quella fu faticosa ed esigente. Entrambi fecero del loro meglio, soprattutto ora che erano abbastanza fiduciosi da non commettere stupidi falli. Non avrebbero neanche mentito dicendo che non colsero ogni opportunità per toccarsi, approfittando e ammirando il corpo dell’altro, ma anche affascinandosi per le reciproche capacità, cosa che fin dall’inizio li aveva attratti reciprocamente.
 
Senza il basket, molto probabilmente non si sarebbero mai parlati né avvicinati; era la palla, il campo, il tabellone, le giocate, in generale quel bellissimo e perfetto sport ad averli uniti, ad aver fatto vedere all’uno la grandezza dell’altro. Perché quando Kaede vedeva Hanamichi giocare, si sentiva parte di un mondo migliore, libero e meraviglioso, e quando giocava insieme a lui, non c’era niente di più adrenalinico o avvincente né euforico; con lui, Kaede era felice.
 
E Hanamichi aveva capito cos’era l’arte solo quando aveva osservato, diversi anni prima, attraverso la serratura della porta, Kaede che si allenava da solo nella palestra dello Shohoku; da quel momento si era sempre sentito sopraffatto e sconcertato dal ragazzo, e ora annegava nella sua presenza, nel suo sguardo, nelle sue labbra e nel suo tocco. Solo con lui riusciva a sentirsi pienamente accettato.
 
Terminata la partita, vinta per poco da Kaede, andarono ad un parco dove trovarono un piccolo chiosco di gelati.
 
“P-pago io” disse Hanamichi tirando fuori il portafogli e consegnando i soldi per i due coni alla ragazza arrossita che li stava servendo. Kaede lo guardò torvo.
 
“Ho i soldi, idiota” affermò dirigendosi verso una panchina per mangiare tranquillamente.
 
“Non darmi dell’idiota, stupida volpe! E non l’ho fatto per quello! Solo che...” tentennò Hanamichi, guardando il proprio gelato ai frutti tropicali che colava lungo i lati e fino alle dita. Kaede lo guardò di sbieco, godendosi il proprio gelato alla menta. “Beh...non dovremmo...non siamo...? Sai! N-non dovremmo offrirci le cose o scemenze del genere?” disse, decidendosi ad assaggiare il suo cono gelato che quasi si sfaldava.
 
“Non sono una ragazza, idiota” gli ricordò sbuffando, ma Kaede capì cosa voleva dire, e gli fece stringere un po’ il cuore, che si mise poi a palpitare selvaggiamente.
 
Sì...sì, lo siamo, Hanamichi..., avrebbe voluto dirgli, ma le parole non gli uscivano.
 
“Argh! Sei davvero uno stronzo! So che non sei una ragazza, dannato! Ma...! Io...io ho sempre immaginato...in futuro...o ad un certo punto...di comprare cose e pagare per la mia persona speciale...e b-beh...ora sei tu quella p-persona speciale...quindi...se voglio comprarti o pagarti qualcosa è un problema mio, stupido!” rispose arrossendo dal collo alla radice dei capelli, ignorando totalmente lo sguardo del ragazzo.
 
Kaede Rukawa, il re dei ghiacci, l’ex super matricola, rimase con le labbra semiaperte e gli occhi stupiti mentre lo guardava. Il suo cuore, che batteva a mille, sembrava voler spezzargli le costole e perforare ogni strato di pelle che lo ricopriva, perché le palpitazioni potenti e violente echeggiarono nelle sue orecchie. La sua cassa toracica non era assolutamente abbastanza grande per ospitare il suo cuore gonfio d’amore.
Le sue mani, tremanti, lasciarono che un po’ di gelato cadesse sui pantaloni impeccabili. Sentì una strana sensazione alle ginocchia e fu grato di essere seduto. E il suo dannato stomaco sembrava un nido di serpenti e di una quantità schiacciante di insetti che svolazzavano e si mischiavano. Quei maledetti bruchi da tanto lo stavano infastidendo e frustrando, e parevano mutarsi e aprirsi in anormali farfalle che sfioravano la sua pelle e gli organi interni.
 
Hanamichi...Hanamichi...Hanamichi..., si ripeté più e più volte nella testa e nel suo pazzo cuore come una preghiera, un mantra, una supplica. Kaede maledisse quel dannato parco e tutte le dannate persone che c’erano intorno, perché non desiderava fare altro che saltare addosso al ragazzo e divorarlo di baci.
Si controllò come poté e si accontentò di incollarsi bene al corpo dell’altro, raggiungendo la sua mano con la propria nella tasca. Le tennero ben strette per tutto il tragitto.
Più tardi, quando rientrarono a casa, Kaede si giurò che quella sera, ad ogni costo, si sarebbe dedicato al sesso orale sul suo ragazzo perfetto.
 
^ ^ ^ ^
 
Una mano bianca era comodamente immersa nel mare di capelli rossi che, sebbene non fossero tanto corti, non erano neanche abbastanza lunghi per tirarli e afferrarli (con tenerezza, ovvio), ma si godette comunque la sensazione mentre la testa di Hanamichi era appoggiata tranquillamente sulla sua spalla, entrambi stesi sul suo morbido letto. Hanamichi stava guardando uno sciocco programma in tv che di tanto in tanto gli strappava risate piccole o fragorose e faceva vibrare il corpo di Kaede, che era in parte sotto il compagno.
 
In quella mattinata non avevano fatto altro che vegetare in camera sua, cosa di cui Kaede era estremamente grato, era ciò che aveva voluto fare da quando Hanamichi era tornato a casa sua poco più di una settimana prima. Quel giorno finalmente ce l’avevano fatta, la finale del campionato universitario si sarebbe tenuta quella sera, e Hanamichi aveva concesso una giornata intera di riposo, perché aveva capito che la volpe aveva bisogno di distrarsi e non soffermarsi né stressarsi per la partita. E quale modo migliore che stare sdraiati a guardare la televisione, a giocare ai videogiochi o a baciarsi con calma sul letto?
 
Ne approfittavano per trascorrere del tempo insieme, ne erano stati un po’ privi negli ultimi giorni, perché la semifinale e la finale del campionato aveva richiesto e preteso dalla comunità di fan una serie di eventi e celebrazioni. Fortunatamente la finale si sarebbe disputata in North Carolina, quindi ogni intervista, servizio fotografico, festival e altre (estenuanti) attività con la comunità si erano tenuti nei pressi di Chapel Hill, Raleigh e Durham. Hanamichi, che sulla carta faceva già parte della squadra, aveva potuto essere presente, ma incapace di partecipare, dovendo rimanere dietro le quinte a osservare le giocate e le abilità della volpe e degli altri compagni.
 
Hanamichi rise con particolare forza quando una caduta nello show che presentava video divertenti quasi lo fece piegare sullo stomaco, ma le mani di Kaede (una tra i capelli e una sul suo petto) lo tennero fermo.
 
“Mmh” lo chiamò Kaede, e lui alzò rapidamente lo sguardo, con la testa sotto il mento del ragazzo. Kaede rimase a osservare i suoi occhi castani, il naso dritto e le labbra baciabili, e non esitò a catturarle con le proprie. Con la mano che teneva tra i capelli, gli tirò più indietro il capo, approfondendo l’agognato bacio. Hanamichi socchiuse la bocca e leccò delicatamente il labbro superiore della volpe, che lo lasciò fare prima di succhiargli la lingua. Continuarono a schiantare labbra e denti per diversi minuti, finché Kaede non iniziò a provare fastidio nella parte posteriore del collo.
 
“Girati” disse senza allontanarsi troppo. Hanamichi obbedì, arrivando con il suo peso e la sua forza sul corpo bisognoso dell’altro.
Hanamichi ringhiò quando la lingua di Kaede eseguì un delizioso movimento nella sua bocca, provocando un piacevole strattone all’altezza del suo inguine. Hanamichi morse maliziosamente il suo labbro inferiore, poi con sensualità scese sul suo nascondiglio preferito: il suo liscio e perfetto collo. Kaede gemette rocamente sentendo la sua lingua umida leccare e succhiare con fame.
Kaede, avvertendo le miti spinte dell’altro contro la coscia, si morse le labbra gonfie prima di calare con le mani sui pantaloni sportivi del compagno. Li abbassò abbastanza da poter entrare e cominciare a strofinare con una certa intensità il voluminoso e duro membro attraverso la biancheria intima. Hanamichi gemette prima di mordere bruscamente il collo esposto alla sua mercé e Kaede rispose stringendolo con uguale veemenza.
 
Il potente ginocchio di Kaede spinse con impazienza l’anca di Hanamichi, invitandolo a voltarsi. Hanamichi baciò ancora un po’ il ragazzo impaziente sotto di lui prima di gettarsi senza delicatezza sulla schiena. Kaede, che si sollevò sulla sua gamba, si mosse un po’, godendosi la frizione delle loro erezioni prima di abbassarsi e posizionarsi sul suo grembo. La sua bocca salivava mentre gli abbassava lentamente le mutande, Hanamichi ansimava e stringeva le coperte tra le dita.
 
Solo una volta Kaede gli aveva fatto una fellatio e sebbene l’atto fosse stato rapido e inesperto, entrambi se l’erano goduto come nient’altro ed erano stati ansiosi di ripeterlo; anche se Kaede doveva ammettere che sperava che Hanamichi si animasse per farlo a lui.
 
Quando il suo duro e turgido membro colpì lo stomaco di Hanamichi, Kaede non perse tempo ad ammirarlo o a soffermarsi sulle fantasie oscene dovute ai video pornografici, baciando e leccandone subito la punta. Hanamichi stava già ansimando, con il viso rosso e sudato. La situazione era caldissima e imbarazzante, nonostante avesse già goduto di quel piacere, aveva timore, e non poteva mentire, era in stato febbrile per il timore di essere scoperti, che aumentava l’eccitazione a mille. La sua pelle formicolava e tremava. I suoi addominali si contraevano con forza e una sensuale scarica elettrica quasi bruciò alcuni neuroni quando Kaede si mise in bocca il suo sesso. Gemette e grugnì alla sensazione della sua lingua che saliva e scendeva per tutta la lunghezza, soprattutto alla forza esercitata dalle sue labbra carnose che, pur non raggiungendo la base, lo incendiarono fino alla punta dei piedi, che si arricciarono.
 
Kaede impostò un ritmo lento, esplorativo, godendosi il peso del membro gonfio sulla lingua, oltre ai sussulti quasi strangolati di Hanamichi.
Kaede immaginava il suo volto, sudato, rosso ed estasiato. Alzò un po’ gli occhi e quasi ringhiò verificando che la sua visione mentale era vera. La vibrazione delle sue labbra fece gemere Hanamichi, che si inarcò quasi con violenza. Kaede gli tenne ferme le cosce, spingendolo a non muoversi. Hanamichi obbedì.
 
Dopo lunghi minuti di suoni umidi, di risucchi e gemiti rochi, Kaede strinse le guance, velocizzandosi, sapendo che il ragazzo ora era quasi follemente bisognoso di raggiungere l’apice. Quando Hanamichi posò una mano sui suoi capelli neri, Kaede abbassò una delle proprie sul suo sesso e iniziò a masturbarsi.
Anche se la prima volta il palmo di Hanamichi che lo spingeva e lo guidava l’aveva infastidito, ora si accorse che gli piaceva enormemente che il ragazzo lo stringesse di più, e la forza della sua presa gli faceva sapere quanto gli piacesse ciò che gli stava facendo. Quindi si toccò più rapidamente quando Hanamichi lo tenne incollato al suo sesso duro e disperato.
 
“Ah...vengo...” riuscì a dire Hanamichi quando la deliziosa sensazione nei suoi testicoli aumentò e inviò un’ardente scarica al suo membro rifugiato nella bocca del suo ragazzo. Erano entrambi sul punto di finire meravigliosamente quando una voce li allertò con violenza.
 
Successe tutto in pochi istanti: mamma Rukawa urlò riguardo l’ora e la partita imminente. Hanamichi scattò come una molla. Kaede si raddrizzò, poi Hanamichi lo calciò dal letto per alzarsi in fretta e abbottonarsi i pantaloni. Kaede, che lo guardò irritato e frustrato, si strofinò discretamente le natiche doloranti per poi alzarsi e sistemarsi i vestiti.
 
“Deficiente” gli disse furioso, aggiustandosi la maglietta e vedendo che l’altro si rivestiva a velocità sovrumana. Era già la seconda volta in una settimana che si fermavano a metà.
 
Che gli costava aspettare qualche secondo? Scimmia egoista..., pensò guardandosi tristemente l’inguine, ma appena sentì la voce di sua madre, l’eccitazione scappò vigliaccamente.
 
Il soldato che arranca sarà utile per un’altra guerra.
 
“Che problemi hai, volpe?! Non hai visto l’ora! Sono le 3! Dobbiamo andare” urlò Hanamichi afferrando la sua borsa e quella di Kaede, per poi sbloccare la porta con una certa urgenza e quasi correre fuori. Kaede sospirò e seguì con meno premura, dopo essersi pulito (e calmato). I suoi genitori, che aspettavano al primo piano, non fecero alcun commento sulla possibile distrazione che li aveva tenuti ben occupati, al punto di non notare che era ora di uscire, né menzionarono che erano rossi in volto, né di quanto Hanamichi apparisse nervoso anche se era Kaede quello che stava andando a giocare una finale.
 
Rimasero silenziosi lungo il tragitto, la testa di Kaede appoggiata comodamente sulla spalla di Hanamichi. Questi, che aveva cominciato a partecipare agli allenamenti solo da due giorni, poté entrare nello spogliatoio mentre i ragazzi arrivavano e si cambiavano (avrebbero giocato in casa), e lì poté ascoltare l’impetuoso e stimolante discorso di uno degli assistenti, quello che era più attaccato ai ragazzi; giunse poi l’allenatore ad esaminare la strategia e i movimenti con titolari e riserve. Hanamichi, anche se sapeva e capiva di non poter giocare (perché non era con la squadra all’inizio del torneo), provò comunque delusione e disagio mentre osservava i ragazzi che indossava le uniforme e compivano i rispettivi rituali prima della partita.
 
Poi toccherà a me...questo genio la farà vedere a tutti...devo solo avere pazienza...devo solo continuare ad allenarmi...il genio brillerà quando giocherà...eheh...metterò in ombra tutti!, pensò sfabillante di felicità mentre osservava i suoi compagni di squadra.
Si fermò però quando raggiunse la figura indifferente ed elegante di Rukawa, che stava finendo di allacciarsi la giacca ufficiale dei Tar Heels.
Hanamichi, pur non provando più ardente gelosia e mortale invidia quando lo vedeva giocare magnificamente, aveva ancora qualche problema ad ammettere apertamente che era un giocatore di lusso, uno che meritava ovazioni e grida (non da parte sua, ovviamente), ma ora, nella serenità e riservatezza dei suoi pensieri, poteva sinceramente confessare di ammirarlo; sia come persona che come giocatore, e a malapena conteneva il desiderio di vederlo giocare di vederlo correre con grazia e forza, di palleggiare con maestria ed eseguire schiacciate con la sua tecnica e abilità senza pari.
 
Hanamichi notò che Kaede era pronto, lo vide sedersi lentamente e con calma al suo posto vicino all’armadietto per mettersi a fissare i lacci delle sue scarpe come fossero la cosa più interessante del mondo. Hanamichi, perplesso, si mise a incoraggiare gli altri ragazzi, in particolare Kevin, il suo più caro amico all’interno del campus. Il ragazzo, dopo essersi allacciato le scarpe con mani tremanti, commentò in tono apparentemente scherzoso che si era ripromesso di non tagliarsi i capelli finché non avessero vinto il campionato universitario, come una sorta di sfida e di incentivo per vincere e dare il meglio di sé in ogni partita.
 
“Vuoi assomigliare a Cugino Itt*?” intervenne Viso pallido, in piedi accanto a loro mentre si sistemava un braccialetto marrone sulla mano sinistra. Kevin lo guardò con espressione ostile, e l’altro sorrise con la lingua di fuori e rimanendogli vicino.
 
“Quello è nuovo?” chiese Hanamichi guardando il braccialetto che non aveva visto su Chris fino ad ora. Aveva attirato la sua attenzione perché normalmente i giocatori erano molto attenti a usi e costumi nei giorni in cui c’erano partite così importanti, credendo di dover fare tutto in maniera identica per mantenere la serie di vittorie. Quindi rischiare di indossare qualcosa di nuovo in una giornata del genere lo incuriosiva e Hanamichi non aveva peli sulla lingua.
 
“Eh-...è...è un regalo” mormorò Chris con volto più pallido del normale. Kevin si guardò intorno con le mani che andarono a scompigliarsi i lunghi capelli quasi freneticamente.
 
“Ehi...perché sei così rosso?” chiese Hanamichi all’amico, il quale si accigliò.
 
“Non sono rosso, rosso! Sono ansioso...vero, Chris?”
 
Il giovane lo fissò prima di scappare dallo spogliatoio. Hanamichi rimase con un grosso punto interrogativo quando Kevin corse di fretta dietro il ragazzo.
 
Senza capirci nulla, Hanamichi continuò a dare supporto agli altri, i quali avevano già cominciato a uscire saltellando, muovendo nervosamente mani e dita, addirittura alcuni ascoltavano musica per, presumibilmente, rilassarsi.
Solo quando la stanza fu vuota Kaede alzò la testa verso il suo ragazzo.
 
“Che mi darai se vinco?” chiese con volto impassibile.
 
“Tsk! Perché dovrei darti qualcosa, bastardo? Vinci e basta!” rispose immediatamente mentre si spostava e si premeva forte contro il corpo dell’altro.
Kaede lo guardò in faccia.
 
A volte Kaede pensava tra sé che non c’era nulla di Hanamichi che non gli piacesse: adorava i suoi corti capelli di fuoco, la sua fronte, le sopracciglia scura, le palpebre, i suoi fieri occhi color cioccolato, le sue guance, le labbra piene, il mento perfetto, la mascella marcata, e tutto il resto incluso nel pacchetto. E ogni volta che lo guardava, qualcosa dentro di lui si gonfiava, togliendogli un po’ d’aria.
 
Sapeva che quel momento, poco prima di una finale, non era adatto per soffermarsi o cercare di decifrare i propri sentimenti, ma...per Kaede c’erano grandi possibilità che si fosse...innamorato.
 
“Fai del tuo meglio, volpino” disse Hanamichi con un sorriso piccolo e dolce. Kaede lo ricambiò prima di avvicinarsi per rubargli un deciso ma breve bacio.
 
“Sempre” sussurrò.
 
Entrambi si avviarono al campo, dove già il pubblico attendeva euforico l’inizio del duello. Il coach Williams esortò Rukawa ad affrettarsi e a sbarazzarsi dei vestiti che lo coprivano, per poi avvicinarsi agli altri titolari che sarebbero stati presentati dall’altoparlante.
 
Le urla e gli strilli di supporto ed eccitazione furono presenti dall’inizio alla fine dell’incontro. Anche se c’erano persone che avevano perso parte del primo tempo, i fan non smisero di tifare neanche un secondo. Anche Hanamichi si mise ad urlare accanto a Williams e ad accusare alcuni arbitri per presunte ingiustizie.
 
Tom, Kevin e Kaede furono le stelle del North Carolina, riuscendo a rompere e rimuovere l’orribile svantaggio che li affliggeva. Tuttavia, anche quando raggiunsero un minimo vantaggio di due punti, i giocatori di Tar Heels non poterono respirare tranquillamente, dato che anche l’altra squadra era disposta a dare tutto per vincere – era una finale, dopotutto. Solo una avrebbe portato il trofeo a casa, ed entrambe speravano di essere la squadra prescelta.
La stampa e i commentatori già parlavano della partita come della più emozionante e difficile della stagione, degna di essere una finale e con merito da parte di ambedue le squadre.
Il primo tempo fu pieno di aspettativa e ansia.
Tutti i ragazzi sudavano ed erano senza fiato, alcuni avevano difficoltà a mettere a fuoco o a rimanere in piedi. L’allenatore gridava e incoraggiava a proseguire per il tempo rimanente. Parlò loro delle manovre da eseguire. Ordinò di abbandonare la difesa d’acciaio del primo tempo per concentrarsi in un attacco duro e travolgente.
 
“Ora o mai più” disse loro con aria seria e determinata. Lo sapevano tutti.
 
Ora...o mai più...
 
Il ritorno in campo fu sofferente e crudele, perché non erano solo i Tar Heels ad avere ricevuto incoraggiamento e grinta dall’allenatore e gli assistenti. L’altra squadra combatté come in una battaglia sanguinosa. Forse non al punto da commettere falli, ma diedero il massimo. La connessione tra Kevin/Chris e Tom/Kaede fu vitale per guadagnare terreno negli ultimi dieci minuti. I quattro ragazzi sembravano leggersi nel pensiero ad ogni giocata e movimento. Ciò permise loro un po’ di libertà e imprevedibilità prima che gli avversari reagissero.
 
Kaede, a due minuti dalla fine, si sentiva al limite delle energie e delle forze, mentre palleggiava cercò tra il pubblico i suoi genitori. Questi, negli istanti in cui li vide, sollevarono braccia e mani (sua madre stava già piangendo) in segno di vittoria e sostegno. Un millisecondo dopo, alzò lo sguardo verso la panchina e Hanamichi, che con il braccio gli indicava di continuare a correre e premere.
Lo fece. Con tutte le sue forze. Lasciando l’anima sul campo. Oltrepassando la difesa, posizionandosi e tirando a canestro per decretare il trionfo dei Tar Heels del North Carolina.
La palestra di Chapel Hill scoppiò in applausi e festeggiamenti.
 
Coriandoli scesero dal soffitto e la musica rimbombò ovunque. I ragazzi si diedero il cinque e stropicciarono l’allenatore emozionato che diede una pacca a ognuno di loro.
Tutti piangevano, urlavano e correvano per il campo. Il pubblico, senza riuscire a essere contenuto dalla sicurezza, corse ad abbracciare i giocatori e il resto della rosa.
La premiazione non tardò a essere effettuata, con al centro del campo i rispttivi podi per i discorsi e la distribuzione dei trofei. Kevin fu premiato come miglior giocatore del torneo, mentre Kaede come uno dei migliori della squadra. Ci furono migliaia di fotografie e una grande coppa dorata venne consegnata agli entusiasti ragazzi, alcuni di loro si misero a ballare mentre altri rilasciarono interviste, mentre altri ancora si rifugiarono tra i fan.
 
Kaede, che dovette sopportare la sua quota obbligatoria di interviste – secondo Dan – andò poi nello spogliatoio a cambiarsi. I pochi presenti continuavano a ridere o ballare per festeggiare. Ovviamente orgoglio, gioia e soddisfazione scorrevano nelle sue vene, ma non era da lui celebrare in quel modo. Con il borsone sulla schiena, se ne andò, schivando di tanto in tanto alcuni fan che volevano saltargli addosso.
Quando aprì la porta, la fresca aria autunnale colpì e gelò il suo viso e il suo corpo troppo euforici per la vittoria appena conseguita.
 
“Ehi, volpe!” gridò Hanamichi da un angolo poco illuminato. Kaede, strizzando gli occhi per mettere meglio a fuoco, si avvicinò a lui senza esitare. Hanamichi gli afferrò saldamente la mano e lo guidò lontano dai curiosi, dalle auto, dalla stampa e dai compagni. Lo allontanò dal resto del mondo, in un cantuccio chiuso in un vicolo dove niente e nessuno avrebbe potuto intralciarli.
 
“Siete stati fantastici...tu sei stato perfetto” disse in fretta e respirando a malapena. Prima che Kaede potesse pensare a una risposta, Hanamichi abbassò il capo per baciarlo con esigenza. Kaede lo ricambiò posando le mani sulle sue guance e stringerlo di più. Gemettero e ansimarono, cercando maggiore contatto.
Era così che Kaede Rukawa festeggiava una vittoria.
 
Hanamichi lo spinse rudemente contro il muro, da cui Kaede fu attutito grazie al borsone che portava sulla schiena; senza aspettare oltre, Hanamichi iniziò a baciare e mordere la sua parte preferita: il collo di Kaede. Leccò e succhiò in particolare il segno rosso che gli aveva lasciato qualche giorno prima, e Kaede gemette rocamente, stringendosi di più al corpo solido del suo compagno.
Kaede abbassò le mani sul sedere sodo e fermo del ragazzo, stringendolo bruscamente. Tuttavia, sentendo l’eccitazione che viaggiava dritta e vertiginosa verso la sua zona sud, tornò nella noiosa terra del buonsenso.
 
“Hanamichi, fermati...” lo chiamò, muovendo il capo e trovando le allettanti labbra del ragazzo. Si incontrarono, si baciarono languidamente per qualche istante, poi Kaede si separò con riluttanza, “...i miei genitori ci stanno aspettando” ricordò, cercando di sbarazzarsi del calore che provava.
Hanamichi, con occhi velati e respiro affannoso, fece un cenno col capo per riprendersi, dando anche qualche colpo contro la parete per concentrarsi sul bernoccolo in fronte invece che sul fuoco che gli scorreva nelle vene. Kaede sospirò rassegnato vedendo quel conosciuto e stupido gesto.
 
Certi idioti non cambiano mai, pensò sorridendo.
 
“Bene! Il genio è pronto!” urlò Hanamichi alzando il pugno.
 
“Dopo aver ucciso i pochi neuroni che ti erano rimasti, scemo” sbuffò Kaede avviandosi verso l’auto dei genitori.
 
“Cosa?! Come osi, bastardo?! Se ricordo bene, sei tu lo scemo che a malapena riusciva a superare gli esami! Non come questo genio, che ha avuto voti eccezionali in ogni materia! Ahahaha!” rise vantandosi delle sue competenze, raggiungendo i genitori della volpe che stavano aspettando.
 
Sia mamma che papà si congratularono col figlio. Mei moriva dalla voglia di abbracciare e stringere il suo bambino (molto più alto di lei), ma sapeva di dover resistere fino a un contesto più privato, dove il suo orgoglioso figliolo non si sarebbe sentito in imbarazzo di fronte al suo...mamma Rukawa esitò, non era sicura che i due stessero insieme o altro, ma per dirla semplicemente, di fronte al ragazzo che gli piaceva.
 
I genitori di Kaede, come dopo ogni partita, li invitarono a cena in un bel ristorante un po’ affollato, dove la famiglia condivise un momento tranquillo.
Giunti a casa, erano così stanchi e assonnati che si abbandonarono al mondo dei sogni non appena poggiarono la testa sul cuscino. Kaede, che aveva pianificato per tutto il tragitto scenari lascivi per lui e Hanamichi, dovette rimandare qualsiasi fantasia per quando sarebbero stati svegli e lucidi.
Ma non se ne dispiacque troppo, perché sapeva che lui e Hanamichi avevano tutto il tempo del mondo.
 
^ ^ ^ ^
 
Piegando con noncuranza la felpa sportiva, la infilò senza cura sul fondo della borsa, indossandola solennemente a ogni allenamento; poi passò ai pantaloni, agli asciugamani e ad altri oggetti e capi di cui avrebbe potuto avere bisogno dopo un allenamento estenuante. Prima di chiuderla, però, diede un’occhiata al sacchetto di plastica bianca che poggiava sul comodino. Si guardò rapidamente intorno per controllare che nessuno lo vedesse, afferrò rapidamente il sacchetto e lo spinse con forza nella borsa nera.
 
Non ci penso proprio a lasciarlo a casa..., pensò chiudendo la zip silenziosamente.
 
Gli articoli all’interno del sacchetto erano stati acquistati in un impulso coraggioso e ansioso. Qualche giorno prima, quando era uscito a comprare alcune cose al supermercato su richiesta di sua madre mentre la scimmia era a correre, si era fermato come uno scemo davanti a una farmacia, la mente vuota e i peli rizzati sulle sue braccia. Senza ragionare né riflettere sulle conseguenze, era entrato e aveva comprato quegli oggetti che ora, ogni volta che usciva, portava con sé, temendo che sua madre o la stessa scimmia potessero vederli – ironico, dato che pensava di usarli con lui.
 
Nonostante avessero iniziato quella...relazione...da più di un mese e mezzo, Hanamichi sembrava davvero credere che quello che avevano fatto finora fosse il massimo a cui potevano aspirare.
E onestamente Kaede stava raggiungendo il limite.
Naturalmente adorava, amava e godeva immensamente nel baciarlo appassionatamente, nel toccarsi attraverso i vestiti, masturbandolo con la mano o la bocca. Tutto ciò lo affascinava e incantava.
Ma...aveva bisogno di qualcosa di più.
Aveva bisogno, disperatamente, quasi al limite della follia, di potersi sbarazzare di tutti i vestiti di Hanamichi, lasciandolo esattamente com’era venuto al mondo sul suo letto, o in qualsiasi altro posto, purché lo avesse nudo. Aveva urgente bisogno che Hanamichi lo toccasse così come lo toccava lui.
 
Merda. Aveva voglia di fare sesso...come attivo o passivo, non aveva importanza.
Ma Hanamichi sembrava indifferente alla questione. Ignaro del suo sconforto e frustrazione. Sembrava così felice e appagato dopo una semplice sessione di baci, o dopo la masturbazione o il sesso orale, e Kaede non sapeva come sollevare l’argomento.
Come dire al proprio stupido e immaturo ragazzo che voleva andare...beh, fino in fondo? Che desiderava di più? Che si sentiva bisognoso e sconvolto all’idea di toccare e baciare più pelle? Che voleva farlo mettere a carponi, o sopra di lui, o sotto, o di lato, per finalmente dedicarsi al sesso più bollente nella storia del sesso gay?
 
No...non posso dire a quella testa di rapa, svampito com’è, una cosa del genere...sicuramente mi tapperà la bocca, diventerà rosso e si metterà a insultarmi...
 
Kaede ricordò vagamente che qualche tempo prima aveva pensato a come sarebbe stato Hanamichi in coppia, concludendo e immaginando che si sarebbe comportato in maniera opprimente, dipendente e chiaramente possessiva. Purtroppo doveva ammettere che tra i due, quello che assomigliava a tale descrizione era lui stesso.
 
Era lui che voleva e, di fatto, stava sempre incollato alla scimmia. Non lo lasciava solo in nessun momento. Le uniche ore che trascorrevano separati erano quelle in cui Hanamichi andava a correre, attività che Kaede aveva provato qualche volta, anche se in realtà erano state solo due, perché le sue ore di sonno erano troppo preziose. Ma altrimenti ogni altro secondo lo passavano insieme. Dormivano insieme, con la scusa di rimanere svegli fino a tardi a giocare – nessuno ci credeva, ma tutti annuivano – si allenavano insieme ogni mattina, andavano in palestra insieme, dove Hanamichi si univa ad altri ragazzi ma la volpe era comunque presente – e stava imparando, gradualmente, a socializzare -, uscivano insieme la sera e sicuramente all’inizio delle lezioni dopo le vacanze, sarebbero stati in classe insieme (pur studiando in facoltà diverse).
 
In quelle quasi sette settimane di relazione, però, nessuno dei due aveva esplicitamente dimostrato molti esempi di romanticismo o sdolcinatezze. Forse c’era un certo sentimentalismo in Hanamichi che di tanto in tanto diceva che avrebbero dovuto uscire di più di casa; andando a passeggiare, conoscere, esplorare; che stavano...beh, insieme...e le coppie facevano quel genere di cose. Tuttavia, era Kaede che al cinema gli prendeva la mano – di nascosto, ovviamente – o stava attento a che Hanamichi non mangiasse solo cibo spazzatura; se uscivano, si accertava che Hanamichi fosse vestito adeguatamente, in modo che non prendesse freddo e non si ammalasse; di notte, dopo essersi baciati fino a rubarsi l’anima, era lui che abbracciava l’altro.
La cosa peggiore era che...era sempre lui a cercare il contatto, di qualsiasi tipo.
Era invalidante, patetico, ridicolo e idiota, ma...non si poteva incolpare un uomo innamorato, no?
 
“Ehi, scemo! Vieni o no?”
 
Sì...gli si poteva rimproverare di essere un cretino innamorato di un animale bruto come Hanamichi Sakuragi, ma saggiamente nessuno apriva bocca a riguardo.
 
Kaede sospirò prima di mettersi la borsa dietro la schiena e scendere all’ingresso, dove Hanamichi lo stava aspettando e si agitava con impazienza. Salutarono la donna che stava stirando e uscirono a piedi verso la palestra. In un muto accordo si erano sbarazzati della bici – non letteralmente – per passare più tempo insieme.
 
Quando giunsero al campo del North Carolina, si concentrarono esclusivamente sul basket. Hanamichi, che aveva già superato le varie prove fisiche e di integrazione, ora si allenava normalmente e regolarmente con gli altri compagni. Alcuni ragazzi avevano ancora difficoltà ad abituarsi a quella chiassosa scimmia rossa, che appena entrava faceva notare la propria presenza; certamente c’erano persone infastidite (come in qualsiasi gruppo sociale), ma lo ignoravano e continuavano con la loro vita. Gli altri giovani, già suoi amici, lo accettarono a braccia aperte, soprattutto Kevin, che aveva un po’ rivestito il ruolo del Yohei americano.
 
Durante l’allenamento, Hanamichi sentì lo strano bisogno di osservare Kaede. Era irritante e frustrante, ma non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Era una cosa stupida, dato che vedeva la volpe ogni giorno e in ogni ora.
 
Ma ora era diverso.
 
Non stava guardando solo un compagno di squadra. Non stava condividendo un momento con un coinquilino, guardando la tv o mangiando. Non era con un amico a giocare sulla Xbox. Non era nemmeno un rivale sul campo. E ancora più strano, non era il suo ragazzo, con cui trascorreva interi pomeriggi tra baci e carezze.
 
La persona che guardava con avidità e bisogno in quel momento...era un uomo.
 
Un uomo bello, sexy e virile. Un atleta che, mentre correva, eseguiva manovre, passava la palla a compagni e segnava, si muoveva contraendo e mettendo in mostra i suoi muscoli forti e tentatori, esponeva la sua pelle bianca e liscia che attraeva con il luccichio del sudore e del suo duro lavoro; era un richiamo...con quel corpo perfetto.
Hanamichi dovette sbattere la fronte contro il muro (attirando l’attenzione di alcune persone che gli chiesero se stesse bene, ricevendo in risposta un ringhio) e ingoiare pesantemente il nodo in gola prima di tornare a giocare con i compagni.
 
Ma il fastidio rimase. Quel richiamo, quel suono, quell’aria e la sua scia continuavano a stordirlo. Travolgendolo. Facendogli provare cose che solo nel letto insieme a Kaede aveva sperimentato.
 
Poteva essere definito ottuso, stupido o troppo freddo, ma non era il tipo di ragazzo che viveva in perenne erezione. Neanche al liceo quando era innamorato pazzamente di Haruko, anzi. Rispettava molto la ragazza (e suo fratello) per pensare a lei in quel modo, e non aveva mai osato farlo neanche con un’altra, perché l’avvertiva come un tradimento e un’offesa verso la giovane. Pertanto, nonostante le sue inesauribili energie, lo sport che praticava costantemente e la sua personalità iperattiva, le sue passioni rimanevano piuttosto occulte.
Anche se ovviamente si svegliava molto spesso con l’alzabandiera, ma quelle reazioni non erano mai causate da qualcosa di particolare. Si trattava solo di ormoni in subbuglio, o sogni caldi e irraggiungibili.
 
Ora che però stava con qualcuno, che aveva una persona da desiderare e che lo desiderava a sua volta, ora che voleva qualcuno apertamente e senza pudore, sembrava che i suoi ormoni stessero provocando una rivoluzione dentro di lui.
Ogni volta che la volpe lo guardava, la sua pelle bruciava in aspettativa. Era esasperante. Fastidioso. Sgradevole. Scomodo.
Ma anche estremamente piacevole. Incredibilmente affascinante. Straordinariamente delizioso. Anormalmente squisito. Amava sentire e sperimentare quel miscuglio pungente all’inguine, quelle fiamme sconvolgenti nel suo corpo o lo strattone al petto.
 
Ogni sensazione provocata da Kaede era benvenuta come un complimento per le sue giocate.
Ma ora...guardandosi intorno, contemplando e ammirando il corpo di Kaede, non voleva più soltanto sentire le sue mani grandi e ferme attraverso i vestiti, nel tentativo di raggiungere la sua pelle; non voleva più che le labbra del ragazzo passassero dal collo direttamente alla sua zona più sensibile...ora...voleva fare lo stesso.
 
Voleva intrappolarlo sotto di sé. Voleva, con bruciante disperazione, prenderlo tra le braccia, stringergli la pelle del petto e delle gambe, sentire ogni curva del suo corpo perfetto. Voleva baciargli le labbra, le guance, il collo glorioso. Toccare e deliziarsi delle sue spalle, il petto, gli addominali...e l’inguine, le cosce, le gambe. Voleva fare la stessa cosa che Kaede aveva fatto a lui.
 
Perché adesso e non prima?, si chiese, rubando la palla a un compagno ancora più distratto di lui.
 
Per imbarazzo..., sussurrò una vocina.
 
Lui, la scimmia dai capelli rossi, non aveva alcuna esperienza; non sapeva di zone erogene od orgasmi, di stimolazione, di niente di tutto ciò. Forse sapeva qualche cosa per via di alcune ricerche, ma non perché l’avesse sperimentato in prima persona. E temeva di sbagliare. Temeva di rendersi ridicolo. Il suo ragazzo, invece, che una sera gli aveva detto che lui era la sua prima volta in tutto, sembrava così sicuro e fiducioso in tutto ciò che faceva. Sapeva esattamente cosa e come toccare e per quanto tempo.
E lui si era semplicemente lasciato andare.
 
Ma ora, godendosi la visuale di una giocata particolarmente laboriosa e grandiosa della volpe, Hanamichi si leccò le labbra secche, deglutì e mosse le spalle per provare ad allontanare quel solletico, quel tremore e la brama che sembravano consumarlo.
 
Voleva toccarlo...doveva toccarlo...prenderlo tutto...
 
E lo farò...
 
“Ehi, rosso! Giochi a basket o cosa?” lo chiamò Kevin che attendeva un passaggio. “Pensavo che fossi...com’era?...un giocatore di talento?” scherzò con un sorriso malizioso.
 
Hanamichi, che avvertì subito la fiamma della sfida, ringraziò Riccio per la distrazione, perché probabilmente più di uno si sarebbe scandalizzato o sconvolto di vedere una sua istantanea erezione.
 
“Il talentuoso genio Sakuragi, Riccio! Imparalo da ora!” rispose sorridendo prima di correre verso il tabellone dove segnò un bellissimo, perfetto canestro. Mentre tornava a terra, l’altro ragazzo si avvicinò ridendo e dandogli una pacca sulla schiena.
 
“Sono contento di vederti tornare con i piedi per terra, Romeo” gli disse con una strizzata d’occhio complice. Hanamichi, che non aveva detto a nessuno negli Stati Uniti di lui e della volpe, si sorprese e confuse per quell’azione, ma non si soffermò e proseguì con l’allenamento.
 
L’allenamento proseguì in un clima di calma e relax, fornendo abbastanza pause ai ragazzi che avevano trascorso qualche settimana di riposo e senza attività fisica.
Hanamichi e Kaede, insieme agli altri, non appena la seduta finì, si diressero allo spogliatoio. Hanamichi, che ancora poteva sentire quell’ansia nello stomaco, decise di lavarsi. Kaede lo guardò prima che entrasse nelle docce sollevando un sopracciglio, poi scrollò le spalle e si sedette davanti al suo armadietto per aspettarlo.
Kaede, mentre gli altri ragazzi si sistemavano, si vestivano e fuggivano, finse di cercare qualcosa nella borsa o si aggiustò le scarpe.
Sospirò e si grattò la nuca, annoiato, accorgendosi che la doccia del suo ragazzo era stranamente lunga.
 
Tra l’ultimo gruppo di giovani rimaneva Kevin, che disse un semplice: “Ehi!” dalla porta.
 
“Mh?” fece Kaede dopo uno sbadiglio.
 
“Non fate troppo casino, eh?” disse sorridendo maliziosamente. Kaede lo guardò, accigliandosi subito, ma l’altro rise e se ne andò, lasciando soli lui e Hanamichi, il quale apparentemente si stava lavando ogni millimetro di pelle dato quanto ci stava mettendo.
 
Che voleva dire quel cretino? E perché quell’idiota ci mette tanto?, stufo e annoiato, si alzò e si diresse alle docce.
 
Si fermò, però, sui suoi passi, pensando che avrebbe visto Hanamichi nudo e bagnato...ma...
 
Ho già visto tutto, pensò, riprendendo a camminare.
 
Tuttavia, avrebbe dovuto prevedere che vederlo lì, in piedi, con aria seria e sotto l’acqua della doccia, sarebbe stata una cosa del tutto differente. Kaede rimase fermo, immobile, con le labbra socchiuse, le pupille dilatate e il corpo in fiamme. Hanamichi sembrava perso nei propri pensieri, con gli occhi fissi sulle piastrelle bianche. La sua figura alta e robusta torreggiava nella lunga fila di docce, tutte spente tranne la sua, che continuava a correre e a gettare una forte pioggia calda sulla sua testa. L’acqua scorreva tra le sue ciocche rosse e cadeva in modo non uniforme lungo la nuca, i lati del viso e la fronte.
Le gocce bagnavano il suo corpo spettacolare che Kaede stava divorando, e sentì l’eccitazione gonfiarsi nei pantaloni. Si leccò le labbra, scendendo con occhi affamati ad ammirare i pettorali perfetti, i muscoli marcati della sua schiena ampia, la vita stretta, la visione seppur scarsa dei suoi addominali eccezionali, e infine il suo fondoschiena fermo e sodo.
 
Kaede grugnì di fronte a quell’immagine.
 
Hanamichi, che si era perso sulla luna, si voltò velocemente verso l’altro unico occupante degli spogliatoi. Al principio, non mettendo a fuoco, si limitò a riconoscere la volpe, ma quando notò il suo stato febbrile nonché il proprio, arrossì completamente.
 
“E-ehi! Scusa! Il genio a quanto pare è più stanco di quello che pensavo...! Esco sub-” ma si fermò di colpo quando Kaede, incurante dell’umidità sul pavimento, entrò completamente vestito sotto la doccia.
Hanamichi chiuse inconsciamente la manopola. Quando Kaede fu di fronte a lui, non ci furono più dubbi, né pensieri logici, nessuna riflessione o analisi, nessun fastidio o frustrazione...l’unica cosa che esisteva ora erano loro due, insieme, soli in quel luogo.
 
Si volevano a vicenda ed erano...
 
...bollenti.
 
Nessuno dei due avrebbe potuto dire chi iniziò, ma le loro bocche si incontrarono in un bacio appassionato e furioso. Si strinsero e si allontanavano; le loro labbra si strofinavano per poi attaccare di nuovo. Kaede infilò dispertamente la lingua nella bocca dell’altro, desideroso e affamato di sentire il suo sapore, il suo calore. Hanamichi gli morse e leccò le labbra con uguale avidità e urgenza. Le mani, che non sapeva mai dove mettere, ora si concentrarono sul denudare il ragazzo, che gemette di piacere sentendo che cominciava ad aprirgli con forza la cerniera della giacca.
 
Kaede, mentre veniva spogliato, continuò a baciarlo, toccando, accarezzando e stringendo tutto ciò che le sue mani trovavano lungo la sua pelle bagnata. Le sue dita lunghe e aggraziate esplorarono le potenti spalle, le clavicole marcate, i bicipiti sagomati,  pettorali, dove stuzzicò i capezzoli sensibili e fece sussultare Hanamichi per la sorpresa e l’eccitazione, non avendo idea che una parte così piccola del corpo potesse scatenare una tale scarica elettrica diretta al suo inguine.
 
Hanamichi, incendiato e focoso, tolse la felpa dal suo ragazzo obnubilato, approfittandone poi per toccare a suo piacimento il suo bianco e tonico corpo. Collo, petto, ventre, cosce. Godette di ogni contrazione dei muscoli e gemito straziato che sfuggiva dalle sue labbra.
Le bocche si avvicinarono di nuovo, con meno impeto e più sensualità.
 
Kaede si avvinghiò alla schiena del suo compagno per stringerlo a sé, ma Hanamichi aveva altri piani. Separandosi da un volpino riluttante, che ringhiò nel sentirsi allontanato, abbassò le labbra sul suo collo snello, leccando e succhiando con piacere. Vi lasciò diversi segni – sperando che fossero visibili il giorno dopo. Kaede si aggrappò alle sue spalle.
 
La sua saliva luccicava sulla pelle del ragazzo e Hanamichi continuò con la sua esplorazione. Con le mani salde e grandi toccava la schiena e il sedere del ragazzo, mentre la bocca si fermava sui suoi capezzoli rosei. Non sapendo in realtà come trattarli, dato che era la prima volta che si trovava a quell’altezza, pensò di provare poco a poco, quindi iniziò a coccolarli con le labbra, cosa che non suscitò molte reazioni dal ragazzo che gli accarezzava i capelli con una mano.
Determinato a dargli piacere, aprì la bocca su uno di essi, lo morse e lo succhiò senza attenzione. Allora sentì la risposta di Kaede, che gli conficcò le unghie nella spalla e gemette rocamente. Ripeté la stessa cosa ancora e ancora su entrambi i capelli, portando Kaede a uno stato di totale affanno e tensione. Alzò gli occhi castani e sorrise furbescamente.
 
“Idiota” disse la volpe con il fiatone. In realtà era così eccitato che faticava a pensare. Aveva bisogno che Hanamichi gli togliesse i pantaloni e le mutande. Erano le stesse intenzioni di Hanamichi, che fece scorrere la lingua e le dita sui suoi addominali, Kaede contrasse inconsciamente i muscoli a quello strano contatto – quasi venne quando il ragazzo delineò le ossa del bacino con la punta della lingua.
 
Mentre Hanamichi si ingonicchiava davanti a lui, Kaede sussultò e fece un profondo respiro cercando di controllarsi. Era la prima volta che Hanamichi era così vicino al suo inguine. Hanamichi, tentando di rilassare i nervi, iniziò a imitare e ripetere tutto ciò che Kaede faceva su di lui con le mani, decise ma ancora un po’ timorose. Accarezzò e premette sul suo membro turgido tramite i vestiti, strappandogli un gemito leggermente acuto; se non fosse stato così preoccupato, Hanamichi forse lo avrebbe preso in giro, ma era troppo concentrato nell’abbassargli i pantaloni e la biancheria intima.
 
Entrambi avevano troppa fretta per aspettare ancora.
 
Il sesso di Kaede colpì il suo stomaco appena fu liberato. Era duro come una pietra. Eretto orgogliosamente e con un po’ di liquido preseminale sulla punta. Hanamichi si morse il labbro e si avvicinò.
Kaede ansimava in modo irregolare, scavando con le unghie e le dita nelle sue spalle larghe e forti.
 
Non resisterò molto, pensò mentre osservava Hanamichi aprire la bocca e tirare fuori la lingua. Quasi timidamente la passò per leccare gli umori presenti. Kaede chiuse gli occhi con forza per controllarsi. Se avesse visto ogni azione, sarebbe venuto ancora prima di sentire le sue labbra su di sé.
 
Hanamichi, che sapeva esattamente qual era la sensazione, guardò il suo compagno, vedendo le sue guance arrossate, i denti che mordevano le labbra e le palpebre serrate, oltre ad avvertire le mani aggrappate a lui con urgenza. Ciò gli diede più fiducia e sicurezza per continuare.
 
Gli piace...alla piccola volpe piace, pensò prima di sorridere e continuare con più disinvoltura. Chiuse il pugno intorno alla base per tenerlo fermo, avvicinando la bocca per leccare e succhiare la cima.
 
“H-Hanamichi...” gemette Kaede con difficoltà, senza aprire gli occhi. Hanamichi, entusiasta di sentire il suo nome pronunciato così, sentì la propria erezione, ma la ignorò. Quel momento era tutto per Kaede.
Con quel pensiero, guidò la mano libera verso una natica soda del ragazzo, aggrappandosi a lui. Kaede sicuramente apprezzò, perché gemette più intensamente. Con un po’ di disperazione e impazienza, Hanamichi lo mise maggiormente in bocca, lentamente, perché si ricordò che una volta Kaede aveva avuto problemi nel farlo con troppa fretta, alternando leccate e succhiando.
 
Dopo qualche minuto, finalmente raggiunse il limite, non riuscendo ad arrivare fino alla base, ma abbastanza per mozzare il fiato al ragazzo ed evitare di avere i conati. Da lì iniziò a procedere velocemente, a scatti. Fece attenzione a non avvicinare troppo i denti – una volta Kaede quasi l’aveva morso e gli aveva fatto un male cane – lasciando invece la lingua ad accarezzarlo.
 
“A-ah! Uh! S-sì...” erano gli unici suoni che provenivano dalle labbra tumide di Kaede, che aprì gli occhi e tenne lo sguardo fisso sul proprio membro che scompariva ancora e ancora nella bocca calda e umida del suo ragazzo.
Se qualcuno avesse mai detto ad Hanamichi Saluragi che un giorno si sarebbe ritrovato in ginocchio davanti a un ragazzo a succhiargli il pene e a goderne, sicuramente sarebbe morto a causa di un brutale e sanguinoso pestaggio con cui lo avrebbe gonfiato.
Eppure eccolo lì, il violento ragazzo stava suggendo con gusto e impeto la sua volpe, eccitandosi nel sentire la sua durezza in bocca e nell’ascoltare i gemiti incoerenti del ragazzo. I suoni che emetteva con la bocca e dei lamenti incomprensibili erano l’unica cosa che si sentiva nello spogliatoio.
 
“Ah! V-vengo...” esclamò Kaede senza fiato mentre esplodeva nella bocca del ragazzo che non ebbe il tempo di elaborare l’informazione né di spostarsi, perché il bianco fiotto di seme lo colpì con una certa violenza in gola, facendolo quasi soffocare.
 
Separandosi dal pene che gradualmente si rilassava, si schiarì la gola prima di alzarsi. Senza che riuscisse a pulirsi la bocca, Kaede lo afferrò per il collo e la mascella attirandolo in un bacio infuocato e umido. Hanamichi, che non apprezzò affatto il sapore di quella sostanza viscida, provò compassione per la povera volpe che la ingoiava ogni volta. Tuttavia si ritrovò a pensare che l’avrebbe rifatto volentieri, se la reazione di Kaede era quella, che si avvinghiò alla sua schiena, alle spalle e al viso con foga e possesso.
 
“È stato incredibile” disse Kaede, sfiorando con le labbra qualunque porzione di pelle trovasse. Hanamichi, arrossato e imbarazzato, rendendosi conto di quello che aveva appena fatto, ma si riprese e scoppiò in una risata instabile che non ingannò nessuno.
 
“Tsk! O-ovvio! Sono un genio, quindi...” disse guardando gli occhi blu e luminosi di Kaede, che gli sorrideva. Kaede gli diede un bacio deciso ma corto, prima di posare la mano aperta sul suo petto, abbassandola sensualmente, accarezzando addominali, fianchi, per infine afferrare il sesso eretto del ragazzo, che sussultò di piacere.
 
“Ma genio junior è ancora eccitato” commentò con finto sarcasmo, sospirando e leccando il lobo del suo orecchio. Kaede era euforico, sovraeccitato e molto entusiasta. Nemmeno nei suoi sogni più perversi succedeva che Hanamichi raggiungesse un’epifania sessuale in mezzo allo spogliatoio, subito dopo un allenamento; non che se ne lamentasse, assolutamente no. Apprezzava e molto...proprio per questo voleva mostrargli quanto gli fosse piaciuto e avesse goduto di quello che gli aveva fatto (...finalmente).
 
Hanamichi nel frattempo era in iperventilazione e cercava di controllare il timore e l’imbarazzo sul suo viso e sul suo corpo. Ancora non riusciva a credere di aver fatto una cosa del genere. Ma era così tremendo? Aveva solo provato in qualche modo di dimostrare al suo ragazzo quello che sentiva lui. Come lo desiderava. Come anelava il suo corpo, in maniera ardente e palpitante. Come aveva bisogno, quasi follemente, di afferrarlo e toccarlo, abbracciarlo e baciarlo. O semplicemente di guardare i suoi luminosi e perfetti occhi blu.
 
Hanamichi accarezzò con riverenza la guancia arrossata del ragazzo, facendogli nascere un timido sorriso, prima di avvertire che il proprio corpo chiedeva sollievo. Grugnì un po’, abbassando lo sguardo sul sesso duro.
 
“Mi...ricambi il favore?” chiese con impazienza, era sul punto di posargli le mani tra i capelli per guidarlo sulla sua erezione.
 
“Farò qualcosa di meglio” rispose Kaede prima di levarsi i pantaloni e le mutande rimasti intorno alle caviglie, poi afferrò la mano di Hanamichi e lo trascinò nello spogliatoio, vicino al suo armadietto.
 
Hanamichi era un po’ confuso, Kaede voleva masturbarlo o no? E se era così, che differenza c’era tra farlo lì e nella doccia? Anzi, si sarebbero potuti nascondere nel caso in cui fosse inaspettatamente entrato qualcuno. Hanamichi rabbrividiva di freddo mentre guardava il ragazzo che cercava qualcosa nel borsone. Quando finalmente si raddrizzò, Kaede aveva un sacchetto di plastica bianco.
 
“Questi li ho...comprati qualche giorno fa”, Kaede tirò fuori un piccolo tubo che a prima vista pareva una crema per la pelle o qualcosa di simile; l’altro articolo era una scatola bianca con strisce e scritte nere e rosse. Hanamichi non aveva idea di cosa si trattasse finché si avvicinò e lesse le rispettive etichette: lubrificante e preservativi.
 
“P-per...adesso?”, Hanamichi non era poi così ottuso. Aveva fatto le sue ricerche circa il sesso gay, ma non aveva osato farne menzione, sapeva benissimo a cosa servivano quegli articoli. Il suo viso rifletteva imbarazzo e apprensione, ma il suo corpo si esprimeva diversamente: la sua pelle bruciava per l’impazienza e il suo sesso sussultò per l’interesse.
 
“Non vuoi?” chiese Kaede accigliandosi. Osservò l’erezione del ragazzo, chiaramente d’accordo con l’idea, ma la sua reazione in generale non era molto incoraggiante. Kaede ignorò il fatto che lui, all’inizio delle sue fantasie, si immaginava sempre sopra, come attivo, ma ora era così eccitato, offuscato, innamorato ed emozionato che si sarebbe anche messo a carponi se Hanamichi l’avesse voluto.
 
“No! Cioè, sì! S-sì, mi va...s-solo che...” Hanamichi sapeva che né lui né la volpe erano i tipici fidanzatini romantici e smielati che dovevano dirsi ogni ora che si amavano o sentivano la mancanza dell’altro, né che si regalavano peluche o cioccolatini; tuttavia era un po’ esitante al pensiero che quella sarebbe stata la sua prima volta: la sua, e quella di Kaede. E in realtà non era esattamente tenero, adorabile e nient’affatto romantico ricordare una prima volta in uno sporco (anche se in realtà era abbastanza immacolato, ma non era quello il punto) e impersonale spogliatoio.
 
Nonostante i suoi scrupoli, qualsiasi dubbio svanì quando Kaede si sollevò sorridendo premendosi contro di lui.
 
“Allora non c’è problema, scimmietta”
 
Ricominciò un acceso giro di baci, ma un po’ più carico di nervosismo e aspettativa, perché finalmente sarebbero andati fino in fondo. Kaede gli leccò le labbra, facendo scorrere le mani esose sul torso e sullo stomaco del suo amante. Hanamichi non rimase a riposo, toccandogli soprattutto la schiena e il sedere. Strinse e palpeggiò le natiche, strappando un grugnito di soddisfazione dalle labbra tumide del ragazzo.
Tornando a baciarsi, indietreggiarono fino alle panche davanti agli armadietti e si separarono per sdraiarsi sulla superficie piana. La sottile panchina a malapena conteneva i loro corpi e Kaede, sotto il peso e il calore del suo compagno, calcolò di non spostarsi troppo di lato se non voleva cadere sul freddo pavimento.
 
Hanamichi, che ora baciava e leccava gli addominali marcati del ragazzo, lasciò vagare le mani sopra le cosce dure e i testicoli sotto il membro semieretto.
Kaede gemette mentre Hanamichi infilava la lingua nell’ombelico e allo stesso tempo lo strinse alla base del pene.
 
“Il lubrificante...” disse Kaede in un sospiro e Hanamichi annuì. La borsa, che era rimasta lì accanto, fu afferrata da Hanamichi, che l’aprì un po’ bruscamente per recuperare il sacchetto. Si sedette sulle cosce del suo amante mentre scartava la plastica e apriva il tubetto, dopodiché se ne versò un po’ nel palmo.
Hanamichi guardò nervosamente il ragazzo, che gli sorrise, sebbene anche lui stesse morendo di paura.
Sollevandogli e alzandogli le gambe, Hanamichi si chinò e appoggiò la mano sulla sua coscia per segnalargli di spostarla un po’; Kaede obbedì, tremando inevitabilmente per l’attesa...il timore...la vergogna...per un momento si sentì vulnerabile ed estremamente esposto. In un istante desiderò alzarsi e andarsene di corsa. Ma si controllò respirando profondamente e chiudendo brevemente gli occhi.
 
Era quello che aveva desiderato con tutto se stesso. Finalmente, finalmente lui e Hanamichi avrebbero fatto l’amore. Beh, nelle condizioni di fretta e di febbre in cui erano, forse non si poteva parlarne in maniera tanto tenera e sdolcinata, ma il punto era lo stesso. Dopo averlo sognato per un mese, avrebbero fatto sesso...
 
La parte inferiore delle sue natiche era esposta a un Hanamichi molto rosso, che trattenne un sospiro e un lamento e portò la mano lubrificata nella sua parte più nascosta. Deglutì pesantemente mentre passava e lasciava un dito a farsi spazio; con la punta, tastò e accarezzò l’anello di muscoli, ottenendo un ringhio e un gemito soffocato dal ragazzo, che non sapeva come reagire a quella scarica che si diffuse nel suo corpo.
 
Animandosi, Hanamichi cominciò a introdurre lentamente il dito. Kaede aprì le labbra, sentendo il cuore pompare come come si trattasse di una corsa di cavalli. Tutta la sua pelle era in fiamme. Tutto bruciava, tremava, formicolava ed era offuscato. L’intera stanza sembrava vorticargli intorno. Il tetto sulla sua testa scomparve e fu sostituito dalla nebbia.
 
“Aah-” esclamò, accigliandosi. Non faceva male, ma era tanto, tanto, tanto strano, non sapeva cosa fare. Premette le mani sulla panchina instabile e si morse le labbra con forza. Non aveva mai sperimentato niente del genere. E maledisse quei dannati video porno, che non l’avevano mai preparato a quel tipo di sensazioni. Sentendo il dito dentro di sé, da un lato voleva spingere via Hanamichi e buttarlo fuori, ma dall’altro desiderava che si muovesse e lo inserisse più a fondo. Più dentro. Con più forza e velocità.
 
“N-non fare così” disse Hanamichi sentendo le sue pareti contrarsi con lieve rudezza; il movimento inviò un incendio al suo sesso pronto, ma si ricordò di un articolo che aveva letto in cui si menzionava che la persona doveva essere rilassata, altrimenti l’eventuale penetrazione avrebbe fatto molto male. Kaede annuì coprendosi gli occhi con l’avambraccio. Quando Hanamichi riuscì completamente a inserire il dito, iniziò a spingere piano, tirando fuori e rientrando con calma. Cercando di stirare la calda carne che gli avvolgeva il dito come seta ardente.
 
“Ah...” si lamentò Kaede e Hanamichi tirò fuori il dito. “C-cosa?” riuscì ad articolare Kaede, volendo piagnucolare per il vuoto che avvertiva, ma qualsiasi accusa fu messa a tacere quando Hanamichi infilò due dita imbevute di lubrificante, sempre con delicatezza. Questa volta gli fece un po’ male e lo fece capire tirandogli un calcio sul petto. Hanamichi lasciò le dita ferme per pochi secondi, per farlo abituare all’invasione, prima di ricominciare a spingere.
 
“Ah!” gemette forte quando sentì di essere colpito in un punto preciso. Gli fece venire voglia di strofinarsi da solo contro le sue dita, e gli inturgidì nuovamente il membro con orgoglio.
Kaede strinse i pugni con forza animalesca. Si morse le labbra temendo per un momento di farle sanguinare. Tutto bruciava, bruciava, bruciava.
 
Ma era davvero fantastico...
 
La prostata...dev’essere la prostata, pensò Hanamichi lievemente emozionato, perché aveva letto che quella ghiandola era una potente zona erogena (qualcosa la sapeva, il ragazzo).
Sorrise quasi come un bambino a Natale, sapendo che era una specie di fortuna divina avendola trovata la prima volta. Con due dita si dedicò a dirigere ogni piccola spinta su quel punto con premura, e presto Kaede divenne un ammasso di sussulti e lamenti.
 
Ma non basta, pensò Hanamichi guardando il proprio pene. Non per vantarsi, essere presuntuoso, pensare di averlo enorme o altro, ma era la prima volta per entrambi e Hanamichi non voleva assolutamente rovinare tutto facendogli male per incapacità a controllarsi, rischiando di procedere quando era ancora così stretto e poco preparato. Per questo si scostò e poco dopo tornò con tre dita ben lubrificate.
A entrambi il sudore scorreva dalle tempie fino ai colli e i torsi; sentivano che, se non avessero raggiunto l’orgasmo presto, sarebbero esplosi in combustione istantanea. Il fuoco, il bisogno, il desiderio e il calore li consumava. Ma Hanamichi cercava di trattenersi, perché voleva riuscire a inserire per bene le tre dita prima di penetrarlo.
 
Kaede non ce la faceva più. I muscoli delle sue cosce erano esausti e in fiamme per la posizione e il suo sesso era umido di liquido preseminale; ciocche nere erano attaccate alla sua fronte e respirava con difficoltà. Era così eccitato da non riuscire né a pensare né a parlare e si limitò ad alzare la testa per osservare, mezzo intontito, il viso arrossato e perfetto del suo ragazzo.
 
“Girati” lo sentì dire, ma il suo corpo sembrava incapace di rispondere.
 
Kaede non si mosse di un centimetro, quindi Hanamichi l’afferròper un fianco e lo costrinse a voltarsi e a rimanere a pancia in giù. Secondo quello che aveva letto era la posizione migliore per la prima volta, avrebbe dovuto rendere l’invasione un po’ meno dolorosa.
 
Quando lo penetrò ancora con tre dita, provò a rendere il ritmo più serrato e veloce e fu ricompensato da gemiti rochi e sussulti del suo amante.
 
“Ah...H-Hana...vai...” riuscì ad articolare Kaede sentendo l’attrito del suo membro contro la panchina. Se Hanamichi non lo avesse penetrato subito, sarebbe venuto solo con la sensazione delle sue dita e del proprio sesso che sfregava sulla base sotto di sé.
Hanamichi, troppo eccitato per rispondere verbalmente, si spalmò del lubrificante su tutta l’erezione e l’avvicinò, strofinò un po’, suscitando un lamento acuto ad entrambi. Con una mano afferrò l’anca del ragazzo, con l’altra il proprio sesso, e iniziò a introdurre la punta lentamente e con estrema attenzione.
 
“Uh...” uscì dalle labbra di Kaede, che pur non sentendo il dolore straziante che per un momento aveva pensato di sperimentare, trovava comunque la sensazione bizzarra e calda come l’inferno; voleva che Hanamichi andasse fino in fondo, voleva provare ancora la squisitezza provocata dalle sue dita, voleva che il suo ragazzo lo prendesse, voleva un orgasmo impetuoso, voleva tutto quanto.
 
Le sue nocche erano bianche mentre stringeva le mani sulla panca, cercando di controllare i propri gemiti.
Hanamichi, stringendo i denti, continuò ad entrare lentamente, dandogli tempo per abituarsi, ma non sapendo per quanto altro tempo si sarebbe trattenuto. Doveva muoversi.
 
Quando arrivò in fondo, entrambi gemettero di soddisfazione.
 
“T-ti fa male?” riuscì a chiedere Hanamichi, appoggiando le labbra alle sue umide ciocche nere.
 
“M-mi piace” rispose Kaede. Per dimostrare le sue parole, contrasse i muscoli dell’ano, ottenendo subito un grido dal compagno. Hanamichi, sostenendosi con i palmi su ciascun lato della testa di Kaede, iniziò lentamente a muoversi: prima con piccole oscillazioni, poi uscendo e rientrando con calma. Voleva controllarsi, renderlo piacevole per entrambi.
 
Il suo respiro era pesante e irregolare, mentre Kaede serrava gli occhi e ansimava. La sensazioni di quelle pareti calde, umide e strette intorno al suo sesso gli fecero vedere le stelle, il suo mondo vorticò, nella bocca dello stomaco e nei testicoli provava fiamme intense e bollenti; era disperato, desideroso di aumentare la velocità e l’impeto, ma continuò a trattenersi. Kaede era invece senza fiato con l’erezione del suo amante dentro di sé; lo sentiva così grosso, così caldo, così stranamente delizioso che sollevò involontariamente il sedere per andargli incontro.
 
Qualunque controllo Hanamichi avesse mantenuto o pensare di mantenere, sparì dopo quel movimento, e le sue mani si posarono sui fianchi stretti del ragazzo, per spostarlo e sollevarlo.
 
Diede così inizio a potenti e rapide spinte, senza sincronizzazione né premura. Si sentiva il suono dei suoi testicoli contro le natiche del ragazzo, l’urto della pelle sudata contro pelle sudata, oltre ai gemiti e i grugniti dei due amanti.
 
“Ah...merda...uh...” uscì dalla vocca di Kaede, che sentiva e vedeva come le assi della panca di muovevano bruscamente sotto di sé mentre il corpo dell’altro colpiva il suo.
 
Era in paradiso.
 
Niente e nessuno esisteva a parte il suo perfetto ragazzo che lo penetrava con colpi poderosi e forti.
In alcuni momenti sentiva un dolore travolgente, ma le stoccate sul suo punto più sensibile cancellavano ogni traccia di malessere per lasciare posto a un piacere peccaminoso e bruciante, strabiliante, intenso. Era come se la sua pelle si sciogliesse, come se la sua testa stesse per scoppiare, e i suoi testicoli erano pronti a esplodere. Gridò con voce roca quando Hanamichi lo penetrò violentemente, e il proprio sesso si sfregò con forza contro la panca.
 
“Vengo, vengo” ripeté Hanamichi prima che il suo corpo si tendesse per poi liberarsi dentro il ragazzo. Gemette dimenando i fianchi, godendosi la sensibilità extra della sua pelle e le ripetute, violente contrazioni del suo ragazzo, che venne quando sentì l’umidità dentro di sé.
 
(Ops...avevano dimenticato il preservativo...).
 
Rimasero lì per qualche minuto, ansimando profondamente, cercando di regolare il battito cardiaco, godendosi il calore reciproco. Hanamichi, abbastanza consapevole del proprio peso, cominciò lentamente ad alzarsi e a tirare fuori il suo membro rilassato dal ragazzo, che grugnì per la sensazione. Si sentiva vuoto e dolorante, bisognoso ed esausto, tutto in una volta.
Hanamichi, notando in che condizioni erano, esortò Kaede ad alzarsi per dirigersi alle docce, dove entrambi si lavarono, con Hanamichi che si occupò in particolar modo delle sue natiche. Entrambi evitarono di guardarsi nel frattempo, pieni di imbarazzo nonostante l’attività intima appena condivisa.
 
“Ti fa male?” chiese Hanamichi con una smorfia, ma Kaede a malapena riusciva a tenere gli occhi aperti per la sonnolenza e la delizia che riempivano i suoi muscoli. Si sentiva soddisfatto, appagato e realizzato. Quell’urgenza ardente e fastidiosa che lo aveva irritato per settimane solo ora se n’era andata lasciandolo libero. Alzando i suoi occhi blu e incontrando quelli castani, preoccupati e nervosi di Hanamichi, il suo cuore, che ora batteva regolarmente nel suo petto, si sciolse e gli cadde ai piedi.
Era ridicolo e sciocco, ma provando quei sentimenti da soli quattro mesi, e in quella relazione da poco più di un mese, si sentiva così...così innamorato...così attaccato all’altro, che il semplice pensiero di separarsi da lui lo lasciava paralizzato dal dolore.
 
Lo amo...
 
Lo amo così tanto..., pensò scuotendo piano il capo.
 
“Un po’” rispose, grato che l’attività appena svolto avesse lasciato entrambi arrossati e sudati, quindi ogni traccia di imbarazzo rimase nascosta.
Hanamichi lo guardò un po’ contrariato, non sapendo cosa fare per evitare che provasse dolore, ma vedendo che Kaede camminava con calma uscendo dalle docce, sospirò di sollievo e lo seguì velocemente.
Mentre si sistemavano e raccoglievano i vestiti, i due notarono seccati le tracce di sperma sulla panca, e cercarono subito di rimuoverle e pulire prima di uscire. Kaede pensò di capire le parole che Kevin gli aveva rivolto in precedenza, ma lasciò perdere, perché il ragazzo non aveva fatto commenti od osservazioni con tono disgustato o irritato, quindi concluse che non sarebbe stato un problema né un ostacolo.
 
E poi, Riccio non era nella posizione adatta per parlare.
 
Forse Hanamichi era troppo ottuso o stupido per non accorgersene, ma era evidente la corrente intima ed elettrica che correva tra Kevin e Chris. Come si guardavano e toccavano. Come andavano ed uscivano dallo spogliatoio, sempre insieme. Erano così evidenti che per Kaede era difficile pensare che nessun altro se ne fosse accorto. O forse se n’era accorto proprio perché faceva molta attenzione con la propria relazione, oltre al fatto che Riccio passava molto tempo con Hanamichi, e dato che la volpe guardava sempre Hanamichi, ciò lo aveva portato anche ad osservare Kevin.
In un certo senso era contento che quei due stessero insieme. Ovviamente perché lo rendeva felice vedere i suoi amici felici (cosa che Hanamichi gli aveva insegnato), ma anche perché ciò significava avere un supporto, un pilastro a cui appoggiarsi. Non erano soli. Non dovevano temere di essere gli unici.
Kaede ora si aspettava che i due ragazzi li informassero della loro coppia, perché se sapevano di lui e Hanamichi, non avrebbero dovuto avere paura di rivelarsi, no?
 
“S-se viene qualcuno...ti ammazzo, giuro”
 
Kaede e Hanamichi, camminando mano nella mano nel buio e nei presunti corridoi solitari della grande palestra, si fermarono rigidamente dopo aver sentito quel sussurro/grugnito/sibilo proveniente da una voce maschile, da alcuni corridoi a destra.
Innocenti occhi marroni incontrarono astuti occhi blu.
Era chi pensava?
 
“No! Volpe, aspetta...” mormorò allarmato e imbarazzato Hanamichi quando Kaede lo attirò verso i gemiti e i sussulti che cominciavano ad echeggiare ovunque.
 
Lì, abbracciati in modo molto intimo, c’erano proprio Kevin e Chris, intenti a scambiarsi un bacio poco adatto ai minorenni. Hanamichi inciampò per lo stupore, mentre la volpe trattenne una risata sia imbarazzata che ironica.
 
Con sorpresa di Kaede (e di Hanamichi), era Viso pallido che aveva immobilizzato Riccio nella posizione più compromettente e rivelatrice. Kevin aveva la maglietta alzata e arrotolata intorno al collo, mentre i suoi pantaloni avevano la cintura slacciata e la zip aperta. Le mani di Chris, in aggiunta alla situazione già morbosa e imbarazzante, si trovavano clamorosamente dentro la biancheria intima del ragazzo rosso e ansimante, che non si era ancora accorto della presenza dei due giapponesi.
 
“A-ehm” Kaede si schiarì la voce, con totale mortificazione del suo ragazzo, per il quale la cosa migliore da fare sarebbe stata uscire da lì discretamente e silenziosamente per non disturbare. Kaede era davvero rapito dalla scena e sovraeccitato per ciò che lui stesso aveva appena vissuto.
I due americani, immersi nella loro piccola bolla di piacere e passione, non ci misero molto a sobbalzare esageratamente quando li videro. Chris quasi cadde sul fondoschiena mentre saltava indietro, portandosi dietro i boxer di Kevin. Questi urlò, poi con la faccia quasi viola, annaspò e si allacciò i pantaloni a velocità degna di invidia da parte di Flash.
 
“N-non...non è come pensate” parlò con voce roca, vedendo il suo amico troppo traumatizzato per articolare una parola o anche solo per muoversi o battere le palpebre.
Hanamichi rivolse lo sguardo sul pavimento, provando vergogna, perché anche se la situazione un po’ lo faceva ridere, in realtà non poteva evitare di provare empatia per ciò che lui stesso aveva vissuto di recente con il suo ragazzo, pensando e chiedendosi cos’avesse fatto se fosse stato sorpreso qualche minuto prima con Kaede che gemeva e si muoveva contro di lui.
 
Più in là forse avrebbe potuto prenderlo in giro quanto voleva...
 
“Davvero?” fece Kaede alzando un sopracciglio. Per piacere! Davvero se n’era uscito con una frase così cliché davanti alla scena inequivocabile? Anche uno scemo come Hanamichi aveva notato che si stavano baciando disperatamente, e l’uno non stava cercando un oggetto smarrito nella bocca dell’altro.
 
“B-beh! E allora? Come se anche voi non aveste fatto la stessa cosa nello spogliatoio...” li accusò Chris, con sorpresa di tutti, che non l’avevano mai sentito alzare la voce. Kevin lo guardò con un bagliore quasi tenero negli occhi.
 
Kaede aggrottò la fronte. Quella era, per caso...una sfida...una minaccia?
 
Sul punto di rispondere acidamente, Hanamichi gli strinse la mano e lo guardò con un sorriso solare e magnifico. Sono nostri amici, gli disse con lo sguardo e linguaggio non verbale.
 
Sì...vero...
 
“Non abbiamo visto niente” rispose invece con tono solenne. Hanamichi annuì.
 
“E noi non sappiamo chi sia uscito per ultimo dalla palestra...” rispose Kevin con un sorrisetto rassegnato.
 
Come se in quei bui e silenziosi corridoi non fosse successo nulla, i quattro se ne andarono.
Kaede afferrò di nuovo la mano di Hanamichi e si diressero a cas.a
 
Quando uscirono dalla palestra, però, era già tutto scuro e spento, quindi non ebbero problemi a proseguire con le dita intrecciate, avanzando lungo le strade. Solo quando raggiunsero i vialetti più avanti e videro alcuni passanti, si lasciarono, urtandosi a vicenda la spalla.
Giunti a casa Rukawa, mangiarono come pozzi senza fondo ciò che Mei aveva lasciato nel forno, tirando poi dagli scaffali diversi spuntini da portare in stanza di Kaede, continuando a mangiare di sopra mentre commentavano ciò che avevano visto in palestra.
Soprattutto Hanamichi disse a Kaede quanto fosse stato sfacciato e maleducato per aver rovinato il momento passionale della coppia, che lui non sospettava. Kaede rispose scrollando le spalle. Non si sarebbe scusato. La scena lo aveva divertito parecchio.
 
Poi si sdraiarono sul materasso e sulle coperte ancora arruffate e calorose; guardarono un programma inutile alla tv, incollandosi a vicenda. Kaede, che era quello che si aggrappava sempre a lui, non si preoccupò di attaccarsi ai suoi vestiti leggeri, allungando un braccio possessivo sul suo torso e passando una gamba sulle sue cosce; Hanamichi non sembrò affatto infastidito di essere intrappolato da lui, e una sua mano giocò distrattamente con i morbidi capelli neri del ragazzo, di tanto in tanto ridendo per le sciocchezze dalla televisione.
Se qualcuno in passato o dello Shohoku li avesse visti ora, si sarebbe soffocato o sarebbe svenuto per lo shock, per la tranquillità e l’amore che li circondava, palpabili come gli addominali che Kaede delineava sotto il pigiama leggero della sua scimmia.
 
“Facciamo una partita a Mario Kart” suggerì all’improvviso Hanamichi senza alzarsi, ma sollevando un po’ la testa.
 
“Ho sonno, scemo” ribatté Kaede, avvinghiandosi ancora di più al corpo caldo del ragazzo.
 Ho sonno, ripensò, chiuendo gli occhi e sistemandosi ulteriormente contro il materasso e Hanamichi.
 
“Oh, dai! Non essere noioso, volpe...sono appena le 11” brontolò guardando rapidamente una delle sveglie.
 
“No”
 
“Come...? Hai paura di affrontare il genio? Ahahahah...ok, lo capisco, principiante” sogghignò senza impeto, ricevendo un sopracciglio alzato.
 
“Giochiamo”
 
Cosa non faccio per te, idiota..., si disse sospirando internamente. Kaede sperava che Hanamichi non avrebbe mai indovinato di averlo in pugno con un solo sorriso.
 
“Ah! Sei così manipolabile!” rise Hanamichi sollevandosi allegramente e avvicinandosi ai giochi e all’Xbox.
 
“Ma chi vince, la prossima volta sta sopra” disse Kaede sedendosi sul letto e aspettando che Hanamichi sistemasse l’attrezzatura.
 
“Sopra...? Come...? Accetto la sfida, bastardo!” urlò con la faccia rossa, capendo l’allusione.
 
“Scemo” gli disse con un sorriso.
 
“Ah! Aspetta! Prima manderò un messaggio a Riccio...” disse con una risata infantile e una smorfia assurda. Kaede sospirò irritato.
 
Che lento...proprio ora ti viene in mente di rompergli?
 
Mentre Kaede si accomodava e organizzava il gioco, ascoltò la scimmia affermare che il suo cellulare aveva il credito esaurito.
 
“Usa il mio” disse distrattamente mentre preparava la partenza. Mentre sceglieva Toad per il gioco di corse, all’improvviso gli venne in mente la foto che aveva come sfondo.
 
“Hana! Aspe-”
 
“Perché c’è la mia faccia sul tuo cellulare, volpe pervertita?!”
 
Ops...
 
 
 
*personaggio appartenente al mondo della famiglia Adams, rappresentato con capelli lunghi fino a terra.

 
  
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