Ci ho pensato e ripensato, mentre ero in ospedale.
A Hawks.
A Dabi.
A Hawks che si mette in mezzo e dice “Riposa, ci penso io”.
A Dabi che afferma di voler parlare con me. Che sparisce in quella specie di melma nera dicendo qualcosa del tipo “vedi di non morire”. Che mi chiama per nome.
I miei ricordi sono abbastanza lucidi, nonostante non riuscissi più a muovere un muscolo e il sangue negli occhi mi appannasse la vista.
Ma c’è una cosa a cui non avevo dato peso e mi torna in mente solo ora: ora che ho decifrato il messaggio in codice destinato a me riguardo alla minaccia rappresentata dall’Armata di liberazione dei superpoteri.
Subito dopo la fine della battaglia, ad un tratto Hawks mi ha chiesto scusa.
Perché avrebbe dovuto scusarsi? Eravamo stati attaccati, mi ha offerto tutto il supporto che poteva darmi, ha rischiato anche lui… Ci potevano essere mille parole da dire in quel momento. Tranne “scusami”.
Cerco di rimettere a fuoco quel momento.
Mi stava sostenendo, faceva battute sulla posizione del mio braccio, aveva quel solito sorrisetto da schiaffi… Ma “scusami” lo ha detto senza sorridere affatto.
Mi sono sfuggiti dei pezzi, ora ne sono sicuro.
Hawks non è diventato strano all’improvviso: teneva qualcosa nascosto già prima, già quando ci siamo incontrati per il suo stramaledetto “team up”… Mi ha parlato dei noumu, e proprio in quel momento il noumu ci ha attaccato…
E la nostra conversazione quando sono uscito dall’ospedale?
“L’eroe numero uno e numero due che passeggiano insieme è ovvio che attirino l’attenzione”, hai detto. Accidenti a te: ti eri preparato le battute, vero? Avevi già previsto che avrei sospettato e ti eri fatto notare apposta per potermi rispondere così.
Erano tentativi di mettermi al corrente di qualcosa che non potevi dirmi.
Erano tutti messaggi in codice, ben prima di questo stupido libro.
Avrei dovuto capire subito, ma ero troppo preso da me stesso. Come sempre. Ero concentrato sull’immagine che avrei dovuto offrire all’opinione pubblica adesso che per il mondo sono il numero uno, ed ero diffidente nei confronti di Hawks per il modo in cui si era posto, per il suo atteggiamento di perenne sfida: pensavo che volesse servirsi di me per accrescere la sua popolarità, per far vedere in giro quanto fosse socialmente più abile di me.
Ho interpretato il suo comportamento con il filtro del mio eterno egocentrismo: cosa avrebbe fatto Endeavor nei confronti di All Might? Endeavor, l’eterno secondo, nei confronti del simbolo della pace? Avrebbe cercato di dimostrare di valere più di lui, avrebbe sfruttato ogni occasione di confronto, avrebbe attizzato il fuoco della rivalità.
Ma Hawks no. A lui non importa assolutamente niente di superarmi, al contrario: quello che cercava di fare era appoggiarsi a me - e c’era qualche ragione per cui non avrebbe dovuto farlo.
“Scusami” hai detto.
Scusami, perché quel giorno sapevi in anticipo che saremmo stati attaccati e non avevi preventivato le conseguenze.
Scusami, perché mi stavi coinvolgendo in qualcosa in cui sapevi di non dovermi coinvolgere.
Beh, scusami tu, ragazzo, per non aver capito un accidente.
Ma adesso qualcuno me lo spiegherà, quello che non ho capito: sono l’eroe numero uno, dannazione, e se non ho diritto io di essere a parte di questi giochetti, chi ne ha?