Era una mattina fresca e il sole, lentamente, faceva capolino
sull’orizzonte del Delaware.
La Joint Base Andrews era in fermento.
La riunione, classificata “For your eyes only”, era stata organizzata
nel cargo di un C5 Galaxy, parcheggiato in un hangar dell’aeroporto.
Il muso dell’aereo fuoriusciva dall’hangar, mentre il portellone del
cargo era nascosto all’interno dell’edificio.
Inoltre, per farlo entrare nell’hangar, tutti i carrelli dell’aereo
erano stati posizionati nella parte più bassa a loro concessa.
I vari partecipanti alla riunione giungevano alla chetichella, su
autovetture senza segni di riconoscimento, ognuno circondato dal suo entourage,
mostrando i loro completi gessati, da migliaia di dollari, o le medaglie
conquistate su dei campi militari virtuali.
Sulla rampa, prima di entrare nel cargo, donne e uomini si
incontravano e si scambiavano i loro soliti ed inutili convenevoli.
«Buongiorno, senatore!»
L’uomo, alto un metro e ottanta, impettito, con una drop militare color kaki,
con tante mostrine e stelle il cui riflesso poteva, da solo, illuminare quel
posto, atletico, si bloccò davanti ad un uomo di bassa statura, impedendogli il
passo.
«Buongiorno, generale! Come sta?» Disse l’altro, alzando la faccia al cielo: era alto un metro e
sessantacinque, grassoccio, vestito con un abito scuro di chiaro taglio
americano, portava occhiali tondi e aveva uno strano taglio di capelli,
quest’ultimi di color nero.
Tese la mano destra all’uomo davanti a lui, sfoggiando un anello d’oro
su cui faceva bella mostra di sé una pietra rossa.
«Non male, grazie. Anche lei a questa riunione?» Il militare allungò anche lui la mano
destra, impreziosita di un anello d’argento con una pietra blu.
L’onorevole non lo guardò neanche quell’anello. Ben sapeva che il tipo
davanti a lui non era uno dei soliti generali o ammiragli e quell’anello era
solo un altro modo per essere un palmo al di sopra di chi gli stava davanti,
anche se quest’ultimo era più alto di lui.
«Più che una riunione sembra un conclave di carbonari! Luci
soffuse, gente che gira senza meta… Ma cosa vogliono da noi?» Chiese il senatore.
«Non ne ho idea. Mi hanno semplicemente invitato a partecipare…» Rispose, con indifferenza, il generale.
I due uomini risero di gusto.
Il vociare era molto forte e
rimbombava all’interno dell’aereo, ove le luci erano basse e parecchie sedie
erano in fila, ben ordinate, in classico stile militare.
Sul fondo dell’aereo, su di un
palco, anch’esso poco illuminato, un leggio e un tavolo, entrambi di metallo color
grigio facevano bella mostra di sé.
Un improvviso bussare metallico sul
tavolo attirò l’attenzione di tutti, tacitando il fastidioso brusio.
Le sedie si mossero velocemente,
disordinatamente, formando capannelli di persone qua e là per il cargo, riunite
intorno a vari capi o comandanti, a seconda che fossero civili o militari.
Sul palco apparve, in penombra,
un uomo, in un magnifico Principe di Galles, ritto come un palo, alto almeno un
metro e ottantacinque.
Diede un colpo di tosse, si
versò, da una brocca di vetro, dell’acqua in un bicchiere alto, anch’esso di
vetro, entrambi apparsi miracolosamente sul tavolo: ne bevve un po’, così, con
nonchalance, e si guardò in giro, disinvoltamente, come se conoscesse tutti.
Non che la cosa fosse vera, ma a
lui piacque così.
Appoggiò il bicchiere sul tavolo
con un movimento calcolato, si avvicinò al leggio, provando il microfono, lì montatovi,
con un colpo di tosse e, pacatamente, iniziò a parlare.
«Signore e signori, buongiorno! Siete stati riuniti per essere
ragguagliati su alcune modifiche che riguardano il sopravvissuto designato!»
Mise molta enfasi nelle ultime
parole e un borbottio, sommesso, si levò dalla improvvista sala delle riunioni.
Mosse la mano destra, mollemente,
per far tacere le proteste che giungevano da ogni dove del cargo.
Con calma, appoggiò le mani sul
grembo, la destra davanti alla sinistra, e riprese a parlare.
«Ben comprendo che, dopo tanti anni, tale designazione è
diventata ormai una consuetudine, ben conosciuta tra di noi, e anche
all’estero: ma tale visione del problema non è più sostenibile in questo
momento! Ben avrete tutti visto i blockbuster di fantascienza e di disastri
ambientali che imperversano nei siti di noleggi di film e in televisione, tanto
che la questione merita di essere maggiormente discussa! La caduta di una
meteora non prevista, un qualsiasi cataclisma terrestre improvviso o una
improbabile invasione aliena lascerebbe gli Stati Uniti, e le nazioni
democratiche e libere a noi collegate, con un vuoto di potere inaccettabile, anche
solo in caso della perdita improvvisa di solo una metà del nostro governo!
Inoltre, i vostri vari uffici sono stati minati, da anni, dall’invasione di
donne e uomini non propriamente fedeli al nostro governo e ciò provoca una
necessaria salvaguardia delle persone presenti nell’elenco dei designati!»
L’uomo aveva ottenuto
l’attenzione di tutti, specialmente dopo aver fatto chiaramente capire che i
ministeri e le forze militari erano pieni di spie a servizio di chiunque li
pagasse: persone buone, certamente, patriottiche, ma che, se ben convinte,
avrebbero volentieri passato segreti ad altri, anche solo per dimostrare che
gli alleati, o similmente considerati, meritavano di veder condivise
informazioni a cui non potevano o dovevano avere accesso.
L’uomo, con la massima calma,
senza guardare, prese il bicchiere e, con molta enfasi, bevve ancora un po’ di
acqua, poggiando il bicchiere sul tavolo, senza distogliere lo sguardo dai
presenti.
«Ecco perché, dopo varie riflessioni, abbiamo deciso di
sottoporvi una visione diversa del problema e una soluzione ancora… più folle e
improbabile!»
La sua pausa corrispose con il
silenzio che serpeggiò tra i presenti, calando, improvviso, come la lama della
ghigliottina sulla testa del condannato.
«Verranno designati dieci donne e uomini, in modo paritario, ex
militari, fisicamente preparati, con una visione della vita diversificata, non
convenzionale, in grado di usare tutti i mezzi in dotazioni del nostro esercito
e che possano, in momenti particolari, comandare, unitamente o individualmente,
gruppi di persone, militari o civili, per difendere il nostro territorio!»
La voce dell’uomo era cresciuta
di volume man mano che le voci di protesta dei presenti si erano alzate di
tono, con molti donne e uomini, di secondaria importanza, che si erano alzati
dalle sedie, alcune di queste cadute a terra, per la furia dei loro padroni, con
quest’ultimi che urlavano e muovevano i pugni in modo bellicoso, mentre i loro
capi sorridevano a tutto quel guazzabuglio che stava esplodendo all’interno dell’aereo.
«Bene! Vedo che, per una volta, siamo tutti d’accordo!»
La voce femminile, che
improvvisamente coprì le voci che stavano sciamando come api verso l’alveare,
lasciò tutti perplessi e silenziosi.
Aveva un miniabito nero, gambe
lunghe, atletiche, avvolto da un collant nero, con scarpe nere dai tacchi vertiginosi,
slanciata, alta come il suo collega, che affiancò immediatamente: una giacca di
taglio maschile, anch’essa nera, completava il suo guardaroba.
Si mise davanti al microfono,
aprì naturalmente le gambe, come se fosse abituata a mettersi in quella posa
davanti agli altri, come una giocatrice di basket, e si guardò intorno nello
stesso modo del suo collega.
Lasciò le braccia, a penzoloni,
lungo il corpo e riprese a parlare.
«Da più di un anno un documento, sottopostovi dal nostro
ufficio, per rispondere a questa incombenza, è rimasto inevaso sui vostri
tavoli e, ovviamente, non ci sono risposte per poter, da parte del Presidente
(sottolineò la parola alzando la voce), prendere una decisione in maniera
idonea alle risposte fatte dai cittadini di questa nazione, preoccupati che voi
nascondiate la verità sugli UFO! Oh, ben lo sappiamo, non esistono, (alzò il
braccio sinistro, muovendo mollemente la mano, per far tacere il brusio che si
era subito sollevato da una parte degli occupanti) ma la cosa, oramai, è
obsoleta! I servizi segreti militari continuano, vergognosamente, a tenere il
Presidente all’oscuro di fatti che, ben provati, vedono una continua presenza
di esseri umanoidi sul nostro pianeta!»
Il borbottio salì, fermato, con
decisioni, dai due sul palco, che mossero all’unisono le mani destre,
fermamente, a bloccare qualsiasi protesta.
La donna continuò.
«Il Presidente ha più volte richiesto a voi, signore e signori,
dati inconvertibili di questi fatti, ma avete sempre negato ciò! (la sua voce
si era improvvisata alzata) Il Presidente, più di una volta, ha avuto la netta
sensazione che una sua defenestrazione fosse imminente!»
La protesta, questa volta, giunse
dalle donne e dagli uomini che erano rimasti seduti, i veri comandati delle
truppe che prima si erano scagliati contro i due occupanti lo scranno.
«Se il Presidente pensa che non siamo fedeli agli Stato Uniti
sbaglia di grosso!»
La frase, decisa, giunse dal
fondo del cargo, da una figura posta sullo scivolo dell’aereo, con la luce che
entrava dall’hangar alle sue spalle, disegnando una sagoma scura, di cui era
impossibile delineare i lineamenti.
L’uomo sul palco intervenne.
«Sì, certo, fedeli agli Stati Uniti (la frase fu enunciata a
voce alta), ma il Presidente, questo Presidente, è stato eletto con più del 70
per cento dei voti, per cui pretende una certa lealtà da parte vostra! E
mettervi alla porta non servirebbe a nulla! Anche se mandasse via voi, i vostri
successori potrebbero avere le vostre stesse idee e il problema rimarrebbe
ancora in essere!»
Il clamore nell’aereo cessò,
tutti si sedettero e rimasero in silenzio.
Il fatto che questo Presidente
fosse stato eletto con così tanti voti, dovuto al fatto che tanti cittadini si
erano presentati ai seggi elettorali, per esprimere il loro vigoroso parere indignato
sui precedenti inquilini della Casa Bianca, costrinse i presenti a far buon
viso a cattiva sorte! Anche se qualcuno, subito messo fuori gioco, aveva
meditato di ucciderlo, quel Presidente era pericolosamente troppo ingombrante.
E questa cosa lo rendeva ancora più
meno popolare tra i presenti.
I due aspettarono che tutti
dirigessero la questione voto, per poi passare alla questione designato.
La donna si mise davanti al
leggio, fronteggiando ben decisa il microfono e tutti i presenti.
«Per sicurezza dei designati, non saprete mai i loro nomi, ma
solo i loro codici identificativi. Si alterneranno come designati in maniera
casuale e non consecutiva! Non saprete mai chi essi siano, dove siano o cosa
stiano facendo! Si presenteranno a voi, in caso di necessità, con un tesserino elettronico,
il cui facsimile vi verrà inoltrato dopo questa riunione! Non avranno alcuna scorta, perché sono e
saranno in grado di proteggersi da soli, e qualsiasi vostra interferenza verrà
vista come un attacco allo stato e sarete immediatamente rimossi dai vostri
incarichi! Forse, per il bene del popolo, anche eliminati!»
Era la prima volta che si parlava
apertamente di una probabilità che era stata a lungo, da parte dei precedenti
occupanti la Sala Ovale, esclusa a priori: eliminare, per il bene comune,
persone licenziate o dimessesi dagli uffici della Casa Bianca, durante la
legislatura, senza più voce in capitolo, che conoscevano segreti indicibili,
pericolosi, se il popolo ne fosse venuto a conoscenza, era stata vista come una
decisione estrema, in uno stato tanto liberal!
Il silenzio, simile ad un soffio
d’aria che corre tra la cenere ardente sotto ai legni presenti nel camino,
pronta ad appiccare un fuoco tremendo, calò nel sito.
La discussione non era di certo
finita, ma i due non diedero la possibilità agli altri di interagire con loro.
Voltarono le spalle ai presenti
e, prima la donna e poi l’uomo, in fila indiana, scesero dal palco e sparirono
nell’ombra.
Nel cargo, dopo qualche attimo,
il brusio riprese, le sedie protestavano, mentre venivano malamente spostate, e
i comprimari aprivano la strada ai loro capi, che si avvicinavano gli uni agli
altri, parlando sommessamente, scuotendo la testa e guardando, ogni tanto, il
palco vuoto, con quella brocca e il bicchiere di acqua lì, sotto la luce di un
faro, abbandonati, a perenne memoria di un fatto storico, che aveva sconvolto
buona parte dei più alti papaveri dell’establishment americana.
Nell’ombra di un corridoio
dell’hangar, i due si fermarono a prendere fiato.
«Che te ne pare, Oliver?»
Chiese la donna.
«Non ne ho idea, Sybil!»
Rispose l’uomo.
«La verità è che le prove raccolte in tutti questi anni, dai
nostri predecessori, sono vere e incontrovertibili! Dobbiamo porvi un freno!» Disse la donna.
«Sì, ma ci deve essere qualcosa di più! Hai visto come si sono
ribellati gli onorevoli, i senatori e i generali alle nostre pseudo idee? Ho
paura che la nostra idea di un movimento trasversale interno ai nostri più alti
funzionari sia vero, ma a cosa serve chi può dirlo?» Disse l’uomo.
«Massoneria?»
Domandò la donna.
«C’è sempre stata!»
Disse l’uomo. «No, credo che
sia qualcosa di più complicato. Una parte del mondo cosiddetto civilizzato
vuole porre un freno ai rivoltosi…»
«Cinesi, russi…»
Sollecitò la donna.
«Forse. Credo di più i paesi del terzo mondo, o meglio, chi li
comanda, quel misto di religione e potere dal centro africa fino alle
popolazioni arabe impoverite, che vedono nella nostra morte la loro possibilità
di rivalsa su un mondo che, credono, li vuole sottomessi…» L’uomo scosse la testa sconsolato.
«Ma quello è colpa…»
La frase della donna rimase lì, sospesa per aria.
«Nostra, Sibyl, nostra! E ne stiamo pagando le conseguenze. Ho
paura che se la Corea del Nord dovesse cavalcare questa protesta con l’Iran non
riusciremmo a fermare l’onda d’urto che ci travolgerà!» L’uomo abbassò il volto e scosse la testa. «Riferiamo al Presidente e poi
vediamo il da farsi.»
Uscirono dal corridoio, sbucando
dietro l’enorme hangar, non visti dai partecipanti della riunione, mentre il
sole, alto, incominciava a scaldare quella tremenda mattinata, salirono su un’auto
insignificante e nera, parcheggiata contro il muro dell’edificio.
L’uomo si mise al volante e la
donna gli si sedette di fianco.
Il motore si accese al primo
colpo.
L’uomo inserì la marcia e si
diresse verso la Casa Bianca.
Dopo alcune ore, e dopo
innumerevoli controlli, i due si presentarono davanti al Presidente.
A guardarlo non dava l’idea di
essere un Presidente.
Aveva ottant’anni, magro, basso
(forse arrivava al metro e sessantadue), curvo, ma, quando saliva su di un
palco, aveva un piglio invidiabile!
Accolse i due con le maniche di
camicia arrotolate, con il colletto sbottonato, la cravatta nera abbandonata
sul petto, i pantaloni neri quasi cadenti, con la cintura slacciata, seduto su
uno dei divani, mentre abbracciava un cuscino verde di seta.
«Come l’hanno presa?” Chiese, guardando i due dal basso verso
l’alto, con gli occhiali cascanti sul suo naso adunco.
I due si guardarono e l’uomo
parlò.
«Male, signore. La protesta, di quanto detto in riunione, vi
arriverà in molti modi!»
«Fa niente! Non possiamo più tergiversare dopo quello che la
NASA ci ha detto! E per fortuna loro, chiunque essi siano, non lo sanno!» Sbottò il Presidente
«I nostri no. Ma stavamo meditando su altre implicazioni, che
consideriamo più gravi.» Continuò
l’uomo
«Si, lo so! Ma dobbiamo correre il rischio!» Rispose risoluto il Presidente.
«Signor Presidente, per quanto riguarda i designati…» La donna aveva iniziato a
parlare, balbettando.
«Mandateli a fare i corsi!» Disse il Presidente, stringendo ancora di più il cuscino. «Abbiamo
ancor un po’ di tempo e sicuramente finiranno l’addestramento prima di ogni
cosa.»
«Ma il tempo…»
Si lamentò la donna.
«La NASA ha ricontrollato i dati. Non se ne farà niente per
ancora due o tre anni.» Il
Presidente si alzò dal divano e si diresse verso la sua cara scrivania
vittoriana.
«Allora il suo successore…» Dissero, all’unisono, la donna e l’uomo.
«Non so se ci sarà un successore! Il colpo di stato è ormai già
pronto! Posso scappare, sfuggire, nascondermi, ma loro sono pronti da tempo, e
il vostro show è solo servito ad accelerare i tempi!» Il Presidente si sedette sulla poltrona della scrivania, con sempre
in grembo il cuscino verde.
Si vedeva che era stanco, ma non si sarebbe arreso tanto facilmente.
I due si girarono e se ne andarono dalla stanza ovale: li aspettava un
lungo e faticoso lavoro, e al Presidente ci avrebbe pensato qualcun altro.