Anime & Manga > Lupin III
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Autore: jarmione    17/03/2022    2 recensioni
Dopo anni di inattività, Lupin torna in azione ed il suo obbiettivo è la Bilancia della morte.
Questa bilancia sconvolgerà il gruppo di Lupin e persino Anika, la quale vedrà il suo mondo sgretolarsi.
Riusciranno a risolvere questo nuovo enigma?
O tutti crolleranno nel tentativo?
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed ecco il nuovo capitolo, spero vi piaccia.

Ringraziamo, come sempre, l’utente Fiore del deserto che mi supporta e...mi SOPPORTA

Grazie meraviglia mia e...buona lettura a tutti voi.

 

 

 

L’efficienza di Yata si era rivelata utile per Lupin che, grazie a lui, aveva recuperato un carica batterie per il cellulare.

Avrebbe preferito non caricarlo visto che ad attenderlo vi era un video di Yuki.

Lupin era rimasto di ghiaccio, Yata era talmente mortificato che non sapeva più come scusarsi e Zenigata...Zenigata aveva dato di matto.

Lupin riuscì ad elaborare un piano striminzito ma sufficiente per arrivare dentro l’abitazione.

Era tarda sera e di attendere la mezzanotte del giorno dopo non se ne parlava.

La villa era circondata dal bosco ed essendo le chiome degli alberi molto fitte era difficile avere una visione nitida.

“Dannazione, Lupin, avresti anche potuto prendere un visore notturno” si lamentò Zenigata, cercando di stare attento a dove metteva i piedi

“Pensi che non li avrei presi qualora li avessi avuti?” ribatté Lupin “Sono andati persi nell’esplosione. Tu piuttosto” si fermò un istante e si voltò a guardarlo “Con quella ferita avresti dovuto startene a casa” precisò il ladro, riferendosi alla ferita sulla spalla che Zenigata aveva riportato durante la fuga due giorni prima.

“Lascia perdere la mia ferita” disse secco l’ispettore “Non sarà questa a fermarmi dal recuperare mio figlio”

Lupin non osò ribattere, sapeva che era inutile tentare di farlo.

L’amore di un padre o di una madre era sconfinato a tal punto che si mette sé stessi in secondo piano.

Lupin ne sapeva qualcosa ed anche tutti gli altri.

Chissà se stavano tutti bene, se avevano ricevuto il messaggio e se erano riusciti ad elaborare un piano per aiutare Yuki.

E Anika?

Nessuno dei tre osò immaginare cosa stesse provando la ragazza, forse solo Zenigata riusciva a capirla.

Provarono a non pensare al piano sentimentale, non in quel momento almeno.

Dovevano capire come agire.

“Ispettore!” Yata bloccò appena in tempo il suo capo e Lupin, indicando verso i rami degli alberi.

Grazie alla luce della luna, intravidero un bagliore.

C’era una telecamera, fissa su un albero lì vicino, che copriva un raggio di due metri per due.

Lupin la osservò meglio, era un modello abbastanza recente e se aveva fatto bene i conti, loro erano ancora fuori portata.

Guardò meglio.

Non ne vedeva altre e questo significava che a breve sarebbero entrati nel territorio di Kimura.

Passare dietro all’albero non sarebbe servito a nulla, sicuramente altre telecamere erano state affissate e li avrebbero inquadrati.

Accidenti a Kimura e a quei maledetti che aveva assoldato: se non avessero mandato in fumo l’intera cascina forse avrebbe avuto più idee sulla mappatura della villa e come aggirare i sistemi di allarme.

“Lupin, che hai in mente?” domandò l’ispettore

“Sto pensando” rispose il ladro, ma sarebbe stato meglio farlo in fretta.

“Sento qualcosa” aggiunse Yata, obbligando gli altri due ad ascoltare.

Si sentivano rumori di passi sulla ghiaia.

Lenti, furtivi.

Si stavano facendo sempre più vicini e non sembravano passi di animali, ma umani...circa quattro per l’esattezza.

Lupin prese la pistola e la puntò alle spalle di Yata.

Non avrebbe sparato, non finché non aveva la certezza di chi stava arrivando.

Si sentivano dei rumori, come delle voci.

Appena fu sicuro che la vicinanza era sufficiente per farsi vedere, Lupin superò Yata e mise il colpo in canna.

Una specie di grido soffocato venne emesso da chi era in prima fila nell’altro gruppo e poi si udì un tonfo.

In contemporanea si udirono due caricamenti di pistola ed un rumore metallico simile a quello di una lama.

Il tempo di mettere bene a fuoco con chi avevano a che fare, Lupin sorrise “Guarda, guarda chi si vede” allungò una mano per aiutare il mal capitato a rialzarsi “Ben ritrovato caro Jigen”

“Ma sei impazzito!” il pistolero si alzò, ignorando l’aiuto di Lupin “Avrei potuto spararti, razza di scimmia!”

“Lupin?” Era Goemon

“Ma guarda chi è tornato fra noi” Lupin rimise via la pistola “l’introvabile e solitario Goemon”

Goemon rimise a posto la spada “Sei fortunato che sto risparmiando la mia lama per qualcosa di necessario e non di così futile come la tua vita”

“Ehi, vacci piano, la mia vita è ancora utile sai?” brontolò Lupin, mentre dal fondo avanza la figura minuta di Anika.

“Ehi, nipotina…” ma si zittì quasi subito, non poté aggiungere altro.

Uno sonoro schiaffo piombò sulla sua faccia, lasciandogli il segno.

Cadde il silenzio e durò per lunghi secondi.

Lupin non aveva bisogno di chiedere il motivo di quel gesto e nemmeno aveva bisogno di sentirselo dire.

Se lo meritava.

Per sua fortuna non giunse altro.

“Portami mio figlio” ordinò “O questo sarà niente in confronto a quello che ti farò, se dovesse succedergli qualcosa”

Zenigata la osservò in religioso silenzio, ringraziando mentalmente il cielo che fosse salva.

Lo stesso fece lei, ma in quel momento non osò muoversi e nemmeno parlare.

Avrebbe voluto stringerlo, baciarlo, ma non lo fece per non essere scoperta.

Non sapeva, però, che Lupin era al corrente della storia fra loro due.

Ad eccezione di Yata, per Anika gli altri erano tutti ignari della storia che era nata fra lei e Zenigata e non sapevano che Yuki fosse suo figlio.

Alle volte aveva pensato che quel segreto era tipo segreto di Pulcinella, ma se nessuno veniva a dirle nulla, per lei erano tutti nell’ignoranza più totale.

Lupin divenne serio ed annuì, voltandosi poi verso Jigen “Che cosa avete scoperto?”

Jigen tirò fuori dalla tasca interna della giacca una piccola mappa della villa e dintorni.

Sfruttando la luce della torcia che Zenigata si portava sempre dietro, si riunirono e visionarono il contenuto della mappa.

“Uuh, Fujikuccia mia, ci sei anche tu!” disse Lupin, assumendo uno sguardo da ebete.

“Meriteresti una martellata in testa, altro che uno schiaffo!” rispose lei “E non, guardarmi con quella faccia da lemure!”

“Oh, ma dai Fujiko, cosa posso fare per farmi perdonare?”

“Chiudi il becco, Lupin!” lo ammonì Jigen aiutato da Goemon il quale, stufo di sentire Lupin fare il casca morto con Fujiko, gli diede l’elsa della spada in testa.

Una volta zittito definitivamente, si dedicarono alla mappa di Jigen.

Mentre erano tutti chini su di essa, Anika e Zenigata si scambiarono un’occhiata.

Per un attimo si stupì nel vedere la sua amata in tenuta da battaglia, era da parecchio che non la vedeva in quel modo.

Lei si sentiva in colpa e le motivazioni erano tante, ma lui non sembrava arrabbiato, anzi.

Le sorrise e ammiccò.

Più tranquilla, Anika si mise ad ascoltare le parole di Jigen, ripromettendosi di parlare con Zenigata al più presto.

C’era una cosa che doveva dirgli e voleva farlo al più presto, anche se...non sapeva come.

 

*****

 

Il Signor Kimura avanzava lentamente lungo il corridoio al secondo piano della villa.

Tre enormi lampadari con gocce di cristallo lo illuminavano e facevano risplendere il lungo tappeto rosso di velluto al centro.

Era forse il piano più bello della villa.

Era il piano dedicato alle camere da letto, altrettanto sfarzose, nonché ai relativi servizi igenici delle stesse.

Il primo piano era adibito per il suo studio personale e le stanze private, mentre il pian terreno era fornito della cucina, stanza di sicurezza per la video sorveglianza nonché due enormi saloni: uno per mangiare ed uno per ricevimenti.

Era fiero di quella sua villa, costruita con il sudore della fronte per garantire alla sua famiglia un luogo sicuro e agevole dove vivere.

La stessa famiglia che ora non lo circondava più.

La moglie era morta a causa di una brutta malattia che, anni prima, nel giro di pochi mesi, gliel’aveva portata via.

Ed infine il figlio.

Un ragazzo giovane, appena vent’anni, di bell’aspetto e amato da tutti.

Avrebbe dovuto prendere le redini dell’attività di famiglia una volta che lui fosse scomparso e invece non sarebbe mai stato così.

Erano nei boschi intorno alla villa, stavano semplicemente parlando.

Si udì uno sparo in lontananza ed infine un gemito, il poveretto cadde a terra e non si rialzò più.

Kimura non seppe mai il nome del sicario che aveva ucciso suo figlio e nemmeno se quel colpo fosse davvero rivolto a lui.

Ma non aveva mai smesso di cercare e, grazie all’asta che avevano adibito in città, aveva scoperto l’esistenza della bilancia e la leggenda che correva dietro di essa.

Ma no, Lupin doveva rovinare ogni cosa, compresa un asta...una stra maledetta asta in cui Kimura era certo al cento per cento che nessuno avrebbe osato acquistare quella bilancia in quanto considerata maledetta persino dai ladri.

Lupin le aveva portato via l’unico appiglio per scoprire chi aveva ucciso suo figlio ed ora lui gli porterà via qualcosa con altrettanto valore.

Per colpa di Lupin, la sua attività sarebbe morta con lui...o quasi.

Giunto in fondo al corridoio, dove la porta dell’ultima stanza era chiusa e ben sorvegliata, Kimura sentì che era giunto il momento di passare all’azione.

Con un cenno della mano liquidò le guardie, che subito obbedirono e se ne andarono, poi aprì lentamente la porta.

La stanza era vuota, cosa alquanto strana visto che le guardie erano appostate fuori e la finestra non era nemmeno aperta.

Chiuse la porta e avanzò fino al centro.

Kimura poté udire di sottofondo il rumore di un respiro affannato...proveniente da sotto al letto a baldacchino.

“Non voglio farti del male” disse Kimura “Esci, devo parlare con te” lentamente e molto titubante, la piccola figura di Yuki fece capolino all’esterno e si rimise in piedi.

Aveva paura e voleva i suoi genitori come qualunque bambino della sua età, ma allo stesso tempo cercava di non darlo a vedere.

La sua mamma gli aveva sempre detto di essere forte e coraggioso mentre suo padre...beh, lui era un poliziotto e i poliziotti non hanno paura.

Yuki voleva essere come loro, coraggioso.

“Dimmi, piccolino, ti piace questa casa?” domandò Kimura con tono calmo, pur rimanendo serio.

Yuki era troppo piccolo per capire se in quella domanda si celava qualche trabocchetto, per lui era una domanda come un’altra e la mamma gli aveva insegnato che domandare era giusto e rispondere era cortesia.

Yuki non era ancora in grado di rispondere girando intorno al problema o mentendo, lui rispondeva con il cuore e l’emozione del momento.

Di fatti guardò Hideo Kimura negli occhi e annuì “Sì, signore”

“E’ molto grande, spaziosa e piena di stanze” proseguì il signor Kimura “Alcune più grosse di questa” con il dito indicò l’intera stanza in cui si trovavano “E, se davvero ti piace, potrebbe essere tua”

Yuki lo guardò interrogativo “Mia?”

Kimura annuì, era già sicuro di riuscire a farlo cedere.

Se riusciva a convincere il bambino a restare lì, sarebbe andato a pari.

Lupin aveva la bilancia? Lui aveva il bambino e sapeva che tra i due c’era un legame.

Il ladro avrebbe dovuto scegliere: o la bilancia o Yuki.

Dato che era sicuro che Lupin avrebbe scelto il bambino, si rese conto che era meglio correre ai ripari.

Se Yuki acconsentiva a restare, Lupin sarebbe stato in seria difficoltà.

“Vedi, piccolo…” Kimura sospirò “Avevo un figlio, un bel ragazzo con molti anni ancora da vivere” un altro sospiro “Purtroppo il mio ragazzo non c’è più”

“E dove si trova?” chiese Yuki curioso.

“In cielo” rispose Kimura.

Yuki pensò e poi disse “E’ un angelo?” Kimura annuì “La mia mamma dice che...che le persone vanno in cielo quando non ci sono più, ecco perché non le vediamo” spiegò “E diventano dei bellissimi angeli”

Kimura non riuscì a non sorridere “Esatto, la mamma ti ha detto giusto” confermò “Ora, però, devi ascoltarmi molto bene” lo aiutò a sedersi accanto a lui sul letto “Vedi, il mio ragazzo ormai è un angelo e non posso chiedergli di darmi una mano nel mio lavoro” disse “Ho parlato con la tua mamma e lei mi ha confermato che tu puoi stare qui quanto vuoi ed io ti insegnerò il mio lavoro e tutto questo…” indicando di nuovo la stanza e riferendosi anche alla villa “Sarà tuo”

A Yuki si illuminarono gli occhi “Tutto mio?” il solo pensiero gli fece battere il cuore.

Aveva capito poco di tutto quel discorso, ma finché era certo che la mamma aveva dato l’ok per lui andava bene.

E poi iniziava già a pregustare l’idea di tanti bei giocattoli.

Per lui una villa così grande e decorata equivaleva ad un luogo dove un bambino poteva avere tutti i giocattoli del mondo.

Era un ragionamento molto spartano ma, allo stesso tempo, normale per un bambino molto piccolo come Yuki il quale, con occhi sempre sgranati, annuì “Sì, signore!” esclamò “Sì, voglio restare!”

Kimura sorrise, venendo colto alla sprovvista da un abbraccio da parte di Yuki.

Dopo il primo attimo di smarrimento, ricambiò la stretta e rivisse con la mente tutti i momenti in cui suo figlio lo aveva stretto...e al loro ultimo abbraccio.

Cercò di non cedere alle emozioni e si concentrò sul suo piano.

Era fatta, Yuki era suo.

 

*****

 

“...E questo è il piano” concluse Jigen, ricevendo l’approvazione da parte di Lupin e Zenigata.

“Jigen, ti sei davvero superato” ammiccò Lupin “Agli imprevisti ci penserò io”

“Ehm, scusatemi” Fujiko richiamò l’attenzione di Jigen “Devo per caso ricordavi quanto abbiamo stabilito?” domandò, indicando Anika.

“Per quanto detesti ammetterlo, Fujiko ha ragione” aggiunse Goemon, guardando Anika “Tu devi restare qui”

“Cosa?” Anika, che ben sapeva a cosa facevano riferimento, scosse la testa “Si tratta di mio figlio, voglio esserci!”

Si aspettavano una reazione così, tutti...compreso Zenigata che non sapeva a cosa stessero facendo riferimento.

“Anika, guardami” Jigen le prese il volto fra le mani “Anni fa ho commesso uno sbaglio e...a causa di esso ti ho persa” spiegò “Non posso tornare indietro e non posso rimediare a quanto successo...ma voglio aiutarti ora, qui e adesso” Jigen la guardò dritta negli occhi “Ti chiedo solo di ascoltarmi, di restare qui al sicuro”

Anika tremava e non riusciva a sostenere lo sguardo.

“Yata resterà con te” aggiunse Zenigata, con l’approvazione di Yata e degli altri.

“Porterò Yuki a casa e lo porterò sano e salvo” infine, Jigen la strinse forse a sé ed Anika, ormai rassegnata e priva di qualunque forza, ricambiò la stretta.

“Portalo a casa, Jigen” mormorò “Riportalo da me”

Jigen annuì e la lasciò andare affidandola a Yata, che ricevette un’occhiata di intesa da parte sua e dell’ispettore.

Quest’ultimo, poi, volse lo sguardo su Anika, ammiccò e seguì il resto del gruppo all’interno della foresta, facendo attenzione a non farsi beccare dalle telecamere.

La bilancia l’avevano portata con loro.

“Anika, stai bene?” Domandò Yata, ricevendo un cenno di assenso “E’ colpa mia” aggiunse “Avevo l’ordine di sorvegliare Yuki, ma ci hanno presi alle spalle e mi hanno dato un colpo in testa...lo hanno portato via”

“Yata, no” lo rassicurò Anika “Non è colpa tua, non osare mai più dire una cosa del genere”

Yata non era tranquillo, anzi.

I sensi di colpa lo attanagliavano senza pietà e l’unica cosa che avrebbe voluto fare era sprofondare nel terreno.

Anika non era per nulla arrabbiata con lui.

Yata era sempre stato al suo fianco nei momenti di bisogno ed aveva sempre trovato in lui un ottimo confidente.

Era stato proprio lui il primo a sapere che aspettava Yuki e questo perché aveva paura di dirlo a Zenigata.

Ora aveva un’altra confessione da fargli ma...non sapeva come fare...come dirglielo.

E aveva anche altro nella mente: voleva partecipare, voleva prendere Yuki e portarlo a casa.

Ma non poteva farlo finché Yata era con lei.

Da quando lo conosceva, si era accorta del miglioramento avuto e di quanto fosse devoto agli insegnamenti di Zenigata.

Buono e ingenuo quanto voleva, ma ormai era abbastanza esperto da non farsi più ingannare dal primo che passa.

Ma lei non era il primo che passa.

C’era solo un modo per entrare in azione “Yata, io…” Anika deglutì, allungando lentamente una mano verso la fondina dell’uomo ed estraendo la pistola “Ti prego, perdonami” con le lacrime agli occhi, colpì Yata sulla nuca e lo vide cadere a terra privo di sensi.

Con il respiro affanno ed un senso di nausea a livelli strato sferici, Anika cercò di ricacciare indietro le lacrime e, facendo attenzione alle telecamere, si addentrò fra gli alberi.

-Sto arrivando, Yuki, resisti-

  
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