Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Rosa Marina    17/03/2022    0 recensioni
«Come ti chiami Cadetto?»
«Nanashi E-basta» rispose il ragazzo dagli occhi incredibilmente verdi semi celati dalla lunga frangia.
«Molto bene, Cadetto Nanashi E-basta, sei pronto ad offrire il tuo cuore per il popolo Eldiano e per la libertà?»
«Lo sono » rispose il ragazzo, mentre la mano stretta a pugno raggiungeva il suo cuore.
Fece un passo avanti mentre pronunciava un solenne «Shinzou wo Sasageyo»
Quel giorno soffiava una lieve brezza ed i suoi capelli corvini brillarono mossi dal vento mentre sollevava lo sguardo rivolgendolo verso il palco delle autorità.
Dei presenti, oltre ai sopravvissuti del 104mo corpo Cadetti, erano rimasti in pochi a ricordare l’aspetto di un giovane cadetto che sembrava aver fretta di morire, di nome Eren Jeager. Tra questi Rico Brzenska che rammentava chiaramente i suoi singolari occhi verdi. Ricordava distintamente anche sua sorella adottiva, (che a lei e suoi compagni non era sfuggito fosse anche la sua innamorata), una fanciulla dai tratti somatici caratteristici e serici capelli corvini, quindi, appena il Cadetto pronunciò il suo giuramento, non potè non notare l’incredibile somiglianza tra il giovane in piedi difronte a lei e il ricordo che aveva di Eren Jeager e Mikasa Ackerman
Genere: Drammatico, Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Armin Arlart, Levi Ackerman, Mikasa Ackerman, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Shingeki no Kyojin Chronicles'
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Il complesso funebre dove riposavano i corpi dei soldati caduti durante l’ultima guerra, quei pochi che non si erano dispersi come polvere nel vento, era stato nei primi mesi dopo il termine del conflitto oggetto di atti di vandalismo e spregio da parte di coloro che ritenevano l’esercito responsabile della quasi totale distruzione dell’isola, di conseguenza per evitare che il luogo santo dimora di tanti valorosi fosse oggetto di atti di profanazione, la Regina Histria ordinò che venisse recintato da un muro e custodito da un picchetto di soldati del corpo di Garnigione. Era fatto divieto a chiunque di recarvisi anche solo per un semplice saluto mentre l’accesso era consentito esclusivamente durante le commemorazioni ufficiali che avvenivano alla sola presenza degli stretti famigliari e dei Corpi d’Armata. Era questo il motivo per cui in particolare Connie e Jean ma anche gli altri, che dal loro ritorno non erano ancora riusciti a porgere un saluto a Sasha che riposava in quel luogo, attendevano con trepidazione il giorno in cui sarebbe stato inaugurato il monumento ai caduti. La cerimonia infatti prevedeva di aprire anche le porte del cimitero murato e consentire a chiunque lo desiderasse di recarsi a pregare sulla tomba dei propri cari.

Quando finalmente giunse fu un giorno colmo di emozione per tutti e di tante lacrime, la cerimonia si tenne in un clima solenne e composto anche se non privo di tumulti e schiamazzi da parte di chi ancora non riconosceva il valore dell’esercito e manifestava il proprio disappunto alla militarizzazione dell’Isola di Paradise. Gli animi si placarono un poco solo quando, dal palco reale prima dello svelamento della statua, venne annunciato dalla voce della Regina stessa, che sotto la bandiere del nuovo Impero di Eldia presentandosi in Alta uniforme offriva il cuore al popolo con il simbolico gesto del pugno stretto sul petto, il ritorno in patria del Capitano Levi Ackerman.

 

***

L’automobile con le insegne militari di Paradise Island attraversava lentamente le strade di selciato in direzione della Capitale. Era una giornata di pieno sole e una leggera brezza portava ristoro alle molte persone assiepate lungo le strade per vedere il ritorno in patria di un uomo che nel corso dell’ultimo decennio era ormai divenuto una leggenda. Il Capitano Levi, unico sopravvissuto di quel Corpo di Ricerca che tanti giovani cuori aveva offerto per il popolo di Eldia affrontando tanti anni or sono al comando dell’indimenticabile Erwin Smith i temibili Giganti ed esule in terra straniera al termine dell’ultimo conflitto, faceva finalmente ritorno a Paradise Island.

Con il volto visibilmente sfregiato da profonde ferite, ricordo indelebile della sua vita trascorsa a combattere, Levi era seduto al fianco del guidatore mentre sul sedile passeggeri vi erano i suoi tre compagni che la gente guardava incuriosita, in particolare da quello con la pelle scura, senza tuttavia riconoscerne i volti. I più anziani piangevano e additavano ai più giovani il leggendario Capitano dell’eroico Corpo di Ricerca ricordato ancora con stima e affetto da buona parte della popolazione. Levi non aveva assolutamente voluto una scorta armata e nemmeno si rivelò necessario un contenimento della folla da parte della Gendameria. Al passaggio dell’automobile in molti si levavano il cappello in segno di rispetto mentre i più piccoli salutavano con la mano. Non si verificarono disordini di alcun tipo e dopo poche ore il gruppo giunse, in un’atmosfera solenne e fortemente commossa, nella piazza vicino al cimitero militare dove li attendevano sua Maestà la Regina, gli Alti Ufficiali dell’esercito di Paradise Island e la popolazione.

Il Capitano venne accolto con un solenne «Shinzou wo Sasageyo» da parte degli astanti mentre tutti, anche i popolani, portavano il pugno al cuore. Seguì un lungo silenzio carico di parole dette tra gli sguardi lucidi di lacrime prima che la Regina Historia prendesse la parola per salutare formalmente colui che un tempo fu un suo superiore, che le insegnò a credere in sé stessa e nei propri compagni e a combattere offendo sempre il suo cuore.

La cerimonia prevedeva che fosse proprio lui, dopo lo svelamento della statua, a leggere i nomi di tutti quei soldati eldiani che erano caduti per liberare il mondo dalla minaccia dei Giganti e che non possedevano un luogo dove i propri cari potessero ricordarli. Ci vollero anni per riuscire a stilare una lista (lunghissima) che non ne dimenticasse alcuno e per buona parte si riuscì anche a risalire al grado e al Corpo di appartenenza. L’elenco sarebbe proceduto in ordine alfabetico, menzionando prima gli ufficiali e in un secondo elenco, molto più numeroso i soldati semplici. Per primi i caduti del corpo di Gendarmeria, poi quelli del Corpo di Guarnigione, del Corpo di Ricerca e infine i Cadetti. Al seguito sarebbero stati menzionati gli Eldiani che militavano per Marley ovvero i caduti tra i Guerrieri Marleyani onorari e Guerrieri Cadetti, infine, senza che fosse però previsto un elenco nominale dettagliato sarebbero stati ricordati anche i caduti di Marley, degli Azumabito, degli altri popoli e tutti i civili.

La statua, un complesso marmoreo di grandi dimensioni raffigurava un gruppo di soldati che combattevano tra le macerie di un muro in parte distrutto, i combattenti indossavano i mantelli con le Ali della libertà e portavano il cappuccio sul capo in modo che nessuno di essi potesse venire identificato con un eroe in particolare, solo colui che li comandava assiso a cavallo e brandendo la lama aveva il volto semi scoperto, lasciando immaginare che si trattasse del Comandante Erwin Smith. Tra le macerie alcuni soldati uomini e donne giacevano inermi o feriti e venivano soccorsi e difesi da altrettante figure ammantate recanti i Simboli del Corpo di Guarnigione e di Gendarmeria, sulla parte di mura ancora intatte era evidente l’antico stemma del Wall Maria, in parte distrutto. Al centro della scena una figura femminile china a terra con il volto celato dai lunghi capelli di modo da non comprendere se fosse giovane o anziana, cullava tra le braccia un soldato morto che teneva il volto poggiato alla sua spalla. Raffigurava il milite ignoto, a ricordo di tutti coloro che erano caduti e di cui non si conosceva il nome o il volto e per questo indossava un mantello strappato che non recava alcuno stemma.

Il colore rosaceo del marmo era reso più dorato dal sole che illuminava il monumento rendendolo quasi vibrante e vivo creando un’atmosfera di religioso silenzio durante la quale Levi lesse con calma, a voce alta e solennemente i nomi di tutti quelli che venivano ricordati, lasciando spazio al cordoglio e al pianto sommesso delle persone. Quando pronunciava i nomi di coloro che aveva conosciuto e amato si fermava qualche istante in silenzio rivolgendo loro un saluto speciale con la mente tenendo il pugno stretto sul cuore. La gente ascoltava commossa in un rispettoso e composto silenzio e solo il pianto di qualche neonato interrompeva di tanto in tanto la solennità della cerimonia. Una lieve brezza sussurrava tra gli alberi e le foglie che si libravano nell’aria parevano le anime dei tanti compagni caduti giunte a loro per un saluto.

Nonostante il numero elevato di partecipanti non vi furono disordini nè alcuna forma di spregio nemmeno da parte di chi non vedeva di buon occhio l’esercito e quando terminava l’elenco dei caduti appartenenti ad uno dei Corpi d’Armata, i Gendarmi sparavano a salve colpi di saluto.

Quando giunse il momento di leggere i nomi dei caduti appartenente al Corpo di Ricerca, il Comandante Levi, proseguì palesemente a braccio, non gli serviva leggere, ricordava esattamente i nomi di tutti i suoi amati compagni caduti per la libertà.

Il programma prevedeva che venisse citato nel suddetto elenco anche il nome di Eren Jeager. Ebbene, questo dettaglio dato dal fatto che anche il giovane Jeager risultava tra i dispersi, causò un certo tumulto tra la folla. In molti iniziarono a sbraitare che era un complotto del nuovo governo. «Noi siamo giunti fin qui per rendere omaggio alla tomba del Salvatore!» urlavano.

«Deve essere sepolto in questo cimitero!»

«Mostrateci la tomba di Eren Jeager!»

Qualcuno gridò che un soldato lo aveva riportato in patria.

Quando stava per scatenarsi il caos, fu lo stesso Levi a prendere la parola.

«Fate silenzio! Non è questo il modo di osservare il riposo eterno dei nostri caduti, Eren Jeager era anche un mio sottoposto e un caro amico oltre alla nostra speranza. A lui sono stati offerti molti cuori!». Disse di getto, osservando con occhi penetranti la folla, colta di sorpresa dal suo intervento.

Quelle poche, sincere quanto inaspettate, parole misero tutti a tacere e permisero alla Regina di tranquillizzare gli animi e riportare la calma senza incorrere in spiacevoli incidenti. Non si era resa conto di quanto fossero numerosi i fedeli di Eren Jeager e comprese, in quello stesso istante, che doveva velocemente sanare i rapporti con gli esponenti del nuovo culto del Salvatore.

Nei giorni che seguirono la commemorazione, mentre Gabi e Falco si trovavano al cimitero ora reso accessibile a tutti per incontrare la famiglia di Sahsa Blaus, sentirono alcune persone parlare di voci che riferivano che un soldato aveva riportato da Marley il corpo di Eren e accusavano il governo di averlo nascosto per evitare ai suoi seguaci di porgergli omaggio e non era tutto, la scoperta che la tomba di Eren Jeger non si trovava all’interno del cimitero murato come creduto da molti creò infatti parecchio scompiglio, i sostenitori del culto del Salvatore erano in fermento, non solo si vociferava del soldato che aveva riportato le spoglie di Eren in patria, ma alcune chiacchiere di donne andavano dicendo che alcune simpatizzanti Jeageriste, che da giovanissime avevano militato al fianco di Floch Forster, vantavano di aver incontrato una fanciulla molto devota al Salvatore che, sul letto di morte aveva parlato loro di una giovane donna che si diceva essere la compagna di Eren Jeager. A quanto riportavano le voci lo stesso Jeger avrebbe rivolto confidenze alla moribonda su di una ragazza a lui sentimentalmente legata ma appartenente all’esercito paradisiano regolare. Tali pettegolezzi furono inoltre ingigantiti da chiacchiere che riportavano le affermazioni di alcune ufficiali dell’esercito, simpatizzanti Jeageriste, che ritenevano di aver visto tra i nuovi Cadetti un giovane molto simile d’aspetto al compianto Eren e alla sua misteriosa compagna che, lo affermavano con certezza, si trovava ora a Paradise Island. Nel giro di pochi giorni su tutti i giornali non si parlava d’altro e ci volle tutta l’abilità diplomatica (anche quella che prevedeva metodi coercitivi piuttosto estremi) della sovrana per convincere il Clero Jeagerista a tenere a bada i suoi fedeli. In cambio promise ai leder della nuova religione che, a giorni, persone a lui molto vicine avrebbero rivelato al mondo la verità sulla storia di Eren Jeager.

   
 
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