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Autore: Glenda    18/03/2022    1 recensioni
Questa fan fiction si colloca in corrispondenza con la quinta stagione dell'anime.
Attenzione: spoiler sulla quinta stagione e sui volumi del manga fino al 30.
Hawks sta svolgendo una missione in incognito presso l'unione dei villain, ma nelle sue indagini si è imbattuto in qualcosa di più grande di lui. La sola persona di cui pensa di potersi fidare è Endeavor, ma l'incarico che gli è stato affidato prescrive di non comunicare con nessuno. Dall'altro lato Endeavor, mentre cerca di capire cosa stia succedendo al suo collega, deve anche confrontarsi con la sua nuova posizione di numero uno e con i rimorsi del passato. La FF ha tono prevalentemente introspettivo e si concentra sul rapporto che si sta costruendo tra i due personaggi, alternando i punti di vista. Comparsate anche di Shoto Thodoroki e di Dabi, con qualche siparietto sull'unione dei villain.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Endeavor, Hawks
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Ultimamente passo troppo tempo qui ed ogni volta che mi allontano vengo sommerso di domande: la mia fama di faccia tosta non regge, l’esigenza di sgranchirsi le ali nemmeno, non funzionano più neppure le battute sul caffè cattivo, è chiaro che, in qualche modo, anche loro stanno sul chi va là.

Anche comunicare con la Commissione di Pubblica Sicurezza degli Eroi è un rischio che cerco il più possibile di evitare: lo correrò solo quando avrò svelato il mistero che sta dietro la parola “ospedale” e scoperto chi è la mente che progetta i noumu.

Perché c’è qualcun altro dietro le quinte, è evidente: Re-destro e Shigaraki non sono i soli burattinai di questo maledetto teatrino.

Intanto passo troppo del mio tempo in questo quartier generale perso in mezzo al niente e mi sento intrappolato: vivo nello sforzo continuo di mantenere la maschera giusta, guadagnarmi sprazzi di fiducia che possano darmi accesso ad informazioni altrimenti precluse, osservare dettagli che mi consentano di avere le idee chiare almeno su chi sono e cosa desiderano le persone che mi stanno attorno.

Comprenderne i desideri è la via d’accesso più diretta per prevedere come il nemico agirà e per mia fortuna alla guida del Fronte non c’è una sola mente, ma, al di là del simbolo che Tomura Shigaraki rappresenta, ce ne sono molte. Ho bisogno di entrare nelle loro teste: ho bisogno di capire come si comporteranno sotto pressione, che priorità daranno, a chi si manterranno fedeli, quali sono i legami che con un po’ di astuzia si possono spezzare.

Spezzare dei legami, che brutta espressione. Ma divide et impera, no? E dunque osservo e studio.

È estenuante.

Troppe volte vorrei avere anche una sola persona con cui parlare, una con cui togliere la maschera. Ma c’è mai stato qualcuno con cui l’abbia fatto? Uno che conosca me, a cui abbia detto il mio nome, uno solo che abbia capito che anche io, in realtà, non salvo le persone con il sorriso?

Un eroe non è mai davvero onesto: ci nascondiamo dietro i nostri costumi, i nostri soprannomi, le frasi fatte, gli slogan, perché la gente ci guardi e si senta tranquilla.

E nemmeno solo per questo.

Lo facciamo perché ci piace essere osannati.

D’altro canto, alla gente piace osannare, perché è più comodo pensare che quando non sai allacciarti le scarpe da solo ci sarà un altro che lo farà per te.

Popolarità da un lato e deresponsabilizzazione dall’altro: giocare a fare il mito da un lato e vivere di miti dall’altro.

Un sistema distorto ma funzionante, che ci siamo costruiti da soli.

Il fronte di liberazione vuole distruggere questo sistema, ma ne è schiavo più degli altri.

Re-destro in primis: è cresciuto nel mito del padre, è ricco da fare schifo ma non sa godersi nulla di ciò che ha… Vorrebbe fare qualcosa di clamoroso per scolpire il nome di Destro (o il proprio?) nella storia, ha fatto dello stress il proprio punto di forza. Che vita di merda, francamente.

Poi c’è quel fantoccio di Trumpet. Anche dietro al suo ideale c’è soltanto il desiderio di sentire il suono degli applausi di una folla in delirio. Disprezza la società fondata sul prestigio degli eroi solo perché si è trovato dalla parte sbagliata: altro che diritti civili e desiderio di autodeterminazione!

Se non fosse per le risorse di cui dispongono non mi preoccuperebbero troppo: a guardarli singolarmente, sono molto prevedibili.

Ma in questa prevedibilità si inserisce il mio buco nero: Tomura Shigaraki.

Cosa vuole lui?

Quando l’ho visto seduto su quella specie di trono per proclamare la nascita dell’Unione per la Liberazione del Paranormale sotto gli occhi esaltati di uno sconfitto e adorante Re-destro, la sensazione che ho percepito è stata terribilmente chiara: stava anche lui recitando. E stava ridendo di noi. Di tutti noi lì, di tutti gli imbecilli che credevano davvero alle sue parole, di tutti i creduloni del mondo, di tutti gli eroi che dormono tranquilli nella loro calda e autocompiacente reputazione. Del mondo, nella sua interezza.

Ho detto che per prevedere come un uomo agirà è necessario capire i suoi desideri, ma lui non ha desideri. Forse non è in grado di formulare un solo desiderio che sconfini nel futuro di oltre cinque minuti, perché, quando desideri, vuoi qualcosa per te, ed hai qualcosa da perdere.

Tomura Shigaraki non vuole niente per sé e non ha assolutamente nulla da perdere.

Ciò che sento quando lo guardo è distruzione allo stato puro. Rabbia, anche, ma non precisamente: una rabbia arrivata ad uno stadio non più umanamente comprensibile. Una rabbia che trova pace solo nell’annullamento. Un buco nero, appunto.

E di Dabi vogliamo parlare?

Dabi è un mistero che cammina. È un po’ come… Beh, come se fosse già morto ma non riuscisse a morire davvero. È stata la persona con cui sono stato più in contatto fino ad ora ma è anche il solo che è riuscito a tenermi ad una distanza tale da non aver potuto cogliere nulla di lui. So che è un atteggiamento studiato, un deliberato sforzo per celarsi agli altri: finge come sto fingendo io, insomma. Ma è più bravo. Lo fa più in grande. Forse sta facendo da tutta una vita quello che io faccio da appena qualche mese (e già ne sono stremato).

Nonostante sia arrivato qui grazie a lui, nonostante sia riuscito ad avvicinarlo e ingannarlo, Dabi è l’uomo da cui sento di dovermi guardare maggiormente le spalle.

So che non ha mai smesso di prendermi le misure: ha sempre un occhio su di me, me ne accorgo. Non ho la sua piena fiducia, non l’ho mai avuta, anzi, a volte temo persino che possa essere lui a star ingannando me.

Ah, dannazione quanto odio questo posto e quanto odio questi pensieri che mi si attorcigliano nel cervello. In questo momento vorrei proprio uscire a fare un volo.

Mi ci vorrebbe un pretesto.

Una bella emergenza, ad esempio, a cui l’eroe numero due non può sottrarsi per non rischiare di perdere la sua copertura.

Nah, che razza di egoista che sono.

Ma devo almeno mettere aria nella testa.

 

***

 

“Dove vai?”

Ecco, come volevasi dimostrare.

Non c’è più modo di andare in giro in santa pace, hanno serrato i ranghi: spero di non essermi tradito in qualche modo, sarebbe un bel guaio trovarsi scoperto prima che la Commissione abbia organizzato la controffensiva. Dubito ne uscirei vivo.

Non ho mai pensato veramente all’idea di morire, e non so se questo sia un bene o un male. Un eroe non dovrebbe temere la morte quando si getta nel pericolo per salvare gli altri, però… un eroe che non dà valore alla sua vita come può davvero trasmettere sicurezza agli altri? A volte mi chiedo quanto valore attribuisco alla vita degli altri. E quanto alla mia. Desidero proteggere le persone, ma sono poche quelle che amo davvero avere vicino. Mi piace mangiare, avere tempo, osservare il mondo dall’alto, insegnare qualcosa di bello a ragazzini gentili come Tokoyami, ma a volte odio tutto, me compreso: odio ciò che appaio, ciò che gli altri mi chiedono di essere, il mio passato e le sue conseguenze. E la rabbia distruttiva che emana dai membri dell’unione dei villain allora forse un poco la capisco. Solo che detesto provarla.

Mentre mi perdo in questi pensieri, la domanda di Dabi è ancora lì, sospesa nell’aria.

Dove vado.

Non lo so, sai? Non lo so.

“Da nessuna parte.” rispondo, sfoderando il mio sorriso migliore “Vedi che non ho nemmeno sbattuto le ali? Se continuo così resteranno atrofizzate, ohi ohi!”

E le distendo lateralmente, colpendolo, con falsa distrazione, quasi in faccia.

“Se ti piace scherzare, trova qualcun altro. È pieno di idioti qua dentro.”

Lo dice con franchezza, anche se dal suo viso non traspare (non succede mai) nessuna forma di espressione.

“Che meraviglia sentirlo da te!”

Ironizzo, esagero, ma tutto sommato sono sincero anche io. L’intelligenza non abbonda qua dentro: c’è qualche bella testa, è indubbio – una di esse mi sta parlando ora - ma anche diversi cervelli cariati. Del resto i rivoltosi di professione spesso basano il proprio potere proprio sulla manipolazione di tante menti piccole - e, ideali o non ideali - nessuno di loro può sfuggire all’appellativo di manipolatore.

Mi faccio più cupo.

“Seriamente, Dabi… Dove stiamo andando? Una volta che avremo rovesciato il sistema, pensi che possiamo continuare a contare sui seguaci di Re-destro per costruire qualcosa?”

“Da quando dobbiamo costruire qualcosa?”

Non capisco se è una domanda retorica o se sta solo ricambiando ironia con ironia.

“Beh, quando si diventa leader di una rivoluzione, lo si fa per rovesciare il vecchio e metterci il nuovo… altrimenti non è una rivoluzione, è solo una rivolta passeggera.”

“Io non sono leader di niente.”

“Shigaraki sì.”

Abbozza un sorriso con un lato della bocca: c’è qualcosa di terribilmente gelido nel modo in cui lo fa.

“Shigaraki non costruisce. Sta lì la sua grandezza. Tutti coloro che hanno la presunzione di costruire prima o poi crollano insieme alle loro stupide torri di sabbia. I tuoi colleghi - anche quelli che bazzicano qui credendo di fare chissà cosa - si sentono al sicuro ciascuno in cima alla propria torretta da due soldi. Tomura è l’onda che li spazzerà via, e sarà un piacere assoluto assistere allo spettacolo.”

“Lo ammiri molto?”

A questo punto sono curioso: è la prima volta che mi pare di cogliere in lui qualcosa che potrebbe essere personale.

“L’ammirazione è un sentimento fuorviante. Gli sono leale.”

C’è disprezzo nel modo in cui pronuncia la parola “ammirazione”. Cerco di sbirciare in quella piccola crepa, insisto.

“Gli sei affezionato?”

Sembra strano, ma mi sono trovato più volte a pensarlo. L’unione dei villain non sembra reggersi solo su legami di fedeltà o reciproco tornaconto; per quanto io non possa approvarli, a volte li vedo prodigarsi in forme di cura reciproca che mi sorprendono: il modo in cui si sono occupati della ragazza ferita, l’entusiasmo per il trionfo del loro capo, che sembrava più sincera contentezza che cieca adulazione…

Dabi non risponde: mi fissa negli occhi e ora sembra che sia lui a cercare di leggere qualcosa dentro di me.

“Perché hai portato ad Endeavor il libro di Destro?”

È una domanda, ma non c’è davvero il punto di domanda. È un’inquisizione, una sentenza. Perché me lo chiede adesso? Cosa sa? Valuto velocemente il pericolo e se sarei in grado di scontrarmi con lui. Immagino di sì. Ma poi.

Ma poi.

No, devo essere solido. Mi ha condotto qui. Gli servo. Non devo – non devo – tradirmi. E per non tradirsi si deve essere disposti ad allentare la corda: le menzogne sono troppo facili da leggere, le mezze verità invece creano confusione e guadagnano tempo. È di tempo che ho bisogno.

“Mi sarebbe piaciuto coinvolgerlo nella causa.” dico “È il migliore degli eroi. Lo ammiro.”

Dabi non toglie gli occhi dai miei nemmeno per un attimo: una sfida a chi li abbassa per primo. Gli tengo testa, non deve capire che dentro di me sto tremando.

D’un tratto scrolla il capo, mi dà le spalle, non capisco se stia ridendo di me.

L’ammirazione è un sentimento fuorviante”.

  
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