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Autore: Alexis Cage    18/03/2022    1 recensioni
Un'uscita tra colleghi, conoscenti, amici. Vecchie storie dimenticate, nuove che danno speranza, rapporti appena chiusi che generano angoscia: una normale uscita in un bar, dunque.
Il giorno dopo uno di loro è morto.
Di chi ti puoi fidare?
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le sembrò strano ritrovarsi lì, sul ciglio della strada di fronte casa sua, ad aspettare che Josie arrivasse: un inquietante déjà-vu di qualcosa avvenuto in qualche realtà parallela in cui la domenica precedente lei non aveva giocato a scacchi con Phil, era uscita in anticipo dalla sua abitazione e aveva atteso l’arrivo dell’altra ragazza nell’aria fresca della sera.
In quella realtà parallela magari Andy era tornato a casa a dormire e tutti avevano continuato la loro ordinaria e noiosa vita.
Josie arrivò in perfetto orario: si erano organizzati per vedersi in un momento comodo per tutti, così da non essere costretti a correre fuori dal proprio posto di lavoro per partecipare a una riunione a cui nessuno sarebbe voluto andare.
La radio dell’auto era già accesa e la salvò dal silenzio pesante che aveva temuto di dover condividere con Josie. In qualche modo però Mia non si sentì schiacciata da quello che era successo quando la vide e, al contrario, le sembrò di liberarsi del peso di dover apparire posata e ragionevole nel suo dolore così da evitare le attenzioni di troppo della famiglia.
“Hai sentito Lily?” domandò Josie con voce tranquilla. Mia si sorprese di avere lo stesso tono, quando rispose:
“Sì, qualche volta nei giorni scorsi e un paio oggi. Sono felice che Jason sia con lei… è assurdamente calma.”
“Può darsi che stia reagendo così” notò l’altra, “ma anche io sono felice ci sia Jason. Stasera va lui a prenderla?”
“Sì, per quanto sia scomodo fare avanti e indietro da casa sua. Non penso di riuscire a ringraziarlo abbastanza per essersi messo a disposizione per… questo. Io ho tutta la mia famiglia, anche mio fratello, non avrei proprio potuto.”
Gettò un’occhiata veloce al volto di Josie, prima di chiedere:
“Tu stai bene? Sei ancora là?”
“Sì, sì” rispose lei, limitandosi ad aggrottare leggermente la fronte per un istante. “Non ne sono turbata, lo temevo anche io. Però non volevo costringere Lily a tornare nella casa di Andy per fare questa riunione strana.”
“Ci avevo pensato anche io.”
Restarono in silenzio per un po’ di tempo: ancora quel silenzio non disteso, ma nemmeno pieno di ansia come Mia aveva pensato. Josie guidava sicura per le vie che conducevano in città, verso l’abitazione di Jason che avevano selezionato dopo aver deciso di vedersi; o, meglio, dove Lily aveva chiesto di vedersi e nessuno aveva avuto il coraggio di tirarsi indietro.
“Credi che ci saranno tutti?”
“Ho visto Anita questo pomeriggio e mi ha detto che verrà. Preferirebbe essere dall’altra parte del mondo e non la biasimo, non c’entra niente con questa storia, nemmeno lo conosceva. Per gli altri spero di sì: lo conoscevano tutti, no?”
“L’unico che non ho sentito è Alan, era un suo collega. Martha mi ha scritto un paio di messaggi, giusto per sapere come stiamo e tutto il resto.”
“Era una vostra vecchia compagna di scuola, no?”
“Esatto, ci eravamo perse di vista” rispose Mia, e le sfuggì una risatina amara, “avrei preferito un altro modo per riallacciare i rapporti.”
Josie le gettò un’occhiata di sbieco, prima di svoltare in un’altra strada:
“Tu come stai?”
“Bene, credo. Non lo so” rispose Mia. Era sincera: in quei pochi giorni la preoccupazione per Lily le aveva occupato la mente; apprezzava davvero che ci fosse Jason con lei, che l’amica non fosse sola. Il non poterla vedere di persona, però, anche se per poco tempo e per impegni obbligati come il lavoro, l’aveva lasciata in un costante stato di ansia. La sua parte razionale le fece realizzare che in quel modo era riuscita a evitare di pensare alla causa di tutta quella situazione, una situazione impensabile e assurda che non percepiva come vicino a lei. Non aveva pianto e si chiese se avesse dovuto sentirsi in colpa per quello.
Sentì una stretta improvvisa e abbassò lo sguardo: Josie aveva allungato un braccio per stringerle una mano con la propria; fu una stretta leggera e breve, ma riuscì a consolare un poco Mia. Quando alzò lo sguardo e vide l’espressione dell’altra, realizzò che anche lei era preda di quei pensieri e si sentì meno sola.
“Forse siamo arrivati” annunciò Josie; Mia si guardò attorno e riconobbe una delle strade vicine a quella in cui viveva Lily, per cui doveva essere l’indirizzo dell’abitazione di Jason.
“Non sarà una bella serata” si ritrovò a dire, non riuscendo a trattenersi, mentre si voltava verso Josie. Lei accenno un sorriso, il primo da quando si erano salutate domenica notte:
“No, non lo sarà.”
 
*
 
“Ora mi devi spiegare nel modo più logico possibile come cazzo ti è venuto in mente di portare qui tutta questa roba” fu la frase che le accolse quando aprirono la porta dell’appartamento di Jason: erano tutti lì tranne Martha, che le stava raggiungendo dopo averle incrociate all’ingresso ed aver scelto le scale. Jason stava al centro del modesto salotto in cui quasi tutti erano in piedi, Anita ancora con la giacca e, soprattutto, Alan con le braccia cariche di bottiglie di birra e qualche pacchetto di schifezze varie. Jason ce l’aveva con lui, e Mia non faticò a capire il motivo.
“Pensavo voleste fare una piccola commemorazione tra di noi, sta’ calmo!” replicò Alan, che sembrava non riuscire a cogliere perché l’altro fosse così irritato.
“La commemorazione non la faccio coi quattro tizi con cui la polizia mi ha interrogato.”
“Eh, pazienza allora, ma almeno dimmi dove mollare queste cose che iniziano a pesare.”
“Vieni con m-non lasciarle sul divano, cristo!”
“Non mi sono persa granché, eh?” intervenne Martha sottovoce, arrivata alle loro spalle: Mia e Josie erano ancora ferme all’ingresso, distratte dallo scambio di battute tragicomico appena avvenuto, e si apprestarono a spostarsi per farla passare e per avvicinarsi agli altri mentre Jason e Alan scomparivano nella cucina lì accanto.
Mia andò subito da Lily, ormai incapace di trattenersi ancora dallo starle lontana. Era seduta su una poltroncina nell’angolo del salotto, illuminata dalla lampada lì accanto; quando alzò il visto, il cui pallore spiccava sulla sua carnagione scura, la luce appianò ogni ruga e lineamento del volto rendendolo simile a una maschera di cera.
Mia si sedette sul bracciolo della poltrona e la avvolse subito tra le sue braccia, stringendola per qualche secondo e un po’ aggrappandosi a lei.
“Grazie” le sussurrò Lily, prima che si staccasse. Si rivolse totalmente verso di lei con uno sguardo sfibrato e il viso stanco, ma Mia fu felice che avesse perso quell’espressione immobile. La totale freddezza che aveva percepito in lei nei giorni precedenti l’aveva fatta preoccupare per quanto fosse distante dalla Lily che lei conosceva e da come si era aspettata avesse reagito: urla, lacrime, quel volto esausto; qualunque cosa, ma non quella freddezza. Il poterla vedere davanti a sé e l’aver appurato come stesse davvero Lily la liberò da un peso che nemmeno si era resa conto di quanto l’avesse schiacciata fino a quel momento.
Le diede una leggera carezza sul volto, poi tornò a rivolgersi verso il resto del salotto dove gli altri si stavano ancora sistemando, spostando alcune sedie dalla cucina per far sedere tutti, e chiaccherando: Josie era poco distante da lei e Lily e accanto ad Anita, l’unica rimasta a conoscerla da più di solo qualche giorno; Martha era di fronte a loro, in silenzio, mentre gli altri continuavano a parlare.
“Io ho beccato uno stronzo, non era la vostra signora tutta carina e coccole che vi ha trattate con i guanti” disse Alan, facendo capire a Mia che stavano discutendo riguardo gli interrogatori cui si erano sottoposti tutti loro.
“Anche io ho beccato lo stronzo” fece Jason; sembrò voler aggiungere qualcos’altro, ma Anita lo anticipò intervenendo:
“Io non capisco perché abbiano chiamato anche me, nemmeno lo conoscevo!”
“Eri comunque con noi quella sera” notò Josie, ma l’altra aveva un’espressione che lasciava intendere quanto fosse felice della situazione:
“Queste sono cose che si segnano e saltano fuori anche nel futuro. Se rischio di non trovare più lavoro per una stronzata del genere…”
“Stiamo parlando di un omicidio, non una stronzata” la interruppe Jason, forse ancora irritato da quanto capitato prima. “E che disturbo possono aver dato a te, eh? Ti avranno fatto due domande a caso e basta, sai che disturbo.”
“Non mi fido dei poliziotti, mia nonna è spagnola e so che hanno pregiudizi.”
Non fosse stata per la situazione, Mia si sarebbe messa a ridere: sia per l’espressione convinta di Anita, il cui aspetto rientrava perfettamente nello standard caucasico; sia per lo sguardo che le lanciarono Jason e perfino Lily, probabilmente gli unici tra loro ad aver sperimentato sulla propria pelle quel genere di pregiudizi.
“Ma se sei una sottilett…”
“Anita” intervenne Josie, interrompendo brutalmente Jason prima che finisse la frase, “pensaci un attimo: sei tra le ultime persone che ci hanno parlato, domenica sera, come noi. È per questo che ti hanno chiamata, tu hai risposto alle loro domande e va bene così.”
“Potevano lasciarmi in pace” replicò lei, forse soltanto per avere l’ultima parola. Restarono tutti in silenzio per qualche istante, non sapendo cosa dire; erano un gruppo così disomogeneo e in una situazione così assurda che Mia quasi si pentì di quell’incontro. Fu ancora Josie a intervenire, rivolgendosi ad Alan e Jason:
“Quindi vi è sembrato che il vostro ufficiale sia stato stronzo? Secondo voi è perché hanno una qualche idea su cosa sia successo?”
Di nuovo Jason aprì la bocca e venne interrotto ancor prima di parlare, dato che Alan rispose subito:
“Non so, mi ha chiesto solo cos’ho fatto. Andy mi ha riportato a casa, siamo stati per poco tempo in un bar lì vicino, poi lui è andato e io sono rientrato a casa. C’era la mia ragazza, l’ho pure svegliata.”
“Quindi sei l’ultimo che l’ha visto vivo” notò Mia. Una parte della sua mente le ricordò che stavano parlando di Andy, del loro Andy, ma la zittì subito. In risposta Alan fece spallucce e Anita disse:
“Da brividi, se ci pensi.”
A Mia non piacque il tono che aveva: come se fosse una cosa suggestiva e non semplicemente orribile.
“Tu, Jason? A te che impressione ha dato quel poliziotto?”
“Non è stato apertamente stronzo, no” rispose lui. “Mi ha chiesto cos’ho fatto e dov’ero quella notte. Però da qualche domanda mi è sembrato stesse cercando di capire se io avessi una cotta per Andy.”
Dopo un istante di silenzio, Anita domandò:
“E ce l’avevi?”
Jason le lanciò un’occhiata esasperata, come se non l’avesse sorpreso ricevere una domanda così stupida da lei:
“Certo, avevo una cotta per un tizio conosciuto quella sera. Anche tu l’hai conosciuto quella sera: a te l’hanno chiesto?”
“No, ma…”
“Non è che se sono gay allora in automatico mi prendo una cotta per ogni uomo che incontro. Ma forse alla polizia non lo sanno.”
Dopo quelle parole ad Alan partì una risatina, e nemmeno quella piacque a Mia perché le parve un po’ di scherno, un po’ di scetticismo per quello che aveva raccontato Jason.
“Mi sembra una cosa grave” notò Josie, rivolta totalmente a Jason; ma Alan si sentì in dovere di intervenire, come se lei avesse parlato con lui:
“Ma dai, è una reazione esagerata. Sei gay, ovvio che ti piacciono gli uomini, dovevano chiedertelo per capire se magari l’avevi approcciato quando era tornato a casa.”
“Quindi perché l’avrei ucciso? E perché questo discorso non vale per nessuna delle donne qui presenti, o per te?”
“Io ho una ragazza” notò Alan con uno sbuffo, e Jason fece una risata:
“Sai quante volte l’ho sentito.”
“Senti…”
“Ragazzi, dai” fece Mia; si era un po’ stancata di quelle mezze litigate basate sul nulla. “Pensavo avessimo deciso di vederci per cercare di capire cos’è successo, almeno alla lontana. Jason, mi dispiace per come ti ha trattato quel poliziotto… davvero.”
“Fa niente, è andata così. Comunque io dopo sono andato dal tizio con cui mi sto vedendo, per cui potete escludermi dal quadro del cos’è successo quella notte” notò Jason, con tono già più tranquillo. Subito Alan intervenne:
“E io ero dalla mia fidanzata.”
“Beh, a questo punto togliete pure me” fece Anita, conquistandosi gli ennesimi sguardi perplessi per la sua incapacità di comprendere la logica che stavano cercando di seguire.
“L’unico modo in cui possiamo escludere totalmente uno di noi è che abbia un alibi solido” affermò Martha; erano le prime parole che pronunciava da quando avevano iniziato a discutere. “Al momento gli unici ad averlo sono Alan e Jason. Anche se, volendo essere scettici, la loro versione è confermata solamente da ciò che dicono i loro partner.”
Alan si agitò sulla sua sedia, scattando subito:
“Io ho detto la verità.”
“Però ha ragione lei” notò Jason, sincero. “Alla fine chiunque può dire una piccola bugia per dare al compagno un modo per avere meno sospetti su di sé, no?”
“Comunque la mia fidanzata non ha mentito” continuò imperterrito Alan. Nessuno ebbe la volontà di  rispondergli, per cui Mia si rivolse a Martha:
“Io non ho un alibi, sono andata a dormire e basta. Sarei potuta uscire senza farmi sentire, a quell’ora mio padre era a casa e quindi avevo pure la macchina.”
“Anche io non ho un alibi” continuò Josie, seguendo l’esempio dell’altra. “Ho lasciato Mia a casa sua, sono tornata all’appartamento e sono andata a dormire. Sarei potuta uscire tranquillamente per andare incontro a Andy che tornava dal parcheggio. Dio, avrei anche potuto ammazzarlo in salotto e dopo portarlo fuori per sviare tutti…”
“No, avresti lasciato qualche traccia” la interruppe Martha, per poi fare un fugace sorriso. Mia ebbe un breve lampo dei tempi della scuola, di quelle occasioni in cui la logica e l’acume di Martha si erano manifestati e lei si era lasciata andare in uno di quei rari sorrisi; in qualche modo, quel ricordo le diede un senso di sicurezza che la confortò.
Anche Josie accennò un sorriso:
“Mi piace come ragioni. Forse è meglio fare così, come se fossimo tutti possibili colpevoli. Chi è il prossimo?”
Nessuno le rispose subito. Del resto, pensò Mia, quasi tutti avevano dato la loro versione: Jason era andato dal tizio con cui stava uscendo, Alan dalla fidanzata, lei e Josie erano a dormire. Poi Lily parlò, dopo un tempo infinito:
“Io.”
“Solo se vuoi” disse subito Martha, conquistandosi la gratitudine di Mia. Lei si rivolse a Lily, stringendole leggermente un braccio:
“Solo se te la senti.”
“Me la sento, non dovete trattarmi come un fiorellino delicato” disse lei, senza astio nella voce. Poi tentennò per un istante, prima di continuare: “So che sono quella nella situazione peggiore, qua. Jason mi ha accompagnata a casa prima di voi, ho la macchina, so dove abita, avrei avuto tutto il tempo di faree qualunque cosa. E ho un movente bello grosso. Ma non l’ho ucciso. Gli volevo bene, anche se so che sembrava volessi strozzarlo ogni volta che mi faceva incazzare. Ma non avrei mai potuto fargli del male.”
“Però hai il movente e non hai un alibi” notò Alan, e dopo qualche istante si voltò verso Martha come a cercare la sua approvazione. “Se vogliamo tenere un ragionamento più logico possibile, no?”
Martha gli diede uno sguardo quasi di sufficienza, per il tentativo dell’uomo di non concedere il beneficio del dubbio a Lily appellandosi alla logica; poi disse:
“Tra di noi sei quella con più implicazioni, sì. Ma a rifletterci siamo tutti sospettabili.”
Alan sbuffò sonoramente e Jason rispose:
“Per gli alibi abbiamo detto che sono manipolabili. Per il movente, chi può dire che sia successo qualcosa che uno di noi non vuole dire? Anzi, tu, Lily, forse sei quella di cui possiamo fidarci di più: il tuo movente è davanti agli occhi di tutti. Magari qualcuno ha visto quanto eri sconvolta e ti ha voluta sfruttare per coprire il suo, di movente.”
“Così però possiamo inventarci qualunque cosa e tutto diventa valido” notò Mia. “Io magari ci ho litigato poco prima? Ho iniziato a odiarlo per quello che è successo con Lily? L’ho sempre amato in segreto? Dai.”
“Beh, sì” fece Anita, non cogliendo l’ironia di Mia, “e magari Jason se n’è innamorato da quello che gli raccontava Lily al lavoro e ha detto o mio, o di nessuna…”
La sonora risata di Jason la interruppe all’improvviso, accompagnata da quelle di Josie e, sorprendentemente, di Lily.
“E tu? Cosa ci nascondi?” fece Jason dopo aver ripreso fiato, rivolto a una Anita molto offesa. “Lo conoscevi già, avevate una relazione che avete nascosto a tutti e quando se n’è stancato l’hai ucciso? Facciamo a gara a chi spara più cazzate?”
“Io nemmeno dovrei essere qua” borbottò Anita, piccata, ma non aggiunse altro.
Avendo riacquistato tutti la calma, per quanto fosse possibile, Martha decise di rivolgersi ad Alan:
“Tu ci lavoravi assieme, no? Andava tutto bene tra voi?”
“Certo che andava tutto bene” rispose subito lui, “era bravo nel suo lavoro, anche io lo sono. Collaboravamo bene… spesso ci mettevano in coppia per questo.”
“Una  relazione idilliaca” fece Jason, “sicuro che non ci fosse del tenero?”
Alan non rispose a parole, così Martha continuò rivolgendosi a  Josie:
“E voi due convivevate?”
“Sì, non abbiamo mai avuto problemi. Non di quelli da ammazzarsi, del resto.”
“Se non fosse in carcere, avrei pensato subito a Mike” intervenne Mia. Josie le sorrise, sapendo bene della fama dell’ex coinquilino di Andy, prima di spiegare agli altri:
“Era quello che abitava lì prima di me. Non un bel soggetto.”
“Sempre andando nel fantastico, potremmo anche immaginare che ci sia stato un regolamento di conti” intervenne Alan. “Magari qualcuno ha scambiato Andy per quel Mike, oppure qualcuno ha pensato che anche Andy fosse coinvolto in qualcosa, e l’ha aspettato fuori casa.”
“Sai” fece Martha con tono serio, “forse per una volta non hai detto un’idiozia. Ma è una cosa troppo elaborata, e la polizia avrebbe già trovato qualche indizio.”
Restarono in silenzio. Mia immaginò che anche gli altri, come lei, stessero ripassando tutto ciò che avevano detto, alla ricerca di un filo rosso che avesse potuto condurli alla verità; verità che però sembrava ancora irraggiungibile. Troppe variabili, troppa poca fiducia. Come potevano fidarsi della parola degli altri? Quella riunione non aveva portato a nulla; a parte, quello era palese, a divergenze e maggiore sospetto tra di loro.
Nonostante fossero tutti occupati a rielaborare le informazioni ricevute, fu proprio Mia la prima a parlare:
“Ma tu, Martha? Tu cos’hai fatto quando sei andata via?”
“Sono tornata a casa. Non ho alibi, non ho movente, come tutti noi” rispose lei.
“Però sei l’unica che è venuta senza alcun motivo” intervenne Lily. Aveva ancora la stessa voce stanca di prima, ma qualcosa nello sguardo era cambiato.
“Cosa intendi?” domandò subito Alan.
“Non ci vedevamo da tanto” rispose Martha, prima che avesse potuto farlo qualcun altro. “Noi quattro ci conoscevamo da prima dell’università, ma ci siamo persi di vista…”
“Tu e Andy siete stati assieme” la interruppe Lily. Si chinò in avanti, appoggiando i gomiti alle gambe, come per osservare più da vicino la vecchia amica di fronte a lei.
“Questo non ce l’hai detto” disse Anita con tono pungente, rivolta a Martha; evidentemente non le era piaciuto l’approccio logico dell’altra, secondo cui tutti loro, anche lei, erano da sospettare.
“Ci siamo lasciati di comune accordo poco dopo aver iniziato l’università, si parla di anni fa” notò Martha; non stava guardando Anita, ma Lily. “Sapevo della vostra relazione, ok, ma non mi ha dato fastidio.”
“Non mi importa di quello” disse Lily. “Ti ha invitata lui? Così, all’improvviso?”
“Sì. Mi ha contattata poco tempo fa, forse per riallacciare i rapporti.”
“E casualmente quando ti presenti per riallacciare i rapporti lo trovano morto il giorno dopo” fece Alan. Martha aprì la bocca per ribattere, ma Jason notò:
“Sei tu che hai voluto usare la logica fino ad ora. Ammetti che la tua posizione è uan delle più scomode, al momento.”
“Sì, lo ammetto. Ciò non toglie che anche voi…”
“E delle medicine ne hai parlato alla polizia?”
Un silenzio surreale seguì le parole di Lily. Tutti puntarono gli occhi su di lei e dopo qualche istante li spostarono su Martha. Tutti, tranne Mia, che continuò a fissare l’amica come se non avesse potuto credere di aver sentito davvero quelle parole pronunciate da lei.
Quali medicine?” chiese Alan. Lily tornò a sedersi dritta, appoggiando la schiena alla poltrona e incrociando le gambe; Martha, di fronte a lei, sembrò piegarsi leggermente su se stessa, come un riflesso al contrario.
“Vuoi rispondere in ordine alfabetico?” fece Lily con voce ironica; a quel punto Mia non riuscì più a trattenersi e sbottò:
“Lily!”
“Cosa? Lo sai anche te, non ci si può fidare…”
“Sei una stronza” la interruppe Martha all’improvviso. La sua voce era stranita, totalmente differente da quella che aveva usato fino a pochi minuti prima.
“Ma…” fece in tempo a dire Jason, prima che Martha si alzasse di scatto:
“Me ne vado.”
Prima che qualcuno avesse potuto fare qualsiasi cosa, raccolse giacca e borsa, si girò e rispettò quanto aveva appena detto. Mia si voltò di scatto verso Lily, ancora incredula per quanto era appena accaduto, e quello che vide per un istante le tolse il respiro.
L’amica aveva dimostrato spesso di non essere la persona più buona e gentile del mondo; i dispetti, la gelosia, le scenate e modi più subdoli di generare caos, Mia poteva raccontare un episodio per tutto e anche altro. Ma mai si sarebbe aspettata di vedere un’espressione del genere sul volto di Lily: crudeltà e soddisfazione, come se fosse felice di aver ferito Martha parlando di qualcosa che solo lei e Mia sapevano quanto avesse fatto soffrire la vecchia amica negli anni.
E, Mia realizzò, qualcosa che aveva spostato totalmente l’attenzione di tutti su Martha. L’attenzione, e i sospetti.
 
*
 
Fu Josie, ancora una volta, a riportarla a casa. Trascorsero il tragitto nel silenzio più totale: Mia non aveva la forza di parlare ancora, dopo il tempo passato con gli altri, e l’altra rispettò questa sua muta richiesta.
Era stata costretta a raccontare dei disturbi di Martha a tutti gli altri. Si sentiva una persona orribile, non solo per la vecchia amicizia che le aveva unite: sapeva quanto Martha avesse sofferto per lo stigma che la accompagnava per delle malattie che non aveva scelto di avere, che la società vedeva ancora come un problema. O, ciò che temeva Mia ed evidentemente anche Martha, come un possibile movente in un caso di omicidio.
Ma quella che l’aveva più distrutta era stata Lily: aveva scelto di mettere Martha in quella situazione, sapendo quanto ne soffrisse. L’aveva scelto, senza preoccuparsi delle conseguenze, facendole del male… e quella era la parte migliore di tutta la questione. Mia non riusciva a togliersi dalla testa l’ipotesi che Lily avesse deciso di giocare quella carta nel momento in cui tutti i loro discorsi stavano portando anche alla conclusione che lei era quella col movente più forte: la più sospettabile, fino a quando non aveva accusato Martha di star nascondendo loro informazioni importanti. E, in effetti, chi degli altri aveva parlato di Lily, dopo che Martha se n’era andata?
Mia aveva deciso di partecipare a quella loro riunione per confrontarsi, sì, ma anche per trovare conforto e riuscire a spegnere un sospetto che stagnava nella sua mente: il sospetto che Andy fosse stato ucciso da uno di loro.
In quel momento tornava a casa senza quel sospetto, perché si era tramutato in conferma.
  
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