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Autore: EleAB98    21/03/2022    2 recensioni
Malcom Stone è un pretenzioso caporedattore, nonché affascinante quarantenne con una fissa smodata per le belle donne. Ma arriverà il giorno in cui tutto cambierà e l'incallito casanova sarà costretto a fare i conti con i propri demoni interiori, e non solo quelli... Riuscirà mai a guardare oltre l'orizzonte? Ma soprattutto, chi lo aiuterà nell'ardua impresa?
[...]
Gilberto Monti è un giornalista affermato. Oltre a ricoprire una posizione lavorativa più che soddisfacente, ha appena esaudito uno dei suoi più grandi sogni: sposare la donna che più ama. Ma è davvero tutto oro quello che luccica?
[...]
Alex Valenza, un reporter piuttosto famoso, è alle prese con una drammatica scoperta che lo porterà a chiudersi, a poco a poco, in se stesso. A nulla sembra valere il supporto della moglie. Riuscirà a ritrovare la serenità perduta?
*Opera Registrata su Patamù*
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo III – Sospesi Nell'incredibile

 

Non si prospettava una grandiosa mattinata. Malgrado dalle imposte fosse penetrato un barlume di sole, Gilberto era di pessimo umore. L'ennesima notte in bianco non l'aveva certamente aiutato ad alzarsi pimpante e pieno di allegria. Ma d'altronde, era ormai da mesi che un grosso macigno gli abbrancava il cuore e lo stomaco. Gilberto sospirò. Si sentiva affranto, deluso e altrettanto svilito. E conosceva alla perfezione la causa del suo malessere. A stento, trattenne qualche lacrima, che minacciava di rovinare quella perfetta immagine di sé che tanto aveva faticato a costruirsi negli anni; l'immagine di un uomo felice e pienamente soddisfatto della propria vita. Una condizione che non gli calzava più. Strizzò gli occhi. Anche quella notte, l'aveva passata ad arrovellarsi il cervello e a domandarsi che cosa dovesse mai fare perché le cose cambiassero. Perché entrambi cambiassero. Lo sguardo gli cadde sul lavabo. Alcune volte, sarebbe sprofondato volentieri dentro un vortice infinito e senza via d'uscita, così non sarebbe stato costretto ad affrontare la realtà. Accese la luce, prese tra le mani la cravatta posata sul mobiletto di fianco e se la strinse attorno al collo, cercando, nel frattempo, di scontrarsi il meno possibile con il suo volto funereo davanti allo specchio – che non rifletteva altro che un'amara e scomoda verità. All'improvviso, smise di armeggiare con le sue mani e si perse, per un breve – ma fatale – istante, nell'esaminare la serie di profumi e creme per il corpo di Megan, posate con cura ai lati del lavandino. Creme per il corpo. Il suo corpo. Strabuzzò gli occhi, come se le stesse vedendo per la prima volta. Chissà come sarebbe stato se...

Gilberto sbatté la cravatta a terra. Si coprì il volto con le mani. Devo smetterla... la devo smettere, perdio! Tornò con gli occhi sullo specchio; erano lucidi. Deglutì. Di nuovo quella voce. Quella fottuta vocina interiore che si divertiva a contraddire e, al tempo stesso, alimentare tutti i suoi propositi. Tutti i suoi desideri. Desideri con annesse fantasie. Strinse un barattolo di crema al burro di karité e quasi gli scoppiò tra le mani. Aveva collezionato talmente tante immagini nella sua testa, che sbarazzarsene del tutto sarebbe stata un'impresa impossibile. Avanti, resisti. Non puoi arrenderti così. Questa volta, la vocina lo consolava. Lo stava pregando di provarci ancora, di andare incontro alle esigenze dell'altra persona chiamando a sé i buoni sentimenti. E quella persona, non era certo una qualunque. Gilberto ritornò a guardarsi. Accennò un sorriso distratto e, questa volta, si sforzò di vedere lo specchio come un amico. D'istinto, si decise a lasciar perdere la cravatta, quindi sganciò i primi due bottoncini della camicia a quadri e sistemò il colletto. Così va meglio, si disse. Sparì oltre la porta del bagno e, prese le chiavi della macchina, si approntò per uscire.

 

Il traffico sulle vie di Firenze era sempre cosa sgradita, e a Gilberto saliva il nervoso ogni singola volta che percorreva lo Stradario della città. In particolar modo, quando si ritrovava a svoltare per il Viale Filippo Strozzi, non resisteva all'impulso di accendersi una sigaretta. Non era sua abitudine fumare costantemente, ma alle volte non poteva proprio farne a meno. Megan gli aveva spesso rimproverato quel vizietto, ma l'uomo non riusciva mai a concedersi la promessa di smettere del tutto. Se soltanto avesse saputo che lei, seppur indirettamente, lo spingeva ad abbandonarsi con maggiore bramosia tra le braccia del tabacco! Gilberto storse la bocca, la sigaretta ancora spenta tenuta nella mano sinistra, tra pollice e indice. Aprì leggermente il finestrino della sua BMW Serie 3 e, con uno sforzo estremo, la gettò senza pensarci. Bravo coglione! – si redarguì, pentendosi immediatamente di quel gesto.

Esaminò di sfuggita la confezione di Marlboro. Solo in quel momento, si rese conto che era vuota. «Ecco cosa succede a dare retta alla propria donna», si lamentò, a mezza voce, mentre stringeva il pugno sinistro e distruggeva la scatolina di cartone. A quella constatazione, provò una sensazione di sollievo mista a rabbia; o forse si trattava di apprensione. Che cos'avrebbe raccontato ai suoi colleghi, questa volta? Quale storiella si sarebbe inventato per intrattenerli? Fumare una sigaretta in quei momenti lo avrebbe senz'altro aiutato ad allentare la tensione e a inventarsi la più rocambolesca delle situazioni – la prorompente malizia di qualche suo vecchio compagno di università, che adesso lavorava insieme a lui, non smetteva mai di sorprenderlo –, anche se poi, come suo solito, non avrebbe detto nulla di che, dato che lui, a differenza loro, si vergognava un poco a raccontare le sue cose; ma d'altra parte, esimersi totalmente dal farlo non lo aiutava, per così dire, a pavoneggiarsi. A fargli credere che tutto andasse a gonfie vele. Perché quei citrulli non potevano avere ragione. Non dovevano averla.

Gilberto strinse i pugni sul volante. Il suo sguardo saettò sulla sinistra, dove un'infinita distesa di faggi s'affacciava sulla carreggiata. Aveva appena raggiunto il famigerato Viale Filippo Strozzi. Sull'altro lato della strada, un muro piuttosto imponente la separava da un'altra viuzza. L'uomo decise di svoltare sulla destra alla ricerca di una tabaccheria. Doveva affrontare la giornata tenendo in tasca il solito diversivo, o non sarebbe mai riuscito a darla a bere ai suoi amici che, suo malgrado, avevano l'occhio bello lungo.

 

Mise piede in agenzia e la cercò con lo sguardo. Non appena la vide, si affrettò a raggiungerla e percorse l'ampio corridoio, dove appesi ai muri spiccava una caterva di poster colorati e studi condotti in prima persona da lui e da altri suoi fidati collaboratori. La pizzicò per i fianchi e lei sussultò. «Gilberto! Sei impazzito, per caso? Mi hai spaventata!»

«Come va, amore?» L'uomo cercò le sue labbra e se ne appropriò all'istante, del tutto incurante degli sguardi divertiti che qualche collega di passaggio gli rifilava. Senza controllo, la spinse contro la grossa fotocopiatrice e continuò a baciarla, mentre lei tentava di svincolarsi da quell'assalto.

«Tesoro, ma cosa ti prende?» gli chiese lei non appena ebbe modo di riprendere fiato, lo sguardo inespressivo.

«E me lo chiedi? Sai bene cosa mi prende», rispose lui, serio e infastidito allo stesso tempo. «Siamo una coppia e mi sembra giusto che io ti saluti come si deve, no? Non capisco proprio perché disprezzi i miei baci.»

«Non è questo. Ti ho detto mille volte che provo disagio nel farlo qui, nel nostro luogo di lavoro!»

A me pare che questo disagio lo provi ovunque, avrebbe voluto ribattere lui, ma si risparmiò quella frecciatina tagliente abbracciandola a sé. «Ho tanto bisogno di te, Megan. Tutto qui. Scusa se i miei gesti d'affetto ti sembrano troppo plateali, ma devi cercare di capirmi.»

Lei ricambiò l'abbraccio. «In realtà ti capisco eccome. Però, ecco... io mi vergogno tanto, sai? Mi imbarazza sapere che i tuoi colleghi e amici non mi vedono di buon occhio, quindi non mi sento libera di esprimermi in questo contesto. Non come vorrei, almeno.»

Gilberto scosse la testa. «Amore, so bene che ne abbiamo già parlato, ma ti ribadisco che non è così!» Si risparmiò di criticare quel non mi sento libera di esprimermi in questo contesto, perché incapace di affrontare quella tematica per l'ennesima volta. «E se anche i miei colleghi pensassero male di te, lasciali parlare! Cosa t'importa? Io sono qui, e non ho alcuna intenzione di lasciarti. Ti difenderò sempre a spada tratta.» Le massaggiò le braccia ricoperte da un tailleur leggero sperando di rilassarla. «A tal proposito... ti piacerebbe passare una serata al cinema? Questa sera danno un film molto carino, si tratta di una commedia. Che dici, ti va?»

Megan forzò un sorriso. «Perché no? Potrebbe essere divertente.»

Gilberto le diede un bacio sulla fronte. La speranza, nel suo cuore, tornò a riaccendersi. «Allora è deciso. Ci andremo questa sera. Adesso vado, ti lascio alle tue faccende.» Fece per voltarsi, ma poi ritornò da lei. «Ah, dimmi una cosa... come sto?» Indicò il suo collo e attese, con non poca aspettativa, la risposta della sua lei.

«Devo dire che senza cravatta sei molto affascinante», rispose Megan, facendogli l'occhiolino.

«Buono a sapersi», ribatté lui, che si apprestò a raggiungere l'ufficio più vicino, non mancando di stamparsi nella mente quel fugace sorriso alla Megan.

 

La Sala Cinema non era poi così affollata e Gilberto considerò la prospettiva assai vantaggiosa. Si vedeva già vicino a Megan, bocca contro bocca, viso contro viso, mani intrecciate, un'intensa cascata di baci come preludio per quello che sarebbe successo dopo, in tarda serata. Fremette al solo pensiero. Era innamorato di quelle labbra. Fin dal primo momento in cui l'aveva baciata, la sensazione di calore e morbidezza che le stesse gli avevano suscitato non era mai svanita. Non sarebbe mai svanita. Le strinse la mano e la guidò verso gli ultimi posti, pop-corn nell'altro braccio e bevanda energetica a completare il tutto.

«Va tutto bene, cara?»

«Certo che sì, sono solo un po' stanca.»

«Be', la serata è ancora lunga. E io spero tanto che si concluda nel migliore dei modi.» Le scoccò uno sguardo inequivocabile e lei abbassò gli occhi. «E se così non fosse... sarà per un'altra volta», si affrettò ad aggiungere, un sorriso più dolce gli increspò le labbra.

Dopo essersi seduti, attesero che il film incominciasse. Lo spazio pubblicità consentì loro di scambiarsi qualche sorriso e, non appena le luci si spensero, si tuffarono entrambi nei pop-corn, pronti a gustarsi quella serata. A Gilberto sembrò quasi di essere tornato ai vecchi tempi. O meglio, ai suoi primi appuntamenti con le ragazze. Quelle pseudo-relazioni, però, non erano durate troppo a lungo; in poche parole, gli avevano lasciato l'amaro in bocca. Ma non aveva mai provato un sentimento similare a quello che, invece, nutriva nei confronti di Megan, a dispetto che la loro fosse una relazione ancora acerba – almeno per alcuni versi. A trentasei anni suonati, aveva riprovato le tipiche sensazioni di un quindicenne, mescolate, però, all'esperienza maturata in ambito sentimentale. La guardò per un attimo. Sembrava del tutto assorbita dal film che stavano vedendo. A differenza di lui, che non faceva che pensare al suo profumo, all'incredibile sensualità che trasudava da ogni suo singolo movimento. Stappò la lattina di Red Bull e ne bevve qualche sorso. A un certo punto, non resistette alla tentazione e, con viva dolcezza, le scostò una ciocca scura di capelli e le si avvicinò. Le sfiorò il mento delicato e lo portò verso di sé. Cercò il suo sorriso tra le luci soffuse e, quando ne trovò un lieve accenno, ne approfittò per rifilarle un bacio che, man mano, cresceva d'intensità. Questa volta, Megan non si sottrasse a quella dolce e passionale tortura, anzi. Gli afferrò con decisione la nuca e ricambiò il bacio con altrettanto trasporto. A Gilberto sembrò di toccare il cielo con un dito. Da quanto tempo la sua donna non rispondeva così entusiasta all'affetto che le mostrava?

Questa è la nostra serata, pensò.

Megan gli accarezzò la giugulare e spalmò la mano destra sul torace dell'uomo. Gilberto sussultò. Era già senza fiato. E quando Megan strizzò leggermente la camicia, un vero e proprio fuoco divampò dentro di lui. Aveva già varcato l'orizzonte, solcando l'infinito.

 

Quel bacio così passionale gli rimase impresso come un marchio sulla pelle. Quando si erano staccati, ne aveva percepito un'immediata mancanza e aveva spesso cercato conferme nello sguardo di lei, la cui espressione si era fatta, invece, sempre più distaccata e pensierosa. E tutto nel giro di pochi minuti. Che avesse sbagliato qualcosa? Gilberto sorseggiò un bicchiere di acqua tonica. La cucina era avvolta nell'oscurità quasi completa. E l'oscurità prese pieno possesso di lui. Non riusciva proprio a comprendere il comportamento di Megan. Per quanto cercasse di giustificarla, sapeva che non c'erano scusanti. Nulla che potesse scagionarla dalle brutte convinzioni che, a poco a poco, stavano radicandosi in lui. Usciti dal cinema, lei non sembrava più così coinvolta, tantomeno si era premurata di rassicurarlo, di ribadirgli che tutto stesse andando per il verso giusto. L'uomo sospirò e si avviò verso la camera da letto, deciso più che mai di ricevere quelle spiegazioni che meritava. Era assai probabile che lei vi si fosse rinchiusa, impedendogli di entrare e di iniziare una discussione o, per meglio dire, una conversazione civile. Si sorprese non poco nel vedere, invece, la porta socchiusa. Rimase inebetito. Megan si stava spogliando. Di sottecchi, la rimirò attraverso quella piccola fessura, sperando che lei non se ne accorgesse. Erano state ben poche le volte in cui si era trovato a fare il voyeur, ma d'altronde, dopo gli ultimi avvenimenti, si era ben guardato dal compiere gesti che, seppur giudicati sin dagli albori come normali, potessero irritare la sua compagna. Rimase incantato nell'osservare il vestito che le andava giù, la finestra semiaperta e le tende di seta che, muovendosi al tiepido soffio del vento, rendevano lo scenario ancora più suggestivo. Il corpo di lei, così slanciato e affascinante, gli provocava sempre profonde scosse di piacere. E nel vederlo, in tutto il suo sommo splendore, provò l'impulso immediato di spalancare del tutto la porta, raggiungerla e farla sua. A prescindere che lei fosse, o meno, in vena di concedersi. Gilberto s'accinse a respingere quella possibilità, ripetendo a sé stesso di continuare a guardarla senza fiatare. Di contemplare quello spettacolo da tutte le angolazioni possibili. Sensualità e inconsapevolezza si fusero insieme. Era questo, ciò che lui vedeva. E non appena la donna, tuttora girata di spalle, rivelò il gentile e affascinante profilo del suo seno – avvolto nella penombra e, nel contempo, rischiarato dalla luce della luna –, Gilberto provò un formicolio al basso ventre. A quella vista, il suo corpo ebbe una reazione immediata e non se ne stupì. D'altronde, non poteva farci niente. Non era ancora in grado di sfuggire alle leggi dell'attrazione fisica, quel superpotere non gli competeva. In fin dei conti, perché mai avrebbe dovuto limitarsi? Perché scacciare quello che provava, se lo provava solo per lei?

A stento, aspettò che lei indossasse il pigiama estivo con annessa camicia da notte, quindi bussò alla porta. «Posso entrare, tesoro?»

Lei sussultò, ma gli rispose subito. «Non vedo perché non dovresti. Siamo una coppia, no?»

Gilberto sorrise al pensiero che proprio lui, soltanto poche ore prima, le avesse detto le stesse identiche parole. Loro due erano una coppia. E lui doveva starle vicino come non mai, aiutarla a superare il periodo difficile che aveva trascorso prima che arrivasse lui. Entrò nella stanza e, con fare propositivo, la abbracciò teneramente, carezzandole i fianchi. Non gliel'aveva ancora detto, ma per quella parte del corpo aveva una predilezione quasi assoluta. «Pensavo non volessi, dopo l'ultima volta.»

Lei scrollò le spalle. «Ormai è acqua passata.»

«Ne sono felice. Questo chiaro di luna è fantastico, non trovi anche tu?» Megan si abbandonò a lui e gli si accucciò nel petto, lo sguardo fisso sulla scura e infinita distesa di abeti che popolava il grande giardino esterno. Nei pressi del balconcino si respirava pace assoluta. Ma nel cuore di Gilberto infuriava ancora la tempesta. Avrebbe tanto voluto che Megan si confidasse con lui, che gli dicesse cosa non andasse. Pur standole vicino, la sentiva di nuovo distante. Ed era terrificante esserne consapevole.

«Concordo. Mi perdo spesso nell'ammirarlo.»

Come io mi perdo nell'ammirare te. «Non posso biasimarti. È stupendo, quasi quanto te. Amore mio, io...» Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. «Se c'è qualcosa che non va, un qualcosa che ti turba, non ti resta che dirmelo. Stiamo insieme, abbiamo costruito da poco un legame indissolubile. E io voglio che questo legame diventi sempre più forte.» Abbassò lo sguardo, le mani che risalivano, lente e sensuali, sulle spalle. «Io ho un assoluto bisogno di te», bisbigliò, sparpagliando una calda – e prudente – scia di baci sulla spalla destra di lei, che scoprì appena. «E ti desidero tantissimo. Come tutti i giorni.»

Megan si voltò verso di lui, le mani sul suo petto. «Lo so, Gil. Lo so. Soltanto che... non è così semplice per me, specie negli ultimi tempi.»

«Pensi forse che per me lo sia?» domandò lui, cercando il suo sguardo. «Io ti voglio con me. In ogni momento. E speravo che stasera me lo volessi dimostrare anche tu. Oppure... non so, ho fatto forse qualcosa di sbagliato? Ti ho di nuovo offesa in qualche modo?»

«Ma no! Che cosa vai a pensare? Soltanto che... ascolta, ti prometto che, molto presto, troveremo il nostro equilibrio.» Sorrise, incoraggiante. «Io sono contenta che tu sia con me, dico davvero. Sei così dolce, premuroso e tanto caro.» Lo guardò di sfuggita, poi tornò ad abbracciarlo. «Ho passato una bellissima serata. E se vuoi, domani possiamo tornare al cinema. Che ne dici?»

Gilberto apprezzò lo sforzo e cercò di andarle incontro. Un'altra volta. «D'accordo, tesoro mio. Aspetterò che tu sia più serena. Ma se c'è dell'altro, ti pregherei di dirmelo adesso.»

«Stringimi forte, Gilberto», si limitò a rispondere Megan, un leggero tremolio nella voce. «Non desidero altro in questo momento.»

L'uomo acconsentì immediatamente. La strinse più forte che poteva e cercò di concentrarsi su di lei e sul suo impellente bisogno, trascurando la parte più egoistica di sé, che di tanto in tanto tentava di farsi spazio. Dopo qualche minuto di puro silenzio, la prese tra le braccia, la trascinò sul letto e le rimboccò le coperte. Le scostò un ciuffo ribelle dalla fronte. La osservò, non poco ammirato, e, nel mentre, provò di nuovo quella forte sensazione. Desiderio di intimità, condivisione di sogni, speranze e aspettative per il futuro. Desiderio di vita. Di vita vera.

   
 
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