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Autore: Red_Coat    26/03/2022    1 recensioni
"Per tutto questo tempo ho passato ogni singolo giorno della mia vita cercando un modo per riunirmi alla mia famiglia. Per riavere mia madre e mio padre, e dire loro quanto mi siano mancati. Ho speso tutto quello che avevo ... pur di poterli salutare un'ultima volta.
Se sono arrabbiata?? Si. Decisamente. Mi fa rabbia che anche il più grande potere del mondo non sia in grado di far nulla per aiutarmi!"
Emilie Gold è l'unica figlia femmina del Signore Oscuro e della sua amata Belle. Cresciuta nell'amore, curiosa come sua madre e abile nella magia come suo padre, ben presto si renderà conto di quanto il tempo possa essere paziente medico e al contempo spietato nemico. E nel tentativo di rendere possibile l'impossibile, scoprirà quanto il prezzo della magia possa essere alto, e quanto il Maestro tempo possa realmente cambiare anche il più oscuro dei cuori.
(coppie: SwanFire; RumBelle. Questa storia è una rivisitazione degli eventi della serie, potrebbero esserci spoiler così come potrebbero esserci coppie canon mai nate o fatti importanti della trama mai accaduti. Il punto di partenza dalla fine della terza stagione.)
Genere: Angst, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Baelfire, Belle, Emma Swan, Signor Gold/Tremotino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Episodio VIII - Eroi o Cattivi?

La prima volta che Emilie aveva praticato la magia se la ricordava bene. Era successo nel Castello Oscuro, alla vigilia del suo settimo compleanno, all'insaputa di sua madre. 
Tutto era iniziato con una domanda ben precisa dei suoi genitori 
 
«Cosa vorresti per il tuo settimo compleanno, principessa?»
 
Alla quale era seguita una altrettanto precisa risposta, accompagnata da un sorriso raggiante. 
 
«Vorrei vedere il posto dove vi siete conosciuti. Il Castello Oscuro. E anche la foresta incantata»
 
Belle e Tremotino si erano guardati, cercando di non mostrarsi troppo sorridenti. Se lo aspettavano. Dal momento in cui aveva iniziato a parlare, Emilie aveva mostrato una vivace curiosità per tutto ciò che riguardava il mondo oltre le colline del suo luogo natio. 
Proprio come sua madre, anche se dove era nata lei il sole non tramontava mai ed era sempre primavera, il suo cuore era colmo di quello stesso desiderio di avventura e conoscenza che aveva spinto Belle tra le braccia della sua amabile Bestia. 
E allo stesso modo, ora la loro giovane figlia chiedeva di essere parte di quel mondo che fino a quel momento aveva solo immaginato. 
 
«La foresta incantata può essere anche pericolosa, Emilie» l'aveva avvisata amorevolmente suo padre. 
 
Ma lei, mordendosi le labbra proprio come sua madre di fronte a un'idea allettante, aveva sorriso e annuito, prendendogli la mano. 
 
«Lo so, papa. Per questo andremo insieme. Ci proteggerai tu» aveva risposto sicura, scaldando il cuore del Signore Oscuro e sciogliendolo come neve al sole. 
 
Belle aveva sorriso vedendoli abbracciarsi, e anche Gideon aveva capito che ancora una volta la sua sorellina caparbia era riuscita nello stesso miracolo della loro madre: ammansire la bestia. Anche se il grosso del lavoro lo aveva fatto Belle, Emilie aveva lo stesso inspiegabile tocco magico. 
In realtà però, e questo lo sapevano molto bene entrambi i coniugi, il regalo che la piccola desiderava era un altro.  
Quella sera, dopo aver ascoltato la favola della buona notte e aver finto di addormentarsi, li aveva spiati da dietro la porta della sua stanza, e si era sforzata di ascoltare i loro discorsi sottovoce. 
Danzando dolcemente sulle note di un valzer che solo loro potevano udire, stretti l'una all'altro e occhi negli occhi, Tremotino e la sua Bella si erano scambiati un dolce bacio d'amore. Poi, dopo qualche attimo di silenzio, la donna aveva mormorato, facendosi preoccupata. 
 
«Lo sai perché tua figlia vuole andare al Castello Oscuro, vero?» con un'espressione complice che suo marito ricambiò, sciogliendosi in un sorriso. 
«È una bambina molto talentuosa» annuì «E sai bene che finirà per cacciarsi nei guai se le proibiremo di apprendere la magia.»
 
Gli occhi della piccola s'illuminarono. Da dietro l'uscio strinse i pugni, gioendo. 
Ovviamente, i guai derivati dalla magia suo padre li conosceva molto bene, tanto da aver istruito a dovere anche lei. Non si sarebbe mai fatta trascinare dall'Oscurità, era pronta anche a giurarlo. 
Tremotino si fidava di lei, ma Belle era ancora timorosa. Non temeva per sua figlia, sapeva che avrebbe fatto la cosa giusta. Quello che temeva davvero, Emilie lo avrebbe capito appieno solo molti anni dopo, guardando la luce spegnersi negli occhi della donna e l'Oscurità riappropriarsi del corpo di suo padre. 
 
«Mi prometti che farai attenzione?» la sentì sussurrare, appoggiando le mani sul petto forte del marito. 
 
Tremotino smise di danzare e prese quelle dita tra le sue, baciandole dolcemente. 
 
«Nessuno dei miei figli conoscerà mai l'Oscurità» promise fiducioso «Soprattutto, non Emilie.»
 
E, inspiegabilmente, nel sentirglielo dire gli occhi della bambina si riempirono di lacrime e il suo pensiero corse al fratello mai conosciuto: Baelfire. Il suo Angelo Custode. 
Strinse la mano sul cuore, tornando a guardare i suoi genitori stretti in un altro abbraccio. 
 
«Posso farcela, Bae» mormorò fiduciosa e commossa «Mi prenderò io cura di papa, ora. Ci penserò io al suo cuore, come hai fatto tu.»
 
Nell'ombra, la voce di Gideon si fece sentire. 
 
«Lo sai che papà non t'insegnerà mai quello che vuoi davvero sapere, vero?»
 
Si voltò a guardarlo.  
Nell'ombra lo vide ancora coricato nel suo letto, le lenzuola tirate fino alle spalle e un sorriso sulle labbra. 
La piccola annuì, correndo a coricarsi con lui, che la lasciò fare e la avvolse con un suo braccio stringendola forte. 
 
«Lo so» disse, scuotendo le spalle «Ma non importa. Mi piace quando papà fa la magia. Voglio essere come lui da grande.»
 
Gideon sorrise di nuovo sotto i baffi, lasciandole un bacio sulla nuca. 
 
«Piccola principessa pestifera» l'apostrofò, sentendola ridacchiare divertita in risposta. 
 
\\\ 
 
Sebbene per i suoi genitori il Castello Oscuro fosse stato il luogo dove il loro amore era sbocciato, per entrambi quelle sale non avevano solo bei ricordi. 
Belle ricordava anche i primi tempi di solitudine e tristezza, Tremotino sapeva che quelle mura avevano visto all'opera il lato peggiore di lui, e faticava a ricordare un attimo di felicità prima e dopo Belle. 
Eppure agli occhi della loro giovane figlia Emilie non c'era niente di più bello al mondo. Adorava girare per i corridoi male illuminati dalle torce, mano nella mano con uno o entrambi i suoi genitori ma anche da sola. Erano parse stupende ai suoi occhi perfino le segrete, l'unico luogo per lei inaccessibile ma che nonostante il divieto era riuscita a visitare una notte, mentre i suoi genitori dormivano. 
O meglio Belle lo faceva, mentre Rumplestiltskin continuava a sua insaputa a vegliare su di loro.  
Tutto il giorno era un continuo di risa e giochi tra i mattoni scuri e le imponenti statue che decoravano i corridoi, e corse nell'ampio giardino della tenuta, dove ora sua padre aveva fatto crescere davanti ai suoi occhi rose di ogni tipo. 
Era per questo che non temeva la potente aura magica che incombeva sulla valle: si fidava di suo padre, e le notti continuavano a essere colme di bei sogni. 
Trascorsero una settimana in quel luogo, insieme madre e figlia si dedicarono allo studio delle stelle e alla lettura, ma il giorno del suo compleanno finalmente suo padre decise che era venuto il momento di insegnarle la magia. 
In realtà fu lei a chiederlo, durante il giro del castello. 
Erano soli, la piccola stringeva la mano di Tremotino mentre osservava con viva curiosità e nel frattempo ascoltava i racconti dell'uomo. 
Imboccarono un breve, stretto corridoio che li condusse in cima ad una delle torri del castello, di fronte ad una porta in legno decorata con splendidi intarsi in metallo rosso. 
Il suo cuore iniziò a battere all'impazzata, mentre nella mente si faceva largo un bellissimo presentimento. 
 
«Dove siamo, papa?» chiese mordendosi il labbro inferiore. 
 
Il Signore Oscuro sorrise, s'inginocchiò per poterla guardare negli occhi e prese le piccole manine tra le sue. 
 
«Di tutte le stanza del castello, mia cara, questa è la più importante. Perché qui dentro sono custoditi tutti i segreti della mia magia» sorrise scoccandole un occhiolino «Quelli confessabili.»
 
Gli occhi della bambina si riempirono di meraviglia, luccicando impazienti. 
Lo abbracciò facendolo sorridere, poi ridendo corse verso la porta. Con un gesto della mano Tremotino la spalancò, e davanti ai loro occhi apparve lo studio alchemico, pieno di preziose provette e polverosi volumi. 
La bambina si portò al centro della stanza, allargando le braccia e girando su sé stessa in punta di piedi, quasi volteggiando. Le pieghe del suo vestitino azzurro svolazzarono leggere, mentre rideva al Signore Oscuro parve di rivedere la sua Belle, una versione inedita che non aveva mai avuto modo di conoscere. 
Sorrise di nuovo osservandola battere le mani contenta. Poi la vide voltarsi e accorgersi del grande arcolaio in fondo alla stanza, vicino alla finestra chiusa. Era un po' impolverato e c'era ancora un po' di paglia accanto. 
Lo guardò sgranando gli occhi sorpresa, si avvicinò in punta di piedi e ne sfiorò la ruota con le piccole dita. 
Vedendola, Tremotino ebbe un fremito. Sorrise, con gli occhi lucidi. 
 
«Questo è...?» mormorò la piccola, voltandosi a guardarlo. 
 
Quegli occhioni grandi lo supplicarono per un'altra storia. Il Signore Oscuro annuì, raggiungendola e sedendosi sulla seggiola in legno di fronte allo strumento. 
 
«Questo è il mio arcolaio» le raccontò, sfiorando con delicatezza il legno ancora lucido «È stato per secoli un fedele compagno, a volte il mio unico mezzo di sostentamento. Un amico a cui confidavo ogni cosa.» 
«È con questo che fabbricavi l'oro?» domandò ancora Emilie, sempre più incuriosita. 
 
Rumplestiltskin sorrise annuendo. 
 
«Vuoi vedere?» chiese, conoscendo già la risposta. 
 
La vide illuminarsi di nuovo, annuendo più a più volte. 
 
«Si, per favore!» lo supplicò giungendo le mani. 
 
Suo padre seguitò a sorridere, e con un dito indicò la paglia dietro di lei. 
 
«Prendimene un po', per favore» le chiese. 
 
La piccola obbedì solerte, correndo a raccogliere un piccolo fascio di paglia. I suoi passi delicati risuonarono appena sulle travi di legno, la gonnellina azzurra sobbalzò quando tornò indietro, saltellando e ridacchiando entusiasta come avrebbe fatto il Tremotino di un tempo. 
Suo padre la osservò con occhi pieni di orgoglio, sorridendole e ringraziandola con un cenno del capo e un dolce 
 
«Grazie, principessa.»
 
La piccola Emilie arrossì accennando ad un inchino, un piede davanti all'altro e le braccia appena sollevate. 
 
«Ora... ecco come si fa. Guarda molto attentamente, tesoro. Dopo dovrai rifarlo tu» sussurrò scoccandole un occhiolino. 
 
Il volto della piccola s'illuminò. Si sedette sui talloni e ammirò rapita la magia che si sprigionava dalla ruota e dal suo lento cigolio. 
In un battito di ciglia, senza che riuscisse a capire come e perché, la paglia divenne un sottile filo d'oro nelle mani del Signore Oscuro, che dopo aver finito trasse un sospiro, ridacchiò insieme a lei. 
 
«Era da tanto che non lo facevo» rivelò sollevato «Credevo di aver perso il tocco.»
 
Entusiasta, Emilie corse a sedersi sulle sue gambe, supplicandolo impaziente. 
 
«Insegnami, insegnami!»
 
Tremotino allora decise che era il momento di un piccolo discorsetto serio, padre e figlia. 
 
«Ascolta principessa» disse, sfiorandole la punta del naso con un dito «La magia ... è qualcosa di molto difficile da imparare e praticare.»
«Lo so, papi» rispose decisa la piccola «Ma io sono brava, più brava di Regina. E se sei tu a insegnarmi magari lo diventerò davvero.»
 
Il Signore Oscuro le sorrise intenerito e divertito. 
 
«Ne sono sicuro, piccola mia» replicò «Ma la magia, tutta la magia, anche quella più piccola, ha sempre un prezzo» disse mostrandole il filo d'oro creato «Io l'ho imparato a mie spese. È importante che tu lo ricordi ogni volta che la userai.»
 
La piccola si fece seria. 
 
«Lo so, papà» lo rassicurò «Io non voglio usare la magia per fare cose brutte» appoggiò le piccole manine su quelle dell'anziano uomo che aveva di fronte «Io voglio aiutare. Te e la mamma, e Gideon. La nostra famiglia.»
 
Gli occhi del Signore Oscuro divennero improvvisamente lucidi. Sapeva che non era tutto, che seppur in piccola parte il cuore di sua figlia, anche se non ne era del tutto consapevole a causa della sua giovane età, era attratto dall'Oscurità, e sempre lo sarebbe stato. 
Ma quelle parole sincere... quel tenero tentativo di rassicurarlo... era la speranza che cercava. 
Aveva imparato da molto ormai che non esistono solo buoni o cattivi al mondo, e sua figlia era esattamente come tutti. Aveva in sé una parte di oscurità e una di luce, e avrebbe potuto usare quel potere per diventare ciò che avrebbe voluto, buona o cattiva. 
La scelta sarebbe stata solo sua, lui... avrebbe dovuto sperare che diventasse un'eroina come sua madre, ma la verità era che qualsiasi fosse stata la strada intrapresa, l'avrebbe amata per sempre. 
Sorrise, stringendola a sé e ricevendo in cambio un forte, affettuoso abbraccio. 
 
«Per ora» mormorò, lasciandole un bacio sulla nuca «Questo è tutto ciò che mi serve.»
 
\\\ 
 
Anni dopo,  
Regno del Desiderio,  
Foresta Incantata ... 
 
Gli occhi dell'unicorno scintillarono di una luce vivida nel momento in cui Emilie, con un colpo secco, estrasse il suo cuore dal petto. 
Non aveva nemmeno avuto bisogno di immobilizzarlo, anche se il suo maestro, il Tremotino del Desiderio, aveva tanto insistito perché lo facesse.  
Lei invece era riuscita a conquistarsi la sua fiducia, stupendo perfino il Signore Oscuro che a quel punto l'aveva lasciata fare, curioso di sapere come sarebbe andata a finire. 
La creatura magica l'aveva lasciate fare, agitandosi solo un po' nel momento in cui gli aveva afferrato il cuore. 
Un colpo secco, e il suo cuore ora scintillava tra le delicate mani della figlia di Tremotino. 
 
«Eccellente! Davvero un ottimo lavoro, mia cara.» si complimentò il suo alter ego, battendo le mani. 
 
Emilie sorrise appena, contenendo l'entusiasmo e scoccando un occhiolino all'animale. 
Sapeva bene quale sarebbe stato il prossimo passo del suo addestramento. 
In quelle sei settimane aveva imparato tanto sui suoi poteri e su come fabbricare pozioni magiche di ogni tipo, si era divertita, ma stava ancora aspettando. 
E anche quella versione di Tremotino aspettava di vederla capitolare verso il lato Oscuro. 
Per questo non aveva voluto immobilizzare la bestia, pur essendo in grado di farlo. Non le serviva un unicorno morto, la sua benedizione poteva fruttare molto di più. 
 
«Prima di proseguire, lascia che te lo chieda. Anche se credo di conoscere già la risposta...» le disse incuriosito il Coccodrillo. 
 
Sorrise.  
Avevano fatto passi in avanti nel loro rapporto, anche se continuavano a rimanere distanti come il giorno e la notte. 
Anche se la Bestia non lo aveva mai ammesso, nel suo cuore era tornata ad accendersi una piccola fiammella di amore, grazie alla somiglianza della giovane con sua madre Belle. 
Era stata Emilie stessa a decidere di sfruttarla, come ultima risorsa. 
Aveva capito di poterlo fare quando aveva visto la tazza col bordo scheggiato ancora ben riposta dentro a una credenza, segno che pur avendone accantonato il ricordo esso era ancora ben radicato nel suo cuore. 
All'inizio era stato difficile, il Coccodrillo non amava mostrare le sue debolezze ma sua figlia aveva imparato a conoscere la sua oscurità e così aveva iniziato ad alimentare quel piccolo seme. 
Fino a che, del tutto inaspettatamente per entrambi, i loro cuori non si erano avvicinati. 
Era un legame ancora debole, ma c'era. 
Il Tremotino del Desiderio trovava curiosa quella giovane e la sua presenza iniziava a non essere più così sgradevole, Emilie era deliziata dalla sua perspicacia e dai suoi modi di fare, e più di una volta si ritrovarono a ridere insieme di una battuta che probabilmente alle orecchie di qualsiasi altra persona sarebbe suonata alquanto macabra. 
Eppure, c'era ancora qualcosa a dividerli. Quella maledetta promessa che la Bestia era decisa a farle infrangere, anche se sapeva bene che un patto con Tremotino, anche se un Tremotino indebolito dall'amore, era impossibile da infrangere.  
 
«Vuoi sapere come l'ho convinto a fidarsi di me?» lo prevenne. 
 
Ma stupendola lui ridacchiò, agitando l'indice avanti e indietro e replicando, spiazzante. 
 
«Certo che no, cara. Avrai sicuramente fatto leva sul cuore puro di questa creatura raccontandogli del sentimento che ti lega a tuo padre e che ti ha condotto fin qui. 
La mia domanda è ... perché ti ostini a rimanere nella luce quando è chiaro a entrambi, perfino a questo unicorno, che il tuo cuore stia scalpitando per oltrepassare quel confine. 
La tua magia è sempre stata Oscura, perfino quel debole di tuo padre lo sa, e sono sicuro che non ti biasimerebbe se intraprendessi questo cammino.» 
 
Emilie si fece seria per un istante. Tutto ciò che aveva detto il suo maestro era vero. 
Aveva imparato la magia da suo padre, ma in realtà ne era sempre stata in possesso. 
Era il frutto del vero amore, proprio come Emma Swan, ma a differenza della Salvatrice, per lei questo aveva significato ereditare un potenziale magico capace di trascendere il confine tra bene e male. 
Forse questa era la risposta. 
 
«Oscurità... Luce... io detesto le etichette. Tu no?» domandò, sogghignando. 
 
Il suo maestro sorrise appena, inclinando di lato il capo. I suoi occhi scintillarono di una luce vivida. 
La guardò tornare a sorridere e ascoltò con vero interesse ciò che ebbe da dirgli.  
 
«La verità... è che per me esiste solo la magia, e nient'altro. So che ci sono forze che non riusciamo a controllare. Mio padre ne ha paura... anche tu ne hai. 
Io voglio solo imparare a conoscerle. Magari un giorno riuscirò a controllarle.»
 
Il Coccodrillo annuì, ammirato. 
 
«E quando ci sarai riuscita, ammesso che sia possibile, cosa ne farai?»
 
La ragazza sorrise, scuotendo le spalle. 
 
«Non è ovvio?» replicò «Farò tutto ciò che posso per aiutare la mia famiglia.»
 
***
 
Storybrooke, 
Presente...  
 
Le piccole fiammelle vorticarono attorno alle abili dita della ragazza, girandole intorno e cambiando continuamente forma e consistenza. Acqua, fuoco poi aria e così via. 
Tremotino la osservò in silenzio, meravigliato ma senza mostrarsi a lei. 
Quel potere... era enorme. Ne aveva visto uno simile solo con Zelena, ma quello di Emilie era ancora acerbo. Sarebbe stato lui a renderlo perfetto. 
Con un movimento ben calibrato la sua giovane figlia dissolse la magia, e dopo un lungo respiro lo fissò con un sorriso emozionato, restando in silenzio in trepidante attesa di un suo verdetto. 
 
«Questo è tutto...» ridacchiò arrossendo per smorzare la tensione e il lungo silenzio in cui suo padre si ostinava a rimanere «Lo so che non è molto ma... mi hai chiesto una prova, e questo mi diverte molto farlo.»
 
Tremotino sorrise. 
 
«Magari non sarà molto per qualcuno con nessuna esperienza di magia. Ma per me... per me è più che sufficiente» la rassicurò «Hai un ammirevole controllo delle tue abilità. Non importa quanti incantesimi tu conosca, la tua magia è forte e sai gestirla. Ti sei allenata molto, immagino.»
 
Emilie sorrise contenta, annuendo decisa. 
 
«Lo faccio ogni giorno da quando questo viaggio è iniziato» confermò.  
«E mi pare di capire che finora tu abbia usato solo gli incantesimi di attacco e difesa elementali» tornò a chiederle il Signore Oscuro. 
 
La giovane scosse le spalle. 
 
«Non ho avuto tempo per impararne altri, mi sono concentrata su quelli che avrebbero potuto essermi utili per la mia impresa» ammise. 
 
Rumplestiltskin annuì tornando a sorridere. 
 
«Naturalmente» commentò. 
 
Con un movimento rapido del polso fece quindi apparire nella propria mano il libro d'incantesimi che aveva riottenuto da Regina e lo porse a sua figlia, guardandola illuminarsi. 
Riconobbe immediatamente il luccichio in quelle pupille grigie, era lo stesso che più volte aveva illuminato i suoi occhi. La sensazione di essere di fronte a qualcosa di straordinario, che lo avrebbe reso ancora più potente. 
Emilie allungò le mani e prese tra le dita quel tomo, accarezzandone emozionata la copertina in cuoio su cui erano incise rune d'oro. 
 
«È ...» mormorò, sfiorando il rubino al centro.  
 
Tremotino annuì. 
 
«Qui c'è tutto ciò che ti serve sapere» le spiegò «L'unica cosa che dovrai fare da adesso in poi sarà studiare questi incantesimi a fondo fino a che non sarai abbastanza abile da riuscire a replicarli senza il minimo sforzo.»
 
La vide mordersi le labbra impaziente, quindi con uno slancio del tutto inaspettato lo abbracciò ridendo. Ne fu un istante sorpreso, ma poi la strinse a sua volta, addolcendosi. 
 
«Vado subito a iniziare. Sono sul marciapiede di fronte all'entrata se ti servo» lo avvisò, fiondandosi all'ingresso. 
«Emilie!» la richiamò però lui, facendosi serio. 
 
La ragazza si voltò a guardarlo, attenta. 
 
«Sono incantesimi molto potenti» l'avvisò «Inizia dalla prima pagina e...» sorrise divertito «Prenditi il tempo che ti serve.»
 
Milly tornò a ridacchiare, annuendo. Poi gli lasciò un ultimo fugace bacio sulla guancia e corse via nei suoi stivali neri a punta, come una piccola streghetta ansiosa di cominciare a fare sul serio. 
Tremotino sorrise, scuotendo il capo. Avere un'allieva era sempre faticoso, ma stavolta immaginava che si sarebbe divertito, e ne avrebbe raccolto presto i frutti. 
 
\\\ 
 
Seduta a gambe incrociate sul marciapiede proprio di fronte alla porta d'ingresso, Emilie era china sul libro degli incantesimi intenta a studiare le formule quando la voce di Will Scarlett la riscosse. 
Alzò gli occhi e sorrise. 
 
«Sei già al lavoro?» le domandò con un sorriso. 
«Will. E tu hai finito il tuo?» chiese a sua volta, facendogli un occhiolino. 
 
Scarlett scosse divertito il capo, quindi tirò fuori da sotto il giubbotto di pelle un plico e glielo consegnò, assieme a un elegante portafoglio di pelle nera che teneva nella tasca del jeans. 
Emilie mise da parte il libro per un secondo e presi i documenti li studiò con attenzione. Un sogghigno colorò appena le sue labbra. 
 
«Finalmente...» mormorò trionfante. 
 
La casa dello Stregone era sua, ora. E a giudicare dal grosso mucchio di dollari che riempivano il suo portafogli, la cosa non poteva che migliorare. 
Sulla sua nuova carta d'identità la sua data di nascita coincideva con quella di Baelfire, fatta eccezione per l'anno. Ora anche per quel mondo era ufficialmente la ventiduenne figlia di Mr. Gold e di sua moglie, Belle French. 
Sorrise divertita pensando che, quando sarebbe arrivato il momento, avrebbe potuto definirsi la sorella maggiore di Gideon. Com'era buffo il tempo. 
 
«Hai avuto qualche difficoltà?» domandò tornando a guardarlo. 
 
Il fante di Cuori sprofondò le mani nelle tasche e scosse le spalle. 
 
«La maggior parte sono sparite quando hanno capito di chi eri figlia. Il sortilegio ha giovato molto a tuo padre, non solo nell'aspetto» replicò, strappandole un altro sogghigno orgoglioso «Ti serve altro?» 
 
Emilie increspò le labbra e alzò gli occhi, fingendo di pensarci un po' su. 
Poi annuì recuperando il libro degli incantesimi e rimettendosi a studiare. 
 
«Si, una lista di attici o appartamenti in centro città a New York. Al resto penso io» poi lo guardò scoccandogli un occhiolino «Ovviamente che siano degni della figlia di Mr. Gold.» 
 
Will Scarlett si corrucciò di nuovo. 
 
«Sei appena arrivata, a che ti serve un appartamento a New York?» 
 
Milly scosse le spalle. 
 
«Mi preparo a ogni evenienza.» replicò con nonchalance. 
«Mh» sorrise il Fante «Un piano di fuga pronto all'uso. Anche questo sembra degno di Mr. Gold» 
 
Ma alla ragazza non piacque quel riferimento al lato "conservatore" di suo padre. Si fece seria, abbassò il libro e nella mano libera evocò un globo di fuoco. 
 
«Prova a ripeterlo» lo minacciò. 
 
Will alzò le mani, indietreggiando. 
 
«Pessima battuta, ho capito. Vado a stilare quella lista» si congedò, lasciandola nuovamente sola con la sua magia «Ricordati di leggere quel biglietto!» le urlò mentre si allontanava. 
 
La giovane Gold si scurì per qualche istante, cercando d'imbrigliare i suoi pensieri prima che iniziassero a correre troppo. 
 
«Non ho tempo per questo, adesso» mormorò tra sé, tornando a concentrarsi sulle formule.  
 
***
 
 
Passato,
Una settimana e tre giorni dopo la scomparsa di Tremotino... 
 
Com'era prevedibile, le sue minacce di vendetta verso Uncino e sua figlia Alice avevano inquietato non poco non solo i diretti interessati ma anche coloro ai quali erano state riferite. 
Il giorno dopo, i fratelli Gold erano stati convocati al cospetto di Regina, ora sovrana dei reami uniti. 
Solo Gideon si era presentato, e aveva tentato di mediare. 
 
«Emilie era molto legata a papa, è normale che ora sia sconvolta. Lo eravate anche voi, Vostra Maestà, quando Biancaneve uccise Cora. Ma papa le ha fatto promettere di non rendere mai il suo cuore Oscuro, e lei tiene molto a questo accordo. Non farà niente di sciocco, potete credermi.»
 
Regina aveva sorriso, intenerita e comprensiva. 
 
«Capisco ciò che vuoi dire, Gideon. Ma ciò che è successo ha smosso gli animi, e il fatto che tua sorella non sia qui oggi è fonte di ulteriore preoccupazione.» gli aveva detto «Credo che la soluzione migliore per tutti sia che io venga a farvi visita di persona. So cosa si prova, e vostro padre è stato per me molto più di un semplice maestro. Cercherò di parlarle, poi vedrò di tranquillizzare gli altri.» aveva decretato.  
 
Gideon aveva avvertito un lungo brivido gelido lungo la schiena all'idea di assistere ancora una volta ad un'altra esplosione di rabbia della sorella, ma pensandoci bene decise che quella di Regina fosse la soluzione migliore per tutti, soprattutto per lei. 
Così il giorno successivo, a pomeriggio inoltrato, tornarono insieme a casa, trovando la diretta interessata seduta a gambe di fronte alla tomba di suo padre mentre la luce del tramonto le illuminava la schiena curva. 
Era dimagrita molto, e continuava a vestire di pelle nera. 
Almeno però, pensò amaramente suo fratello, era finalmente uscita dal suo antro. 
Regina sentì il cuore spezzarsi dolorosamente nel rivederla. L'ultima volta l'aveva vista combattere contro il Tremotino del Desiderio per liberare tutti loro dalla bolla di vetro in cui li aveva confinati e al contempo cercare di resistere al lato Oscuro verso cui il Coccodrillo aveva cercato di spingerla. 
Aveva vinto quella battaglia, ma la morte del suo amato padre stava rischiando di sconfiggerla definitivamente. Era solo questione di tempo, doveva agire in fretta, nel nome del sentimento che ancora la legava al suo Maestro. 
Fece un cenno a Gideon di lasciarle sole, e mentre questi rientrava in casa lei si avvicinò cautamente, osservando lo sguardo di sottecchi pieno di odio che la giovane le rivolse continuando a voltarle le spalle e a fingere di non essersi accorta di lei. 
 
«Emilie...» la chiamò, senza ricevere risposta. 
 
Semplicemente, la ragazza continuò a fissare la lapide in marmo nero su cui era posta la foto di suo padre e tutti i fiori che era riuscita a far crescere con l'energia magica residua. Non aveva più la forza neanche per un piccolo incantesimo, eppure continuava a respirare. 
All'inizio aveva deciso semplicemente di lasciarsi morire, tanto era stato il dolore provato. Ma l'incontro con Uncino e sua figlia le aveva ridato un motivo per farlo, qualcosa che Regina conosceva molto bene: la vendetta. 
Durante l'assenza di Gideon si era riscossa, aveva mangiato ciò che era riuscita a prepararsi e aveva provato a dormire, sognando di uccidere quel buono a nulla in tutti i modi possibili. 
Fino a che, proprio poche ore prima, suo padre non gli era riapparso in sogno, in entrambi le sue versioni. 
Quella del Desiderio, e quella che aveva cercato in tutti i modi di difendere. 
Il sogno era iniziato con lei sospesa nel vuoto, un vuoto scuro e viscido che le bisbigliava parole impronunciabili.  
Poi la voce del coccodrillo si era fatta sentire, la sua risata era riecheggiata nel silenzio attorno a lei come fosse la voce stessa dell'Oscurità dalla quale si era sentita avvolta. 
 
«Oh, povera cara.»
 
Infine, il Coccodrillo in carne e ossa era apparso di fronte a lei. Gli occhi grigi che sembravano volerla incantare, il ghigno sardonico. 
 
«Coraggio, non aver timore. Basta un solo passo per attraversare quel confine. L'Oscurità non vede l'ora di giocare con te. Vedrai, sarà divertente.»
 
Aveva stretto i pugni, digrignando i denti e sentendo quel richiamo riecheggiare forte dentro al suo cuore. 
Ma proprio quando stava per capitolare, la voce di suo padre si era fatta sentire. 
 
«Principessa...» aveva mormorato, scaldandole il cuore. 
 
Alle sue spalle una luce chiara e limpida. Si era voltata e lo aveva visto, lo stesso sguardo amorevole e i modi garbati. Gli era perfino sembrato di riuscire a percepire di nuovo il suo profumo. 
 
«Papa...» aveva sussurrato, in lacrime. 
 
Lui le aveva sorriso. 
 
«Emilie, ricordi cosa mi hai promesso?» le aveva detto, avvicinandosi e prendendole le mani «Il tuo cuore è puro, fa che lo rimanga.»
«Perché?» aveva singhiozzato addolorata lei «Perché te ne sei andato? Proprio quando potevamo riabbracciarci.»
 
Il Coccodrillo aveva ridacchiato, avvicinandosi a sua volta e lanciando uno sguardo schernitore al Tremotino di luce. 
 
«Già, lui se n'è andato. Evidentemente non ti amava così tanto come dice.» aveva insinuato, poggiandole una mano sulla spalla «Io invece avevo iniziato ad affezionarmi, sai? Avremmo potuto fare grandi cose se solo tu ti fossi lasciata andare un po'.»
 
La ragazza aveva chiuso per un istante gli occhi, singhiozzando. 
 
«Io non me ne sono mai andato, Principessa. Sono ancora qui, con te.» le aveva risposto tenero suo padre, accarezzandole la guancia. 
«Bah, sciocchezze!» aveva però replicato la Bestia «La verità è un'altra, ben più semplice, e lo sappiamo benissimo entrambi. Tu puoi avere il tuo lieto fine, ma solo l'Oscurità può dartelo. Gettati tra le sue braccia, coltiva la tua collera. Vedrai, dopo sarà tutto più semplice. Perfino il dolore che stai provando ora, lo sentirai svanire come una bolla di sapone.» 
 
L’aveva sentito di nuovo ridacchiare perfidamente.
 
«Solo perché sarai così persa che finirai per non ricordare neanche più cosa vuol dire provare dolore» lo aveva contraddetto suo padre «O qualsiasi altro tipo di sentimento. Vuoi davvero dimenticare com'è essere umani?» invitandola ad aprire gli occhi e a guardarlo. 
 
Lo aveva fatto. E in quell'istante non le era sembrato neanche più un sogno. Era stato... così vivido. Reale. 
Quella lotta era reale. Così come il dolore che aveva provato quando le aveva sfiorato la guancia, permettendole di riuscire per un istante solo ad avvertire di nuovo il calore famigliare della sua presenza. 
 
«Principessa, io so bene cosa si prova. E non voglio che lo sappia anche tu. Puoi scrivere il tuo futuro nel modo che preferisci, ma ricorda. Ricordati cosa mi hai promesso.» le aveva sorriso «Abbiamo un accordo io e te, no? Non cedere mai all'Oscurità, qualsiasi sia la forma da essa assunta. Perfino...» 
«Nel caso in cui dovessi essere tu stesso a chiedermelo.» aveva allora ricordato Emilie, tornando a sorridergli tra le lacrime. 
 
Lo sguardo fiero di suo padre era stata l'ultima cosa che aveva visto. Poi tutto aveva iniziato a svanire, e lei a svegliarsi, lentamente, come se non riuscisse a staccarsi da quella dimensione. 
All'improvviso tutto il buio di cui si era circondata le aveva fatto paura.
Si era alzata in piedi, barcollando aveva raggiunto la finestra e l’aveva spalancata per poi correre fuori e urlare, con tutto il fiato che aveva in corpo, verso il cielo azzurro. 
Successivamente era caduta in ginocchio e aveva pianto tutte le sue lacrime distesa sulla tomba di suo padre, come quando da piccola dopo aver fatto un incubo correva a dormire abbracciata stretta a lui. 
Era rimasta lì a lungo, fino a che per la prima volta da che la tragedia l'aveva colpita non si era resa conto di avere ancora un corpo da nutrire e soddisfare. 
Aveva cucinato un pasto frugale e lo aveva consumato seduta davanti a quella lapide. 
Quando Regina arrivò, trovò ancora di fronte a lei il piatto vuoto e il bicchiere mezzo pieno d'acqua. 
Sorrise contenta, sedendole accanto e accorgendosi per la prima volta di quanto fosse davvero distrutta. 
Non c'era più rabbia sul suo sguardo, solo tanta tristezza, e una stanchezza infinita. 
 
«Cosa siete venuta a fare qui, Vostra Maestà?» le domandò, ma il suo sarcasmo non riuscì a ferirla. 
 
Non era più abbastanza irosa da renderlo così tagliente. 
 
«Immagino vogliate porgermi anche voi le vostre più sentite condoglianze.» aggiunse, strappando un filo d'erba e giocando ad arricciarselo attorno alle dita. 
 
Regina sorrise. 
 
«In realtà, volevo solo rivedere un vecchio amico.» rispose. 
 
Emilie sorrise amara. 
 
«Siete arrivata tardi, allora. Lui non è più qui...» concluse, reprimendo a fatica una smorfia di dolore. 
 
Regina la vide combattere strenuamente contro le lacrime che premevano contro le sue palpebre, tirando così forte i due capi del filo d'erba da riuscire a spezzarlo infine. 
La giovane chiuse gli occhi, sospirò profondamente, quindi aggiunse, schiarendosi la voce. 
 
«Immagino che il Capitano e sua figlia siano venuti a piangere da te. Altrimenti non saresti qui.» sogghignò, tornando finalmente a guardarla «Hai paura che mi trasformi nella prossima cattiva della storia e vuoi tentare di convincermi a non farlo?»
 
Regina sorrise divertita. 
 
«Forse» le rispose «Ma conoscevo bene Tremotino, e se hai preso da lui sarà molto difficile per me portare a termine questa missione.»
 
Sorrisero insieme. 
 
«Prova a mandarmi contro uno di quei patetici manichini degli eroi. Magari loro ci riusciranno.» le suggerì sagace Emilie. 
 
Regina sembrò pensarci su, corrucciandosi. 
 
«Si, ma chi? Biancaneve e il Principe Azzurro potrebbero avere una chance con il loro amore perfetto e i loro discorsi sulla speranza.»
 
Milly fece una smorfia disgustata. 
 
«Diabete o noia. Sono entrambi un buon tentativo di uccidermi, a meno che io non perda prima la pazienza.» replicò. 
«Oh, questa è un'altra delle cose che sanno fare molto bene.»
 
Ridacchiarono di nuovo, divertite. 
Nel sentirle, da dentro casa Gideon si affacciò alla finestra e le osservò stupito e sollevato. 
Aveva trovato le pentole ancora sporche, e tirato un primo sospiro di sollievo. 
Ora gli venne quasi da piangere per il sollievo che provò. 
Guardò il ritratto dei suoi genitori sul camino e sorrise. 
 
«Grazie Papa.» mormorò, tornando poi a guardare le due donne intente a conversare.  
«Temo allora che dovrò disturbare di nuovo la Salvatrice.» seguitò Regina, e al ricordo di Emma Swan e della pargoletta da lei nata, Emilie s'intristì di nuovo. 
 
Regina parve capirlo. 
 
«Emilie, ascolta...» iniziò 
«Lascia stare Regina, non ho bisogno anche della tua ramanzina. Ho già Gideon per questo.» la bloccò la ragazza, sospirando annoiata. 
«Non è una ramanzina. Sono solo preoccupata.» precisò la sovrana. 
 
Emilie ridacchiò brevemente, imitando il Coccodrillo. 
 
«Oh, ti ringrazio. Papà, hai sentito? Lei si preoccupa per me.» disse parlando alla foto sulla lapide. 
 
Poi però si scurì, rivolgendole un lungo sguardo serio. 
 
«Perché ti stai preoccupando per me, giusto? O forse ti preoccupi che possa gettare il tuo Regno nel caos?» 
 
Era una provocazione, ma non solo. Regina sapeva del suo addestramento, sapeva che era rimasta dal Tremotino del Desiderio mentre loro erano a Hyperion Heights. 
Cosa vedeva nei suoi occhi? Credeva davvero che lei potesse appartenere al lato Oscuro, o nutriva come suo padre la speranza che potesse scegliere la sua strada e diventare ciò che voleva? 
Sembrava una risposta insignificante, ma le sarebbe servita a capire in che tipo di mondo avrebbe accettato di vivere. 
Se anche Regina si fosse rivelata una patetica qualunquista, vittima della filosofia spicciola degli eroi che nonostante la morte da eroe di Tremotino continuavano a pensare che il mondo fosse diviso in buoni e cattivi, allora lei non avrebbe voluto restare un attimo di più. 
Invece Regina sorrise, inclinando intenerita il capo. 
 
«Non ti ho vista nascere, Emilie.» replicò «Ma a Hyperion Heights, dal momento del suo risveglio, tuo padre non ha mai smesso di cercarti. Era convinto che tu avessi un grande potenziale, e che saresti riuscita a usare il tuo dono per qualcosa di giusto. Voglio solo aiutarti a scegliere bene la tua strada, senza commettere sciocchezze.»
 
Emilie si corrucciò. 
 
«Sciocchezze? Tipo?» la incalzò. 
 
All'improvviso, forse accortasi da aver fatto un passo falso, Mills tacque di colpo. 
 
«Beh...» provò a replicare, ma Emilie la interruppe di nuovo, ridendo. 
«Oh, adesso ho capito.» fece alzandosi «Tu non mi reputi all'altezza di papa. Vero?» 
 
La vide sgranare gli occhi. 
 
«Non stavo dicendo questo, ma...» 
«Hai paura» l'accusò «Nonostante siano passati anni ormai, sei rimasta quella streghetta vanitosa che eri, convinta che nessuno possa essere potente quanto te. E ora, esattamente come facesti con Biancaneve, o con mia madre spingendola contro papà, ti senti in dovere di ricordarmi che io sono ancora giovane, ingenua e debole. Beh, Regina. Ti svelo un segreto: Sono cresciuta, e so quale sarà la mia strada. Posso farcela anche senza il tuo prezioso aiuto.» concluse con un sorriso fiero.  
 
Dopo un primo momento di totale stupore, la Sovrana sembrò arrendersi. Sospirò profondamente, quindi annuì e replicò. 
 
«Va bene, Emilie. Scusami.» ribadì, cercando d'ignorare la rabbia per quelle accuse infondate «Permettimi solo... di offrirti il mio aiuto. Qualsiasi cosa ti serva, in qualsiasi momento tu ne abbia bisogno, sappi solo che la porta del mio castello è aperta... sia per te che per tuo fratello.»
«Oh, grazie Vostra Altezza per tutta questa magnanimità!» le rispose lei sarcastica, genuflettendosi alla maniera del Signore Oscuro e lanciandole poi un ultimo sguardo divertito prima di rientrare «E non preoccupatevi, il piccolo mondo sulla quale ora sedete sovrana non subirà alcuna minaccia dalla temibile Figlia di Tremotino.» 
 
"Mi limiterò solo a dare una lezione al pirata e alla sua patetica pesciolina".  
Ridacchiò, afferrando la maniglia e aprendo la porta. 
 
«Fammi un thè, Gideon.» esclamò «Ho del materiale da studiare, sarà una cosa lunga.»
 
Lasciando i due a squadrarsi attoniti e anche un po' contrariati e ridacchiando fra sé.  
 
«Amo il sarcasmo. È come prendere a pugni in faccia la gente, ma con le parole. Lo devo fare più spesso.» 


 
 
***
 
Presente,
Storybrooke
 
Henry corse più che poteva per raggiungere il più velocemente possibile la casa di sua madre, il Sindaco Regina Mills. 
Superò il vialetto lastricato e bussò, riprendendo fiato mentre aspettava. 
La prima cosa che aveva fatto non appena si era accorto di quell'enorme intoppo nel loro piano era stata raggiungere il municipio, ma la donna non c'era, quindi aveva ripiegato su quella seconda opzione sperando fosse quella giusta. 
Con suo grande sollievo udì i passi della donna e poco dopo l'uscio si dischiuse. 
Sulla soglia Regina, ancora in tailleur nero da lavoro, gli rivolse un sorriso, contenta di vederlo, ma poi si preoccupò del suo aspetto stanco. 
 
«Henry... che succede?» domandò, invitandolo con un gesto a entrare. 
«È per l'Operazione Mangusta» le spiegò «Credo di aver scoperto qualcosa, ma quando sono andato a controllare ho incontrato un problema.»
 
Regina lo fissò in ansiosa aspettazione. Le cose tra lei e Robin continuavano ad andare bene, visto che in quel tempo modificato dall'opera di Emilie il varco temporale non era mai stato aperto e Marian non era mai potuta tornare da lui, ma come residuo di ciò che avrebbe potuto essere era rimasto in lei quel senso di angoscia che l'aveva spinta a chiedere aiuto a suo figlio, dopo il ritrovamento da parte di Robin della pagina che li vedeva insieme, nell'attimo del loro primo bacio. 
Tutti i progressi fatti, anche se pochi, ora erano minacciati dall'arrivo inaspettato di quella giovane donna che sembrava saperne più di quanto volesse far credere. Per questo aveva voluto far visita al suo Maestro, per capire quanto sapesse e quali fossero le sue intenzioni. Aveva appreso che Gold era per il momento all'oscuro di tutto, ma che sua figlia aveva fatto breccia nel suo cuore e presto o tardi sarebbe diventata un problema. Stava riflettendo su come agire, quando Henry era arrivato a dargli una pessima notizia. 
 
«Ha comprato la casa dello Stregone e l'ha protetta con un incantesimo. Ho provato a cercare dal nonno, ma lei sorveglia il negozio. Ci ha battuti sul tempo, credo.» disse rammaricato. 
 
Regina si diede un istante per respirare, chiudendo gli occhi mentre cercava di reprimere un impeto di rabbia. Perché era così difficile quell'impresa? Era davvero così sgradito al destino che lei avesse finalmente il suo lieto fine. Ripensò a ciò che Robin le aveva detto la sera prima, quando lei gli aveva rivelato il suo intento. 
 
«Lo sai che ti appoggerò, Regina. Ma non possiamo semplicemente pensare... a goderci il momento? Non può essere che stavolta il destino sia d'accordo con te?»
«Vorrei davvero crederlo.» era stata la sua risposta «Ma anche se ora siamo felici, rimane il fatto che... i cattivi non hanno mai un lieto fine. È quel libro a deciderlo, e solo il suo Autore può cambiare le cose. Io devo saperne di più.»
 
Era diventata un'ossessione ormai, esattamente come la vendetta lo era stata per la Regina Cattiva. Non poteva saperlo, ma questo non poteva che far piacere alla sua nuova rivale, la giovane Emilie Gold, che aveva giurato alla Regina di quel futuro ormai irrimediabilmente cambiato di darle in pasto po' dell'angoscia da lei provata.   
Faceva tutto parte del piano, anche la scelta dell'epoca in cui rimanere. Ogni mossa era stata pensata con cura e presto, molto presto, tutti gli artefici e i complici del dolore e della morte di suo padre avrebbero pagato a caro prezzo l'averla sottovalutata. 
Nel frattempo però, sia la vecchia apprendista di Tremotino che il pirata mano mozza ne stavano ricevendo un piccolo assaggio, che al momento sembrava non piacere affatto a nessuno dei due. 
Regina tornò a sorridere rassicurante. 
 
«Non fa niente, Henry.» replicò, abbracciandolo «Troveremo un altro modo, vedrai. Dobbiamo solo... prenderci qualche momento in più per pensarci.» sospirò. 
 
Come se il tempo trascorso fino a quel momento non fosse abbastanza. 
Henry sorrise. 
 
«Ci riusciremo, mamma.» replicò tornando ad abbracciarla «Tu e Robin avrete il vostro lieto fine, ne sono sicuro.»
 
"Si, lo avremo." pensò tra se Regina, determinata a venirne a capo "Dovesse essere l'ultima cosa che faccio in vita mia." 
 
\\\
 
La porta della grande villa si spalancò e la sagoma nera e snella della nuova proprietaria si fece largo nell'ingresso avvolta dall'Oscurità. 
Avanzò sicura sui suoi tacchi, a ogni passo il loro ticchettio rimbombava tra le pareti. 
Con uno schiocco delle dita accese le luci, rivelando il suo sogghigno eccitato, nel frattempo salì le scale fino a raggiungere lo studio al piano di sopra. 
Una volta lì raggiunse a grandi falcate la scrivania e allungò sicura la mano verso il primo cassetto, traendone fuori una piccola chiave dorata. 
Il sogghigno si accentuò, trasformandosi in una smorfia perfida. 
Se la rigirò tra le mani, incredula ed eccitata, lasciandosi sfuggire una risatina. 
 
«E adesso, Autore, si fa come dico io» mormorò famelica -Quell'inutile pirata si pentirà amaramente di aver lasciato che mio padre prendesse il suo posto, e con lui tutti i suoi noiosi amichetti eroi. La figlia di Tremotino è arrivata in città.» ridacchiò «Allora Regina, chi è la sciocca adesso?» 
 
\\\ 
 
Poco dopo... 
 
Faceva freddo, quella sera, e un'algida luna brillava in cielo più vicina che mai. L'anticiclone tropicale che aveva caratterizzato Storybrooke negli ultimi giorni stava lentamente lasciando il posto ad una perturbazione proveniente da nord, e a riprova di questo l'aria sapeva già un po' di pioggia e il vento sospingeva nel cielo le prime nuvole, per ora solo rapide velature sulla superficie lunare. 
Solo in mezzo al buio, Ewan stringeva tra le mani la punta spezzata di una freccia, legata ad una corda per arco e posta attorno al suo collo a mo’ di collana. 
Era lì ad aspettare la sua proprietaria da un pezzo ormai, talmente tanto da aver perso le speranze. 
Sospirò, e si voltò facendo per andarsene quando una voce lo chiamò per nome. 
Voce di giovane donna, fin troppo famigliare. 
Si voltò e la vide, stretta nel suo mantello nero, esattamente come la ricordava. 
Non era invecchiata di un giorno, mentre lui... lui aveva il viso segnato da indelebili rughe, una per ogni anno in cui l'aveva attesa con pazienza. 
E mentre la osservava, gli sembrò quasi di vedere quella sorpresa, la delusione nei suoi occhi grigi mentre cercava di ritrovare in quell'uomo il ragazzo di cui s'era innamorata. 
 
«Emilie...» mormorò «Sono io. Ewan...»
 
Fece qualche passo in avanti verso di lei, la vide esitare. Poi però lasciò scivolare a terra il mantello e con le lacrime agli occhi lo baciò sulle labbra, prendendo tra le mani i suoi zigomi irsuti e stringendolo forte, come se avesse paura di vederlo scomparire di nuovo, e stavolta per sempre.  
Commosso e affrancato, le avvolse i fianchi le mani e la strinse a sua volta, notando con sollievo che neanche la sua anima era mutata. 
 
«Credevo che non volessi più vedermi.» sussurrò riprendendo fiato, nel breve istante in cui le loro labbra riuscirono a staccarsi. 
 
La ragazza sorrise. 
 
«Non volevo venire, in effetti» rivelò con un risolino imbarazzato «Temevo che tu mi avessi dimenticata. Che mi odiassi ancora.» ammise.  
 
Abbassando il capo imbarazzata si aprì in un sorriso timido, e lo fece anche lui scuotendo il capo.  
 
«Ma poi ho pensato...» aggiunse, senza lasciargli spazio per replicare «Che non può esserci un lieto fine per me, senza di te.»
 
Ewan seguitò a sorridere, e in un impeto di passione tornò a baciarla, mordendo le sue labbra. 
Le loro mani corsero a sfiorarsi a vicenda, increduli e felici di poterlo fare di nuovo. 
 
«Dimmi che sei venuta per restare.» supplicò lui. 
 
Emilie tornò a ridacchiare, scuotendo il capo. 
 
«Stavolta si, Ewan» rispose «Stavolta... nulla potrà più separarmi da ciò che amo.» 
 
\\\ 
 
Parlarono a lungo, passeggiando tenendosi per mano fino a giungere alla collina ove lei aveva edificato la sua piccola magione temporanea. Erano molte le cose che avrebbe dovuto dirgli.  
Iniziò mostrandogli il diario che aveva scritto per mostrare a suo padre il viaggio che l'aveva condotta fino a lui. 
Frammenti inediti della sua vita, riflessioni e disegni dei momenti più importanti per lei. 
Era brava a disegnare. Ewan sfiorò quelle pagine con la punta delle dita, cautamente e lentamente, come se temesse di risultare invadente, e l'ascoltò narrare con attenzione, stregato da ogni sua parola. 
Alla fine sorrise, ammirandola. 
 
«Lo sapevo che ce l'avresti fatta.» le disse, riconsegnandole il diario. 
 
La giovane Gold lo strinse al petto, come il più prezioso dei suoi cimeli. 
 
«Non ho ancora finito» replicò, facendosi pensierosa «Ci sono ancora ... così tanti ostacoli da superare» 
 
Le prese la mano e la strinse forte, sorridendole. 
 
«Li supererai» la incoraggiò «Ora non sei più da sola.»
 
Quelle parole... la riscossero. Guardò il suo amato, i segni del tempo su di lui, il lungo cappotto blu notte a coprirne il corpo e le cicatrici di mille battaglie... inclusa quella in cui l'aveva salvata. 
L'occhio di Cronos... non sarebbe mai stata capace di farcela senza il suo sostegno. E lei per ringraziarlo cosa aveva fatto? Era solo stata capace di scappare. 
Prima che riuscisse a evitarselo, una lacrima scivolò lungo la sua guancia, brillando alla luce fioca del camino. 
 
«Emilie...» la richiamò lui, osservandola preoccupato. 
 
La giovane chiuse gli occhi, riprendendo fiato. Quindi alzò una mano, e con uno schiocco di dita trasportò entrambi nella sua nuova casa, al centro della lussuosa stanza da letto occupata da un meraviglioso baldacchino dalle lenzuola color turchese. 
Tornò a guardare il suo amato e la sua espressione stupita e confusa. Gli sorrise, e gettandosi tra le sue braccia ricominciò a baciarlo, prendendogli le mani. 
Ewan si lasciò coinvolgere, e sorrise quando, lasciandogli il tempo di un respiro, Emilie domandò implorante. 
 
«Per favore, danza con me stanotte. Ne ho bisogno... ho bisogno di noi, stasera. Solo di noi.»
 
L'arciere sorrise, carezzandole i capelli e le guance morbide. 
E sentendola abbandonarsi tra le sue braccia ricominciò a baciarla, muovendo i primi passi e conducendola sulle note di un valzer il cui ritmo era scandito dai battiti dei loro cuori. Più ardenti che mai quella sera.  


Ewan al presente
 
***
 
Il giorno dopo... 
 
Erano tantissime le notti che Emilie aveva trascorso a dormire. Ormai aveva imparato a farlo praticamente dovunque, ed era da molto tempo che aveva rinunciato al conforto di un abbraccio, anche semplicemente quello di un soffice orsetto di peluche o di un cuscino di lana di pecora. 
Era diventata grande, e aveva finito per abituarsi al buio e alla solitudine, trovandoli in qualche modo confortanti. 
Le sembrò strano perciò quella bella mattina di sole svegliarsi riscaldata dal corpo del suo amore, un uomo ora, bello e forte, che per tutta la notte l'aveva amata e le aveva regalato emozioni indescrivibili, alle quali da troppo tempo aveva rinunciato. 
La testa sul suo petto forte da arciere, le mani ad accarezzarne la pelle tonica e liscia, Emilie chiuse gli occhi e tornò ad ascoltare il battito di quel cuore, ricordando la passione della notte appena trascorsa e sentendo ogni fibra dei suoi muscoli distendersi. 
Una tenera carezza si posò sui suoi capelli. 
Alzò lo sguardo e lo vide sorriderle. Si tirò su, verso le sue labbra, per coinvolgerlo in un morbido bacio. 
Ewan la strinse forte, sorridendo e chiudendo gli occhi. 
Proprio in quel momento la sveglia del telefono cellulare di Emilie le ricordò il suo quotidiano appuntamento con la magia. 
 
«Devo andare. Papa mi aspetta.» si scusò, dopo averla spenta. 
 
L'arciere sorrise. 
 
«Certe cose non cambiano mai» replicò, strappandole un sorriso divertito ma aggiungendo poi, mentre la guardava rivestirsi «Sarà sempre così, tra noi due? Sarai sempre divisa tra l'amore per la tua famiglia e quello per me?»
 
Emilie s'intristì, inclinando di lato il capo. Lasciò ricadere a terra gli stivali a punta e con indossò solo i pantaloni di pelle di serpente strisciò nuovamente al suo fianco sulle ginocchia, fino a riuscire di nuovo a guardarlo negli occhi. 
 
«No» replicò «Perché il mio cuore non è affatto diviso. Voi, tutti voi, siete la mia famiglia, il mio mondo. E lo sarete fino a che avrò fiato per respirare. Voglio proteggervi.» 
 
Sorrise, negli occhi grigi una luce irresistibile che spinse l'uomo ad afferrarle la nuca e trascinarla nuovamente in un bacio selvaggio e appassionato, che si concluse con un cambio di guardia e lui nuovamente sopra la figura piccola e sensuale di lei. 
La sentì ridacchiare. 
 
«Ti sono mancata davvero tanto, eh?» lo schernì. 
 
Lui le lanciò un lungo sorriso famelico, scoccandole un occhiolino. 
 
«Ti servirà da lezione, per la prossima volta che partirai.» la provocò.  
 
Di nuovo, lei ridacchiò 
 
«Sei sicuro?» minacciò «Visto che ti fa questo effetto, potrei anche decidere di andar via per un tempo ancora più lungo.»
 
L'arciere ridacchiò a sua volta, ammiccando. 
 
«Prima però dovrai riuscire a sfuggirmi. E non sarà altrettanto facile stavolta, streghetta.»
 
\\\ 
 
Le tentazioni più belle sono di solito anche quelle più insidiose e irresistibili.
Lo sapeva bene Tremotino, e lo aveva imparato molto bene anche sua figlia, che nonostante la sveglia seguitasse a suonare e l'orologio a correre all'impazzata, decise di ignorarlo volutamente e concedere qualche altro istante alla sua insaziabile sete di amore. 
La solitudine aveva lasciato in lei voragini che a ogni bacio sembravano empirsi, e un freddo gelido fin dentro le ossa che solo i sospiri caldi del suo uomo sembravano riuscire a sciogliere. 
Subito dopo, lei fece una doccia veloce mentre lui le preparava la colazione, pancake e thè caldo, che consumarono nella sontuosa sala da pranzo della villa. 
 
«È bello questo posto.» osservò lui, affascinato, bevendo il suo caffè fumante.  
«È la villa in cui i miei hanno passato il loro viaggio di nozze.» gli spiegò, e lo vide sgranare gli occhi per poi ridacchiare divertito. 
«Quindi quello che è appena successo era un altro tuffo nel passato?» domandò, sogghignando. 
 
Emilie tornò a esibirsi nell'inconfondibile risatina che l'accomunava a suo padre.  
 
«In un certo senso.» replicò. 
 
Un attimo di buon umore che però durò poco. tornò
 
-Quando dicevo che fai parte della mia famiglia non scherzavo.- soggiunse lei in tono grave, tornando a farsi dolcemente seria e allungando una mano a sfiorare la sua. 
 
Ewan le strinse le dita tra le sue, portandosele alle labbra e sfiorandole appena con un bacio. 
 
«Lo so.»
«Sin dal primo istante in cui hai cercato di aiutarmi ho capito che eri il mio vero amore, ma accettarlo non è stato facile.» seguitò allora la giovane Gold, come un fiume in piena, prendendo lunghi respiri per non ritrovarsi senza fiato alla fine. 
 
Ewan la scrutò con dolcezza, ascoltando in silenzio quello sfogo e illuminandosi quando la sentì dire. 
 
«Io vorrei davvero un lieto fine con te. Ma ho paura per quello che potrebbe accadere. Ho sacrificato... tutto per regalare un attimo di felicità a mio padre. E non ho ancora pagato il prezzo di tutta la magia che ho utilizzato.»
 
Aveva gli occhi lucidi, il volto da bambina in fiamme. 
Una lacrima restò intrappolata tra le sue lunghe ciglia, con un indice Ewan gliela asciugò carezzandola dolcemente e restituendole un sorriso. 
 
«Neanche io scherzavo quando ho detto che non sei più da sola» soggiunse «Se c'è un prezzo da pagare, lo pagheremo insieme. Qualunque esso sia» le promise «Il mio lieto fine è la tua felicità.»
 
Si abbracciarono, e all'improvviso Emilie scoppiò in un pianto dirotto, in cui sentì di poter lasciar andare una volta per tutte la tensione e la tristezza residua. 
Era bello non essere più soli. 
Lo sarebbe stato ancor di più alla fine delle sue fatiche, quando tutti gli sforzi fatti avrebbero dato i loro meravigliosi frutti. 
 
\\\ 
 
Quando arrivarono insieme al negozio di Mr. Gold, trovarono lui e la sua consorte intenti in un'amabile conversazione. 
Nel vederli entrare mano nella mano, Belle si aprì in un sorriso emozionato. 
Anche Rumplestiltskin sorrise, cercando però di non sembrare troppo fiero di lei. 
Alla fine, proprio come aveva detto sua moglie, il vero amore aveva trovato la strada di casa anche per Emilie e il suo arciere. 
Certo, il fatto che fosse un membro della combriccola di Robin Hood non era molto rassicurante, ma nel vederla così radiosa ogni altro dubbio sparì. 
Quel ragazzo era sincero e onesto, sarebbe andato bene. 
 
«Buongiorno, papa. Buongiorno mami!» li salutò gioiosa lei «Ho fatto tardi, lo so. Ma è stato per una buona causa.» annunciò, guardando innamorata il suo compagno. 
 
Ewan accennò a un inchino rispettoso, salutando con un sorriso sincero entrambi ma continuando a mantenere la testa bassa in segno di rispetto di fronte al Signore Oscuro, che lo scrutava con attenzione in silenzio. 
 
«Buongiorno!» l'accolse cordiale Belle, ammiccante «Tu devi essere Ewan.» aggiunse squadrandolo con approvazione
 
Il giovane uomo annuì, ma Emilie sgranò gli occhi, guardando suo padre e il suo sorriso appena accennato. Tutto gli fu chiaro in un attimo. 
 
«Ti ricordi di lui, papa?» chiese. 
 
Tremotino annuì serioso. 
 
«Certo che si» disse «Un uomo disposto a scambiare un prezioso amuleto per la vita della donna che ama non si dimentica facilmente» poi indicò il ciondolo che portava al collo «Vedo che lo hai recuperato.»
 
L'arciere strinse tra le mani l'amuleto, facendo per scusarsi, ma Emilie lo prevenne. 
 
«Sono stata io a ridarglielo» spiegò «Mi ha aiutato a recuperare l'amuleto, era il minimo che potessi fare per ringraziarlo.»
 
Belle li guardò stringersi e nei suoi occhi brillò la gioia e l'orgoglio di madre. 
Annuì, sorridendo fiera. 
 
«Penso di sapere da chi lo hai imparato.» rispose invece Tremotino, lanciando un sorriso divertito a sua moglie, che arrossì emozionata. 
 
Emilie ridacchiò. 
 
«Vostra figlia è molto importante per me, Mr. Gold. Farò qualsiasi cosa per renderla felice.» promise deciso. 
 
Ma il Signore Oscuro sorrise, guardando la sua bambina e replicando saggiamente. 
 
«Non limitarti a giurarlo, ragazzo. Fallo e basta.»
 
L'arciere annuì, tornando ad accennare un altro inchino, mentre Emilie si apriva in un sorriso emozionato e grato. 
 
«A proposito …» soggiunse, con uno strano tono di voce, lanciando un'occhiata complice e suo padre «Stasera mi piacerebbe avervi a cena nella mia nuova casa. Ci siete già stati, no?» sorrise «Non sarà difficile trovarla.»
«Ne saremo felici, vero?» accettò sua madre, legandosi al braccio del Signore Oscuro che annuì sciogliendosi un po' e lanciando una rapida occhiata affermativa a sua figlia. 
 
Non ebbero neanche bisogno di parlarsi, bastò uno sguardo, un semplice scambio di occhiate. 
Quella sera nella villa dello Stregone una sontuosa cena venne servita, grazie a un catering di lusso e un po' di magia per gli addobbi. 
Belle fu entusiasta di avere un'altra occasione per visitare quel posto e danzare ancora una volta con la sua Bestia sulle note della loro canzone. Inoltre, Emilie volle che anche Ewan restasse, così che avesse modo di conoscere meglio i suoi, ma non solo. 
A metà serata, quando gli stomaci erano pieni e i piedi stanchi di ballare, lei e suo padre si defilarono con una scusa lasciando i rispettivi veri amori a chiacchierare tra di loro. 
Raggiunsero il piccolo studio in cui Emilie aveva trovato la chiave per la prigione dell'Autore, e una volta lì la ragazza gliela mostrò, spiegando seria. 
 
«Sapevo dai racconti del te stesso del futuro di trovarla qui. Ma non è tutto.»
 
Appoggiò una mano su una delle due lampade da muro e la spinse in basso, facendo scattare il meccanismo che rivelò lo studio segreto dell'Autore. 
Tremotino avanzò cauto e meravigliato in mezzo agli scaffali pieni libri identici a quello di Henry in cui erano narrate le loro storie. 
 
«So che l'Autore che Regina sta cercando ha il potere di riscrivere la storia, e donare un lieto fine anche ai cattivi.»
 
Gli occhi di Rumplestiltskin brillarono tornando a posarsi sulla sua giovane figlia, che gli rivolse un sogghigno complice. 
 
«E so...» continuò «Che la sua prigione è in una delle pagine del libro da lui scritto. Ma qui non c'era nulla... se non questo...»
 
Raggiunse la scrivania davanti a loro, e aprì a metà il libro di favole che vi era posato, invitando suo padre ad avvicinarsi. 
Ovviamente lo fece, e sfogliandolo con attenzione osservò con ancora più stupore le illustrazioni raffiguranti quel sé stesso dal futuro e sua figlia, dapprima solo una bambina, poi ragazza alla ricerca del loro finale perfetto.  
Era la sua storia. Quella di Emilie. 
E com'era ovvio che fosse non era ancora completa. 
L'ultima pagina quasi a metà del libro ospitava un illustrazione che lo fece rabbrividire. 
Era proprio l'esatta riproduzione di quel momento, lei che gli mostrava la stanza e lui che sfogliava attonito il libro. 
Questo poteva significare una sola cosa: ci era riuscita. Aveva riscritto la storia, ma non ancora il finale. 
Tornò a guardarla, e la vide sorridergli. 
 
«Noi due, insieme, possiamo riscrivere il futuro. Possiamo farlo davvero, stavolta. Anzi possiamo renderlo anche migliore.»
 
Il Signore Oscuro sorrise. 
 
«E il tuo tempo? Non hai paura di... scomparire? O cambiare?» domandò «Che ne sarà di tuo fratello, di Gideon?»
 
Lei sorrise, avvicinandosi e avvolgendogli le braccia attorno al collo. 
 
«Noi staremo bene, papa. Se tu e la mamma continuerete a vivere e ad amarvi, noi saremo tutti... felici e contenti per sempre.»
 
Ma il Signore Oscuro soggiunse, abbracciandola a sua volta. 
 
«Solo i Signori Oscuri vivono per sempre, Emilie. Lo sai ...»
 
Senza farsi scoraggiare, lei gli sorrise e replicò, addolcendosi. 
 
«Lo so. È per questo che avrò bisogno del tuo aiuto. Dovrai essere tu a ... tenere unita la nostra famiglia.» 
«E la mamma?» chiese ancora l'uomo «Lo sai cosa pensa della magia oscura.»
 
Emilie scosse le spalle. 
 
«Riuscirai a farle cambiare idea» soggiunse fiduciosa «Ti aiuterò. O non avrebbe senso tutto ciò che ho fatto fino a oggi.»
 
Sul volto del Signore Oscuro apparve un sorriso fiero, come anche su quello della sua bambina. L'abbracciò, chiudendo gli occhi lei gli si strinse sentendo la felicità esploderle nel cuore. 
Quel profumo... quel denso profumo che solo lui portava... odore di magia e casa... stavolta non avrebbe mai dovuto rinunciarvi. 
E se alla fine di tutto non fosse comunque riuscita a cambiare le cose, allora si sarebbe realmente arresa alla morte. 
 
***
 
Passato, 
Londra, anni 20 
 
La piccola dai lunghi capelli biondi correva a perdifiato attraverso l'immenso giardino della tenuta, stringendo forte i pugni e col cuore che batteva all'impazzata in gola. 
Dietro di lei, i latrati dei cani di facevano sempre più vicini rendendo i suoi passi sempre meno stabili. 
Un ramo sconnesso, e lei cadde rovinosamente a terra, sbucciandosi il ginocchio e macchiano la pregiata seta azzurra del vestitino che indossava di sangue e terra. 
Si rialzò immediatamente, barcollando, ma ormai era troppo tardi. 
I due dalmata di sua madre la raggiunsero ringhiando spaventosamente e paralizzandola con la paura. 
Pochi istanti dopo, sua madre spuntò da dietro un angolo, e stava per proferire la sua solita sequela di minacce quando tutto si fermò, letteralmente. 
I cani smisero di latrare, pur rimanendo in posizione di attacco, e le parole rimasero intrappolate a mezz'aria nella bocca della donna, che restò immobile come una statua. 
Confusa, la ragazzina si guardò intorno, e vide che anche il resto del tempo attorno a lei era stato congelato. 
Il volo degli uccelli in cielo, il soffio del vento tra gli alberi. Solo lei sembrava non essere stata colpita da quella misteriosa, così pensò bene di sfruttare il vantaggio e provare nuovamente a fuggire, ma una voce la bloccò. 
 
«Ciao Cruella.»
 
Proveniva da sua madre, ma non era stata lei a parlare. Da dietro la sua sagoma, una ragazza vestita di pelle nera con un paio di lunghi stivali a punta in pelle di serpente si fece avanti e le sorrise, teneramente. 
I suoi occhi grigi la scrutarono con uno strano, inquietante bagliore vivo. 
Ebbe la tentazione di scappare, ma poi... l'oscurità che era in lei la chiamò, attirandola come una calamita. 
 
«Sei stata tu a fare questo?» domandò. 
 
La giovane sconosciuta sogghignò. 
 
«Incredibile, vero?» le rispose. 
 
Sul volto dolce della piccola si dipinse un sogghigno malefico. 
 
«Come hai fatto?» domandò, avvicinandosi ad uno dei cani senza più paura e sfiorandogli famelica i denti aguzzi. 
«Oh, è semplice. Ho usato la magia» le spiegò la sconosciuta, attirando ancora una volta la sua attenzione «Ti stupirebbe sapere quante cose si possono fare con la magia» concluse, scoccandole un loquace occhiolino. 
 
Cruella sorrise di nuovo. 
 
«Insegnami» replicò affascinata. 
 
Ma la sconosciuta ridacchiò, con una risatina tanto inquietante quanto buffa. 
 
«Tempo al tempo, piccolina» le disse, chinandosi sulle ginocchia, fino a raggiungere la sua altezza «Avrai la tua occasione, quando incontrerai un uomo chiamato Isaac» le spiegò «Se saprai sfruttarla, anche tu avrai in dono la magia, e potrai fare grandi cose. Potrò aiutarti, quando sarà arrivato il momento» le promise «Per quanto ti possa sembrare assurdo, io e te vogliamo la stessa cosa... che i cattivi abbiano il loro lieto fine.»
 
Di nuovo, negli occhi della bambina che la ascoltava attenta si accese una luce sinistra, e il sogghigno si fece più inquietante. Lanciò uno sguardo a sua madre, che continuava a rimanere immobile come una statua di cera. 
 
«Come ti chiami?» chiese, tornando a guardare la giovane, allettante sconosciuta «Chi dovrò cercare quando avrò la magia?»
 
La ragazza ghignò, accarezzandone dolcemente una guancia di porcellana. 
 
«Emilie» replicò «Il mio nome è Emilie Gold. E non preoccuparti, sarò io a cercarti. Tu dovrai solo lasciare che il tempo scorra.»
 
***
 
Presente, 
Storybrooke 
Quella stessa sera …
 
Era passata l'una di notte da un pezzo quando anche Ewan decise infine di tornare all'accampamento, dopo averle promesso di ritornare da lei il giorno dopo, questa volta per restare. 
Rimasta sola, Emilie si concesse un lungo bagno caldo nella vasca idromassaggio, rigirandosi tra le mani con un ghigno perfido la chiave che aveva deciso di portare al collo con una catenina d'ora da lei filato, di modo che nessun ficcanaso potesse tentare di rovinarle i piani. 
La conversazione tra lei e suo padre era finita più che bene. 
 
«Ho visto Uncino aggirarsi intorno al tuo negozio stamane, e sospetto che non fosse la prima volta.» lo aveva avvertito, per poi domandare «Devo chiedertelo: il pugnale, quello vero, lo tieni lì?»
 
Tremotino era stato un po' riluttante a voler rispondere, ma era riuscito a convincerlo quasi subito, aggiungendo. 
 
«Non m'interessa averlo, papa. Voglio solo che non si ripeta ciò che è successo con Zelena.»
 
Guardando i suoi occhi lucidi e la sua espressione intristirsi, il Signore Oscuro aveva sorriso, accarezzandole teneramente una guancia. 
 
«Non accadrà più» le aveva assicurato «Ho preso le mie precauzioni.»
 
Le bastò questo per capire a che punto della storia fosse arrivata. Anna di Arendelle non era nei paraggi a rovinare tutto e non c'era il rischio che qualche portale temporale potesse trasportarla lì, ma il destino avrebbe comunque trovato il modo di far venire a galla anche il sotterfugio del finto pugnale consegnato a Belle. 
Non si oppose, ma si disse che doveva trovare in fretta quell'appartamento a New York e prepararsi a dare il colpo di grazia alla strega perfida, di sicuro in giro ad attendere la sua rivincita. 
Nel frattempo però, c'era un altro party da preparare, e stavolta non le sarebbe servito un catering. 
Bastavano una manciata di cattivi, tutti i destinatari della sua vendetta e ... un po' di gin per rendere il tutto più piacevole. 
Uscì dalla vasca, si mise addosso il suo accappatoio rosso sangue e raggiunse il telefono vintage sulla scrivania del piccolo studio, spostando il disco rotante sui numeri che le servivano per mettersi in contatto con la persona perfetta per quel compito. 
Pochi squilli, e una voce di donna dal tono annoiato l'accolse dall'altro capo. 
 
«Si, pronto?»
 
Sogghignò 
 
«Ciao, zietta Cruella» l'accolse «Felice di risentirmi?»
 
La donna tacque per un istante, poi la sentì sorridere. 
 
«Emilie, cara. Iniziavo a temere che ti fosse dimenticata di me» soggiunse laconica ma con una nota gioviale. 
«Oh, non potrei mai» le rispose, aggiungendo quindi «Sai, qui a Storybrooke è tutto così banale, mi è venuta tanta voglia di fare un po' di casino. Sto organizzando un party, ti unisci a noi?»
 
De Vil sorrise. 
 
«Oh, mi farebbe molto piacere. Ovviamente, io porto il gin» rispose intrigata. 
 
Emilie tornò a ghignare. 
 
«Buona idea» replicò, poi si fece seria, e assunse un tono simile a quello della sua interlocutrice «Oh, avevo intenzione di servire anche un ottimo buffet di pesce. Pensavo... al polpo. Tu conosci qualcuno in grado di procurarmene un po'?» domandò perfidamente.  
 
Cruella ridacchiò. 
 
«Ma certo cara. Te ne porterò quanto basta per darci alla pazza gioia» confermò. 
 
Emilie ridacchiò soddisfatta. 
 
«Molto bene. Ti farò avere qualche soldo per le spesucce e il mio nuovo indirizzo, vieni il prima possibile» le raccomandò «Ah, e porta la tua fuoriserie. Mi manca il profumo della pelle dei sedili e il tuo adorabilmente spericolato modo di guidare.»
 
Cruella schioccò la lingua, probabilmente dopo aver bevuto dal suo bicchiere di gin, a giudicare dal tintinnio che si udì. 
 
«Ovviamente, tesoro. Ci divertiremo un sacco, come ai vecchi tempi. A presto!»
 
La chiamata si chiuse, con un ghigno malvagio e impaziente Emilie appoggiò la cornetta e soggiunse tra sé, minacciosamente. 
 
«Oh, si che ci divertiremo. Li faremo uscire fuori di testa.»


 

Emilie Gold
   
 
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