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Autore: DarkSoul001    28/03/2022    2 recensioni
Destiel AU
Castiel ha sempre avuto una vita tranquilla e monotona, dedita allo studio e… bè, non molto altro. E così sarebbe continuata se suo fratello Gabriel non avesse deciso di organizzargli un’indesiderata festa a sorpresa, assumendo uno spogliarellista dai bellissimi occhi verdi, che l’avrebbe stravolta per sempre.
Genere: Angst, Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bobby, Castiel, Charlie Bradbury, Dean Winchester, Gabriel
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nessuna stagione
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Era incredibilmente di buon umore, come non lo era da tanto, troppo tempo. Dopotutto, perché non avrebbe dovuto esserlo?
Erano passate due settimane ormai da quella disastrosa notte di Capodanno, della quale era riuscito a ricostruirne solo sporadici pezzi, come i suoi compagni di bevute idioti che avevano pensato fosse una buona idea lanciare dei fuochi d’artificio dalla cima di una montagna ‘così tutti saranno in grado di vederli!’
Peccato che non ci fossero montagne nelle vicinanze, quindi si erano messi in viaggio verso una meta sconosciuta, finendo per stancarsi di cercare e fermarsi nella prima piazzola disponibile.
Ancora non sapeva perché lo avessero abbandonato lì, se fosse successo per sbaglio o lo avessero fatto di proposito, ma nel dubbio lui non si era più fatto sentire.
Da quel momento aveva deciso di prendersi un periodo di astinenza. Bè, non proprio astinenza. Diciamo più di moderazione. Dopotutto un bicchierino ogni tanto non aveva mai ucciso nessuno.
Ma non era questo il motivo per cui era di buon umore, anche se si rifiutava di ammetterlo.
Dopo quella notte lui e Sam avevano continuato a scriversi abbastanza spesso. Di solito di stronzate, o a volte di qualche nuova scoperta del Winchester, o l’ultimo libro che stava leggendo.
A Gabe non erano mai importate queste cose prima, né era tipo da scambiarsi stupidi messaggi. Si sentiva un’adolescente ai tempi di scuola, quando si ritrovava a sorridere a quello stupido schermo per poco non finiva per lanciare il telefono lontano da sé, come se quelle strane sensazioni potessero sparire insieme ad esso.
Però allo stesso tempo…
Ok, sì era piacevole. Era bello avere qualcuno con cui parlare, e con cui non doveva sforzarsi troppo. Qualcuno che lo aveva visto al suo peggio ed era ancora lì. Anzi, ancora meglio, che lo aveva aiutato a risollevarsi.
Ed era bello leggere quei messaggi, immaginando la sua voce, ed il suo entusiasmo mentre discuteva di certe cose.
E cazzo, era la terza sera di fila che si ritrovava a casa, da solo, senza toccare un goccio di alcool, con quel sorriso idiota stampato sulla faccia, e gli occhi incollati allo schermo.
Sospirò, leggendo l’ultimo messaggio dell’altro che gli dava la buonanotte. Era steso nel suo letto preferito, il soffitto che girava sopra di lui, una canzone in sottofondo di cui non sapeva nemmeno le parole, una delle tante che facevano da sottofondo alle sue feste.
E fu in quel momento che prese quella decisione. Ormai doveva accettarlo, i ruoli si erano ribaltati, non sarebbe bastato qualche sorriso ammiccante, questa volta sarebbe stato lui a dover correre dietro alla sua conquista. Bè, alla sua futura conquista. Non c’erano dubbi che sarebbe stato suo prima o poi, doveva solo accettare di fare la prima mossa
Uff, non sono abituato a tutti questi sforzi
Il giorno dopo si svegliò di buon’ora, che per lui significava verso le undici del mattino, con una meta precisa: lo studio legale dove lavorava Sam.
Non solo, aveva anche un ottimo piano… bè, diciamo discreto. Forse era più appropriato chiamarlo un’idea, ma comunque era un inizio.
Conosceva il nome dello studio, ma non sapeva dove fosse, né in che piano lavorasse lui, né se quel giorno ci sarebbe andato.
Ok, non era nemmeno un’idea, sembrava più un vago tentativo di approccio.
Sarà meglio che questa risulti la scopata migliore della mia vita
L’edificio era molto più imponente di quanto si aspettasse. Dopo aver visto quella stanza bucolica che l’altro si ostinava a chiamare appartamento, immaginava che lavorasse nella cantina di qualcuno, invece si trovò di fronte ad un enorme grattacielo, grandi vetrate trasparenti e uffici eleganti.
C’era addirittura una segreteria, alla quale aveva potuto chiedere dove trovarlo. Fu solo davanti alla porta del suo ufficio che cominciò a sentire la tensione. Le mani cominciarono a sudargli, e la mente che vagava senza freno.
Ma che diavolo ci faccio qui? Sono un vero idiota, dovevo trovare una scusa migliore, magari nemmeno lavora oggi… ma sì, è un cazzo di avvocato questi lavorano anche di notte, magari non ci fosse… no, no, sono venuto fino a qui, non me ne torno a casa senza niente di fatto… che poi cosa spero di fare esattamente? Oddio, questa camicia è orribile, come mi è venuto in mente di indossare questa?
Stava quasi per decidere di tornare a casa a cambiarsi, quando la porta di fronte a lui si spalancò senza nessun preavviso. La sorpresa fu ancora più grande quando si rese conto che, di fronte a lui, non si trovava lo spilungone dagli occhi da cucciolo che si aspettava ma una ragazza dai lunghi capelli corvini, più bassa anche di lui.
Anche lei si sorprese, per non dire che si spaventò trovandoselo davanti e finendo quasi per andargli addosso.
“Oh, salve”
“Hey, dolcezza”
Doveva sorriderle, era nella sua natura, e poi quelle ciglia lunghe e quegli occhi scuri avevano attirato la sua attenzione.
“Gabe?”
La voce che stava cercando però riuscì a distrarlo, facendogli finalmente alzare lo sguardo verso l’interno della stanza. C’erano due scrivanie, una di fronte all’altra ed entrambe affollate di cartelle e fogli sparsi. Su quella che guardava verso la porta si trovava la persona per cui era andato fino a lì
“Hey Samuel”
Sapeva di indossare il suo solito sorriso affabile, ma allo stesso tempo era consapevole del fatto che i suoi occhi avevano una luce diversa rispetto a quando aveva parlato con la ragazza. Lo sapeva perché il suo cuore aveva iniziato a battere più velocemente e le sue mani avevano ricominciato a sudare
Ugh, dannata… cosa, qualsiasi cosa sia
“Che ci fai qui?”
“Emh, io…”
Il discorso, avanti ti eri preparato un cazzo di discorso!
“Vi lascio soli allora…”
La ragazza era ancora intrappolata fra lui e la porta, Gabe se n’era già dimenticato
“Oh sì, prego”
Si fece da parte facendola passare, e sfruttando quei pochi secondi per darsi un contegno. Entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle e rendendosi conto solo in quel momento dell’odore di chiuso e stantio che vi aleggiava. Le scrivanie riempivano quasi tutto lo spazio, appoggiate ad un’altra parete c’erano due sedie apparentemente molto scomode.
“Ok, ora vedo la somiglianza con il tuo appartamento, entrando dalla porta principale mi ero quasi spaventato”
Ok bravo, continua così
Non degnò le due sedie nemmeno di uno sguardo, rubando quella comoda e girevole della ragazza e spostandola a lato della scrivania, sedendovisi senza troppi complimenti.
Sam aveva alzato gli occhi al cielo, ma con un sorriso sulle labbra. Lasciò cadere carta e penna per poi stropicciarsi gli occhi. Sembrava veramente distrutto.
“Sei venuto qui solo per criticare?”
“Oh no, ti auguro una buona scalata al successo” commentò lui, mettendosi comodo, e cercando di non far soffermare lo sguardo su quella camicia di una taglia più piccola del dovuto.
“Sono venuto per assumerti”
Sam si stava lisciando i capelli all’indietro con entrambe le mani, quando lo sentì si fermò di colpo, voltandosi verso di lui.
“Assumermi per cosa, esattamente?”
“Come per cosa? Come avvocato, è ovvio”
Non lo stava più guardando, giocherellava con quello che trovava sul tavolo, non che ci fosse molto se non quello stupido gioco delle palline, dove se la prima rimbalzava sulle altre anche l’ultima lo faceva. Quando si era immaginato la scena nella sua testa aveva sperato in qualcosa di più emozionante.
Calò un breve silenzio prima che Sam si mettesse a ridere.
“Gabe, sono solo uno stagista, a malapena mi pagano, non posso avere dei clienti ancora”
Il biondo alzò lo sguardo su di lui, quasi più deluso che sorpreso
Ok, questo non l’avevo programmato
“E non può aiutarti? Avere un possibile cliente? Magari ti daranno un ufficio tutto tuo che non dovrai dividere con miss ciglia perfette”
“Si chiama Ruby, e non mi dà fastidio condividere lo spazio con lei”
“Ohh…” il suo sguardo si fece più malizioso, mentre dentro era come se un coltello gli si stesse piantando nel petto
“E vorresti condividere altro con lei?”
Sam assottigliò lo sguardo, un mezzo sorriso sulle labbra
“Siamo solo amici”
“Peccato”
Grazie a dio
“Bè, allora non hai più scuse, chiama il tuo capo e digli che hai trovato un cliente”
“Gabe, non posso…”
“Avanti, ti sto dando una mano, perché fai tante storie?”
Sam sospirò, facendosi improvvisamente più serio. Dio, era ancora più sexy quando faceva così
“Perché hai bisogno di un avvocato?”
“Perché al momento non ne ho uno”
“E perché?”
“Bè, perché non ne ho mai avuto uno”
Sam lo fissò, la serietà sostituita da un fare divertito
Fantastico, ora non solo è sexy, è pure adorabile!
“Che c’è? Mi sembrava il momento giusto per iniziare, con tutti i casini in cui potrei cacciarmi mi tornerebbe proprio utile”
“Finora come hai fatto?”
“Fascino e soldi principalmente”
Rise di nuovo, facendo spuntare due fossette ai lati della bocca. Si sporse in avanti, appoggiando i gomiti alla scrivania. Gabe deglutì a fatica.
“Cosa significa tutto questo?”
Il ragazzo sentì le sue guance andare a fuoco, ma non glielo permise. Sfoggiò il suo sorriso migliore, mettendosi nella stessa posizione dell’altro, ritrovandosi a pochi centimetri dal suo viso.
“Sei intelligente, cosa pensi ragazzone?”
I loro respiri si scontravano uno con l’altro, i loro occhi si spostavano da quelli dell’altro alle labbra socchiuse più in basso
“Gabriel…”
Rabbrividì sentendogli pronunciare il suo nome in quel modo così delicato, con quella voce così roca e sensuale. Si spostò più vicino a lui, gli occhi ormai socchiusi, quando la porta si aprì all’improvviso. Non che a Gabe fregasse un gran che, ma Sam scattò immediatamente all’indietro, allontanandosi da lui e facendo spostare anche la sedia dalla violenza con la quale si era mosso.
“Sam, hai visto…”
Gabe non aveva mai voluto uccidere qualcuno con tanta foga in vita sua. Cercò di reprimere la furia omicida dietro al suo solito sorriso, ma quando si voltò l’unica cosa rimasta sul suo viso era sorpresa. Sulla soglia c’era un uomo dai capelli chiari ed una leggera barba, il viso amichevole che si faceva sempre più sinistro e… furioso.
Uno sguardo che conosceva molto bene.
“Gabriel…”
“Lucifer”
Sul volto dell’uomo spuntò uno dei sorrisi meno amichevoli che avesse mai visto.
Già, proprio come me lo ricordavo
“Sam, cosa ci fa questo idiota nel tuo ufficio?”
“Uhm…”
Sapeva che l’altro era in difficoltà, e probabilmente anche profondamente confuso. Gabe non si voltò verso di lui, una parte di lui ancora non si fidava a dare le spalle a quello stronzo
“Oh, niente che ti riguardi, affari fra me e il mio nuovo avvocato”
Lo sguardo di Lucifer si spostò su Sam, la rabbia nascosta dietro ad un sorriso
“Da quando hai dei clienti tutti tuoi?”
“Non credo siano affari t-”
“No! Lui… non è un mio cliente, è… è un amico, era venuto a salutare”
Gabe era nuovo a questo tipo di emozioni, per questo non riuscì a districare il complesso groviglio che sentiva dentro. Delusione? Rabbia? Tristezza? O aveva solo fame?
“Gabe, lui è il mio capo… Nick
Sottolineò il suo nome in modo marcato, come se il ragazzo non lo sapesse. Alzò una mano agitandola nell’aria, facendogli capire che non gli importava, gli dava ancora la schiena, era come se guardandolo quei due mondi, il suo passato e la sua scopata futura, si sarebbero scontrati in modo irrimediabile. Era talmente concentrato che gli ci volle qualche secondo per realizzare le sue parole
“Il tuo capo?!”
Come quasi sempre, i suoi buoni propositi e ragionamenti ben studiati andarono in fumo, il suo corpo agì in automatico girandosi di scatto verso di lui, e leggendo il disagio nel suo volto.
Ok, non sta decisamente andando come avevo programmato
“Esatto, il suo capo”
Gabe si voltò nuovamente verso la fonte di quella voce tagliente e sinistra, giusto in tempo per vederlo avanzare di un passo verso di lui. Le sue gambe agirono di loro spontanea volontà, facendolo alzare in piedi di scatto. Non aveva paura di lui, non esattamente, però non voleva nemmeno trovarsi in una situazione di svantaggio quando fosse stato troppo vicino per i suoi gusti.
“Quindi quello che state facendo nel mio studio legale è, effettivamente, affare mio”
Un altro passo in avanti, Gabe questa volta non si fece cogliere impreparato, mantenendo il perfetto controllo del suo corpo. Si dipinse un sorriso sul volto, appoggiando una mano sul fianco e spostando il peso su una gamba sola
“Oh capisco, dispotico come al solito vedo, non sei cambiato di una virgola Lucy”
Nick” lo disse a denti stretti, gli occhi infuocati di rabbia
“Anche tu rimani il solito coglione che ricordavo”
“Modestamente”
Un altro passo in avanti, cominciavano ad essere troppo vicini, il corpo del ragazzo si irrigidì appena.
“Te l’ho già detto”
Sam era come sbucato dal nulla mettendosi al suo fianco, anzi quasi leggermente più avanti, il suo tono completamente diverso da poco prima, più autoritario
“È solo un amico che è passato a salutare”
Gabe si arrischiò a lanciargli un’occhiata. Ogni secondo che passava lo trovava più sexy. Quando riportò lo sguardo su Lucifer vide il suo volto farsi molto più gentile e amichevole, ovviamente rivolto verso Sam
“Sai che lascio molte libertà ai miei dipendenti, ma questo non è un bar, gradirei che la tua vita privata rimanesse fuori da qui”
Sam annuì. Non si scusò e non cercò di giustificarsi. Il disagio e il rispetto che Gabe gli aveva scorto in viso pochi attimi prima erano completamente scomparsi. Anche il suo capo sembrò accorgersene.
Dopo qualche secondo di silenzio di troppo il biondo decise che era arrivato il momento di defilarsi. Finse di schiarirsi la gola, cercando con lo sguardo una strada verso la porta che gli facesse evitare un contatto fisico con l’uomo che gliela bloccava.
“Bè, toglierò il disturbo allora, ti lascio al tuo lavoro Samuel”
Sgusciò velocemente accanto a Lucifer senza nemmeno voltarsi indietro o aspettare una risposta, anche quando fu finalmente fuori dalla stanza mantenne un passo veloce, voleva scappare da quell’inferno il prima possibile, e sperava di lasciarsi alle spalle anche quella orribile sensazione di sentirsi un completo idiota.
Non poteva andare peggio di così, era stata una pessima idea, che diavolo gli era venuto in mente? Come aveva potuto abbassarsi a questo livello? No, non era fatto per rincorrere qualcuno, e rendersi ridicolo in quel modo. Dio, almeno avrebbero continuato a scriversi?
No, no, no! Non puoi struggerti in questo modo solo per…
“Credi di cavartela così facilmente?”
La voce riecheggiò tra le pareti. Era arrivato al parcheggio sotterraneo dove aveva lasciato l’auto, ormai credeva di averla scampata, quando quella stupida voce tagliente lo raggiunse. Fece un respiro profondo prima di dipingersi un sorriso sicuro di sé e voltarsi.
“Oh Lucy, mi dispiace, dimenticavo le tue manie di protagonismo, avrei dovuto salutarti”
Era più vicino di quanto pensasse, finalmente gli vide esprimere sul volto le emozioni che aveva tentato di nascondere con scarsi risultati. Rabbia, o meglio furia omicida forse.
“Oh andiamo, non sarai ancora arrabbiato per quella volta-”
Non riuscì a finire la frase che lo vide chiudere una mano a pugno che mirava dritta alla sua faccia. Si abbassò appena in tempo riuscendo a schivarla
“Hey, calma, non possiamo parl-”
Era ancora leggermente piegato, l’aria gli uscì dai polmoni impedendogli di parlare quando l’altro lo colpì allo stomaco con una ginocchiata. Per un secondo fece fatica a respirare, si portò le mani sulla zona colpita cercando di limitare il dolore, ma quello sembrò non farci nemmeno caso
Cazzo, con tutte le persone per cui poteva lavorare proprio-
Persino i suoi pensieri vennero interrotti, Lucifer lo aveva preso per il colletto della camicia con entrambe le mani, spingendolo contro una colonna, tenendolo leggermente sollevato da terra.
“Tu mi hai rovinato la vita!” gli sputò in faccia, gli occhi ormai ridotti a due fessure fiammeggianti
“Eh dai, non te la stai cavando troppo male, ora hai uno studio tutto tuo!”
L’uomo lo allontanò dalla parete per poi farcelo sbattere di nuovo contro con forza. Gabe si fece uscire un verso dolorante quando la sua testa colpì il cemento duro.
“Sei uno stronzo! Dovrei ammazzar-”
“Hey!”
Entrambi si voltarono verso quella voce forte e profonda. Sam li aveva raggiunti, sembrava infuriato mentre camminava verso di loro con passi pesanti
“Lascialo andare!”
Lucifer si mise a ridere, allentando la presa quel tanto che bastava per fargli poggiare nuovamente i piedi a terra, ma le mani stringevano ancora il tessuto della camicia
“Chi ti credi di essere per dirmi cosa fare? Non montarti la testa ragazzino, non sei così bravo dopotutto”
Sam finì di fare quei pochi passi che lo separavano da loro, gli occhi scuriti dalla rabbia, la mascella rigida. Gabe faceva fatica a distogliere lo sguardo da lui. Non l’aveva mai visto così, era quasi spaventoso e… bè, incredibilmente sexy.
Lucifer lasciò andare una mano, ma solo per potersi girare verso il Winchester, non sembrava minimamente preoccupato o spaventato, ma si era fatto più serio.
“Non immischiarti in cose che non ti riguardano”
Sam non si scompose, non indietreggiò e non distolse lo sguardo da lui.
“Ti ho detto di lasciarlo andare”
Lucifer si limitò a fare un verso di scherno, mischiato ad una risata, prima di voltarsi di nuovo verso Gabe, pronto per tirargli un altro pugno, ma Sam fu più veloce. Lo colpì in pieno viso, tanto forte da farlo cadere a terra. Il biondo era rimasto immobile, non sapendo nemmeno come comportarsi, gli eventi che gli accadevano davanti come se nemmeno lo riguardassero, come se stesse solo guardando un film. L’unica cosa di cui era consapevole era il battito veloce del suo cuore, non avrebbe saputo dire se era per la paura, l’adrenalina, o l’eccitazione che quel ragazzo troppo cresciuto gli stava trasmettendo da quando aveva messo piede in quel seminterrato.
Ora gli stava dando la schiena, si era frapposto fra lui e il suo aggressore.
Dio, ho un cavaliere azzurro personale, adoro la mia vita
Lucifer si era rimesso in piedi, gli occhi fiammeggianti di rabbia, sembrava volersi fiondare su di lui, invece si limitò a pulirsi il sangue che gli colava dal labbro tagliato
“Sei licenziato! Non voglio più vedere la tua faccia qua dentro”
Gabe si irrigidì improvvisamente, tornando alla realtà. Sul serio? Era andato fino a lì solo per provarci e aveva finito per fargli perdere il lavoro? Come diavolo era successo?
Sam non si voltò fino a quando le porte dell’ascensore non si chiusero dietro a Lucifer, a quel punto lo fece con tanta foga che Gabe finì per spaventarsi.
“Stai bene?”
Si era avvicinato a lui, gli aveva messo una mano sulla spalla mentre lo scannerizzava dalla testa ai piedi. Al ragazzo ci volle un secondo di troppo per smettere di fissare quegli occhi che erano magicamente tornati ad essere quelli di un cucciolo indifeso e preoccupato, ma dove la teneva nascosta la furia di poco prima?
Sbatté un paio di volte le palpebre prima di tornare sé stesso
“Oh, che carino, ti preoccupi per me? Sto bene Samuel, niente di rotto”
Il sorriso era ammiccante come al solito, ma per quegli stupidi occhi troppo luminosi non poteva farci niente.
Dio, sono un vero idiota
Sam gli sorrise, sembrava ancora preoccupato ma decise di non dire niente, se non di fare un cenno del capo verso il colletto dal quale l’altro lo stava tenendo
“Ti ha sgualcito la camicia però”
Gabe abbassò lo sguardo, analizzandola attentamente e fingendo di preoccuparsene
“Che bastardo”
Sentì l’altro ridere appena
“Si può sapere cosa gli hai fatto?”
Il ragazzo lasciò perdere il tessuto prezioso, sventolando una mano all’aria
“Niente di importante, solo una piccola incomprensione… che gli è costata il lavoro, la casa… ok, era caduto un po’ in basso, ma ora è il capo, non so perché ce l’abbia ancora con me! E poi non è stata solo colpa mia”
Aveva distolto lo sguardo mentre parlava, quando lo riportò sull’altro lo trovò più divertito che altro. Gli piaceva vederlo così, e gli piaceva ancora di più sapere di essere lui a farlo divertire. Quello che gli piacque di meno fu rendersi conto che rischiava di fargli la stessa cosa
“Hey, ehm… mi dispiace, sai per… il tuo lavoro” si passò una mano fra i capelli, gli occhi puntati a terra “Sembra che sia io a portare sfortuna dopotutto”
Lo sentì ridacchiare appena prima di rispondergli
“No, non ti preoccupare. Voglio dire, sì forse non sei la persona più fortunata del mondo, ma non avrei voluto comunque lavorare per uno stronzo del genere”
“Bè, sei un avvocato, non credo troverai molto di meglio”
Questa volta la sua risata fu forte e sinceramente divertita. Gabe gli lanciò un’occhiata di sottecchi
“Sì, forse hai ragione”
Rimasero a fissarsi per qualche secondo prima che parlasse di nuovo
“Perché lo chiamavi Lucifer, comunque?”
“Mha, era un soprannome come un altro, però gli si addice, vero?”
“Sì, direi di sì”
 
 
 
Ma che diavolo ci faccio qui?
Gabe era fermo, di fronte alla porta d’ingresso, incapace di entrare o di andarsene. Dopo il terribile esito della sua visita improvvisata al minore dei Winchester aveva capito di essere una vera frana a trovarsi dall’altra parte. Non era abituato a fare tutto il lavoro, di solito gli bastava un sorriso per avere tutto quello che voleva. Mettersi d’impegno non era esattamente il suo forte, e in faccende romantiche lo era ancora meno.
Gli ci erano volute diverse settimane per capirlo, e altre ancora per accettarlo.
E qualche giorno per decidersi a chiedere aiuto a qualcuno.
Non era solo un fatto di orgoglio, l’unica persona a cui poteva chiederlo si rifiutava ancora di parlare con lui, e anche se non fosse stato così si sentiva incredibilmente ridicolo a dover chiedere consigli al suo fratellino minore.
Era irritante, lui era sempre stato migliore in tutto, l’unica cosa in cui riusciva a superarlo era la sua spavalderia nel conoscere nuove persone e portarsi a letto chi gli pareva. E ora avrebbe dovuto chiedergli aiuto anche per quello.
Sono proprio patetico
Sospirò, passandosi una mano fra i capelli. Ormai aveva deciso, aveva passato diversi giorni a rimuginarci, a scegliere di ignorare il problema e tornare alla sua vita di sempre, ma non ci riusciva.
Non voleva.
Fece per prendere le chiavi per aprirsi da solo, ma si fermò, optando per un approccio meno invasivo.
Dio, sto addirittura diventando più maturo… disgustoso
Bussò alla porta, sentendosi improvvisamente nervoso. Sì, non era abituato a litigare per cose serie con Cassy, ma era pur sempre il suo fratellino, giusto? Non avrebbe dovuto agitarsi per così poco.
“Chi è?”
“Il tuo fratello preferito!”
La sua voce era quella spensierata di sempre, forse era cambiato in quei pochi mesi ma non aveva nessuna intenzione di farlo vedere.
Silenzio. Per un secondo pensò che la conversazione si sarebbe conclusa così. Stava per dire qualcosa, probabilmente di abbastanza stupido da non potergli più parlare per il resto della vita, ma fortunatamente Castiel aprì la porta, solo un piccolo spiraglio da cui potersi affacciare.
“Che cosa vuoi?”
“Oh, sono solo passato a trovare il mio fratellino”
L’altro si limitò ad alzare un sopracciglio. Gabe cercò di mantenere il suo sorriso ma capì che la situazione richiedeva un viso più dispiaciuto. Sinceramente dispiaciuto. O forse solo sincero.
“Ho bisogno di una mano, Cassy”
Era risultato più imbarazzato che dispiaciuto, ma era comunque un’emozione che l’altro non era abituato a vedergli esprimere, quindi era servita al suo scopo. Finalmente la porta venne aperta del tutto, e lui poté entrare. Non sembrava amichevole e disponibile come al solito, ma si dovette accontentare.
Le decorazioni natalizie erano sparite, il tavolo era tornato in cucina e la casa era ordinata come al solito, ma non era la stessa di qualche anno prima. Una chitarra appoggiata ad una parete, una televisione più grande del dovuto, una libreria piena di libri, audiocassette e cd, ed un appendiabiti dal quale pendevano una logora giacca marrone ed un trench beige. Ormai quella casa non era più solo di suo fratello.
Gabe riportò lo sguardo su di lui, ancora in piedi con le braccia incrociate sul petto. Gli venne da sorridere notando quella posa altezzosa che gli si addiceva così poco. L’arredamento della casa non era l’unica cosa che Dean aveva influenzato.
Sospirò rumorosamente, aveva sperato di poter ignorare il problema come faceva sempre, ma l’altro sembrava ancora infuriato per quello stupido commento, e doveva ammettere che con il poco alcol che stava assumendo in quelle ultime settimane anche i sensi di colpa che non credeva di essere in grado di provare lo stavano infastidendo più del dovuto
“Senti, Cassy… mi dispiace per… bé, lo sai, non ero al mio massimo quel giorno”
Si stava grattando la nuca con una mano, sfoggiando il suo sguardo più innocente, ma l’altro sembrava non volerne sapere. Si limitava a fissarlo, gli occhi sottili e glaciali. Cominciava veramente a faticare nel riconoscere il suo innocente fratellino in quello sguardo.
“Oh, andiamo, cosa vuoi che faccia? Che chieda perdono in ginocchio?”
Finalmente una reazione, ma decisamente l’ultima che si sarebbe aspettato, o che avrebbe voluto. Un sorriso vittorioso e… malizioso?
“Non è una cattiva idea”
Gabe rimase a bocca aperta
“Dai, non vorrai davvero…”
“Ti serviva il mio aiuto o sbaglio?”
Il ragazzo digrignò i denti, producendo un verso di frustrazione
Questa dovrà decisamente essere la scopata migliore della mia vita
Cominciò a inginocchiarsi, sotto lo sguardo sempre più divertito dell’altro, dovette distogliere il proprio per riuscire ad andare fino in fondo
“Sono profondamente dispiaciuto di aver offeso il tuo fidanzato” lo disse a denti stretti, gli occhi puntati a terra.
Cassy aspettò qualche secondo, prima di guardare verso le scale alle loro spalle
“Soddisfatto?”
Gabe si voltò di scatto, vedendo il suddetto fidanzato sulle scale che si godeva la scena
“Non lo so, non l’ho visto del tutto convinto, forse dovremmo farglielo rifare”
Castiel ridacchiò, mentre Gabe si rimetteva in piedi, voltandosi verso quell’idiota che non meritava un briciolo di quelle scuse
“Tu, brutto-”
“Hey, non vorrai doverti scusare di nuovo, mi è sembrato abbastanza umiliante”
Lo ammazzo
Fece fronte a tutte le sue forze per evitare di fare qualche commento che avrebbe potuto rendere vani i suoi sforzi, mentre se lo vedeva sfilare in fianco verso il suo sadico fratellino.
“Ha una pessima influenza su di te, Cassy”
Il moro si limitò a sorridere, mentre Dean gli si avvicinava per dargli un veloce bacio sulla guancia
“Ci vediamo stasera”
“Ok”
Andò verso la porta, recuperando la sua giacca ma fermandosi sull’uscio, questa volta rivolto a Gabe
“Sai, non lo farei arrabbiare se fossi in te, può diventare una vera furia”
Lanciò un ultimo occhiolino al fidanzato prima di sparire.
Il biondo gli fece un verso di scherno
“Chi si crede di essere? Crede che non lo sappia? Sa che siamo cresciuti insieme, vero?”
Cassy si limitò ad alzare le spalle, mentre lui si faceva cadere sul divano, finalmente più leggero. L’assenza di alcolici lo stava veramente facendo diventare un rammollito, addirittura con una coscienza.
“Allora, perché sei qui? Deve essere una cosa importante se hai sopportato tutto questo”
“Puff, no, non è importante”
E adesso che diavolo è questo disagio? E poi sto… arrossendo?!
Il ragazzo lo fissava incuriosito e confuso, le sopracciglia aggrottate e la testa piegata leggermente di lato. Si sedette vicino a lui mentre Gabe cercava di ricordarsi il discorso che si era preparato.
“Non fare quella faccia, ho solo bisogno di un consiglio”
“Tu? Hai bisogno di un mio consiglio?”
Gabe alzò gli occhi al cielo, rimettendo in discussione tutte le sue scelte di vita
“Sì, ok?! Vedi di non divertirti troppo con questa cosa, è…”
“Importante?”
“Dio, non usare quella parola”
Castiel si mise a ridere, mettendosi più comodo al suo fianco, per riuscire a guardarlo bene in faccia
“D’accordo, però dovrai dirmi di cosa si tratta prima o poi”
“Sì lo so… è complicato, ok?”
Fece un respiro profondo, come per prepararsi a parlare, ma dalle sue labbra non uscì niente. Come faceva a spiegargli che aveva bisogno del suo consiglio in fatto di ragazzi? E ancora peggio, che il ragazzo in questione era proprio quello da cui gli aveva chiesto di stare alla larga?
Il silenzio si prolungò abbastanza a lungo da diventare infinitamente imbarazzante
“Vuoi qualcosa da bere?”
“No, non…”
“Ora Dean tiene delle birre in casa”
Era come se gli avesse detto di avere cinque spogliarelliste nell’altra stanza che aspettavano solo lui
“Magari solo una… forse due”
Non era decisamente la sua bevanda preferita, ma era meglio di niente. Bevve un generoso sorso, il sapore amaro che gli riempiva la bocca, quel poco di alcool che lo distrasse abbastanza per riuscire a dire quella frase di cui aveva tanta paura
“Come si fa a conquistare un ragazzo?”
Castiel, che si stava ancora risedendo sul divano, si bloccò a metà del movimento, fissando il fratello come se gli fosse spuntata una seconda testa. Gabe lo guardò a sua volta, sentiva un disagio dentro a cui non era minimamente abituato, si vergognava.
Samuel, mi stai proprio rovinando la vita
“Uhm… cosa?”
Il moro si era finalmente seduto, gli occhi ancora spalancati, Gabe cominciò a pensare seriamente di starsi trasformando in una specie di alieno.
“Ti prego, è già abbastanza umiliante, non farmelo ripetere”
Si fissarono ancora per qualche secondo, prima che il minore si mettesse a ridere. Era letteralmente piegato in due dalle risate
“Oh, grazie Cassy, questo sì che è l’aiuto fraterno in cui speravo”
“Scusa, non volevo, è che… questo proprio non me lo aspettavo”
Gabe alzò gli occhi al cielo
“È stata una pessima idea, me ne torno a casa”
“No, aspetta!”
Castiel lo tirò di nuovo sul divano prima che l’altro potesse mettersi del tutto in piedi
“Almeno dimmi cosa è successo, perché chiedi a me un consiglio del genere?”
“Che domanda è? Tu hai un fidanzato, con cui convivi da anni! Dimmi solo come hai fatto”
Castiel sembrava ancora sconvolto e confuso, ma ora c’era qualcos’altro nascosto dietro a queste emozioni. Era anche lui a disagio? O imbarazzato? Che diavolo aveva fatto con quel pervertito?
“Bè ecco, io…”
Silenzio.
Ancora silenzio.
“…Tu?”
Il moro fece un respiro profondo, ormai il suo sguardo era da tutt’altra parte
“Io non ho fatto niente, sei stato tu a presentarmelo”
Gabe lo guardava come si guarda una mosca che invece di uscire dalla finestra continua a sbattere sul vetro
Ma è davvero così scemo?
“Alla festa della mia laurea… avevi assunto uno spogliarellista per andare a letto con me… bè, quello spogliarellista era Dean…”
A Gabe ci volle qualche secondo per ritrovare le parole
“Sì, lo so, c’ero anche io ricordi?”
Castiel riportò finalmente lo sguardo su di lui, diventava sempre più indecifrabile, solo la confusione rimaneva costante
“Lo sai?!”
“Certo che lo so”
“Ma… quella sera, quando ci hai portato al locale… non l’avevi riconosciuto”
“Io… bè sì, all’inizio non l’avevo riconosciuto, ma poi rivedendolo con la matita sugli occhi e quei ridicoli pantaloni mi è tornato in mente”
“E non hai detto niente?”
“Certo che no, quello stronzo l’aveva palesemente fatto apposta, non volevo dargli quella soddisfazione”
I due si guardarono per qualche secondo, prima di scoppiare a ridere, una risata sincera e spontanea per una cosa incredibilmente stupida, che gli fece venire le lacrime agli occhi.
“Ah, questi Winchester saranno la nostra rovina”
Castiel smise di ridere. Gabe si morse la lingua.
“Cosa?”
“No aspetta, non intendevo…”
“La persona per cui sei venuto a chiedermi consiglio è… Sam?”
“Puff, no, certo che no…”
Quegli stupidi occhi azzurri sembravano riuscire a leggere i suoi stessi pensieri, il ragazzo sbuffò
“Ok, va bene! È lui, ok? Non l’ho fatto apposta, lo giuro, è solo successo, e lui continua a rifiutarmi e io gli corro dietro come una cazzo di cagnolino, e odio questa situazione, e odio essere così, ma odierei ancora di più tornare alla mia vecchia vita sapendo che non lo rivedrei mai più, o peggio sapendo che lo rivedrei solo in occasioni del cazzo insieme a voi, e dovrei evitare il suo stupido sguardo da cucciolo, e quelle stupidissime fossette, e quei muscoli fottutamente sexy, quando l’unica cosa che vorrei e fissarli fino ad imprimermeli nelle retini”
Si ritrovò a dover riprendere fiato, mentre il silenzio calava nella stanza. Il ragazzo si ricordò della birra di poco prima e finì per bersi metà bottiglia in un sorso prima di affrontare lo sguardo del fratello.
Si sarebbe aspettato una furia omicida, disapprovazione, o addirittura disgusto, di certo non quel ridicolo sorriso amorevole e gentile.
“Cos’è mi stai prendendo in gir-?”
“Mi dispiace”
Gabe dovette sbattere le palpebre più volte, giusto per essere sicuro di non essere svenuto solo con metà birra e star sognando quella scena. O forse era stato tutto un sogno fin dall’inizio? Suo fratello gli era sembrato molto strano dopotutto.
“Che diavolo stai dicendo?”
“Io… non avevo capito che ti piacesse sul serio… in realtà non credevo che nessuno potesse mai piacerti sul serio… mi dispiace averti impedito di vederlo”
Gabe scoppiò a ridere, una risata forte e meccanica
“Io non… non mi piace, non sono una cazzo di liceale, voglio solo scoparmelo, tutto qui”
Cassy si limitò ad alzare un sopracciglio continuando a fissarlo
“No! No! Non mi piace, io non faccio queste cose… non sono tipo da…”
“Correre dietro agli altri come un cazzo di cagnolino?”
Aggrottò la fronte, stava praticamente ringhiando
“Linguaggio, Cassy”
Lui sorrise, facendosi più vicino. Questa amorevolezza lo stava seriamente mettendo a disagio
“Gabe, non ti sei mai fatto problemi a dirmi di esserti ‘follemente innamorato’ di qualcuno prima d’ora”
Aprì la bocca per controbattere, poi la richiuse. Ci riprovò un paio di volte ma il suo cervello era come andato in cortocircuito. Non l’aveva mai vista in questo modo. Cioè, sì, sapeva che i suoi ‘grandi amori’ erano spesso e volentieri una stronzata, gli piaceva esagerare su tutto, specialmente su queste cose. Quindi perché diavolo adesso…?
Sul volto del fratello tornò quel sorriso malizioso che gli si addiceva così poco. Gabriel incrociò le braccia sul petto, distogliendo lo sguardo da lui
“Sta’ zitto”
Lo sentì ridere, e questa volta non poteva nemmeno biasimarlo. Anche lui si voltò, appoggiandosi allo schienale del divano
“Almeno una cosa giusta l’hai detta”
“Che non dovresti dire parolacce?”
“Che questi Winchester sono la nostra rovina”
Gabe sorrise amaramente, ritrovandosi a bere un altro sorso di birra.
Dio, come sono caduto in basso
“Quindi non hai qualche consiglio utile, fratellino?”
“No, mi dispiace. Con Dean è stato… difficile, e molto è successo per caso, e poi lui è molto diverso da Sam”
“Già, l’ho notato…”
Il moro gli posò una mano sulla spalla con delicatezza, Gabe se la scollò immediatamente di dosso
“Oh no, non provare a compatirmi, ho comunque una reputazione da mantenere”
Gli sorrise
“Giusto, scusa”
Di nuovo silenzio, ma questa volta senza una vera e propria attesa di qualcosa. Stavano semplicemente insieme, seduti uno accanto all’altro, come facevano spesso quando erano più piccoli.
“Sai, forse dovresti solo parlargli”
“Devo proprio dirtelo Cassy, sei pessimo in queste cose”
Ridacchiò appena
“L’alternativa è che io lo assuma come spogliarellista per farti una sorpresa”
“Ecco, ora cominciamo a ragionare”
 
 
 
San Valentino, la festa più stupida e inutile mai creata.
Si può sapere che diavolo ti prende?
Gabe aveva sempre amato San Valentino, tanto che aveva preso l’abitudine di organizzare una grande festa a casa sua ogni anno, piena di gente e di alcool, come tutte le sue feste del resto, ma questa era diversa. In questa succedevano sempre cose meravigliose e inaspettate.
Una volta era una coppia che gli chiedeva di unirsi per una cosa a tre, un’altra una dominatrice che lo trascinava in camera e gli faceva avere dieci orgasmi di seguito.
E ora, con la casa piena di persone sexy, ubriache ed eccitate, lui non faceva altro che deprimersi in un angolo.
Stupido Winchester, mi stai davvero rovinando la vita
Era già al suo terzo bicchiere quando sentì suonare il campanello, quasi per miracolo vista la musica assordante che riempiva tutta la casa. Nessuno suonava mai per entrare, tutti sapevano che la porta era già aperta e lui solitamente troppo ubriaco o troppo impegnato a divertirsi per rispondere, quindi già sapeva chi ci sarebbe stato dall’altra parte. Quello che non si aspettava era vedere il suo accompagnatore.
“Cassy! Non mi aspettavo di vederti qui”
Decise di ignorare platealmente entrambi i Winchester e focalizzare lo sguardo sul suo fratellino idiota. Che diavolo gli aveva detto per convincerlo a venire?
Se ha detto anche solo una parola della nostra conversazione sarà la volta buona che lo ammazzo
“Abbiamo pensato di… fare un salto”
Sembrava incredibilmente a disagio, cercava disperatamente di comunicargli qualcosa con lo sguardo, ma Gabe era incapace di leggerlo
“Avanti, entrate!”
Come sempre aveva mantenuto il suo modo di fare sicuro di sé, ma allo stesso tempo mise un braccio attorno alle spalle del moro trascinandolo da parte
“Cosa diavolo stai facendo?”
“Volevo darti una mano”
“Gli hai detto…?”
“No, no!”
Gabe sentì la rabbia e quell’accenno di paura irrazionale che si rifiutava di chiamare vergogna scemare appena, si concesse di lanciare un’occhiata furtiva a quel gigante dai capelli perfetti che li stava seguendo, si stava guardando intorno curioso e leggermente confuso, come se stesse entrando in quella casa per la prima volta.
“E quale sarebbe il tuo piano esattamente?”
“Io… non lo so… pensavo che saresti stato felice di vederlo”
Il biondo fece un verso di scherno, liberandolo dalla sua presa.
“Sei veramente pessimo in queste cose”
Nemmeno lui sapeva se fosse felice di vederlo. Cioè, da una parte sì, ma dall’altra… cosa avrebbe dovuto dirgli? Avrebbe dovuto essere lui ad andare a parlargli? E di cosa poi? Di come era stato romantico andarlo a trovare al lavoro per poi farlo licenziare?
“Scusa…”
Scosse la testa, evitando di rispondere e avviandosi verso il tavolo degli alcolici.
Vedi di darti una regolata, non riesco nemmeno a riconoscerti!
Si scolò due shottini di fila prima di tornare alla festa. Andava tutto bene, non era una cosa così seria dopotutto… si era solo fissato con lui perché continuava a rifiutarlo, niente di più. Sì, doveva essere questo il problema.
Cosa mi è venuto in mente a smettere di bere? Sono molto più saggio con un po’ di alcool in corpo
Decise di continuare a ignorarlo, era la scelta migliore. Sicuramente. Questa volta sarebbe stato lui a dover fare la prima mossa.
Continuò a ballare, a provare a divertirsi e a flirtare con quante più persone poteva, ma non con quella che gli interessava davvero
La vuoi piantare? Devo forse scolarmi un’intera bottiglia per farti stare zitto?!
Stava quasi riuscendo a dimenticarsi che fosse lì, quando purtroppo entrò nel suo campo visivo.
Stava parlando con una ragazza molto carina, non sexy o provocante, solo carina, gentile, un po’ timida. Tutto quello che lui non era. Sembravano andare d’accordo, forse si conoscevano già? Forse…?
Forse quella stronza ti sta rubando il ragazzo
Solo quando si ritrovò a pochi passi da loro si rese conto di cosa stava facendo. Quei due occhi marroni incrociarono i suoi, Gabe sentì un brivido salirgli lungo la schiena, il suo cuore che aveva deciso di accelerare per un motivo a lui sconosciuto.
Si fermò, continuando a fissarlo. Non sapeva quanto tempo erano rimasti così, ma abbastanza perché anche la ragazza si voltasse verso di lui, confusa sul perché il suo interlocutore aveva smesso di ascoltarla. Fu questo a dare a Gabe la forza di allontanarsi.
Si mise praticamente a correre, spintonando gli invitati e raggiungendo la sua camera. Vi si fiondò dentro e chiuse la porta alle sue spalle, appoggiandovisi con la schiena. Aveva il fiatone, perché diavolo aveva il fiatone?
Si portò una mano al petto, chiudendo gli occhi e cercando di calmarsi. Non ebbe nemmeno il tempo di cominciare a ragionare su cosa stesse succedendo che sentì qualcuno bussare
“Gabe…?”
Il suo cuore ricominciò ad accelerare senza il suo permesso.
“Che vuoi?”
“… posso entrare?”
“No”
Un momento di silenzio, forse sentì un sospiro dall’altra parte, o forse se l’era solo immaginato
“Gabriel…”
Questa volta fu lui a sospirare, ne era quasi certo. Si voltò e aprì la porta, per poi allontanarsi di qualche passo. Sam entrò, chiudendosela alle spalle, il biondo si rifiutò di alzare lo sguardo verso di lui.
“Cosa c’è?”
“Stai bene?”
Gli scappò una risata. Non la sua solita risata altezzosa, una quasi disperata, quelle emozioni sconosciute dentro di lui che combattevano per avere la precedenza, ma che finivano solo per scontrarsi fra loro non facendogli capire più un cazzo. Fu per questo che tutte le sue difese crollarono di colpo, senza dargli il tempo di crearne altre
“No Samuel, non sto bene, tu non mi fai stare bene”
Silenzio, la tensione nella stanza era quasi palpabile
“…Cosa?”
Sembrava… ferito?
Gabe lo guardò, per incrociare lo sguardo da cucciolo abbattuto più triste che gli avesse mai visto fare. Si sentì morire. Non voleva vederlo così, odiava vederlo così. Cosa avrebbe dovuto fare? Cosa avrebbe dovuto dire? Cosa avrebbe dovuto provare?
“Io…”
Era confuso, era arrabbiato, era triste, era come un vulcano ad un passo dall’esplosione.
Non si mise proprio a gridare, era più un verso di pura frustrazione. Era il vulcano che eruttava.
“Tu e quegli stupidi occhioni mi state rovinando la vita! Ero felice prima, scopavo con chiunque senza problemi, uscivo ogni sera, stavo bene! Invece adesso mi ritrovo a sorridere ai tuoi stupidi messaggi, a non fare altro che pensare a te, a struggermi e scervellarmi per trovare una scusa per incontrarti, a voler fare di tutto anche solo per vederti sorridere, a chiedermi come stai e ad essere geloso di una stupida ragazzina dai modi perfetti, e gli sguardi giusti e le parole dolci e amorevoli che vorresti sentire, mentre io sono solo uno stupido che spera di farsi notare ma sembra che ogni cosa che faccio sia sbagliata e finisca solo per rovinare tutto!”
Aveva di nuovo il fiatone. Aveva gridato? Sì, probabilmente. Non aveva il coraggio di guardarlo.
Dio, odiava essere così vulnerabile, odiava tutto di quella stupida situazione, e odiava sentire quel ridicolo nodo alla gola che gli impediva di respirare.
Cercò di ricomporsi, sistemandosi la camicia, gli occhi ancora puntati a terra.
“E ora puoi anche dirmi che non vuoi rivedermi mai più, o stronzate varie”
La sua voce tremava. Inaccettabile, la sua voce non tremava mai. Anche le sue mani tremavano, tutto dentro di lui lo faceva, sembrava un cazzo di terremoto. E perché diavolo quell’idiota era ancora fermo davanti a lui?
“Bè, che stai aspettando?”
Finalmente si mosse. Ma non verso la porta. Stava camminando verso di lui. Gabe si pietrificò. Quella mano grande e delicata gli accarezzò un braccio, mentre l’altra era sul suo viso. Lo accarezzò appena prima di prenderlo da sotto il mento per fargli alzare la testa.
Gabe lo guardò, si rese conto solo in quel momento di quanto fosse prossimo alle lacrime. Ma l’altro stava sorridendo. Un sorriso dolce e sincero.
E poi lo baciò.
Gabe trattenne il fiato, gli occhi spalancati, confuso, incredulo e… con una gioia mai provata prima che gli esplodeva nel petto. Chiuse gli occhi e si godette ogni secondo. La mano che gli aveva sollevato il mento ora si intrecciava ai suoi capelli. Non era più delicata, era forte e decisa, lo attirava a sé come se non avesse più voluto lasciarlo andare. L’altra lo stringeva per la vita, avvicinandolo a lui e facendo aderire i loro corpi.
Gabe si sciolse completamente, stringendolo a sua volta, prendendolo per i fianchi e aprendo la bocca per assaporare ogni cosa di lui. Lo strinse, lo accarezzò, si lasciò sfuggire anche un gemito, non sapeva più se il suo cuore aveva smesso di battere o fosse talmente veloce da non dargli il tempo di stargli dietro.
Avrebbe voluto rimanere così per sempre, fra quelle braccia forti che lo facevano sentire al sicuro, ma le sue stupide mani avevano deciso che non gli bastava. Si spostarono sul davanti, cominciando ad armeggiare con la patta dei pantaloni.
Sam lo allontanò di scatto, tenendolo per le spalle. Gabe percepì la disperazione nel suo stesso sguardo, e il terrore nel petto. Era davvero riuscito a rovinare tutto di nuovo?
No. No, non l’aveva fatto. Quegli occhi imbarazzati scuriti dal desiderio gli dissero che non era così.
“Scusa, io… vorrei fare le cose con calma…”
Sembrava tornato quel gigante timido e impacciato che aveva conosciuto il primo giorno
“So che tecnicamente abbiamo già… siamo già stati a letto insieme, ma se per te va bene vorrei…”
Si interruppe, vedendo Gabe che distoglieva lo sguardo mordendosi il labbro
“… Gabe?”
“Sì, ecco… a proposito di quello…”
Dio, glielo sto veramente dicendo?
“Noi… non abbiamo esattamente fatto sesso”
“Cosa?!”
Perfetto, ora sì che hai sicuramente rovinato tutto
“Insomma, non nel senso stretto del termine…”
“Gabriel??”
Adorava sentirgli pronunciare il suo nome, anche se con quel tono.
No! Concentrati!
Sospirò, continuando ad evitare il suo sguardo
“Ecco, quella sera… siamo venuti qui insieme, ci siamo strusciati un po’, ci siamo tolti e vestiti e poi…”
Una pausa più lunga del dovuto
“…E poi?”
Un altro sospiro
“E poi tu ti sei addormentato”
Un altro silenzio prolungato, che però diede il coraggio al ragazzo di alzare lo sguardo. Sam era letteralmente a bocca aperta, non avrebbe saputo dire cose stesse pensando quindi tornò a usare la sua tattica preferita: sparare stronzate fingendo che andasse tutto bene
“È stato molto frustrante, ho dovuto rifugiarmi in bagno per finire da solo”
Finalmente una reazione. E anche una piacevole. Sam si mise a ridere, portandosi una mano sul volto. Sembrava sinceramente divertito, cosa che fece rilassare l’altro, tanto da farsi spuntare un sorriso sul volto. Un vero sorriso più amorevole del dovuto
“Sei un vero idiota”
“Sì, me lo dicono spesso”
Sam lasciò cadere la mano, tornando a guardarlo. Quegli occhi da cucciolo che erano in grado di scaldargli il cuore.
“Vieni qui”
Non se lo fece ripetere due volte, si fiondò nuovamente fra le sue braccia, ordinando categoricamente alle sue mani di non spostarsi al di sotto della vita, e le loro labbra si unirono, cercandosi come si cerca l’ossigeno.
Quando si separarono nessuno dei due sembrava intenzionato a lasciar andare l’altro. Gabe si appoggiò al suo petto, la differenza di altezza era tale che Sam riusciva ad appoggiare il mento sulla sua testa. Il biondo lo stringeva ancora per la vita, inspirando il suo profumo e ascoltando il battito del suo cuore, mentre l’altro gli accarezzava la schiena con una mano e i capelli con l’altra.
Si sentiva letteralmente in paradiso. Chiuse gli occhi, godendosi ogni istante e lasciandosi coccolare in quel modo nuovo e infinitamente piacevole, la sua mente finalmente placata, il vulcano di emozioni che aveva dentro finalmente più gestibile.
“Sam?”
“Mmh?”
“Non credo di sapere come si fa ad andare con calma”
Lo sentì sorridere, prima di dargli un bacio sui capelli, così dolce e delicato che gli sembrò sciogliersi dall’interno
“Che ne dici di cominciare con un appuntamento”
Appuntamento… che parola ridicolmente romantica e sdolcinata. Non l’aveva mai adorata così tanto.
“Sì… sì, mi sembra una buona idea”
 
 



 
 
Angolo Scrittrice
E così siamo giunti alla fine di questa storia! Grazie a tutti quelli che l’hanno seguita, e per tutti i commenti positivi, spero di avervi fatti divertire (e anche un po’ soffrire… sì, sono uno di quegli autori).
Mi piacerebbe tornare a scrivere della Destiel (ho un paio di altri progetti in mente) ma vorrei provare anche a scrivere di altre coppie, giusto per cambiare un po’, quindi non vi prometto niente, o almeno non a breve purtroppo.
Grazie ancora e alla prossima storia :)
   
 
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