Serie TV > La casa di carta
Segui la storia  |       
Autore: Feisty Pants    29/03/2022    1 recensioni
In una scuola americana, lontana dalla Spagna e dalla storia dei Dalì, i figli degli ex rapinatori vivono la propria adolescenza con spensieratezza, gioia ed energia, senza sapere di avere, come genitori, i ladri più geniali della storia. La vita trascorre normalmente per i Dalì, ormai intenti a lavorare e a seguire una routine che li entusiasma, ma la tranquillità non durerà per sempre: presto la verità verrà a galla, portando con sé rischi e pericoli.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Bogotà, Il professore, Nairobi, Rio, Tokyo
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 19

Nieves e Cecilia rientrano nell’appartamento qualche ora dopo. I loro visi sono raggianti e il sorriso smagliante costringe i due ragazzi a rivolgere loro diverse domande.

“Ma dove siete state?” chiede Dimitri stupito, vedendo tornare le amiche inaspettatamente.

“Ceci mi ha accompagnata a fare una cosa. Hai preparato da mangiare?” risponde Nieves, lasciando cadere la borsa e dirigendosi verso la cucina dell’appartamento dalla quale proviene un certo profumino.

I ragazzi finiscono per consumare la cena in allegria, raccontandosi le rispettive scoperte e organizzando la giornata successiva.

“Che cosa ne facciamo del fascicolo?” chiede Ramon facendosi improvvisamente scuro in volto.

“Lo riportiamo indietro… sperando che non ci becchi nessuno” risponde Cecilia, avendone già discusso con Nieves.

“Ma così scopriranno i nomi dei nostri genitori!” si lamenta Dimitri, servendosi della birra.

“Non importa…” sbotta subito Nieves, ormai fiera delle proprie origini.

“Torneremo immediatamente a casa e racconteremo tutto alle nostre famiglie. Se ci sarà da scappare o cambiare identità, io sono disposta a farlo!” dichiara orgogliosa la piccola Cortes, ricevendo lo sguardo carico d’approvazione dei due gemelli per poi proseguire la cena in tranquillità.

La notte cala velocemente sul Portogallo e i giovani si dirigono nelle rispettive stanze per cercare di riposarsi. Dimitri e Cecilia crollano subito in un sonno profondo, mentre Nieves si siede sul proprio letto non riuscendo ad appisolarsi. Le rivelazioni scoperte poco prima la agitano e anche quel gesto, compiuto segretamente con Cecilia, la porta a sorridere eccitata dall’idea di ritornare a casa.

“Non riesci a dormire?” domanda Ramon, affacciandosi alla porta della camera con discrezione e rispetto.

“Direi proprio di no… vieni qui, almeno ci facciamo compagnia” propone Nieves, facendo posto al giovane che le si siede accanto.

I due, a pochi centimetri uno dall’altra, rimangono in silenzio per qualche minuto godendosi l’atmosfera.

“Non avevo mai sentito una pace simile dentro di me” rompe il ghiaccio Nieves, aprendosi completamente al migliore amico.

“Cecilia mi ha detto di tua madre e di quello che siete andate a fare in città” risponde Ramon annuendo, facendo capire di conoscere già la storia.

“Quella ti dice proprio tutto eh!” ridacchia Nieves divertita, constatando la poca riservatezza della migliore amica.

“Beh… alla fine ogni tua conquista è in parte anche nostra” commenta Ramon, stringendosi le gambe al petto e appoggiando il proprio mento sulle ginocchia.

“Sai… oggi ho scoperto tanto di me. Ho voluto ripercorrere il percorso della malattia, il rapporto con mamma, le coccole di mia sorella… e mi sono convinta del fatto che, se non ci foste stati voi due, io non sarei mai guarita” afferma Nieves in pace con sé stessa, accogliendo ogni minima parte della propria persona.

“Ma che cosa dici?” domanda Ramon con le lacrime agli occhi, nettamente sensibile all’argomento.

“Ricordi quando eravamo a metà del mio percorso di chemioterapia?” lo invita a riflettere Nieves, lasciando che le menti si sincronizzassero su quel ricordo.

Dieci anni prima…

Una bambina di sei anni era seduta in soggiorno. Il braccio sinistro adagiato su un cuscinetto e un grosso ago che lo penetrava nel mezzo. Le vene erano gonfie e violacee, la carnagione estremamente pallida, il fisico magro e le occhiaie bene in vista. La bambina stava lottando contro quel mostro per il quale era già stata operata, sperando di distruggerlo definitivamente e non farlo mai più tornare. Una bambina coraggiosa che aveva già pagato caro il prezzo della vita, non potendo vivere con spensieratezza la propria età. Fortunatamente, però, Nieves veniva assistita dai suoi due migliori amici e quelle interminabili ore passavano più in fretta.

“Guarda oggi cosa ti ho portato!” la saluta Ramon, scostandosi il caratteristico ciuffo dagli occhi, mostrandole un libro e qualche animale di plastica.

Nieves, troppo debole per rispondere, lascia che sia l’altro a parlare. Ramon, infatti, era abituato a fare dei lunghi monologhi proprio perché cosciente della fatica di Nieves.

“Questo è il libro delle cronache di Narnia e questo è Aslan il leone!” li presenta lui, per poi raccontarle la storia di questo leone che, coraggioso, si immola per i suoi amici per poi risplendere e tornare più forte che mai pronto a sconfiggere la malvagia strega bianca.

Ramon legge, anche se a fatica, qualche pezzo del libro illustrato abituato alle continue pause dovute ai conati di vomito di Nieves. Nieves non si lamentava mai della chemioterapia ma, quel giorno, pare soffrirla in modo maggiore.

“Nini, perché piangi?” si intromette Cecilia, guardando l’amica portarsi una mano sulla nuca.

“Oggi mi fa tanto male… e guarda!” spiega Nieves tra le lacrime, mostrando agli amici una ciocca di capelli castani staccatasi dalla testa.

Tokyo osserva la situazione e, con il cuore a metà, cerca di intervenire per tranquillizzare la figlia ma pare proprio Nairobi a frenarla, invitandola a guardare la reazione dei bambini.

Ramon, infatti, era rimasto calmo e stava ragionando su un’ipotetica risposta.

“Ma certo Nini!” esclama lui colmo di gioia improvvisa.

“Tu sei come Aslan capisci? Ora stai perdendo la criniera, ma poi ti crescerà ancora più folta e bella!” comunica il bambino, facendo intenerire tutti i presenti.

“Ho un’idea! Dovremmo tagliarli tutti, che dici? Così faranno prima a ricrescere!” continua convinto il bambino, correndo verso la madre e invitandola ad armarsi di una macchinetta per tagliare i capelli.

“Davvero poi ricresceranno?” chiede titubante Nieves, lasciandosi radere dalla mamma che appare fiduciosa.

“Ma certo! E saranno ancora più belli!” la sostiene nuovamente Ramon, stringendole forte la manina.

“Ramon, tagliamoceli anche noi!” propone allora Cecilia, già con il proprio spirito attivista e sociale.

“Dai che è la volta buona che facciamo sparire quel ciuffo che ti cade sull’occhio Ramon!” si intromette Nairobi, puntando la macchinetta anche verso di lui.

Il piccolo si mostra improvvisamente spaventato e, con un gesto istintivo, si stringe il proprio ciuffo tra le dita. L’affetto che nutre verso Nieves, però, lo porta ad andare oltre l’esteriorità e compiere un gesto significativo per un bambino di soli sei anni.

Convinto della propria azione, Ramon accetta di farsi tagliare gli amati capelli conquistandosi l’ammirazione di tutte le donne presenti.

“Siete bellissimi, uguali e diventerete tutti come Aschlan” commenta Nairobi felice, mostrando l’immagine dei tre bambini coraggiosi allo specchio.

“Aslan mamma!” l’ammonisce Ramon, abbracciandola per poi mostrare alla piccola Nieves che l’ultima goccia di chemio era stata erogata.

Presente…

“Certo che me lo ricordo… il giorno in cui accettai di farmi tagliare il ciuffo” risponde Ramon, sorridendo al flashback appena rivissuto.

“Quante storie e modi inventavi per tirarmi su. Non ti ho mai ringraziato Ramon, quindi mi sembra giusto farlo ora” si scusa Nieves, per poi accoccolarsi al suo petto e respirarne l’essenza di casa.

Il contatto con la ragazza emoziona profondamente Ramon che non riesce a celare il proprio battito accelerato. Quel gesto, però, lo colma di gioia e mai avrebbe voluto che finisse.

“Ti chiedo scusa anche per tutta la storia con Andres. Con lui ho fatto la stupida… pensavo mi piacesse, ma mi è servito solo per allontanarmi e scappare. Quello non era amore” aggiunge poi Nieves, con il senso di colpa per le proprie azioni.

Il momento potrebbe scaturire in altro ed è proprio Nieves a creare un contatto visivo silenzioso tra i due.

“Questo ciuffo… ti va sempre negli occhi!” ridacchia lei, spostandogli il cespuglio moro dall’occhio sinistro per fissarlo dietro l’orecchio. I loro volti sono ancora più vicini e uno di fronte all’altra riescono a vedersi veramente, con un altro sguardo, per la prima volta. I loro cuori si sincronizzano, intenzionati ad unirsi come calamite e una strana propulsione li porta ad avvicinare le proprie labbra. Ramon e Nieves chiudono gli occhi, ormai a qualche centimetro di distanza. I volti si inclinano e le bocche si preparano a toccarsi e conoscersi per la prima volta. Ancora qualche distanza accorciata al rallentatore e nel momento in cui le labbra si sfiorano, ecco la porta spalancarsi di scatto.

“Ah ma siete qui!” dice Dimitri grattandosi gli occhi assonnato, ignaro di aver impedito la realizzazione di un momento magico.

“Ehm… sì, arrivo” taglia corto Ramon, alzandosi dal letto imbarazzato, provando a mascherare le guance rosse.

“C-ci vediamo domani!” la saluta Ramon, strofinandosi le mani e rivolgendo uno sguardo lampo a Nieves che, ancora con il cuore a mille, affonda la testa nel cuscino macinando anche quella nuova sensazione.

 
La mattina seguente…

Sergio Marquina si sveglia con il piede sbagliato, complice una notte insonne nella quale l’ex professore aveva ragionato sulle coincidenze e sugli avvenimenti della giornata precedente.

L’uomo si appresta a mettersi i calzini mentre nella mente gli frulla il ricordo di quei momenti. L’atteggiamento di Leya, il viaggio dei ragazzi, l’esclusione di Andres e molti altri fattori lo fanno sentire disarmato e non al sicuro. A confermargli l’ipotesi ecco giungere una telefonata da parte della scuola.

“Signor Marquina? Buongiorno, siamo la scuola di suo figlio Andres! Abbiamo trovato delle attività anomale e una manomissione di un distributore automatico del quale vorremmo parlarle. Sono stati trovati dei file delle videocamere dove abbiamo identificato suo figlio”

Colmo di rabbia e di frustrazione, Sergio si sistema gli occhiali neri irrompendo in camera del figlio che, ancora nel mondo dei sogni, sobbalza spaventato.

“Papà che fai?!” chiede il figlio guardando a fatica il padre a causa della luminosità.

“Ora tu mi dirai tutto! Hanno trovato delle macchinette manomesse, video dove siete apparsi voi, ora la storia del viaggio! Scommetto che è tutta una farsa! Dimmi la verità!” urla furente Sergio, puntando il dito verso il ragazzo che si trova disarmato.

“Ma cosa stai dicendo?” cerca di prendere tempo Andres, alquanto irato per quella reazione.

“Che cazzo state facendo Andres?! Possibile che dovete sempre avere delle idee ribelli e pericolose voi ragazzini?! Ora basta bugie!” lo critica Sergio, con un tono di voce talmente alto da far svegliare anche Raquel.

“Basta bugie?! Parli tu che ci hai sempre nascosto tutto, PROFESSORE?!” sbraita Andres, sentendosi come una pentola a pressione.

Il nomignolo spiazza Sergio che barcolla di fronte alla rivelazione. L’uomo guarda negli occhi la moglie, altrettanto scossa e si tocca gli occhiali costantemente, deglutendo molte volte.

“Voi sapete?” chiede Raquel notando la fatica del marito nell’esprimersi.

“Sì! Abbiamo scoperto tutto qualche mese fa e volevamo solo provare ad essere come voi! I ragazzi sono andati in Portogallo, al vostro museo, così potranno sapere ogni minimo dettaglio sul vostro conto e…”

“Aspetta, aspetta, quale museo?!” lo interrompe subito Sergio, mettendo la mano avanti titubante.

“Un museo con tutte le vostre informazioni! Possibile che non ne sappiate niente?!” si stupisce Andres che inizia a insospettirsi su quella storia.

“No, no, no! Sapevo che stava andando male qualcosa! Andres, stai fermo qui e mi dovrai raccontare tutto!” si agita subito Sergio, finendo di vestirsi velocemente e afferrando alcuni oggetti.

“Andare male cosa? Che intendi?” si intromette la moglie spaventata, cercando di rendersi utile.

“Raquel, prepara tutto l’occorrente per la fuga, tu sai che cosa prevede! Devo chiamare subito Silene, ho paura che la bambina possa essere in pericolo! Andres, preparati e vedi di ricordare ogni singolo passaggio dei vostri piani!” ordina il professore, tornando operativo.

L’uomo, afferrato il telefono e le chiavi della macchina, compone il numero di Tokyo sperando in un’imminente risposta.

“Rispondete cazzo, rispondete!” prega Sergio a denti stretti, preoccupato per la sorte degli amici.

“Pronto, Sergio?” risponde Anibal, facendo notare all’amico di essere ancora a letto.

“Anibal! Controlla Leya, tienila d’occhio e non farla uscire di casa per nessuna ragione!” rivela il prof, dando il maggior numero di informazioni in poco tempo.

“Cosa? Perché? Che cosa succede?” domanda Rio spaventato, correndo verso la camera della dodicenne.

“Saremo lì tra poco, tu fai come ti dico! La bambina è tracciata, l’hanno ricattata qualche giorno fa! Per questo ha avuto quella crisi e non vi può parlare!” aggiunge il prof allacciandosi la cintura in macchina, dopo aver constatato la presenza degli altri due membri della famiglia.

Rio riattacca la telefonata con il cuore in gola e, in men che non si dica, si precipita nella stanza della bambina.

“Leya, non preoccuparti tesoro! Devi dirmi dove tieni la tecnologia, subito!” le dice Anibal provando a non spaventarla.

Leya, senza proferire parola, corre ai vari comodini consegnando al padre computer e cellulare.

“Leya, è tutto qui?! Non mi stai nascondendo nulla?! Guardami! È importante! La tua e nostra sicurezza dipende da questo! Sappiamo che qualcuno di cattivo si è messo in contatto con te ma non ti succederà nulla!” prova a tranquillizzarla Anibal, invitandola a dire la verità.

Dopo qualche attimo di esitazione, Leya apre un cassetto segreto e consegna al padre il piccolo computerino.

“Scusami papà! Io non volevo fare nulla di male! Mi hanno scritto con questo!” confessa la bambina con le lacrime agli occhi, sollevata nel potersi liberare di un peso opprimente.

Anibal afferra i vari dispositivi e, con la bambina accanto, comincia ad analizzarli.

In quello stesso momento…

“Cazzo… Leroy rispondi! Dove sei?!” urla il capo del giovane informatico, non presente in postazione.

“Sì capo, che c’è?” risponde Leroy dall’altra parte del telefono, nel bel mezzo di una camminata nel centro della città.

“Quei bastardi hanno scoperto tutto! Hanno appena distrutto il segnale che ci legava al cellulare e al computer della bambina! Non possiamo più prenderla! In poco tempo arriveranno qui!” gli comunica il capo con voce agghiacciante.

“Calma, è tutto ok no? Noi abbiamo i ragazzi!” cerca di tranquillizzarlo Leroy, non vedendo tutta quella pericolosità.

“Sì, ma li dobbiamo prendere prima che venga loro qualche strana idea. La ragazzina ieri ha preso il faldone, ma abbiamo poco tempo!” spiega il capo, attaccato alla cornetta e parlando con foga.

“Cosa vuoi che faccia?” domanda Leroy incupendosi, alterato nel non poter continuare la propria scampagnata.

Qualche indicazione ed ecco l’inizio di quel piano malvagio.

Nel frattempo, davanti al museo…

“Eccoci arrivati. Adesso entriamo e rimettiamo tutto a posto, poi diamo un’occhiata e ce ne andiamo ok?” propone Nieves una volta fuori dal luogo.

“Ho lo stomaco che brontola però!” si lamenta Cecilia, nervosa per essersi alzati presto e non aver fatto colazione.

“Non preoccuparti, vado un attimo in città e vi prendo delle brioches ok?” si immola Ramon, invitando le ragazze ad entrare e agire nel frattempo.

Ricevute le ordinazioni degli amici, Ramon si appresta a imboccare la strada in mezzo al bosco che univa un piccolo borgo della città alla vasta pianura del Museo.

Ramon, fischietta tra sé e sé, cercando di far funzionare il cellulare che non ne vuole sapere di collegarsi a internet e alla rete telefonica.
Immerso nella risoluzione del problema informatico, Ramon non guarda dove mette i piedi e, per sbaglio, va a sbattere contro un giovane uomo dai capelli mori.

“Mi scusi, non l’ho vista!” chiede perdono Ramon, rivolgendo allo sconosciuto un fugace sguardo per poi ricominciare a camminare.

Quel volto, però, pare ricordargli qualcuno. Ramon si gira ma dello sconosciuto neanche l’ombra. Il ragazzo, aggrottando le sopracciglia, cerca di visionarsi nuovamente quel viso con la convinzione di averlo già visto da qualche parte.

Corporatura esile, capelli scuri, lineamenti accentuati e sorriso smagliante poi, un flashback, gli si palesa di fronte. Mosso da curiosità e preoccupazione, il giovane estrae alcune monete e una banconota dal portafogli esaminandole per bene.

“Questi tienili tu, paga il mio drink e offriti un altro giro. Hai bisogno di stare solo e meditare”

Le parole gli rimbalzano da una parte all’altra della mente riuscendo a collegare i punti. L’uomo che aveva appena incontrato era lo stesso che gli aveva offerto consigli e drink il giorno della discoteca. Che cosa ci faceva lì?

La domanda inizia a logorare Ramon che, con mani tremanti, analizza velocemente le monete e la banconota.

“Le monete della Zecca di Stato e la banconota stampata nell’anno della rapina!” constata Ramon spalancando gli occhi neri, sconvolto dalla rivelazione.

In un attimo il giovane si accorge del pericolo e, preso in mano il telefono, si appresta a chiamare Nieves immobilizzato prima da un messaggio di Andres.

“SCAPPATE! È UNA TRAPPOLA! Andate via di lì! Leya è quasi stata rapita da uno stalker chiamato Leroy, è lui che ha sempre seguito le nostre mosse! VOGLIONO RICCATTARE I NOSTRI GENITORI! SCAPPATE!”

Ramon, traumatizzato dal testo inviato dall’amico, compone con dita tremanti il numero di Nieves cominciando a correre per tornare al museo. Il numero appare inattivo e il ragazzo, spaventato, si affida alla segreteria telefonica lasciando un messaggio:

“Nieves sto arrivando! Dovete uscire di lì, subito! È tutta una trappola, ci hanno sempre controllati! Lo stalker di Leya, si chiama Leroy ha i capelli neri, gli occhi scuri e…” prova ad avvertirla lui, finendo per sentirsi assuefatto da un odore pungente. La vista di Ramon si offusca velocemente e il giovane perde i sensi in pochi secondi, a causa di un fazzoletto ben piazzato sulle sue vie respiratorie.

“E uomo di un certo fascino… vi ringrazio” completa la frase Leroy, sogghignando e sollevando il corpo inerme del giovane che aveva appena fatto svenire.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > La casa di carta / Vai alla pagina dell'autore: Feisty Pants