Serie TV > Wynonna Earp
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Autore: aurora giacomini    30/03/2022    1 recensioni
Nel buio qualcosa si muove, si nutre di oscurità e paura. Si nutre di colpe e rimpianti.
E' arrabbiata. Non ha pace.
-
La pubblicazione riprenderà quest'autunno/inverno; questo è il piano :)
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Nicole Haught, Nuovo personaggio, Waverly Earp, Wynonna Earp
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Waverly e Nicole finirono di sistemare il letto.

Mentre Nicole riponeva gli ultimi vestiti nell'armadio, Waverly andò a vestirsi.

Erano rimaste in silenzio per tutto il tempo: Nicole si era fatta pensierosa, e anche Waverly si era persa. Probabilmente ricordava quelle domeniche mattina. Quelle che non sarebbero mai più tornate.

La donna dai capelli rossi si mise seduta sul bordo del letto, chiuse gli occhi e si concentrò. Decise che avrebbe dormito bene in quella stanza, che c'era un'atmosfera pacifica.

Ascoltò l'asciugacapelli e, sul quel suono, si lasciò cadere all'indietro sul morbido materasso.

“Le sorelle Earp hanno un piccolo segreto”, affermò. “E' questo che mi ha spinta a crederlo, infatti”, proseguì, rispondendo a qualcosa o qualcuno. “Hai paura?”, chiese, fissando il soffitto da cui pendeva un grosso lampadario a gocce di cristallo -o vetro. “A giudicare dalla descrizione di Wynonna e da ciò che ho provato toccando il portaspazzolino, ritengo di poter affermare che si tratta di uno spettro.” Sospirò. “Uno spettro... brutta faccenda.” Annuì: “Lo so, e ne ho paura.”

Sembrò ascoltare qualcosa, un discorso abbastanza lungo; poi: “Certe cose vanno lasciate sepolte nel passato, sono d'accordo. Questa volta, però, non credo sarà possibile... mi aspettano giorni difficili.” Le labbra si piegarono all'ingiù: “Ti prego di non perderti in simili illazioni.” Sospirò e spiegò: “Congetture... ipotesi poco credibili, speculazioni. Capito? Non gradisco il discorso. Conosci Waverly sicuramente meglio di me, ma ti prego di tenere questi pensieri per te.” Voltò la testa e sorrise: “Perdonami, sono stanca e nervosa. E ti chiedo anche di perdonare la mia presenza. So anche che non puoi dirmi nulla di loro, lo so. Devo pensarci da sola, come sempre.”

Il suono del phon cessò e il silenzio tornò sovrano.


Waverly rientrò nella stanza. Nicole non si mosse.

E' bella, bella e fragile, pensò, fermandosi accanto al letto.

Nicole aveva gran parte della pancia esposta: la posizione aveva costretto la camicia a tirarsi su. Il suo sguardo poteva osservare la diafana pelle fino alle costole, che sporgevano a formare una conca. Le ossa del bacino ne formavano un'altra, di conca. Smise di indugiare sul corpo della donna e si concentrò sul viso: gli occhi erano aperti e fissavano il soffitto.

Eppure sono certa che si sia accorta della mia presenza.

“Nicole?”

“Vuoi parlare di quello che è successo stamattina”, disse senza voltarsi. “Stenditi con me, vuoi? Questa posizione è ottima per lo spirito e per sciogliere le contratture. La spina dorsale si distende e per un po' dimentica il peso di ogni gravità.”

Distendermi con te...

“Okay...”

Si mise seduta e lasciò che la schiena si poggiasse al materasso. Le gambe, proprio come quelle di Nicole – dall'altro lato del letto-, le lasciò ondeggiare oltre il bordo.

Le loro teste erano ora vicine.

“Sento la tua energia”, sussurrò Nicole, “mi trasmette calma, nonostante il tuo cuore sia in tumulto. Senti la mia?”

Waverly si concentrò sul suo orecchio sinistro, così vicino a quello di Nicole. Sentiva il suo calore corporeo irradiarsi fino a lei, ma non seppe dire se ci fosse o meno un'energia. Era solo calore... o...

“Forse sento la tua presenza, forse è solo il calore che emani.”

Nicole voltò la testa. Anche Waverly si voltò a guardarla.

I loro volti non erano mai stati così vicini, ma non ci fu imbarazzo: era come se Nicole la stesse trascinando in un'altra dimensione. Si sentiva stordita. Era come se il mondo comprendesse solo quel letto; null'altro di materiale, di fisico esisteva. Solo pensieri. Forse quella posizione era davvero miracolosa.

C'erano gli occhi nocciola di Nicole e il materasso, tutto il resto non esisteva più. Non aveva neppure senso che ci fosse dell'altro.

La sua bocca è così vicina...

Nicole voltò la testa e si concentrò sul soffitto.

“Immagino, no... so che hai delle domande per me.”

E' successo davvero o l'ho solo immaginato? Mio Dio! Mi sento così strana... non riesco a distinguere cosa è reale e cosa no. Sto impazzendo? L'ho baciata? Se l'ho baciata -un bacio alla Spiderman- perché lei si comporta così? O meglio: non si comporta in alcun modo. Forse ho solo immaginato di farlo... Non lo so!

Waverly Earp, torna padrona di te stessa!

“Non so di cosa voglio parlare, Nicole... Forse voglio solo farti delle domande.”Voglio capirti.

“Domandami ciò che vuoi... ho voglia di parlare con te.”

Ha sempre queste frasi, queste dichiarazioni di natura indefinita... ambigua, quasi.

“Non so da dove cominciare”, ammise. “Ho la testa piena di domande, ma tutte sembrano pretenderne altre, prima... non so se mi spiego.”

“Te ne faccio io una, va bene?”

“Sì...”

Si voltò di nuovo a guardarla.

“Sei arrabbiata con me?” Suonò infantile e terribilmente vulnerabile.

Waverly lottò per guardarla negli occhi. Lottò per non sfuggire a quegli occhi così tristi e indagatori. Più tristi che mai.

“No...” disse infine. “Lo ero prima... Pensavo che...” Esitò. “Pensavo fossi un'egoista, Nicole...”

“E ora cosa pensi di me?”

“Penso che non ti conosco. Penso tu sia stata lontano dalle persone troppo a lungo, e questo mi fa sentire triste...”

“Capisco.” Concentrò l'attenzione sul lampadario. “Capisco le emozioni umane, ma sono incapace di comportarmi di conseguenza, molto spesso. Penso che ognuno di noi abbia un mondo, un intero universo dentro.” Ancora una volta, la sua frase suonò incompleta.

“Nicole...” sussurrò dopo qualche minuto di silenzio. “Tu puoi parlare con i fantasmi, vero?” Una domanda alquanto retorica. “Voglio dire, hai sempre avuto delle doti particolari?”

“Non sono nata così, se è quello che mi stai chiedendo. Be', sì, è esattamente quello che mi hai chiesto.” Sorrise. “A volte dico delle cose un po' sciocche, vero?”

“Non preoccuparti...”

Sembri eterna, quasi divina... sembri avere una consapevolezza di te che sfugge alla mia comprensione... eppure, molto spesso, ti riveli essere così vulnerabile. Sei un essere umano, Nicole, lo sei come lo sono io... eppure...

Si voltò sul fianco, appoggiando la testa alla mano. “Voglio raccontarti una storia, posso?”

Anche Waverly si alzò un po': si sentiva a disagio a rimanere completamente distesa. Assunta la nuova posizione, la sua mente tornò un po' più lucida, ma si sentì come se avesse i postumi di una sbornia. Non una sbornia epica, solo un bicchiere di troppo.

“Certo, mi farebbe piacere ascoltare. Mi piacciono le storie.”

Nicole le sorrise e cominciò il racconto...

“Anni fa, da qualche parte in Canada, c'erano una carovana e i suoi teatranti...”

E' la sua storia?

“Era un gruppo piuttosto eterogeneo: uomini e donne di ogni età. Fra di loro c'era anche una bambina, l'unica bambina. Quella volta erano fermi sulle rive di un fiume, nei pressi di un bosco da un lato e di campi dall'altro.

La bambina amava quando la coronava si fermava, fra uno spettacolo e l'altro, in mezzo alla natura. Passava le sue giornate ad esplorare. Quel giorno non era diverso dagli altri, non all'alba... il tramonto avrebbe avuto, da quel momento in poi, un altro significato. Tutto avrebbe avuto un altro senso. Ma sto correndo troppo.

Era una bimba piccola: aveva solo otto anni, ma le sue gambe erano già molto lunghe...”

E' assolutamente la sua storia...

“Proprio per questa sua caratteristica, aveva il vizio di saltare. Torrenti, fossi, non aveva importanza: sapeva che le sue gambe l'avrebbero fatta atterrare al sicuro dall'altra parte.

Si fermò sulla sponda del fiume e osservò i sassi che sporgevano dalla superficie come teste grige e verdi. Lentamente vide un sentiero, tutto da saltare, per arrivare dall'altra parte.

Lì vicino c'era anche uno degli uomini della compagnia che, intuendo i pensieri della piccola, le disse di lasciar perdere. Le disse che le pietre erano ricoperte d'alga e muschio: troppo scivolose. Le disse inoltre che non bisogna fidarsi dell'acqua dolce ''inghiotte vita e sputa morte''. Ovviamente la bambina non gli diede ascolto. Gli disse che le sue gambe non l'avevano mai tradita, e che sicuramente non avrebbero cominciato quel giorno.

Peccò d'arroganza e venne punita per questo: a tre pietre dalla riva opposta, il suo piede scivolò. Cadde nell'acqua gelida. Lottò per tornare in superficie, lottò con tutte le sue forze, ma i mulinelli la risucchiavano e la trattenevano.

I polmoni le andarono i fiamme, il suo petto stava per esplodere.

Fu quando l'incoscienza stava per prenderla che la vide...”

“Chi?” Non era riuscita a trattenersi. “Chi vide?”

Nicole le sorrise. “Vide la donna più bella che sia mai esistita. Vide una dea dai lunghi capelli argentei. Lo ripeto, era una donna bellissima. Aveva un volto giovane e maturo allo stesso tempo, magro ma morbido. Senza tempo, eterno. Era così pallida. Aveva gli occhi più neri del nero. Erano profondi e grandi. Quegli occhi potevano inghiottire come solo un buco nero.

Quando la dea le sorrise, la bambina smise di avere paura. Non c'era più nulla... nulla se non... benevolenza, calda e accogliente benevolenza.

La dea le prese il volto tra le lunghe, diafane dita. Aveva un tocco gelido, diverso da qualunque gelo la bambina avesse sperimentato fino a quel momento. Era triste e penoso... sbagliato, in qualche modo. Eppure, di sbagliato non c'era proprio nulla...

La dea spiegò la ali. Erano nere come quelle di un corvo, e grandi... immense.

Dischiuse le labbra e avvicinò il volto a quello della bambina. Stava per baciarla...” Nicole si sfiorò le labbra. Un gesto involontario. “Aveva le labbra gelide e morbide... toccarono appena quella della bambina. Un soffio, non un vero contatto. Le disse: ''Non è il tuo tempo, creatura''. Aveva una voce così dolce...”

“Nicole... era la morte?” Solo in quel momento si rese conto di tremare. “Sì?”

Nicole assentì.

“Come sei sopravvissuta? E' stato l'uomo che c'era sulla riva?”

Sorrise e rispose: “Sì, è stato quell'uomo a tirarmi fuori dal fiume. Penso di poter anche smettere con la terza persona. Immagino sia stato come parlare con Gollum. La parola non è la mia arte.”

“Continua la storia, ti prego”, supplicò.

“Come desideri”, acconsentì. “Mi svegliai tre giorni dopo. Aprendo gli occhi, la vidi... la dea si stava voltando, se ne stava andando via. Non volevo che se ne andasse. La supplicai di fermarsi. Volevo sapere chi era, volevo risposte... ma volevo anche continuare a guardare quel suo bel viso. Mi guardò e mi disse: ''Non ora, creatura'', e svanì.

''La vedi anche tu...'' mormorò mia nonna. ''E' rimasta a vegliare su di te per tre giorni e tre notti. Non poteva prenderti, forse non voleva farlo''. Non mi ero accorta di lei, prima che parlasse. ''Hai strappato il velo sottile''.”

Il velo sottile, Nicole? Che cosa intendi? E perché lei era ancora lì? Perché tua nonna poteva vederla?”

“Mi credi?” Non riuscì a nascondere lo stupore.

“Non devo? Ti stavi prendendo gioco di me?”

“No, certo che no”, la rassicurò, “ero seria. Solo non è la reazione che ottengo quando ne parlo, ecco.”

“Ne hai parlato ad altre persone?”, chiese con malcelato fastidio.

Nicole si lasciò ricadere sul materasso. Sembrava improvvisamente esausta.

“Ho provato a parlare di Morte. Le persone si fanno sorde o meschine. Questa storia, però, la raccontai ad una sola persona... lei mi ascoltava. Voleva capirmi. Anche tu vuoi capirmi...”

“Chi era quella persona?”

“Lei l'ha presa con sé. Non ha senso pronunciare il suo nome. Non ha senso...”

“Mi dispiace...” mormorò. “Presa com'ero dalla curiosità, ho dimenticato di essere sensibile. Ho dimenticato che... questi non sono affari miei...”

“Ho scelto di mia spontanea volontà di parlartene”, disse Nicole, mettendosi seduta. “Ho scelto di raccontarti come ho strappato il velo.”

Waverly scese dal letto, ci girò intorno e si mise seduta accanto a Nicole.

“Puoi perdonare un'ultima volta la mia curiosità? Te lo chiedo per una domanda in particolare, non per le migliaia che ti farò dopo...”

“Vuoi chiedermi di lei”, sospirò. “Era una brava ragazza. Era dolce e sensibile... mi trattò sempre con rispetto e umanità. La sua amicizia fu il dono più bello della mia adolescenza.”

Amicizia...

“Non eravate innamorate, allora?”

Si voltò e la guardò a lungo negli occhi. Poi chiese: “Cos'è l'amore? Puoi definirlo? Riesci a racchiuderlo in un solo insieme?” Scosse la testa. “Le persone si riempono la bocca con questa parola, ma siamo sicuri di sapere cosa vuol dire... amore?”

Immagino siano domande retoriche... lo sono? Non ne ho idea. Si sta arrabbiando? Vuole una risposta da me? Ci provo...

“Penso che l'amore sia quella cosa che ti scuote dentro, che ti toglie forze e respiro, ma è anche tutto ciò che rende felice... vivo...”

“Quello non è amore”, affermò Nicole, “quella che hai descritto è passione. E' importante chiamare le cose col loro nome.”

  
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