Capitolo Due: Presi male
«Su questo cuore non ci puoi sputare».
Il clima teso tra Rick e Morty, come un vapore saturo di
tossine
nocive, sembrava essersi esteso a tutto il resto della famiglia, che
diventava sempre più insofferente alle sfuriate dei due.
Tanto che
Summer, quando chiacchierava con suo fratello, aveva un fremito in
corpo, un’agitazione creata dall’assurda
possibilità che, se
Rick e Morty si fossero scambiati uno sguardo di troppo, uno di loro
avrebbe fatto fuoco e fiamme, riprendendo l’inarrestabile
lite.
Simili sempre di più a Beth e Jerry nei periodi in cui lo
scienziato
aveva iniziato a far parte delle vite di tutti loro, solo che Rick e
Morty riuscivano a estremizzare ogni minimo aspetto. Urlavano a voce
più alta; in ogni sillaba o gesto lo svelarsi di
un’aggressività
a stento trattenuta. Una volta arrivarono anche a menarsi, solo
l’intervento di Beth e Summer li fermò. Jerry si
era allontanato
dalla scena, non volendo averci nulla a che fare, sicuro che in
qualche modo Rick avrebbe trovato un modo per fargli lo stesso un
occhio nero.
Qualunque problema avessero Rick e Morty, era
evidente a tutti che non lo stessero risolvendo nella maniera
più
sana. Beth sbottava, alla ricerca di vino, borbottando tutti soldi
spesi per la psicoterapia di Morty. Rick, diventando anche lui
interessato alla presenza di vari alcolici all’interno della
cucina
del camper, le rimarcava che lei aveva pagato solo per due anni, e
che il resto erano state solo spese a proprio carico. Trovato il
tesoro, Summer si metteva a bere con loro, silenziando ogni sua
preoccupazione.
Si pentì di non aver mai imparato lo spagnolo, perché si sentì esclusa dalle loro conversazioni e triste. Beth aveva provato a farle vedere Dora L’esploratrice da piccola, ma alla Summer di allora era sempre sembrata una coercizione e, se almeno quelle istituzioni demonizzate da Rick le avevano insegnato qualcosa, sapeva che nessuno poteva costringerla a fare ciò che non voleva. Niente cartoni in spagnolo con lei, niente lezioni di lingua straniera per lei. E poi si ritrovò lì, a cercare di decifrare qualunque cosa suo nonno e sua madre stessero dicendo tra un bicchiere e l’altro.
Si auto-invitò nella conversazione, senza partecipare attivamente; si limitò ad annuire, provando a guardare Rick e Beth, ma la vista si faceva sempre meno nitida ogni volta che muoveva il capo. La sua testa era pesante e il collo così fragile. L’alcol faceva finalmente il suo effetto.
Rick parlava in spagnolo e mutava forma, rimaneva sempre lo stesso, ma diverso in maniera piacevole. La sua voce era più baritonale, e l’alcol la rendeva aspra; scivolava via come una risata sconclusionata e a stento trattenuta. Muoveva il polso, il liquido della fiaschetta nella sua mano emetteva un suono piatto; scuoteva la testa, schioccava la lingua. Era scontento. Forse parlava di Morty, ma Summer non aveva sentito nominare il moro.
Beth borbottò anche lei qualche parola. Rise, nevrotica. Ancora nessuna menzione di Morty. La rossa non trovò ancora nessuna risposta ai suoi dubbi, nessun indizio per la sua indagine, e imprecò ad alta voce, scocciata e scorbutica. Si voltarono entrambi verso di lei, riconoscendo finalmente la sua presenza, e risero, come se avesse detto la battuta più divertente dell’anno.
Summer doveva indagare ancora.
“Ma che vi prende?”, Jerry aveva interrotto l’ennesima inferocita guerra che stava per scoppiare tra i due. Morty aveva sputato sentenze, rileggendo Rick agli epiteti di depravato, traditore, pazzo ubriacone. Il più anziano lo aveva guardato truce, sbattendo una mano sul tavolo, producendo un rumore abbastanza forte da far sobbalzare chiunque intorno a lui. Aveva risposto piccato, l’acidia che prendeva il sopravvento della sua lingua, ricordando a Morty che era lui a pensare di poterla fare franca, sempre e comunque, solo per il suo viso paffuto e patetico di un bambino. Nel frattempo, il resto della famiglia era giunto alla conclusione che giocare a Monopoli fosse stata un pessima scelta, proprio come ogni idea partorita dalla mente bacata del padre Smith. “Vi pagano per litigare?”, Jerry aggiunse, accigliato, esprimendo il sentimento di esasperazione condivido da chiunque altro in famiglia.
“Stanne fuori!”, Morty ringhiò, riservando ancora il suo sguardo adirato a Rick, che rispondeva guardando il nipote in maniera cupa Come un gioco creato ed eseguito solo da loro due, dove chi smuoveva gli occhi da quelli dell’altro perdeva.
“Morty!”, Beth richiamò suo figlio, la voce più barcollante di lei, ancora un po’ brilla per il vino bevuto prima. “È tuo padre”.
“S-scusa”. Morty si voltò verso Jerry, senza pensarci, e chinò il capo in gesto di sincero dispiacere.
“Ah, a lui sai dirlo, merdina”, Rick sibilò. Mise entrambe le mani sui fianchi, riservando un’occhiataccia lugubre al nipote — perché Morty meritava tutto, dalla conquista di mille galassie per il suo amore e la rabbia indomita per il torto subito. Lo scienziato, però, non aveva solo Morty a cui dirgliene quattro. “E in quante a te, Jerry, lurido spreco umano di ossigeno — ”, si era voltato verso il proprio genero, bramoso di sottomissione, e chi poteva fargli da miglior sacrificio, se non l’essere più patetico della famiglia?
“Accidenti, Rick, vacci piano”, Morty si mise in mezzo, interponendosi tra l’indice accusatore del vecchio e Jerry. “È mio padre!”.
“Tu hai smesso di avere il privilegio di farmi una ramanzina a maggio!”.
Maggio. Summer registrò l’informazione nel suo cervello, per quanto potesse riuscirci da brilla. Ricollegò ogni litigio a un unico punto di partenza: una discrepanza avvenuta in primavera, e il semplice strappo di accordi si ampliava sempre più, prendendo la forma di una voragine. Cosa poteva essere mai successo a maggio? Cosa avevano prefissato per quel mese? Non ricordò, riassaporando il gusto metallico del vuoto, e la sua unica opzione rimase osservare la scena davanti a lei.
Rick era lì, alto e spendente come il sole, torreggiava ancora su Morty, bruciava con le sue parole di fuoco e tutti inevitabilmente gli stavano intorno, come se fosse stata una legge dell’universo stesso a decretarlo. Se non l’avessero conosciuto così da vicino, abbastanza da essersi scottati tante volte, si sarebbero chiesti perché mai un uomo della sua età sembrava non aver mai superato i settantacinque all’apparenza. Scienza era la risposta semplice e indolore. No, magari non del tutto priva di sofferenze. C’era ancora chi si domandava lo scopo di tutto ciò.
Sicuramente né Beth né Jerry avevano capito che Rick sarebbe stato in giro finché Morty era ancora vivo. La messa in pratica di una promessa, che era stata dedicata a solo una persona, che pochi avevano compreso pienamente. Summer sentiva l’eco ovattato dalle pareti del garage «Rick e Morty per cento anni, per sempre insieme», come un oracolo, come una maledizione benevola.
Troppo facile morire per Morty, quando la morte era sempre stata ciò che aveva bramato per tanto tempo, l’oscura sposa da seguire e che l’avrebbe benedetto da ogni male che si era autoindotto. Ma vivere per Morty? Rinunciare all’unica sicurezza promessa dalla vita, eppure mantenerne un’altra, fatta in nome di una fiamma che non riscaldava più chi l’aveva accesa. Sembrava spegnersi, lenta e inesorabile.
L’aria era statica e sullo sguardo di Rick gravava il peso della sua vera età, uno spirito sia dionisiaco che apollonico appassito; fili d’argento gli cadevano scomposti sulle spalle e occhi acquosi e blu-grigio guardavano Morty, che però, ingrato, in quel momento gli dava il profilo. Il moro col suo naso storto, così simile a quello del proprio nonno, che faceva compagnia agli zigomi finalmente spuntati, e di cui anni prima si dubitava perfino quasi l’esistenza. La pelle liscia e i lineamenti finemente marcati. Le palpebre socchiuse, mettendo in evidenza le ciglia scure e lunghe, di cui segretamente Summer era sempre stata invidiosa. Il dio Eros adulto.
La mitologia romana non si soffermava molto sul rapporto tra Febo e Amore, Summer non sapeva quindi se il suo fosse stato un paragone inopportuno, oppure se ci avesse azzeccato in pieno, guadagnandosi il sorriso soddisfatto di quel noioso e irrecuperabile amante della letteratura classica di suo fratello.
“Non-non mi pento di quello che ho fatto, Rick”, Morty non guardava suo nonno negli occhi, fissando il cielo oltre il vetro della finestra, ignorando il Sole; asserì solenne, ma cheto nel tono, schivo. Era come assistente a una conversazione privata, la rivelazione di un segreto, nonostante non si sapesse ancora il perché di ciò che era accaduto, cosa era davvero successo. Era l’alcol a contribuire, ma Summer si sentì emotiva e scomoda — fuori luogo. Non doveva assistere a tal sentimento, qualunque esso fosse.
“Nemmeno io”. Rick replicò, asciutto, brutale nella sua onestà. Un’emozione così cruda e viscerale riemergeva dalle sue parole; tanto bastava per far ribaltare le budella di Summer, che poteva solo immaginare quale pensiero potesse passare per la mente del fratello più piccolo.
Morty sentì la propria presa farsi meno decisa, mollando la sua precedente posizione imbronciata. Voleva trovare in se stesso rabbia e irritazione per le parole di Rick, ma i lineamenti del suo viso si sciolsero, rivelando uno stato d’animo molto più riconducibile alla delusione. Stanco, sopraffatto, incredulo. Guardò finalmente Rick negli occhi, sentendosi intenerire, inerme, dal suo sguardo più maturo e violento. Il peso delle sue scelte dipinte in un iride lucida e triste.
Dopo quella discussione, ci fu la svolta: Rick e Morty avevano smesso di litigare, limitandosi al non rivolgersi più parola.
NdA
Il
titolo del capitolo e la cit. all'inizio sono tratti dalla canzone
Presi Male di Michele Bravi e Mahmood.
Credevate di esservi liberati
di me, eh? :p
Invece rieccomi al timone di questa ff, che avevo lasciato in
cantiere in favore di Mina Vagante, che ormai è conclusa.
Qui i
nostri due cretini innamorati sono in crisi di coppia, sad,
ma
mi piace tanto scrivere dal pov di Summer. Non vedo l’ora per
il
prossimo capitolo, così potrò usare una canzone
di Matteo Romano.
Uh, la sua discografia mi dà molte rickorty vibes, e lui
molti Morty
vibes. Aiuto. Come sa chi ha seguito Mina Vagante, io uso le note
d’autore per chiacchierare un po’ sulla rickorty,
quindi, sempre
parlando di RnM, l’attore che interpreta il nostro riccioluto
prefy
nel live action, Jaeden Martell (2003 come me tra l’altro,
piango),
ha recitato il ruolo di ragazzino semi Nazi in Knives Out ( mi fa
spaccare sta cosa, perché so che in
qualche dimensione
alternativa c’è qualche Morty che si diverte a
fare il troll di
estrema destra sui social, con un Rick antifascista che gliene canta
di santa ragione ogni tanto) e ha recitato in In Defense of Jacob,
serie perfetta per chi ama i thriller crime, e lì ci vedrei
un AU
molto plausibile per Rick e Morty. Fatemi sapere. Non ho molto altro
da dire, e neanche tempo, perché devo subito tornare a
studiare.
Statemi bene!
Alla prossima!