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Autore: EleAB98    31/03/2022    2 recensioni
Malcom Stone è un pretenzioso caporedattore, nonché affascinante quarantenne con una fissa smodata per le belle donne. Ma arriverà il giorno in cui tutto cambierà e l'incallito casanova sarà costretto a fare i conti con i propri demoni interiori, e non solo quelli... Riuscirà mai a guardare oltre l'orizzonte? Ma soprattutto, chi lo aiuterà nell'ardua impresa?
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*Opera Registrata su Patamù*
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo IV – In Equilibrio



«Che dici se ci sediamo laggiù?» le chiesi, indicandole un posto più appartato nei pressi di un tavolo su cui poggiava un grande acquario pieno di pesci. «Oppure preferisci altrove?»

«Mi sembra giusto che stavolta sia tu a scegliere, no?»

Benedetta fece un timido sorriso, che ricambiai all'istante. «D'accordo, allora prendiamo posto che ho una fame che non ci vedo!» Il mio stomaco, in effetti, continuava a borbottare come se non mangiasse da mesi.

«Anche io, ma questa volta spero proprio di potermi gustare un pranzo come si deve in tutta tranquillità. Credo sia illegale doversi ordinare un misero panino perché poi, tra una mezz'ora esatta, bisogna tornare in ufficio.»

All'unisono, ci sedemmo al tavolo e aspettammo il cameriere. «Se ti stai riferendo a ieri, puoi stare tranquilla. Oggi pomeriggio non ci sarà nessuna riunione. Ergo: non abbiamo fretta. Contenta?»

Lei si limitò ad annuire e, di tanto in tanto, si guardava attorno, affascinata. «Non ero mai stata in questo ristorante, mi sembra molto grazioso. Queste tende di lusso, i tavolini decorati con graziose stampe ornamentali... Non avevo nemmeno notato tutti questi memorabilia* impressi sulle pareti.» Lo sguardo di Benedetta cadde su un paio di quadri autografati da attori famosi come Silvester Stallone, Leonardo di Caprio e Richard Gere. A un certo punto, scosse la testa e si abbandonò a una risata sommessa.

Inarcai le sopracciglia. «Cos'è, perché ridi?»

«Mia madre è super fissata con Richard Gere. Ha visto tutti i suoi film e ce li ha persino in DVD.»

«Tuo padre doveva esserne entusiasta, immagino.»

Benedetta stette al gioco. «Uh, lui era felice come una pasqua! Ogni singola domenica, si preparava alla serata più esaltante della sua vita!»

«Eh, cosa non si fa per amore...» commentai, scostando lo sguardo da lei. Per un istante, quella parola accese in me una strana sensazione. Forse perché non l'avevo più pronunciata, da quando... Scossi la testa. Amore. Sapevo più cos'era? Cos'era quell'amore che tutti sognavano? Quell'amore che tutti si ostinavano a rincorrere – spesso facendosi molto, ma molto male? Quell'amore che tutti battezzavano come l'ancora di salvezza per eccellenza? Non lo sapevo. Ormai da tempo non (ri)conoscevo il significato di quell'amore. Un sentimento a cui forse non credevo nemmeno più.

D'improvviso, percepii la mano calda di Benedetta sfiorare la mia. A quel contatto inaspettato, rialzai il capo e strabuzzai gli occhi. Proprio in quel momento, lei fece dietro-front e si mise a giocare con il tovagliolino di stoffa. Sembrava imbarazzata. «Scusami tanto, Malcom. Mi pareva che avessi la testa da tutt'altra parte, e così—»

«Ma figurati, non devi affatto scusarti! Hai fatto bene a richiamarmi, mi ero un attimo perso nel mio mondo. Stavo già pensando alle scartoffie del pomeriggio e mi stava salendo una certa preoccupazione.»

Lei mi guardò pensierosa, quindi scosse la testa. «Perché non sono sicura di crederti?» replicò, con tutta la calma del mondo. Mi concentrai sui suoi occhi verdi. «Ascolta, Malcom, ci conosciamo da un anno, ormai... non vorrei suonarti indiscreta, ma, se lo desideri, non farti problemi a confidarti con me. Non voglio forzarti, sia chiaro. Ma sappi che ci sono.» Mi sorrise, incoraggiante. «Proprio come tu ci sei stato per me», aggiunse, in un secondo momento.

Continuai a scrutarla profondamente senza dire una parola, ma lei scostò – di nuovo – lo sguardo. Solo in quel momento me ne accorsi: quando la fissavo troppo a lungo, lei prendeva e scostava gli occhi dai miei. Ripensai alle parole di Christian: poteva aver fatto centro su di lei? Decisi di scacciare quell'assurda idea, quindi sorrisi anch'io. «È davvero molto gentile da parte tua. Ma non voglio assillarti con i miei problemi e acciacchi da ultraquarantenne. Parlami di te, piuttosto. Come procede il tuo lavoro? Stai continuando a trovarti bene?»

Mentre il cameriere ci servì un bel piatto di tacchino, lei tornò a sorridere, spensierata e felice. «Non ti ringrazierò mai abbastanza, Malcom. Questo lavoro mi sta piacendo un sacco, ma se non fosse stato per te... non so dove sarei adesso.»

«La vuoi smettere di ringraziarmi o no?» le risposi, versandole un bicchiere abbondante di acqua minerale. «Sai bene che fin dall'inizio mi hai fatto un'ottima impressione, quindi il minimo che potessi fare per te era presentarti al mio capo e farti conoscere cosa significa davvero occuparsi di giornalismo, soprattutto di questi tempi. E non sono affatto pentito della mia decisione. Sei qui per i tuoi meriti. Nient'altro.»

«Grazie davvero, Malcom.»

Aggrottai la fronte, falsamente contrariato.

«Cosa credi? Ti sto ringraziando per l'acqua, questa volta!» aggiunse lei poco dopo, suscitando in me un'altra risata. Inscenammo un finto cin-cin – da un po' di tempo, evitavo di bere qualsiasi alcolico – per scherzarci su, quindi ci preparammo a gustare il piatto del giorno. Per qualche momento, mi sentii da Dio. Capitava sempre quando c'era Benedetta nei paraggi. Il suo atteggiamento mi infondeva una certa positività. Stavo davvero bene in sua compagnia, senza contare che la trovavo davvero adorabile. Quando le facevo un complimento sincero, cercava sempre di ribattere buttandola sul ridere. Forse lo faceva per arginare l'imbarazzo che quei complimenti le suscitavano. Non che gliene elargissi molti, ma tenevo veramente a lei e desideravo spronarla sempre di più. Io non avevo avuto tutto quell'appoggio da giovane, e a maggior ragione non l'avrei fatto mancare a lei.

«Sai... solamente mio padre mi sosteneva come fai tu. Peccato che se ne sia andato troppo presto. Ma questo già lo sai.»

Sorrisi mestamente. Nei suoi occhi intravidi un improvviso alone di tristezza, che conoscevo sin troppo bene. «Scusami tanto. Non avrei dovuto nominarlo prima, è stato istintivo e—»

«Ma figurati, non preoccuparti! Soltanto che... ecco, non ho più avuto questo tipo di supporto da quando lui è morto.»

Allungai una mano verso di lei. Gliela strinsi. «Benedetta, guardami. Sono sicuro che lui sarebbe fiero di te.» E della donna che sei diventata, pensai, senza dirlo ad alta voce.

Lei ricambiò la mia stretta, ma continuava a fissare alternativamente me e il piatto. Quando mi rispose, però, tornò a fissarmi senza paura, né disagio. «Tu credi?»

«Ne sono convinto. Conosco il tuo dolore, ci sono passato anch'io. E lo sai bene. Abbiamo perso nostro padre a quindici anni, è naturale che la sua perdita abbia lasciato un vuoto incolmabile dentro di noi.»

Lei spalancò gli occhi. «H-hai ragione, Malcom. Quel vuoto sarà sempre parte di noi. Ma sono felice di averti incontrato, di averne potuto parlare con te.»

Allentai la stretta senza smettere di sorriderle. «Anche io lo sono. Che dici, mangiamo un boccone?» Lasciai andare la sua mano e indicai il suo piatto fumante.

A Benedetta tornò il sorriso. «Hai pensato o no a quella proposta?»

Bevvi un altro sorso d'acqua e a malapena la guardai. Temevo che sarebbe trapelato qualcosa, prima o poi, e non ero affatto pronto a parlargliene. «Non così tanto, in realtà. Ascolta», tentai, continuando a fissare il piatto, «non credo che sia una buona idea.»

«Perché no? Sei un ottimo giornalista, conosci tutti i trucchi del mestiere. E potresti benissimo vincere.»

Scrollai le spalle e sorrisi appena. Ah, quell'entusiasmo! Il suo entusiasmo! Avrei pagato oro perché tornassi l'uomo combattivo e pieno di ambizioni qual ero un tempo. «Non insistere, Benedetta», replicai, duro. Questa volta, la guardai inespressivo. «Non vedo perché dovrei mettermi alla prova. Ho ben altro di cui occuparmi e lo sai anche tu.»

Lei sospirò. «Forse perché potresti dare una lezione di vita a chi si professa giornalista divulgando una miriade di informazioni false? Forse perché ormai da anni questa professione non viene poi troppo presa sul serio? Tu sai meglio di me come va il mondo, Malcom. Hai una certa esperienza in materia, io ho a malapena cominciato ad approcciarmi a questo mestiere tanto stimolante quanto pieno di contraddizioni. Io credo che il tuo intervento non passerebbe inosservato. Sai... io adoro il tuo modo di scrivere. Di raccontare e diffondere le notizie, ammiro tutto l'impegno che continui a profondere. Anche se...»

Smisi di mangiare. Quelle parole – come l'aria decisa di lei – mi avevano colpito come se avessi appena ricevuto uno schiaffo in pieno volto. «Anche se?» la esortai, ero diviso tra la voglia di sapere cos'altro avrebbe detto e la tentazione di chiudere una volta per sempre con quell'argomento.

«Non lo so, secondo me potresti fare di più. Io, al tuo posto, non ci penserei due volte. Ti vedo troppo... come dire... in equilibrio, ecco. Dovresti rischiare un po' di più.»

«Tra qualche annetto, ti accompagnerò io stesso nel luogo del misfatto, qualunque esso sia. Questo ti basta?»

Lei addentò un altro boccone, quindi spalancò gli occhi. «Lo faresti davvero?» mi chiese poi, la forchetta a mezz'aria.

«Non vedo perché no. Molto probabilmente ci scambieranno per padre e figlia, ma sono disposto a correre il rischio», feci un leggero sorriso, mi ero deciso a tastare il terreno per scoprire se in Benedetta ci fosse un qualcosa che non avevo mai notato. Ah, Christian! Ma perché dovevi mettermi questa fastidiosa pulce nell'orecchio? Lasciai quel pensiero nel momento stesso in cui la forchetta di lei ricadde nel piatto.

«Oppure potrebbero scambiarci per zio e nipote. Non ci hai pensato?» ribatté lei, con una certa verve. «A parte gli scherzi, sarebbe davvero bello se un giorno potessi partecipare. Ma non mi sento molto all'altezza, a dire il vero.»

Sospirai, mentalmente, di sollievo. Sembrava che non ci fosse nulla di anomalo nel suo comportamento, o magari volevo solo convincermene. Nah, tra me e lei sussisteva soltanto una bella amicizia. Scossi ancora la testa. «Lo sarai. Aspetta ancora un po', e vedrai che farai strada. Comunque... all'università non ti sei fatta degli amici? Sai, avere delle conoscenze è fondamentale e potrebbe spronarti a fare di più, come aiutarti nel riflettere bene su possibili scelte avventate.»

«Be', di amici non ne ho molti, in verità. Tantomeno un fidanzato.» Tornò a guardarmi con una serietà mista a discrezione; al che, tornai a drizzare le antenne. Non aveva mai accennato alla sua vita privata fino a quel momento.

«Avrai tutto, Benedetta. Basta solo aspettare», le risposi, convinto.

«Spero che tu abbia ragione.» Lo sguardo assente, la mano sinistra a giocherellare con il tovagliolo. Era nervosa, si vedeva lontano un miglio.

«Qualcosa non va?»

«Sì», ribatté lei, di nuovo gli occhi fissi su di me. «Pensaci bene, Malcom. Hai tutte le carte in regola per farlo.»

Sorrisi. «Ancora con questa storia? Non ti credevo così ostinata.»

«E io non ti credevo così testardo. Dai, cosa ti costa? Provaci, almeno. Butta giù qualcosa. E se poi ti farà così schifo, be'... provaci ancora.»

«Non pensi che un singolo tentativo, nel caso remoto in cui io mi decida a seguire il tuo consiglio, sia più che sufficiente?»

«Non pensi che un miserrimo tentativo non si addica alla tua persona?» ribatté lei, senza paura. «Sono certa che ci sia tanto altro in te. Devi solo dimostrarlo.»

Tornai a ingozzarmi di tacchino e non le risposi, limitandomi a sostenere il suo sguardo di sfida. In quel frangente, dovetti ammettere con riluttanza che la mia schiena era appena stata scossa da un piacevole brivido.

 

*Per memorabilia, dal latino memorabilis, quindi ricordare o tenere nella memoria, si intendono degli oggetti appartenenti ad un avvenimento storico, ad un fatto noto, ad un film o ad un evento sportivo che sono accaduti in un passato relativamente recente.

   
 
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