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Autore: Pol1709    04/04/2022    1 recensioni
Ben ritrovati! Con questa storia si conclude il ciclo iniziato con "Il Cavaliere e la Strega" e proseguito con "La pietra della collana". Gli avvenimento sono ambientati ai giorni nostri (per ragioni di scorrevolezza della trama non ho considerato la pandemia Covid-19): Oscar verrà chiamata ad essere di nuovo un cavaliere e, con André al suo fianco, affronterà un'ultima battaglia per se stessa e per un mondo antico e dimenticato. Buona lettura!
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Oscar aggrottò la fronte – Scusa…Puoi ripetere? –
Andrew annuì – Ha lasciato la residenza di padre Philby in compagnia di un’altra donna, di cui non si sa esattamente nulla e non compare nemmeno nel rapporto del Foreign Office
Lei tentennò – No! Ripetimi la descrizione della donna –
Fu lui ad aggrottare la fronte – Beh! Con abiti maschili neri, spada…Uno scudo…E dalla pelle del viso pallida come un cadavere –
Oscar abbassò lo sguardo pensando, per un attimo, alla donna che aveva conosciuto a Tintagel: Morgan Drakehead. Anche lei indossava abiti maschili neri e la sua pelle era di un pallore innaturale. Scosse la testa; la donna di cui stava parlando Andrew era vissuta due secoli prima e non erano la stessa persona, ovviamente. Di sicuro soffrivano della stessa malattia che rendeva il colorito della pelle pallido. Lo guardò negli occhi – Ti dice niente il nome Morgan…Morgan Drakehead? E’ una donna piuttosto ricca, a quanto mi è sembrato di capire, che ho conosciuto prima di arrivare a Londra, soffre della stessa malattia della persona che mi hai descritto –
Andrew rimase perplesso – Drakehead…Che nome strano…No! Non mi dice nulla. Perché me lo chiedi? –
Lei tentennò – Nulla…In effetti…A parte la pelle pallida, non c’entra nulla…Va bene! Credo che sia ora per me di rientrare. Del resto ho avuto una giornata intensa e poco riposo –
Lui si sentì deluso e, sospirando, annuì e le porse la mano – Mademoiselle… -
 
Il taxi si fermò di fronte all’ingresso dell’albergo e Andrew scese di corsa per aprire la portiera ad Oscar. Lei sorrise e scese con grazia. – Quindi ci vediamo domattina? Tanto lo sai dove lavoro…E dobbiamo discutere ancora di tante cose – disse lui tenendo aperta la portiera.
Oscar fece qualche passo avanti e poi si girò con un sorriso triste – Io…Credo che lascerò Londra domani mattina –
Lui aggrottò la fronte – Ma come!? E il rapporto sulla tua antenata?  –
Lei tornò indietro e gli mise una mano sul braccio – Io…Non posso rimanere qui. E, comunque, si tratta, come hai detto tu, di una semplice gita turistica della mia prozia…E per quello che riguarda lo spionaggio…Se non sono riusciti a venirne a capo gli agenti di Giorgio III non vedo che cosa potremo fare noi due secoli dopo…Ci…Ci risentiremo…Grazie della bella serata – disse e improvvisamente si sollevò sulle punte e gli diede un bacio sulla guancia.
Lui rimase sorpreso e lei sentì le guance arrossarsi; tentennò e andò dentro a passo veloce. Si infilò nell’ascensore ed arrivò al suo piano. Una volta dentro la suite si levò le scarpe lanciandole e andò in camera. Si sfilò velocemente l’abito e lo appoggiò delicatamente su una sedia. Dopotutto, si disse, quello andava restituito.
Si stese sul grande letto guardando il soffitto del baldacchino e sospirò. Come aveva potuto comportarsi come un’adolescente innamorata con Fersen? Come aveva potuto essere così sciocca? Ricordava ancora le sue parole: “Perdonami, Oscar, forse tutto questo ti ha fatto credere…Qualcosa…Io…Mi dispiace molto!”. Chiuse gli occhi per un attimo e sentì nelle narici il profumo di fumo e alcol del pub in cui l’aveva portata Andrew; rise al solo pensiero di aver giocato a freccette con altri uomini e per di più vestita da donna e sentì nelle labbra il buon sapore amarognolo della birra. No! Si disse riaprendo gli occhi sorridendo: forse non era stata una brutta serata.
 
Era bloccata in piedi. I suoi muscoli erano tesi fino allo spasmo e non riusciva a muoversi. Solo il suo braccio destro e la sua mano si stavano spostando. E stavano mettendo la sua stessa spada, la sua stessa lama, sotto la sua gola. Stava andando nel panico, per sé stessa e per il suo compagno, bloccato dagli scagnozzi della strega. Di fronte a lei avanzava una figura completamente nera di cui solo gli occhi brillavano di una sinistra luce gialla. La figura si fermò a pochi centimetri da lei: - Hai capito, ora, con chi hai a che fare? – disse piano e sollevò una mano completamente bianca verso di lei.
 
Oscar si mise seduta sul grande letto e ansimò. Si guardò le mani e le mosse lentamente, come per rendersi conto di poterlo fare. Si passò i palmi sul volto e guardò l’ora: stava albeggiando. Si alzò e aprì le grandi tende rimanendo per un attimo a guardare il meraviglioso panorama di Hyde Park alle prime luci del giorno. Inspirò profondamente: doveva preparare le valigie nel più breve tempo possibile ed andarsene. Doveva tornare a Parigi, lontano da Fersen e, si disse, anche lontano da Andrew. Non poteva restare. Non voleva restare. Non dopo la pessima figura che aveva fatto la sera prima al ricevimento della Historical Research Foundation. Si mise sotto la doccia con stucchi dorati e si rilassò lentamente, poi si vestì e iniziò a preparare le sue valigie.
Alla fine indossò la sua giacca sportiva, si infilò la borsa a tracolla con il suo fido computer portatile e si guardò attorno. Indugiò ancora sul panorama e sorrise debolmente: “Questo mi mancherà! Adieu Angleterre!” pensò e si piegò verso i suoi bagagli quando, proprio in quel momento, il telefono squillò.
Lei aggrottò la fronte, guardò l’orologio e vide che erano le otto e mezzo del mattino e pensò che, dopotutto, se l’era presa comoda per preparare le sue cose. Prese il ricevitore e se lo portò all’orecchio: - Si…Sono Oscar de Jarjayes! Ma…Non è…Io… – sospirò – E va bene! Ditegli di attendere un attimo –
Oscar attaccò il ricevitore quasi tirandolo e poi sbuffò guardandosi attorno. Fersen aveva mandato un’automobile per accompagnarla presso la sede della Historical Research. Guardò l’orologio e si disse che lo aveva fatto con uno strano tempismo. Fissò anche le sue valigie pronte e poi annuì – E va bene! Andiamo a salutarlo. Torniamo qui e poi andiamo via da questa città! – disse piano e uscì.
Ad attenderla proprio di fronte all’ingresso c’era una grande Jaguar nera e due uomini muscolosi e dalle spalle larghe in strettissimi completi scuri a giacca e cravatta. A Oscar sembrarono, più che impiegati, delle guardie del corpo. La fecero accomodare senza dire nulla e poi sfrecciarono lungo le vie di Londra.
 
Oscar entrò nello studio di Alexander Fersen accompagnata da una giovane segretaria che non era Martine de Poligny, ma lui non era presente. La donna sorrise amabilmente – Il signor Fersen si scusa, ma arriverà subito. Vi prega di mettervi comoda nel frattempo – disse e uscì chiudendosi la porta alle spalle.
Lei avanzò nella grande sala, vide una grande scrivania in acciaio e legno, con dietro una grande poltrona in pelle e davanti due poltroncine più piccole. In una di quelle Oscar lasciò cadere la sua sacca e andò dietro al tavolo, tutta la parete era un’unica ed immensa vetrata. Da lì si poteva dominare il Tamigi: da un lato si poteva vedere il Tower Bridge, uno dei simboli di Londra; dall’altro un vecchio incrociatore della Royal Navy attrezzato a museo e al centro, sull’altra riva, lo storico complesso della Tower of London. Dalla finestra del suo studio al Collège de France riusciva a vedere solo un pezzo di Rue des Ecolès e, si disse, non era proprio un granché.
Su una parete Oscar vide dei certificati incorniciati. Andò a vedere e notò scritte in inglese, francese, tedesco, italiano; qualcuno persino in cirillico e uno in arabo. E poi, accanto, c’erano anche delle fotografie. Mostravano Fersen con altre persone e nell’atto di ricevere qualcosa, una targa o un documento. Una in particolare, diversa da tutte le altre, la colpì: non c’era lui, ma era il ritratto di una bellissima donna dai capelli biondi e vaporosi e con occhi azzurri grandi e limpidi. Sorrideva felice e, poco sotto il volto, notò una frase, probabilmente scritta a penna, in una lingua che era l’italiano “Tutto a te mi guida” e sotto due lettere come firma: M. A..
Oscar riconobbe subito il motto che la Regina Maria Antonietta volle inviare al suo amante Hans Axel Von Fersen poco prima di essere giustiziata e proprio per tramite del generale de Jarjayes, padre di Oscar e della sua antenata diretta Josephine. Sbatté le palpebre perplessa e poi si girò. Sulla parete opposta c’erano solo due enormi quadri, due ritratti di persone molto simili tra loro es anche ad Alexander Fersen.
Lei si avvicinò e, sotto uno dei quadri, quello che ritraeva un uomo con una uniforme scura ad alamari dorati e una fascia gialla bordata di nero; lei la giudicò risalente almeno della fine del XVIII secolo. Notò in basso una targa in ottone che indicava il personaggio: “Hans Axel Von Fersen – Generallojtnant (n.d.a.: tenente generale) del Regio Esercito Svedese”. L’altro ritratto, invece, raffigurava una persona sempre con indosso un’uniforme, ma più recente. Oscar aggrottò la fronte; non era una divisa molto antica, ma nemmeno moderna, considerato che era a tinta unita e di un colore grigio chiaro. Alzò lo sguardo e aprì la bocca per la sorpresa: sul grande colletto si vedevano chiaramente delle mostrine. Sul lato sinistro, su un campo nero, c’erano quattro piccoli quadrati argentati e due linee oblique bianche. Ma dall’altro lato riconobbe subito lo stemma di un corpo paramilitare inquadrato nell’esercito tedesco della prima metà del XX secolo. Si trattava di due piccoli segni a forma di saetta, due antiche rune germaniche, il cosiddetto “sieg”, che indicava la vittoria in battaglia e rappresentavano anche, con lettere stilizzate, il nome del reparto. E si trattava di un’armata che era diventata famigerata e temuta in tutta Europa seminando paura e terrore: le SS. Tentennò e guardò la targa sotto il quadro: “Obersturmbannfuhrer Gustav Anders Von Fersen”.
Paralizzata dallo stupore, Oscar non si accorse della presenza al suo fianco. – Il grado sta per tenente colonnello. Credo che i nazisti vollero omaggiare le sue origini nobili dandogli un grado così elevato. So che gli fu assegnata anche una villa sul lago Wannsee – disse la voce di Alexander.
Oscar si girò di scatto e poi sorrise debolmente – Io…Mi hai spaventata! Io… - disse e guardò il quadro di Gustav e poi di nuovo Alexander – Ho…Ho saputo che lui era…Un membro delle SS…Ma… -
L’altro socchiuse gli occhi – Credi che l’abbia fatto ritrarre con quell’uniforme per omaggiare la sua appartenenza ad un corpo militare agli ordini di una tirannia folle e spietata? No, mia cara Oscar, non è per quello… - disse e andò verso la scrivania. Si girò di nuovo verso di lei e si appoggiò al tavolo incrociando le caviglie: - Quando lo conobbi, mio prozio Gustav era già avanti negli anni. I suoi genitori lo avevano diseredato; il resto della mia famiglia non gli parlava e lui viveva da solo in un grande palazzo, con la sola compagnia di qualche domestico e di un paio di cani…Dei bassotti inglesi, per la precisione. Io e i miei abitavamo poco distanti e tutti mi dicevano di non andare mai da lui. Ma lo sai come sono i ragazzi, basta dire di non fare una cosa che poi, immancabilmente, la fanno. Ci andai una volta, correndo con la mia piccola biciletta rossa fiammante, in un giorno d’estate e lo vidi là…Su una poltrona, vecchio e stanco, ma dalla mente ancora lucida! Non mi sembrava un mostro orrendo, come i miei genitori lo descrivevano. Mi sorrise amabilmente e cominciò a parlare…A parlare…Di libri, di Storia, della Svezia, dell’Europa…E di leggende…E fu quello a farmi innamorare del mio attuale mestiere. E…No! Non lo sentì mai parlare con odio verso gli ebrei o qualcun altro. Mi disse…Mi disse un giorno…Quando ormai era vicino alla morte…Mi disse che aveva compiuto in grande peccato. Che aveva venduto la sua anima per le sue passioni, come Faust (n.d.a.: personaggio di un’opera del poeta e scrittore tedesco J. W. Goethe) e il suo Mefistofele (n.d.a.: il demone a cui il protagonista vende l’anima nell’opera di. Goethe)…Beh! Aveva l’aspetto di un placido burocrate con occhialini d’acciaio e rispondeva al nome di Heinrich Himmler, il comandante in capo delle SS. Ho preso una sua vecchia fotografia di quel periodo oscuro e ne ho fatto fare un ritratto, per ricordarmi di non fare come lui, di non vendere mai l’anima a nessuno, anche se da quello dipendessero i miei sogni…Di cercare di essere sempre me stesso! –
Oscar inarcò le sopracciglia; quello che Alexander stava dicendo aveva un senso ed era anche molto bello. In un moto di affetto si avvicina lui e gli mise una mano sulla spalla. Si girò verso il ritratto di Gustav – E…Se posso chiedere…Quali erano le passioni per le quali aveva venduto la sua anima? –
Lui aggrottò la fronte, poi sorrise – Forse…Forse te ne parlerò più avanti –
Lei strinse le labbra e tornò sotto il quadro. Se quella era la trasposizione su tela di una fotografia forse l’artista, pignolo e desideroso di indicare anche i più piccoli particolari, come quasi tutti gli artisti, aveva messo anche qualche indizio su quale reparto avesse avuto tra le sue file l’Obersturmbannfuhrer Von Fersen. Piegò la testa di lato; sulla manica della giacca, vicino al polso, c’era una striscia nera con all’interno una piccola scritta. Si avvicinò ancora e strinse gli occhi fino a ridurli a due fessure: vide una “A”, come pure una “H”, una “B” e, forse, una “E”. Sorrise e guardò di nuovo verso l’alto il voto di Gustav. Quelle piccole lettere disegnate dal pittore potevano indicare molte cose, ma ebbe la sensazione che un uomo come quello, arruolato solo per la sua nobiltà ed esperto di Storia e leggende, potesse trovare uno ed un solo posto nell’Ordine Nero di Himmler: nella Divisione Ahnenerbe, quella che si occupava di ogni cosa che esulava dalla normale comprensione.
Fersen si risollevò e si avvicinò a lei – Tutto bene? –
Lei lo guardò sorridendo – Oh! Si! – disse e poi divenne seria di colpo – Io…Io stavo per lasciare Londra. Non credo che sia giusto che resti qui approfittando della vostra ospitalità…Dopo…Dopo… –
Lui si avvicinò – Dopo quello che è successo ieri sera? Andiamo, Oscar…Non siamo dei ragazzini! Io mi sento…Onorato, della tua attenzione, ma il mio cuore è già impegnato –
Oscar pensò per un attimo alla donna della fotografia e poi annuì provando un po' di vergogna – Io…Si…Hai ragione…Devo ammettere che hai davvero ragione…Non siamo dei bambini! Credo che possiamo anche lavorare bene così! –
Lui sorrise e gli mise le mani sulle spalle – E adesso mettiamoci al lavoro! Lo confesso: avrei voluto essere io a mostrare il rapporto sulla visita della tua antenata in Inghilterra, ma, a causa degli impegni sempre più pressanti che sto avendo per la mostra sulla Regina Boudicca, sarà meglio tornare alla versione originale e quindi lasciati nelle capaci mani del dottor Great –
In quel momento la porta si aprì di nuovo ed entrò Andrew Great: - Signore! Mi hanno detto che mi stavate aspettando… - disse, ma si interruppe vedendo Oscar e Fersen con le mani sulle sue spalle, quasi abbracciandola. Sentì un crampo allo stomaco e provò, chissà poi perché, un moto di fastidio. Fersen abbassò le braccia e sorrise – Ah! Andrew…Stavo per l’appunto parlando di te! Vieni pure, ti stavamo aspettando. Conosci la dottoressa de Jarjayes? So che vi siete sentiti via mail prima che lei arrivasse a Londra per quel rapporto sulla sua antenata Oscar François. E adesso c’è un cambio di passo. Volevo farmi bello con il tuo lavoro, ma toccherà a te l’onore e l’onere di far vedere quei documenti –
Andrew si avvicinò e sorrise a Oscar – Oh! Ci conosciamo e…Non vedo l’ora di lavorare con la dottoressa de Jarjayes –
Oscar aggrottò la fronte e gli porse la mano – Ci siamo conosciuti ieri sera e ci davamo del tu –
Andrew strinse la mano e annuì – Come…Desideri…Oscar –
Fersen aggrottò la fronte sorpreso, ma poi sorrise e mise una mano sulle spalle di ognuno di loro – Benissimo! Vi metto a disposizione la nostra sala riunioni e l’archivio…Andrew, cortesemente, dai a Miss de Jarjayes la sua password per il wifi e cominciate! Sono impaziente di sapere ogni cosa del viaggio della famosa Oscar François de Jarjayes in Inghilterra! –
 
Andrew e Oscar uscirono e Fersen rimase da solo nel grande studio. Incrociò le mani dietro la schiena e guardò il grande ritratto di Gustav alla parete. Sentì il rumore di una porta aprirsi, ma non era quella principale. Qualcuno aveva aperto un pannello laterale nascosto, un ingresso conosciuto solo a pochi intimi. Si girò e vide Martine de Poligny avanzare lentamente verso di lui con in mano una valigetta nera. La donna appoggiò l’oggetto sulla scrivania e fece scattare la chiusura. Lui si avvicinò, guardò sorridendo la sua segretaria e poi aprì il contenitore.
Martine strinse le labbra – Una valigetta intera per qualcosa di così piccolo –
Fersen allungò una mano tremante verso l’interno e sfiorò la copertina in pelle nera di un piccolo volume inserito in un basamento di morbido velluto color porpora. Sfiorò solo un bordo e poi tolse la mano; guardò Martine e sospirò – Una cosa così piccola e così antica…Che può portarci ad una scoperta spettacolare! Una scoperta che può cambiare il modo stesso di concepire la Storia –
Lei socchiuse gli occhi – Come dite voi, signor Fersen! E quando…Quando intendete comunicare l’esistenza di questo…Oggetto…Alla dottoressa de Jarjayes? E, se mi consentite, credete che sia davvero un bene farla lavorare con il dottor Great? –
Fersen chiuse il coperchio e fissò di nuovo il quadro di Gustav – Per la tua prima domanda la risposta è: presto! Molto presto! Per quello che riguarda la seconda…Due menti, mia cara, sono meglio di una…Certo, avrei preferito gestire tutto io, ma come hai notato anche tu la nostra bella dottoressa francese ha un debole per me che potrebbe…Non farla concentrare sul lavoro che deve fare…No! Che se ne occupi il dottor Great. Lasciamo che la nostra piccola Oscar si ambienti e si senta al sicuro…Poi… –
Martine sospirò – L’MI6 (n.d.a.: Military Intelligence – Section 6) sta completando l’ispezione alla mostra del British Museum; vorrebbero parlare con lei delle ultime questioni per la disposizione delle poltrone per la Regina e per alcuni membri della famiglia reale –
Lui fece una smorfia di fastidio – Non ora! Ho qualcosa di più importante di cui occuparmi! Li richiamerò io – disse e poi, sorridendo, allungò di nuovo la mano accarezzando la nera copertina del quaderno.
 
Oscar guardò il biglietto sul quale era scritta la sua password per il wifi della rete informatica delle Historical Research. Fissò Andrew, dall’altro lato del tavolo e allargò le braccia – Seriamente!? La mia password è “lady_oscar_1789”? –
Lui aggrottò la fronte – Perché!? Non va forse bene? Non ci sono maiuscole…Ci sono dei segni grafici e persino dei numeri…Andiamo! E’ stato un bellissimo cartone animato e, se permetti, ha fatto la storia dei favolosi anni Ottanta! –
Oscar sbuffò e si guardò attorno. In quel palazzo ogni stanza aveva una parete vetrata che dava sul Tamigi, ad eccezione dei bagni e, forse, della sala del server per la rete informatica. La sala riunioni era molto grande, con un grande tavolo ellittico in quercia inglese, poltrone ampie e comode in pelle rossa e un mobile bar completo di macchina per caffè espresso italiana e un frigo.
Lei fissò lo sguardo alla vetrata e sospirò – Io di solito vedo sempre il traffico di Parigi –
Andrew sorrise debolmente – Io invece sono ormai affezionato al vecchio Tamigi! Cominciamo con un caffè? Abbiamo uno Starbucks qui vicino, ma vuoi mettere con un caffè italiano? E poi, sempre qui vicino, c’è un ottimo locale che serve vini italiani e con un ottimo menù continentale –
Oscar incrociò le dita delle mani sul tavolo – La Francia è in guerra con l’Italia! Non berrò mai i loro vini, anche se mi hanno detto che sono deliziosi quasi quanto i nostri –
Andrew sospirò – Si! Ma non siete in guerra anche sul caffè…Anche perché, detto tra noi, loro hanno vinto alla grande! Ho pregato il mio collega Alan Saxton di andare a prendere dei dolci alla pasticceria danese alla fine dell’isolato…O siete in guerra anche con loro? –
Oscar aggrottò la fronte – Mmmm…No…Non mi pare – disse ed aprì lo schermo del suo computer portatile. Inserì la password del wifi ed in quel momento, la porta si aprì ed entrò Alan con in mano un piccolo vassoio – Signori! Perdonate il disturbo, ma Freja, la deliziosa pasticcera danese, non mi lasciava proprio andare! – disse e appoggiò sul tavolo un piatto di carta con biscotti e pasticcini.
Oscar sorrise e si alzò per porgere la mano, subito bloccata da Alan – Oh! Restate comodi! Vi faccio il caffè e poi me ne vado…A fare finta di fare qualcosa! –
Lei si sedette e sorrise di nuovo; trovava quel tipo stranamente simpatico e lo vide al lavoro sulla macchina italiana. Andrew sospirò e aprì il suo computer, poi prese da una borsa in juta una voluminosa cartella. L’aprì e mise davanti a Oscar una pila di documenti. Lei aggrottò la fronte – E’ il rapporto? Ma davvero è così corposo? –
Lui annuì – Siamo nel XVIII secolo! E poi questo era un rapporto destinato al Re in persona, ma, al netto delle frasi melliflue di rito e di lode al Sovrano…Comincia nel 1787 da Plymouth, dove Oscar è sbarcata. Prima, però, cosa sappiamo della sua partenza dalla Francia? –
Oscar allungò le dita per sgranchirle e schiacciò dei tasti sul computer. Avvicinò il volto allo schermo; Andrew vide la luce glaciale illuminarglielo e lo trovò tremendamente affascinante. Lei sorrise – Dunque: sono successo alcune cose…Avevo già visionato tutta la documentazione relativa ai de Jarjayes in quell’epoca e nei comuni della zona. Ti premetto che gran parte dei documenti, specie quelli più antichi, sono andati distrutti visto che tutta la regione si è trovata sulla direttrice di attacco delle truppe americane che sono sbarcate nel 1944. Li hanno bombardati dal mare, dall’alto, di fronte e alle spalle quando i tedeschi si sono accorti di quello che accadeva…Ma sono riuscita a scovare un vecchissimo rapporto di un borgomastro di Sainte-Marie-du-Mont, dalla quale dipendeva La Madeleine, dove si trova la proprietà della mia famiglia. Si parlava dell’omicidio di un certo Pierre Moreau, avvenuto proprio nel 1787 nella villa de Jarjayes –
Lui inarcò le sopracciglia – Un omicidio? –
Oscar annuì – Si! Ad opera di ladri, si disse all’epoca e finì ucciso quel povero ragazzo. Francamente non so cosa significhi e come sia collegato ad Oscar, che forse è partita prima o forse nemmeno c’era quando è successo. La data indicata si presta a molte interpretazioni –
Andrew sospirò – Più ci addentriamo in questa storia e più misteri ne escono! E vedrai quando arriviamo alla parte inglese! A proposito di misteri, mi è piaciuta la nostra chiacchierata informale di ieri sera e ho pensato molto a quello che ci siamo detti prima di lasciare il pub…Più che altro al nome che mi hai fatto…Quello di quella donna…Morgan Drakehead…Ha un che di familiare e non ci ho dormito proprio…Sono andato anche a vedere in rete tutte le malattie che portano ad una pelle pallida e, a parte l’albinismo, che dà anche i capelli bianchi e gli occhi chiari…Mentre tu mi hai detto che quella donna, proprio come quella che la tua antenata ha incontrato a Glastonbury, aveva i capelli scuri…Ma tutte le patologie che ho individuato: dall’anemia, alla celiachia, persino tumori e meningiti e infarti… In tutte il pallore spettrale è solo il sintomo stesso della malattia –
Oscar sospirò – Ho visto quella donna mangiare un bel pezzo di cinghiale arrosto davanti a me…Non mi sembrava tanto malata! E in più il suo viso sembrava marmo cesellato…Era solo pallida in modo…In modo non naturale. Hai detto che il nome Morgan Drakehead ti sia familiare? –
Una figura si avvicinò a loro e posò due tazzine con del liquido scuro fumante: - La Fata Morgana! – disse Alan, della cui presenza gli altri si erano ormai dimenticati.
Andrew e Oscar alzarono la testa. Lui aggrottò la fronte – Come…Scusa? –
Alan si sedette con una tazzina in mano – La Fata Morgana! Il cognome Drakehead è traducibile in inglese moderno come “testa di drago”, in lingua antica suona come “Pendragon” –
Oscar si morse il labbro inferiore – Pendragon…Come…Se non ricordo male è il nome… -
Andrew annuì – Del padre di Re Artù…Quel Re Artù…Re Uther, detto Pendragon per il suo vessillo, che raffigurava proprio un drago…Il nostro Alan è specializzato in storia medioevale a Oxford e ha un master proprio sulla letteratura del ciclo arturiano che, del resto, è una delle opere fondamentali del nostro Paese –
Alan scosse la tazzina – Io preferisco il thé…Comunque è vero! Seguite il mio ragionamento: Uther è stato il padre di Artù, concepito con Igraine, la moglie del Duca di Cornovaglia che lui ha preso come bottino di guerra dopo averlo sconfitto. Ma, come capita anche oggi, ha dovuto sobbarcarsi anche la famiglia del defunto composta non solo da Igraine, ma anche dalle loro tre figlie –
Oscar sorrise – Ho letto anch’io qualche opera di questo ciclo, come aveva fatto la mia antenata. La maggiore era Viviana, che diventa la Dama del Lago e consigliera di Artù; poi Morgause, un personaggio, a dire il vero, mai ben definito, moglie di Re Lot del Lothian, una regione dell’attuale Scozia, se non erro e madre di Galvano, uno dei migliori cavalieri della Tavola Rotonda e poi la più giovane di loro, ma anche la più potente e pericolosa: Morgana! Quella che è la nemica per antonomasia di Artù –
Alan chinò la testa sorridendo – Complimenti! In effetti in molte opere si dice che Uther abbia adottato perlomeno l’ultima di loro, Morgana, per l’appunto, dandole il suo cognome: Morgana Pendragon…Morgana testa di drago…Traducibile ai giorni nostri in…Morgan Drakehead – disse e finì la sua bevanda con un lungo sorso – Ma la mia era solo una battuta da storico! –
Andrew e Oscar si guardarono per un attimo. Lui si rivolse di nuovo ad Alan – Se non mi sbaglio…La Fata Morgana veniva descritta con due similitudini, vero? Dalla pelle bianca come la luna e i capelli neri come le piume dei corvi –
L’altro annuì – E sai quante donne corrispondono a questa descrizione! La vostra donna del mistero può essere una fanatica che evita la luce del sole per non prendersi malattie della pelle…Oppure una pazza svitata che ha cambiato nome come in un gioco di ruolo… -
Andrew fece una smorfia e tossì di proposito. Alan sbatté le palpebre e si ricordò che la donna lì presente aveva proprio cambiato il suo nome con quello di un personaggio storico. Oscar alzò due dita della mano in un saluto. Alan sospirò – Uh! Dopo questa bella gaffe…Me ne torno a non fare quello che stavo non facendo! Divertitevi pure! – disse e si alzò; passando accanto a Oscar batté i tacchi e fece un inchino – At your orders, commander! – aggiunse e uscì.
Oscar aggrottò la fronte, quella frase: ai vostri ordini, comandante, le era sembrata così familiare proprio detta da lui. Scrollò il capo e guardò di nuovo Andrew – Nonostante tutto è simpatico! –
Lui sorrise debolmente – Oh! Lo è…Ed è anche un buon amico! Non giudicarlo per le gaffes che fa o che può fare –
Lei strinse le labbra – Se non lo trovassi simpatico gli sarei saltata alla gola! Ti assicuro che ho sentito molto di peggio da quando ho deciso di essere Oscar de Jarjayes…Ma come siamo finiti a parlare di Re Artù e della Fata Morgana? –
Andrew scrollò le spalle e allargò le braccia – Francamente…Non lo so! E’ che da quando è iniziata tutta questa storia che passiamo dalla vita di Oscar al mito arturiano –
Oscar si piegò verso di lui – Anche Oscar ne era affascinata, per qualche motivo che l’ha spinta, con una sorta di guerra fredda in corso tra Francia e Inghilterra, a venire proprio qui oltre il Canale della Manica –
Lui si alzò e fece un gesto con la mano, poi andò alla grande vetrata – Posso immaginarlo! Il ciclo arturiano non è solo la storia di quello che viene considerato il primo re inglese, ma è anche la nascita del Medioevo e della cavalleria medioevale con un codice di comportamento impensabile per un’epoca selvaggia come quella, a cavallo tra la fine dell’impero romano e le invasioni barbariche. Immaginare un sovrano onesto e retto con i suoi cavalieri che portano giustizia e pace…Oh! Anche adesso il solo pensarlo sarebbe fantastico! Qui nelle isole britanniche, per ovvi motivi, siamo più legati alla figura del Re e ai suoi cavalieri…Nel resto d’Europa, nei secoli successivi, si sono sviluppati quelli che oggi potremmo chiamare spin-off del ciclo originario. Con la dominazione inglese, preludio alla guerra dei cent’anni, in Francia si è sviluppato il ciclo dell’amor cortese, tutto incentrato sui rapporti amorosi tra dame e nobiluomini; nella penisola italiana venne portato con i mercanti francesi e nell’architrave del duomo di Modena si possono vedere lo stesso Artù con i suoi fidi (n.d.a.: storico). Alan mi ha fatto leggere il Canto V dell’Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri, quello del girone dei lussuriosi e sai come si giustificano Paolo e Francesca per l’adulterio che hanno consumato? –
Oscar sorrise – “Galeotto fu’l libro e chi lo scrisse” secondo Francesca e si riferisce ad un testo che narra della storia d’amore tra Lancillotto e Ginevra. Ho letto anch’io quella parte –
Andrew annuì e si avvicinò a lei – Nei paesi germanici, invece, si sviluppò un particolare interesse per un mito collegato e collaterale a quello arturiano, incentrato sulla figura di Parsifal, uno dei cavalieri della Tavola Rotonda, come pure nell’Italia del sud, portato dai normanni di Federico II. Ed è proprio quel mito che, in parte, ha fatto si che il prozio del signor Fersen sia raffigurato nel quadro del suo studio con quella sinistra uniforme –
Lei annuì debolmente – E’ il bello del mito di Re Artù…Ne hai uno e ce ne sono in realtà due…Del resto, Fata Morgana a parte, come dimenticare che i cavalieri della Tavola Rotonda hanno fatto la prima ricerca della Sacra Coppa, quella che Cristo usò durante l’ultima cena…Il Santo Graal –
Andrew socchiuse gli occhi – Io credo che Oscar si sia identificata in Artù e che sia venuta qui per una sorta di…Cerca –
Lei aggrottò la fronte e lui annuì di nuovo – Una cerca…O un’avventura…A cui partecipa un cavaliere che ha il compito di trovare un qualche oggetto particolare o di salvare qualcuno…Un viaggio iniziatico che porta alla scoperta di sé stessi e del proprio destino…O del proprio posto nella Vita –
Oscar si portò una mano sotto il mento – E cosa mai può aver trovato Oscar alla fine del suo viaggio? –
Andrew sospirò e si sedette di fianco a lei; la guardò con uno sguardo profondo e molto serio – Questo…Questo è quello che dovremmo scoprire –
   
 
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