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Autore: moganoix    06/04/2022    0 recensioni
- SEQUEL DI FIREFLIES -
Minho, giunto finalmente al palazzo della Capitale in groppa al drago di Jisung e accompagnato dallo stesso Cantastorie morente, sembra adattarsi bene ai ritmi della corte, non gli piace farsi notare.
O, almeno, questo è quello che pensava Changbin prima di finire quasi ammazzato a causa della nuova Fonte della Felicità. Ha proprio l'impressione di avere un enorme deja vu...
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Felix, Han, Lee Know, Sorpresa
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Seo Changbin era una persona relativamente tranquilla, o, almeno, poteva sembrare tale a primo impatto. O, meglio, dimenticando per un momento l’ultimo mese, forse quella ad essere tranquilla, a tratti anche monotona, era la sua vita. Tra vari esperimenti clamorosamente falliti e qualche assurdo azzardo che puntualmente gli costava un’acida minaccia di espulsione dalla Casa, gli era capitato di intraprendere un lungo viaggio verso Est per accompagnare un semidio impazzito a suicidarsi, aveva conosciuto uno scorbutico soldato con cui ancora non riusciva ad andare completamente d’accordo e, infine, si era fatto qualche amico qui e là in giro per la Nazione. Ovvio, c’erano stati numerosi alti e bassi, ad un certo punto si era addirittura innamorato del semidio, aveva perso la sua migliore amica, Miss Binnie – aveva anche quasi causato la distruzione della specie umana, anche se di questo era veramente restio a parlare – ma era stato anche in grado di riflettere su se stesso e di scegliere quale futuro volesse intraprendere. Ecco, era stato un viaggio lungo e tormentato, ma, come nei più grandi poemi epici, alla fine tutto si era concluso al meglio. Lui e il soldato, Chan, non avrebbero dimenticato i sacrifici di coloro che erano morti per la loro missione, né – lo avevano giurato – si sarebbero mai persi di vista nonostante le evidenti divergenze. Sembrava davvero il canto di un umile trovatore di provincia, una fine spicciola per il più romantico dei poemi cavallereschi. Tutto era terminato con una certa tranquillità ed il mondo si stava lentamente rimettendo in sesto.
Almeno, così sarebbe stato se Lee Minho non fosse giunto, una settimana dopo la morte della precedente Fonte della Felicità, al palazzo della Capitale. Chi fosse e da dove arrivasse – e, soprattutto, che cosa fosse – Lee Minho non era dato conoscerlo, ma Changbin, per sua sfortuna, sapeva perfettamente dove poterlo trovare in quel preciso momento. Il ragazzetto inquietante con gli occhi e i capelli color pece stava infatti a cavalcioni su di lui e gli stava puntando un coltello alla gola.
“Mi mancava proprio” pensò il novizio non appena l’altro gli piombò addosso e gli fece tastare la freddezza del metallo. Non poteva muoversi, Hyunjin gli aveva steccato la gamba ferita e fasciato la spalla ed il braccio ancora malconci, quindi, con un sospiro, scelse semplicemente di aspettare che il nuovo arrivato gli tagliasse la gola. Da quando Felix era morto aveva riacquistato la sua proverbiale freddezza nel ragionamento, per questo, anche in una tale situazione, riusciva senza sforzo a dimostrarsi incredibilmente calmo, quasi perfettamente a suo agio, come se stesse recitando un copione.
Opzione numero uno: gridare aiuto. Del tutto impraticabile, Lee Minho non avrebbe impiegato mezzo secondo a farlo tacere.
Opzione numero due: rovinare il lavoro di Hyunjin – andare incontro alla fastidiosissima vendetta di quest’ultimo – e tentare di dimenarsi. Del tutto impraticabile, il corvino era una guardia scelta e apparteneva allo stesso Ordine di Chan, di conseguenza sarebbe stato più veloce di lui.
Opzione numero tre: utilizzare un Incantesimo Proibito per levarlo di mezzo. Del tutto im-… Era anche necessario che ci riflettesse su?
Tutto ciò lo portò, dunque, ad esaminare l’opzione numero quattro: restare fermo e sperare che Minho gli spiegasse che cosa diamine volesse da lui prima di ammazzarlo. Felix aveva almeno avuto la presunzione e l’orgoglio di rivendicare i propri misfatti prima di tentare, a sua volta, di prendere in prestito la sua noiosa vita per i suoi folli obiettivi; il corvino, in quanto sua – inquietante – reincarnazione, non avrebbe dovuto fare lo stesso? Changbin credeva di aver già sopportato fin troppo, si domandava se il problema fosse lui in primis. Come Seungmin aveva scoperto di attirare altri oggetti metallici dopo che Hyunjin aveva migliorato le prestazioni della sua protesi metallica, forse lui aveva il dono innato di stregare le Fonti della Felicità. Non seppe dire se fosse davvero un pregio comunque, era sempre stato consapevole di possedere un certo charme, un fascino magnetico che gli permetteva di incantare con le parole le piccole matricole della sua Casa, ma addirittura arrivare ad essere pedinato per venire ucciso era troppo. Meritava di certo almeno un chiarimento, ecco, eppure era restio a farsi avanti per esprimere il suo ultimo desiderio. Trovava Lee Minho inquietante per il suo aspetto trasandato, i capelli color pece, gli occhi che non riflettevano altro che l’abisso. Non possedeva nulla della vivacità del suo predecessore, non che, comunque, con Felix si fosse rivelato utile basarsi esclusivamente sulla gioviale apparenza. Anzi, se avesse dovuto mettere in atto un ragionamento inverso, avrebbe ormai scommesso che Minho si sarebbe rivelato un individuo dolce e caritatevole. Ancora una volta pareva sbagliarsi. La nuova Fonte della Felicità aveva da subito sfoggiato un atteggiamento riservato, schivo, un carattere multiforme e poliedrico. In sostanza, da quando una settimana prima era giunto a palazzo, nessuno aveva ancora compreso come avere a che fare con lui. Tuttavia, in fondo, non ce n’era mai stato l’estremo bisogno. Se Felix amava circondarsi di sudditi e cortigiani, Minho preferiva di gran lunga restarsene rintanato nella stanza in cui i dottori di corte avevano scelto di sistemare il Cantastorie. Se la situazione politica fosse stata normale di certo i quattro Saggi della Capitale non gli avrebbero permesso, almeno per le prime settimane, di fare ciò che gli pareva, ma la città, purtroppo, in quel momento si trovava ovviamente a corto di Filosofi. Molti, compresi i Saggi stessi, erano stati immediatamente traferiti in varie prigioni a Nord in seguito al tentato colpo di stato e i pochi che erano stati giudicati innocenti, quasi tutti novizi inesperti, non erano in grado di ristabilire i vertici delle fitte gerarchie del complesso Ordine. Alchimisti, Letterati, Astrologi, Sacerdoti… Ogni branca era stata immancabilmente decimata e decapitata e, anche se pareva strano, tutti i confratelli e le consorelle rimasti avevano di meglio da fare che accogliere come dovuto la nuova Fonte. Changbin per primo era stato convolto in quel marasma politico, di conseguenza non aveva ancora avuto modo di conoscere in prima persona Lee Minho. Lo osservava da lontano in quei brevi momenti di libertà in cui non era costretto a letto e, di primo acchito, si era sentito sollevato nel sapere che era uno a cui piaceva tenere un basso profilo. Lo aveva sentito ripetere più volte che preferiva concentrarsi su ciò che lui riteneva fondamentale, e ciò significava, in quel momento, tenere in vita il Cantastorie.
Domanda lampo: che motivo aveva Lee Minho, Fonte della Felicità, di rimettere in sesto un vecchio comatoso e di uccidere lui, promettente giovincello – circa – in perfetta salute?
Meritava di certo una risposta. Se però, da una parte, Changbin pareva intenzionato, nonostante il momento, a prendersela con comoda, il corvino sembrò volerlo assecondare. Immobile a cavalcioni su di lui – vedendoli in quel modo Chan non si sarebbe di certo risparmiato qualche battuta idiota – Minho teneva saldamente la lama del suo pugnale piantata contro la soffice pelle del collo di Changbin, senza però osare farsi avanti per completare il lavoro. Seguirono istanti a dir poco imbarazzanti in cui il novizio non seppe dove guardare, in un attimo la pacchiana carta da parati appiccicata alle pareti parve eccezionalmente sublime, un vero capolavoro di decorazione risalente all’epoca dell’undicesima Fonte. Per di più, attendere il momento del proprio giudizio gli metteva talmente ansia che, stizzito, finì per sbottare: “Comunque farmi aspettare così è proprio scortese! Essere galantuomini non fa davvero parte del vocabolario di voi Guardie!”
Lee Minho storse appena appena il naso e, con un greve mugugno, intimò: “Grida.”
Changbin, ormai esasperato, non sapeva più che cosa pensare, tanto che, infine, gli concesse di sentire un breve, basso e poco convinto: “Aaaah… ?”
Dubbioso sulla sua performance, riprese quindi a chiacchierare: “Ah, non dire nulla, lo so! Ho fatto schifo! Devo esitare di meno, giusto? Sincero, eh? Come pensi che debba partire? Se inizio con un ‘Ah’ va bene? Poi potrei passare anche tutte le vocali, sono certo che ne saresti soddisfatto. Non l’ho mai detto a nessuno, ma ho proprio una bella voce e so canticchiare qualcosa. Ogni tanto mi intrufolavo alle lezioni di Canto lirico dei Sacerdoti, quindi ho anche imparato ad urlare cantando! Ti piacerebbe ascoltarmi? Magari posso provare prima qualche piccolo strillo, così facciamo le cose per bene!”
Lee Minho parve confuso dal suo strampalato monologo: “Tu devi avere paura.”
“Paura?” Se c’era una cosa che Changbin ormai non temeva più quella era proprio la morte “Mi stai solo uccidendo, di che cosa mai dovrei aver paura? Avrei paura se ti fossi intrufolato nella mia camera per provare a farmi innamorare di te.”
Il novizio aveva pronunciato quelle parole con una certa livida ironia, più che uno scherzo pareva quasi che volesse schernire colui che lo avrebbe fatto a fettine da un momento all’altro. Tuttavia, vi era un grosso fondo di verità; morire, come scienziato, non lo aveva mai intimorito. Era consapevole che, come essere vivente, non avrebbe potuto vivere per sempre, nemmeno alle divinità era concesso, sebbene di certo godessero di una vita assai più longeva. Per un certo periodo di tempo avrebbe avuto a disposizioni mani per fare, piedi per correre, occhi per vedere, orecchie per ascoltare i suoni del mondo, ma tutto ciò che gli era stato concesso era solamente in prestito. Prima o poi la terra avrebbe partorito un altro bambino, e questi avrebbe posseduto le sue stesse mani, magari la sua stessa altezza, ma occhi diversi, capo, valori, idee differenti. La Nazione era un vasto calderone di anime che non vedevano l’ora di poter annaspare nel fievole calore della vita, ma nessuno le avvertiva che, affinché il loro sogno diventasse realtà, avrebbero dovuto circondarsi di amore. Solo Changbin, nato per sbaglio, credeva di non essere in grado di provarne affatto. Probabilmente il fato gli aveva regalato quel talento negli studi e quell’immane freddezza affinché potesse sopperire alla sua innaturale disabilità.
Tutto ciò, a parte lo stesso novizio, lo sapeva solamente un’altra persona, colui che, sebbene per una misera parentesi, gli aveva permesso di sperimentare i demoni dell’amore, Felix.
A Changbin parve incomprensibile come, subito dopo il suo infelice motto di spirito, un lampo attraversò gli occhi di Lee Minho. Immersi nella fredda penombra di fine settembre, il novizio comprese all’istante che l’altro aveva colto alla perfezione il significato della sua allusione. Lo vide sorridere appena, e quel sorriso gli parve di averlo già visto, di averlo addirittura baciato appena poco più di due settimane prima.
Non c’era assolutamente nulla che accomunasse Lee Felix e Lee Minho, tranne forse il modo di avvicinarsi lentamente al suo viso con una risatina sottile, di chinarsi per lasciargli un bacio scherzoso a fior di labbra, per poi sollevarsi e, con tutta la leggerezza del mondo, ancheggiare via mentre, con il medesimo tono ed il medesimo accento dell’Est, il primo gli sussurrava false parole d’affetto ed il secondo canticchiava: “Morirai più tardi allora…”
Changbin poteva essere un maestro nel mantenere il sangue freddo, ma se ora la Fonte della Felicità gli avesse chiesto di urlare non avrebbe fatto così tante storie. Lo avrebbe deliziato con il grido magistrale di un ragazzino di fronte ad uno Scarafaggio gigante del Mare Gelato. Inutile dire che quella notte non osò chiudere occhio.
   
 
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