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Autore: Mary P_Stark    09/04/2022    1 recensioni
Bradford - 2010
Lorainne Simmons e Kennard Palmer sono entrambi volontari presso il Centro Diurno Rainbow, che si occupa di bambini e di famiglie in difficoltà. La loro amicizia si sviluppa entro le mura del Centro, oltre che fuori, e il suono di un pianoforte accompagna le loro giornate, pur se un'oscura minaccia sembra avvicinarsi per tentare di incrinare il loro neonato rapporto.
Riusciranno i due a fare fronte comune contro questo pericolo, o le loro differenze li divideranno per sempre?
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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12.
 
 
Due anni dopo – Dublino
 
Aver a che fare con certi genitori poteva essere sfiancante e, in tutta onestà, a volte Kennard si chiedeva perché avesse scelto quel mestiere. D'altra parte, l'idea di aver salvato un bambino dal pestaggio continuativo e serrato del padre - e dal silenzio colpevole della madre - era per lui fonte di estrema soddisfazione.

Specialmente ora che, a sua volta, era diventato padre.

La sua splendida Madison, ormai, aveva compiuto sei mesi e si apprestava a diventare la bambina più bella del Creato. Almeno, ai suoi occhi di papà.

Dalla madre aveva preso gli splendidi occhi color acquamarina mentre, da lui, la folta chioma ondulata e castano ramata, che incorniciava un volto dalla pelle eburnea e perfetta.

Quando entrò dalla porta sul retro del negozio di Lorainne - un ampio stabile in mattoni rossi nel centro di Dublino - sentì in sottofondo il rumore attutito di un pianoforte e la voce soffusa di Lore che indirizzava il novello musicista a più alte ambizioni.

A quell'ora, il negozio era già chiuso e perciò la moglie si occupava delle lezioni private degli allievi che, tre volte alla settimana, si recavano da lei per imparare pianoforte e clarinetto.

Passando dinanzi alla porta a vetri che nascondeva l'aula di musica, salutò con un cenno Lorainne dopodiché si avventurò verso la vicina stanza adibita a nursery dove, di solito, si trovava Madison mentre la madre era impegnata con il lavoro.

A sorpresa, però, udì delle voci provenire dalla stanza e, quando aprì la porta per scoprire chi vi fosse con la figlia, niente poté prepararlo alla vista della sua famiglia, alle prese coi gorgoglii della nipote.

Chiudendo lentamente dietro di sé la porta, osservò la madre che, con dita esitanti, giocherellava con le mani protese di Madison, mentre Evelin e il padre la scrutavano dubbiosi, se non addirittura timorosi.

"Questa sì che è una sorpresa" esordì Kennard, spaventandoli a sufficienza da farli sobbalzare in sincrono.

"Accidenti, Ken! Avvisa!" esalò Evelin, poggiando le mani sul torace come se temesse di veder schizzare fuori il cuore.

Lui ghignò per tutta risposta, si avvicinò alla culla e salutò con un bacio la figlia prima di sollevarla tra le braccia e dire: "Guardate che non morde. Anche se fosse una licantropa nativa, non avrebbe artigli e zanne prima dei dodici-tredici anni."

Padre e madre lo fissarono accigliati mentre Evelin, sbuffando, replicava: "Veramente, la mamma aveva paura di farle male perché pensava di non essere più capace di prendere in braccio un bambino. D'altronde, come darle torto? Tu sei caduto di testa dal seggiolone, e infatti guarda come sei venuto su."

"Sei sempre la solita scocciatrice, vedo" chiosò Kennard, imperturbabile, mentre Madison giocava con la sua barba perfettamente tagliata. "Come mai qui, comunque? Non mi avete avvisato che sareste venuti in visita."

Sia Dylan che Libbie si guardarono vicendevolmente prima di ammettere la verità.

La madre, rigirandosi nervosa le mani, asserì: "Lorainne ci ha mandato un paio di foto di Madison, qualche tempo fa, dicendoci che, se avessimo voluto conoscere nostra nipote, avremmo potuto venire in ogni momento."

"Sai già se..." tentennò Dylan, lanciando occhiate dubbiose al figlio e alla nipote, che stava gorgogliando un discorso tutto suo all'indirizzo del padre.

"... se diventerà oppure no una licantropa? Sì, lo so. Il punto è questo, però. Siete disposti ad amarla e accettarla come parte della famiglia indipendentemente dal fatto che lei metta su pelo, o meno?" replicò Kennard, facendosi del tutto serio. "Ho visto, e vedo, fin troppi bambini bistrattati da famiglie che non li meritano, e non voglio la stessa cosa per mia figlia. Lei avrà un nucleo famigliare unito, attorno a sé, e il branco già le dà questo. Se siete disposti a fare altrettanto, sarà un piacere annoverarvi tra di loro, altrimenti dite chiaramente ora cosa volete fare, e io agirò di conseguenza."

"Certo che, come benvenuto, ho preferito quello della tua lupa" sottolineò a quel punto Evelin, sbuffando. "Almeno, lei ci ha offerto tè e pasticcini."

"A te avrebbe dovuto dare cicuta e polonio, giusto per stare sul sicuro" replicò beffardo Kennard, guadagnandosi un gestaccio da parte della sorella.

Libbie, a quel punto, si avvicinò al figlio e, allungate le braccia, domandò: "Posso tenerla in braccio un momento?"

Kennard assentì, passandogliela con delicatezza e Madison, raggiunta finalmente la donna che tanto l'aveva incuriosita, si strinse a lei con un sorriso soddisfatto e lanciò uno strilletto pieno di compiacimento che fece ridere persino Evelin.

Arrossendo di piacere, Libbie le carezzò la schiena e i morbidi capelli profumati di miele prima di dire: "Io sono la nonna, sai? Nonna Libbie. E' un nome facile da ricordare. Libbie."

La bimba la fissò con i chiari e limpidi occhi, sorrise mettendo in mostra le gengive rosee e, sbracciandosi, tastò goffamente le labbra di Libbie sporcandosi così con il suo rossetto.

Subito, la donna ridacchiò, afferrò in fretta un fazzoletto dalla borsetta e le ripulì le dita paffute prima di lasciarsi andare a un pianto silenzioso e liberatorio.

Madison, a quel punto, la squadrò preoccupata, allungò di nuovo le mani verso il suo viso e cercò come meglio poté di cancellare le sue lacrime, prima di esibirsi in un labbro tremolante degno di tale nome.

"Oh, no, no, cara... non ce l'ho con te. Non piangere, Madison" sussurrò immediatamente Libbie, dandole d'istinto un bacio sulla gota paffuta e morbida.
Il suo intenso profumo di miele le invase le narici e, stringendosi la bimba al petto, squadrò il marito con espressione ribelle e disse: "Tu fai come vuoi, ma io voglio fare da nonna alla piccolina. Anche se sarà come la madre!"

Un gridolino eccitato da parte di Madison strappò un sorriso a Libbie, che subito dopo disse: "Sì, piccolina, nonna Libbie ti vuole già molto bene."

Kennard osservò l'intera scena con un sorriso grato stampato in viso e, quand'anche Lorainne li raggiunse, ammiccò al suo indirizzo e disse: "Non mi hai avvertito. Volevi farmi morire d'infarto?"

"Non pensavo che vedere i tuoi genitori fosse così traumatico" replicò lei, sorridendo poi nell'osservare come Libbie stesse coccolando la loro figlia. "Spero non abbia fatto i capricci, quando ero di là. I dentini le danno un po' fastidio, ora che stanno nascendo."

Libbie scosse il capo mentre mostrava una scalciante bambina a un più che imbarazzato marito e, volgendosi a mezzo, asserì: "E' una bimba molto allegra e piena di vitalità. Niente affatto noiosa."

"Vuole fare bella figura" dichiarò ironica Lorainne, affiancandosi a Kennard. "Ken vi ha già detto che..."

Preventivamente, il marito le tappò la bocca e, scuotendo il capo, asserì: "Voglio che scelgano se amarla o meno indipendentemente da quello che diremo noi."

"Oh... li hai già messi alle corde? Sei brutale" esalò Lorainne, facendo tanto d'occhi.

Kennard si limitò a una scrollata di spalle, ben deciso a rimanere fermo nei suoi propositi così Lorainne, con un leggero sospiro, disse: "Devo cambiarla. Ha fatto la pipì."

"Alla faccia del naso" celiò Evelin.

"E' una delle parti più complicate dell'averla in casa. La pupù travalica qualsiasi mia esperienza passata" sospirò Lorainne, riprendendola dalle braccia di Libbie per raggiungere il fasciatoio.

Lì, la seguì in blocco tutta la famiglia Palmer e Lorainne, senza far caso a loro, svestì la bimba, che sgambettò felice e soddisfatta mentre la madre si prendeva cura di lei.

Lorainne la pulì per benino, cantando una nenia a bassa voce mentre ripeteva a memoria quelle azioni ormai a lei famigliari. Già sul punto di recuperare un pannolino, però, se lo vide passare da una mano maschile che non era quella del marito e, sorridendo appena, lanciò un'occhiata grata all'indirizzo di Dylan prima di dire: "Molto gentile da parte sua."

"Dammi pure del tu, ragazza. Ormai è perfettamente inutile mantenere le distanze" replicò l'uomo.

"Non voglio essere un obbligo, Mr Palmer. Può anche apprezzare nostra figlia senza apprezzare me. So bene che la nostra storia vi ha messo in seria difficoltà, perciò comprenderò più che bene se lei non mi vorrà come figlia" ci tenne a dire Lorainne, sistemando il pannolino prima di fare un grattino sulla pancia alla figlia, che rise allegra.

"Non si tratta di te..." sospirò Dylan. "... o di lei. E' difficile accettare che... che..."

"...che non siamo bestie feroci e dissennate?" terminò per lui Lorainne, sorridendogli piena di comprensione. "La capisco. Più di quanto possa dirle a parole. Conosco lupi crudeli che hanno fatto cose inenarrabili, come persone che hanno compiuto atti indicibili, eppure non credo che tutti i lupi o tutti gli uomini siano crudeli e cattivi. Così come credo che il pregiudizio sia duro a morire, ma non indistruttibile."

Dylan si limitò a un assenso silenzioso e Kennard, nel riprendere in braccio la figlia, disse: "Pensaci su, papà... non mi sembra che Lore ti abbia chiesto chissà che cosa. In fondo, sono due anni che non vi assillo… il tempo per pensare lo avete avuto, mi pare."

"Veramente, quello più permaloso sembri essere tu" sottolineò per contro il padre.

Lorainne sorrise a entrambi gli uomini, diede una pacca sulla spalla al marito e domandò: "Saliamo? Ormai, l'impasto per la pizza dovrebbe essere lievitato al punto giusto."

"La guarnirò io. Non voglio che mi avveleni" ci tenne a dire Evelin, tirandosi su le maniche della camicia.

"Potrei avere avvelenato l'impasto, no?" precisò Lorainne con tono affabile.

Evelin la fissò torva per qualche istante, salì dubbiosa le scale assieme alla cognata ma, quando avvertì il buon profumino di impasto lievitato e di pomodoro fresco, borbottò: "Beh, correrò il rischio. Un'Archivista è pur sempre una combattente, solo che lo fa con penna e calamaio."

Ciò detto, si avviò verso il bancone della cucina e, aiutata dalla madre, si mise all'opera per preparare delle pizze che valessero la pena di essere mangiate con gusto.

Lorainne, nel frattempo, accese il forno e osservò marito e padre impegnati in una silenziosa battaglia di sguardi, seduti comodamente sulle poltrone del salotto mentre Madison li scrutava per ottenerne l'attenzione.

Non faticava a comprendere i bisogni del marito, ma Lorainne sapeva bene quanto fosse inutile spingere una persona ad accettare un fatto, quando non lo si voleva realmente fare.

E la licantropia, per un Cacciatore, era un argomento piuttosto indigesto da mandare giù.

D'altronde, Kennard desiderava che la famiglia allargata della figlia potesse contare anche i membri umani del suo clan, e questo Lorainne non poteva negare che fosse una mancanza quasi fisica, nella loro vita.

Kirill e il branco di Belfast erano stati calorosi e ben disposti ad accettarli e, alla nascita di Madison, era stata celebrata una sontuosa cerimonia al Vigrond, in cui la piccola era stata riconosciuta membro indiscusso del branco.

Inoltre, il particolare dono di Kennard aveva suscitato curiosità e ammirazione nei licantropi, e in molti si erano impegnati per aiutarlo a prendere piena coscienza della portata dei suoi poteri, così come a gestirli nel modo migliore.

Ciò aveva richiesto tempo, qualche crisi di nervi da parte di Kennard – che era arrivato a piangere di dolore a causa del primo mutamento di un giovane licantropo – ma alla fine la sua eccessiva empatia, dovuta al suo dono di Percepente, era infine stata imbrigliata.

Lo scoglio rappresentato da una famiglia assente, però, non era mai del tutto scomparso dalla sua anima e Lorainne, proprio per questo motivo, aveva deciso di intervenire quando era nata Madison.

Sapeva che, per Kennard, era difficile accettare di avere un padre e una madre in vita ma che non erano parte attiva nella sua esistenza, o in quella della sua adorata piccolina. Quell’incontro, perciò, era d’obbligo, indipendentemente da come si fosse risolto.

"L'origano dov'è?" domandò Libbie, avvicinandosi a Lorainne prima di fissare a sua volta gli uomini seduti in poltrona.

"Nella credenza sopra il lavandino" mormorò assorta la giovane.

Lei era stata sballottata da una famiglia all'altra per anni, prima di finire tra le braccia dei Simmons, disposti a tutto pur di avere la possibilità di dare una chance a una ragazza come lei, figlia di genitori irresponsabili ed egoisti.

L'affido era durato più di tutti gli altri messi assieme e, finalmente, era sfociato nell’adozione tanto agognata da entrambe le parti. L'arrivo dei diciotto anni, e della maturità sia fisica che civile, le aveva permesso di ripagare in svariati modi l’amore e il calore che le erano stati dati.

Il padre l’aveva aiutata ad aprire il negozio che, da sempre, aveva sognato di poter avere, e lì Lorainne aveva dato voce fisicamente a ciò che i genitori adottivi le avevano insegnato ad amare come prima cosa.

La musica. L'amore per la musica che il suo daddy e la sua mommy, come li aveva sempre chiamati, le avevano trasmesso, permettendole di trovare la forza necessaria per iscriversi a una scuola legata a tale disciplina, uscendone con una laurea triennale all'ICMP (institute of contemporary music performance).

Negli anni, si era via via spinta più avanti, aveva ingrandito il negozio e iniziato a dare lezioni private di violino e, suo malgrado, aveva conosciuto Paul, che l'aveva spinta a diventare ciò che non aveva mai pensato di poter essere. 

Per quanto Alec le fosse sembrato terrificante - e ripensare a lui come era allora, la fece sorridere - il suo Fenrir era stato attento alle sue esigenze e aveva punito in maniera esemplare Paul, reo di averne tradito la fiducia e averla spinta a mutare senza averle detto tutto sul loro mondo.

Alec stesso l'aveva addestrata perché diventasse una brava lupa, dopo ciò che era successo con Paul, e si era assicurato che almeno un paio di lupe le stessero accanto in quella prima fase di transizione.

Era così che era venuta a sapere dei trascorsi di Alec, e di come il loro Fenrir avesse acquisito quel carattere gelido e ferreo, pur se protettivo nei confronti di tutti.

Kirill, al confronto, era un pan di spagna, eppure sapeva tenere al guinzaglio anche i più riottosi tra i licantropi, e la sua giovane età non inficiava affatto sulle sue scelte. Aver avuto dei maestri come Marcus, prima, ed Erin, dopo, aveva dato i suoi buoni frutti.

"Lorainne..." mormorò al suo fianco Libbie, strappandola a quei pensieri.

La giovane sobbalzò leggermente, fissò la suocera con espressione interrogativa e domandò: "Sì, mi dica, Libbie ... avete bisogno di me in cucina?"

La donna scosse il capo con un sorriso triste, le poggiò timida una mano sulla spalla e, un po' sorpresa, mormorò: "Cielo! Sei così calda! Si sente anche attraverso la camicia!"

"Ci attestiamo intorno ai trentanove, quaranta gradi. Per questo, abbiamo sempre una fame indiavolata. Metabolismo super accelerato" scrollò le spalle la lupa.

Libbie scosse una mano come per cancellare quel discorso, asserendo: "Sto divagando, scusa. Volevo solo chiederti se Ken è... beh, è come te, ora, o se ancora non ha deciso. Dubito me lo direbbe, visto come sta litigando con lo sguardo con il padre, ma sarei curiosa di saperlo. Anche soltanto per non ferirlo con gli anelli."

Ciò detto, indicò la mano con cui Libbie non l'aveva toccata e, arrossendo un poco, ammise: "E' stato più forte di me. Li ho indossati per abitudine."

"Non è un problema. Anch'io adoravo gli oggetti in argento e, lo ammetto, mi manca non poterli indossare" dichiarò con un sorrisino Lorainne. "Quanto a Ken, se si è preoccupata nel vedere il cerotto che ha sul collo, è tutto merito di Madison, che lo ha graffiato ieri mentre lui tentava di tagliarle le unghie."

"Oh... beh, in effetti, le unghie dei bambini sono micidiali" esalò sorpresa Libbie.

"Vuoi dire che non hai ancora smozzicato il tuo uomo, finora? E' così scarso a letto da non averti mai portato in errore?" entrò in scena Evelin a sorpresa, puntando il mattarello contro un fianco di Lorainne.

"Dio, Eve!" gracchiò Libbie, guardando la figlia con aria sconvolta.

Lorainne, però, non fece alcun caso alle sue parole e, serafica, replicò: "Certo che l'ho morso, Evelin, e con vero piacere... ma non l'ho azzannato. Sta tutta lì la differenza."

"Merda! E io che pensavo di sconvolgerti..." brontolò la cognata, tornandosene al piano da lavoro per ultimare l'ultima pizza. "... non si possono fare allusioni sessuali, con te. Sei impermeabile."

"Perché non abbiamo tabù. Ergo, non mi sconvolge praticamente nulla, in tal senso" ribatté Lorainne, avvicinando la cognata per poi sorriderle maliziosa e aggiungere: "Vorrei tanto che conoscessi un lupo del sud. Non se la farebbe mai con una umana, ma potrebbe spiegarti più cose del Kamasutra. E' talmente sensuale da far cadere ai suoi piedi tutte le lupe che incontra."

"Anche te?" domandò Evelin, che era diventata purpurea in viso.

"All'epoca? No. Non ci era concesso, perché i rapporti tra i nostri clan non erano dei più distesi, e lui ricopre una posizione di spicco, perciò non poteva fare l'idiota in giro ma, in tutta onestà, un pensiero ce lo avrei fatto" ammise Lorainne con un sorrisino prima di estrarre il cellulare dalla tasca dei pantaloni e cercare una foto in particolare.

Evelin curiosò interessata le manovre della cognata, e anche Libbie si avvicinò alla coppia dopo aver udito quell'ultimo scambio di battute piuttosto piccanti.

Quando infine Lorainne trovò la foto incriminata, la mostrò a entrambe le donne e disse: "Lui è il lupo di cui vi ho appena accennato."

La cognata afferrò un canovaccio per farsi aria mentre Libbie, tamburellandosi il mento con un dito, esalava: "E... beh, ecco... lui sarebbe single?"

"E’ uno scapolo impenitente" sottolineò Lorainne. "Ma è molto generoso nell'elargire gioia a noi signore. Solo lupe, però, mi spiace."

"Questa è discriminazione!" sbottò Evelin, avvicinando maggiormente il volto all'immagine per meglio osservare quel concentrato di bellezza e mascolinità.

"Per come fa sesso lui, è protezione. Vi ucciderebbe, nella foga dell'amplesso, e lui non ci tiene ad avere simili pesi sull'animo" scrollando le spalle Lorainne, rimettendo infine via il telefono.

Evelin aumentò il moto del canovaccio, ormai vermiglia in viso e Libbie, a occhi sgranati, esalò: "Cielo! E'... è così... focoso?"

"Sì" si limitò a dire Lorainne, lasciando che pensassero loro al resto della storia. Parlando di Keath, aveva fondamentalmente evitato di rispondere alla scomoda domanda di Libbie riguardo alle scelte di Kennard. Visto, però, che il marito aveva preferito non dire nulla su Madison, sapeva che anche ciò che lo riguardava non poteva essere affrontato con leggerezza. Doveva essere lui a decidere cosa – e quanto – dire.

Tornando a scrutare i due uomini nel salotto, infine, domandò: "Ma staranno in silenzio ancora per molto?"

"Per Dylan è difficile accettare che Ken sia... beh, sia sposato con te. Ma non te nello specifico. Con una licantropa" sottolineò Libbie. "E' stato lui ad addestrarlo, prima ancora di zio Cassian, perciò sente di aver fallito in qualche modo. Con tutto il rispetto parlando, s'intende."

Lorainne assentì, replicando: "In un certo qual modo, posso capire. Io sono stata bandita più o meno per lo stesso motivo. Nel mio branco vigeva una regola... ‘il cacciatore è buono solo se morto’. Suo malgrado, il mio Fenrir ha dovuto cacciarmi perché era vietato mantenere in vita un Cacciatore, se lo si trovava, e non poteva cambiare la legge solo per favorirmi. Sarebbe stato iniquo nei confronti degli altri."

"E ora, grazie a voi due, questa regola non esiste più" chiosò Evelin, incuriosita dal suo dire.

"Esatto. Subito dopo la nostra partenza, il mio Fenrir presiedette una riunione tra lupi alfa, decidendo che la morte di un Cacciatore doveva essere subordinata a gravissimi motivi, tra cui l'uccisione di un lupo da parte dello stesso Cacciatore" spiegò loro Lorainne. "Naturalmente, nessuno sa il perché di questa modifica, poiché il patto era di non far sapere chi fosse in realtà Kennard ma, in generale, la mozione è passata senza grossi drammi. In molti hanno ammesso che, senza motivazioni valide, sarebbe stato solo un assassinio a sangue freddo... e noi non siamo killer."

Libbie assentì pensierosa e, tornando a guardare il marito - che ancora fissava il figlio con espressione dura -, mormorò: "Pregiudizi di lunga data sono difficili da smaltire, ma da qualche parte bisogna cominciare."

Lorainne annuì al suo dire ma, prima di commentare a sua volta, il campanello di casa suonò e, curiosa, la donna si recò ad aprire la porta.

Sorpresa, si ritrovò quindi a fissare Einar Magnusson sul pianerottolo del primo piano, dove si trovava l'entrata del loro appartamento.

"Scusa il disturbo, Lorainne, ma Stephan voleva che ti portassi assolutamente un suo regalo, e così..." esordì l'enorme berserkr prima di notare, dalla porta d'ingresso, i volti di alcune persone a lui sconosciute. "...oh, ho scelto il momento sbagliato. Scusa ancora."

Sorridendo per contro, Lorainne lo invogliò a entrare replicando: "Non preoccuparti. Sono solo venuti i miei suoceri e mia cognata in visita, perciò non c'è problema."

"Buonasera... e scusate il disturbo, ma mio figlio ha insistito tanto che..." mormorò il colosso, mostrando poi a Lorainne un piccolo pianoforte intagliato nel legno. "... è il suo regalo per te, per avergli permesso di entrare a far parte del complesso musicale della scuola."

Grata e commossa, Lorainne prese in mano il prezioso oggetto finemente lavorato - sia Einar che Stephan, per quanto piccolo, lavoravano egregiamente il legno - e replicò: "Non doveva. Mi ha fatto piacere insegnargli... comunque, è davvero bellissimo."

"E' il minimo" dissentì Einar con un sorriso. "Siamo appena arrivati, e tu ci hai presi subito in simpatia, dando a Stephan l'opportunità di coronare il suo sogno. Mi riterrò in debito con te ancora per molto, Lorainne."

La giovane fece per ribattere alle sue parole piene di gratitudine, ma gli sguardi sconvolti e curiosi di suocera e cognata la portarono a sobbalzare leggermente per poi esalare: "Ma che fate?"

Evelin si riscosse il tempo necessario per fissare la cognata e replicare sconcertata: "Come faccio a non guardarlo?!"

Sospirando esasperata, Lorainne allora osservò spiacente Einar prima di dire: "Sono un po' confuse, scusale. Stanno ancora facendo fatica a digerire me, figurarsi poi vedere te."

Arrossendo a sorpresa, Einar sorrise nel portarsi una mano dietro la nuca per poi dire imbarazzato: "Perdonatemi. Non volevo causare problemi."

"Ma sei un lupo anche tu?" gracchiò a quel punto Evelin, facendo tanto d’occhi.

"Razza sbagliata" chiosò Lorainne, ammiccando furba. "E' un orso."

Le due donne, a quel punto, sobbalzarono per lo sconcerto e persino Dylan si discostò dal suo incontro silenzioso di boxe virtuale con il figlio per esclamare: "Cos'hai detto, scusa?!"

"Ho creato guai, Lorainne?" domandò a quel punto Einar, dubbioso.

"No, affatto. Anzi, mi stai dando una mano, in effetti" replicò la donna, battendogli affettuosamente una mano sul bicipite robusto. "Mostra loro i tuoi tatuaggi rituali, per favore."

"Tutti?" ironizzò a quel punto Einar, facendola scoppiare a ridere.

"Meglio di no" intervenne a quel punto Kennard, levandosi in piedi per raggiungerli. "Basterà togliere la camicia."

"Nessun problema" dichiarò l'uomo, slacciando i bottoni con agilità per poi mettere in bella mostra il torace ampio e muscoloso... e un tappeto di tatuaggi rossi e neri riguardanti i berserkir e la loro travagliata storia millenaria.

"Ohsignoresantocielo!" esclamò Evelin, facendo tanto d'occhi.

Fu il turno di Libbie, di farsi aria con un canovaccio mentre Dylan, del tutto sconcertato, esalava: "Ma che significa?"

"Sono simboli rituali dei berserkir, gli uomini-orso della mitologia nordica" spiegò loro Lorainne, indicando un punto in particolare sull'avambraccio destro di Einar. "Questo è il più recente, e riguarda l'incontro tra Odino e Fenrir, avvenuto un anno e mezzo fa."

"Come... un anno e mezzo fa?!" sobbalzarono i tre Palmer, letteralmente sconcertati da una tale notizia.

Orgoglioso, Einar disse: "Fui presente all'evento e posso dire che mai, nella vita, potrò vedere una cosa altrettanto potente. Fenrir che viene intrappolato nella nostra gabbia anti-dèi, e il nostro signore Odino che accetta di parlare con lui. Giuro... pensavo di svenire."

"Ci prendi in giro?" gracchiò Evelin, fissandolo al colmo dell’incredulità.

Lorainne allora sorrise maliziosa, replicando: "I berserkir non mentirebbero mai, riguardo al loro signore Odino."

"Era questo, che tentavo di farti capire, prima!" esclamò a quel punto Kennard, fissando bieco il padre. "Ci sono un sacco di cose che non sapete, e la licantropia o meno di nostra figlia è solo la punta dell'iceberg!"

"Ma se sei stato zitto tutto il tempo!" sbottò per contro il padre.

Accigliandosi, Ken replicò in un mugugno: "Beh, avresti dovuto... capire dall'intensità del mio sguardo."

"Ho bisogno di un drink" dichiarò a quel punto Libbie, allontanandosi per raggiungere il frigorifero.

Evelin, però, non la seguì, restando accanto all'imponente berserkr con un'espressione molto simile all'adorazione.

Facendosi sospettosa, Lorainne domandò a Einar: "Stai emettendo feromoni releaser, per caso?"

"L'ansia... scusami" ridacchiò Einar, lanciando poi un'occhiata curiosa all'indirizzo di Evelin. 

"E' una Percepente come il fratello... si vede che li ha avvertiti" scrollò le spalle Lorainne prima di aggiungere: "Va un po' meglio, Evelin?"

Scuotendo il capo, la cognata lanciò un'altra occhiata ammirata all'indirizzo di Einar e infine domandò: "Cavolo... ma sei stato tu?"

"Sono poco abituato a stare in mezzo a persone che non appartengono alla mia famiglia, perciò vado un po' in agitazione, quando succede, e l'istinto di sopravvivenza prende il sopravvento. Devo ancora farci il callo" le spiegò spiacente lui.

"Quindi... inganni il loro olfatto?" esalò Dylan, completamente strabiliato.

"Non è solo l'olfatto, come ha potuto notare. In qualche modo, colpisce anche la sfera emotiva, e non li fa percepire come nemici. Li camuffa, in qualche modo" spiegò Lorainne, scrollando le spalle con aria impotente. 

Madison scelse quel momento per lanciare uno strillo acuto e allungare le braccia verso Einar e Kennard, sorridendo, concesse alla bimba di raggiungerlo, chiosando: "Adora guardare i tuoi tatuaggi."

"E io adoro lei" replicò l'enorme berserkr, prendendo in braccio con delicatezza la bambina per poi portarla in giro per il salotto, facendola saltellare con le possenti braccia.

Inspiegabilmente, Evelin si accodò a loro e Kennard, nell'osservare quella scena assurda, chiosò: "Ha davvero tanta importanza come crescerà, papà? E' già in un mondo pieno di magia. Una più, una meno, che differenza fa?"

Dylan osservò la nipote tastare allegra i disegni riportati sulla pelle dell’imponente berserkr, scrutò dubbioso lo strano comportamento della figlia e infine domandò: "Ma è davvero la verità? Ciò che ha detto?"

"Non posso che narrarle ciò che altri dissero a me. O potrebbe chiedere a Einar di raccontarle quello che vide lui. Il punto è un altro, però. Né Odino né Fenrir si presenteranno qui per darle la conferma della loro esistenza. Dovrà credere che esiste qualcosa che esula da quello che le hanno insegnato" si limitò a dire Lorainne, ora del tutto seria.

Annuendo silenzioso, Dylan si passò una mano sul viso contratto dalla difficoltà ma Libbie, raggiuntolo con un secondo bicchiere, bofonchiò: "E' il caso di berci sopra."
 
***

La pizza era ormai finita da tempo, ed Einar aveva avuto il tempo di andare a prendere il figlioletto a casa per poi tornare con lui e proseguire nel racconto che, con dovizia di particolari, aveva iniziato a narrare in casa Palmer.

Ora, il giovane Stephan e la piccola Madison erano spaparanzati su un enorme cuscino ed erano prossimi a crollare per il sonno, mentre Einar e il suo uditorio erano perfettamente svegli e pronti ad andare avanti per ore ad ascoltarlo.

Seduta a gambe incrociate dinanzi alla poltrona di Ken, Lorainne stava disegnando su un quadernone una sorta di albero genealogico piuttosto stilizzato delle varie parentele fin lì esposte dal loro ospite.

Di contro, Dylan e Libbie ascoltavano assorti e sconcertati la narrazione dell'enorme berserkr, mentre Evelin pareva più interessata a scrutare i tatuaggi di Einar, oltre che il suo profilo volitivo ed elegante.

Quando infine il berserkr giunse agli ultimi sviluppi dell'epopea del suo popolo, si fece torvo e ammise: "Commettemmo un errore di valutazione assai grossolano, e prendemmo per oro colato ciò che gli antenati ci avevano tramandato. Rischiammo così di scatenare il Ragnarök perché incapaci di discernere realtà da mito e, solo pagando con la vita di molti miei compagni, giungemmo infine alla verità."

Ciò detto, indicò il tatuaggio raffigurante Odino e Fenrir, aggiungendo: "In totale sprezzo del pericolo, e disposta a tutto per evitare una guerra tra i nostri due popoli, Lady Fenrir giunse fino al nostro villaggio per perorare la sua causa, ma la barriera anti-dèi, eretta per proteggere il ricettacolo del nostro dio Odino, le causò immenso dolore, spingendo lo spirito divino dentro di lei a palesarsi."

"E' dunque possibile tutto ciò? Sì... che gli dèi ritornino e..." tentennò Dylan, stringendo le mani a pugno sulle cosce.

"Non sono addentro allo studio della metafisica, né conosco i Misteri come mio cugino Thor, ma posso dirle questo, signor Palmer. Ciò che vidi quel giorno è ben impresso sia sul mio braccio che nella mia mente, e so di non essermelo sognato. Molte anime non hanno memoria del loro passato, ma ve ne sono alcune abbastanza potenti che possono sopravvivere al contrappasso e rinascere con piena consapevolezza di sé. Solo berserkir e licantropi, però, hanno coscienza di ciò."

Dylan si lasciò crollare contro lo schienale della poltrona dov'era assiso mentre Libbie, al suo quarto scotch, era già abbastanza imbambolata per non lasciarsi sconvolgere più da nulla.

Sospirando, Kennard poggiò una mano su un braccio del padre e mormorò: "Capisci quanto ci è stato nascosto? Quanto non sappiamo del mondo che ci circonda? La nostra è sempre stata una visione limitata della realtà."

Dylan fissò il figlio con espressione intelligibile e, senza dire nulla, si levò in piedi e uscì di casa dopo un breve cenno di scuse a Lorainne.

Kennard fu sul punto di seguirlo, ma Einar lo bloccò con un gesto della mano e, levatosi a sua volta in piedi, disse: "Certe cose non possono essere dette da un figlio. Sarebbe troppo difficile accettarle. Lascia che gli parli io."

Il giovane assentì grato al suo dire e, con la promessa di badare a Stephan, la famiglia Palmer lo osservò uscire di casa per poi discendere le scale che, poco prima, aveva imboccato Dylan per allontanarsi.

In cuor suo, Kennard sperò che l’amico trovasse le parole che lui, fino a quel momento, non era riuscito a trovare per gettare un ponte tra il suo mondo e quello del padre.





N.d.A.: Scopriamo finalmente cosa sia successo alla nostra coppia e a come, nel frattempo, la famiglia Palmer abbia cercato di venire a patti con quello che la moglie di Kennard, ha fatto scoprire loro. L'arrivo di Einar non fa che mettere altra carne al fuoco, ma presto scopriremo come Evelin abbia sfruttato il suo colloquio con Alec e come abbia seguito il consiglio di suo zio Cassian. Che dite... Kennard è ancora umano, o è diventato un lupo?


 
  
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