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Autore: Octave    14/04/2022    12 recensioni
Ogni storia nasce, in qualche modo, per dar voce ad un personaggio. O magari a più di uno.
Spesso poi succede che una storia segua una strada che non avevamo previsto. E quando questo accade c’è poco da fare. Possiamo solo decidere se condividerla o meno. Questa storia ha deciso di raccontare un diverso punto di vista sull’episodio 25 e sui fatti successivi ( e consequenziali).
Un sincero ringraziamento a Settembre17 e ad OscarAndrè76 , che partendo da presupposti diversi, mi hanno convinto che valeva la pena di dare un seguito alla storia.
"Quella sera, ritirandosi nei suoi appartamenti, il Conte Hans Axel di Fersen non aveva le idee del tutto chiare su cosa fosse accaduto e su quale fosse stato il suo ruolo in tali accadimenti."
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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André Grandier, quella sera, mentre, con una tranquillità del tutto apparente, si occupava delle sue mansioni abituali, non poteva in alcun modo impedire che certe idee prendessero forma nella sua testa.
-Sto diventando pazzo- aveva anche pensato.
Invece, era, piuttosto, come se tra tutti i sentimenti, disordinati e confusi, che, spintonandosi tra loro, gli si affollavano dentro, una felicità, violenta ed inopinata, sgomitasse per venir fuori.
Aveva avvertito immediatamente un’atmosfera strana, quando era rientrato a casa, eccezionalmente, da solo. Oscar gli aveva detto soltanto - testualmente - di riferire a Girodelle che doveva assumere il comando, perché lei tornava a casa. Ed era corsa via prima che lui potesse aggiungere altro.  Il che non prometteva nulla di buono. Il cavallo di Oscar era al suo posto nelle scuderie, quando era rientrato, ma lei non si vedeva in giro e la nonna andava su e giù come una trottola.
Cos’era tutta quella agitazione?
Un abito?
Un ballo?
Ci siamo - pensò - si alzi il sipario e lo spettacolo abbia inizio.
Fingere stupore, innanzi tutto, come se non avesse neanche capito - come un maledetto imbecille -  per prendere tempo e provare così a placare il tumulto del cuore. Senza destare sospetti.
-Oscar con un abito da sera? Oh, ma non è possibile! E andrà ad un ballo? Ma dico, è uno scherzo? -
No, non è uno scherzo. Meglio provare a buttarla sul ridere, allora. Magari funziona.
-Ma sembrerà uno spaventapasseri, figuriamoci! -
E assumere un’aria svagata - un’aria da imbecille, non c’è un altro modo per definirla - sforzandosi anche di apparire divertito, col cuore stretto in una morsa, mentre fantasie voluttuosamente crudeli si materializzano davanti ai suoi occhi.
Infine, e questo lo uccide, fare come se non gliene importasse niente.
-Vieni a vedere, André! -
- Ma sì, certo, certo…-
Sdrammatizzare, dissimulare, minimizzare. Un’esperienza lunga e consolidata.
Ma quella sera non ce la fa. Quella sera la minaccia ha un nome e un volto e la sola idea lo rende folle di gelosia, tanto più che, nelle brume dell’immaginazione, ogni dettaglio assume contorni più spaventosi, più intollerabili, più devastanti di qualsiasi cosa possa accadere nella realtà.
E questo non è ancora niente, in confronto allo strazio per il dolore che lei ha scelto di infliggersi. Quel dolore lui se lo sente addosso. A qualunque cosa avrebbe potuto rassegnarsi nella vita, ma veder soffrire Oscar, senza poter intervenire, è un inferno ogni singola, dannata volta. La consapevolezza che tutti i possibili - orribili - scenari, che quella sera avrebbero potuto delinearsi, avrebbero finito comunque per annientarla, lo fa smaniare, come se fosse per uscire di sentimento.
- André! Vieni qui! Vieni a vedere! -
Così alla fine aveva sollevato lo sguardo, ma ciò che lo aveva trafitto non era stata la bellezza, singolare e radiosa, della quale ogni singolo istante, con qualsiasi abito, i suoi sensi si inebriano con una gratitudine mai sazia, che lo tiene avvinto a sé, illuminando i suoi giorni e tormentando le sue notti, che gli fa, qualche volta, venir voglia di piangere, sopraffatto da tanto splendore. Ciò che lo aveva trafitto, quella sera, era stato il modo in cui Oscar lo guardava. Perché Oscar - non riesce ancora a crederci - lo stava guardando. Senza distogliere lo sguardo per paura di tradirsi, senza voltargli le spalle per paura di non riuscire a nascondere l’emozione, senza fuggire via, sentendo che non avrebbe potuto sostenere i suoi occhi un attimo di più.
Al riparo del vestito e del ventaglio Oscar lo guardava. Al riparo della maschera di una sera, Oscar gli sorrideva. Al riparo di una zona franca, che non esisteva in nessun posto del mondo, Oscar lo seduceva.
E lui, senza più riparo, ricambiava il suo sguardo.
Una porta chiusa è una porta chiusa, se non ne possiedi la chiave. Se non sei neanche certo che esista una chiave. E la si può contemplare dall’esterno, si può fantasticare su cosa può esserci oltre la porta, si può sbirciare dalle finestre, si può fare il giro dell’edificio o guardarlo da angolazioni diverse e si può coltivare la speranza folle di trovare, un giorno, quella chiave, di girarla nella serratura e avere, così, accesso alla completa felicità che quel luogo, certamente, custodisce.
Quella sera Oscar gli aveva aperto quella porta dall’interno. Facendo saltare tutti gli equilibri, tutte le strategie. Palizzate, torri, bastioni, fossati, terrapieni e l’intero quartier generale. Sbaragliando in un attimo tutte le sue difese. Che non erano difese di fortuna, ma mura ciclopiche, tirate su negli anni a fatica, con il cemento di un rigore che a volte gli faceva persino paura ed era lo stesso con cui Oscar aveva rifinito le mura dalla sua parte, con rinzaffi precisi, energici ed irosi. Sempre più energici ed irosi.  Sempre più disperati.
Fino a quando non aveva più potuto. Si era trovata in scacco, la sua Oscar, e aveva dovuto fare una mossa.
-Stai attento André: ci sono tre modi per uscire da una situazione di scacco. Si può sottrarre il re allo scacco togliendolo dalla sua posizione, ma questo solo se il re può muoversi; oppure si può eliminare il pezzo che lo tiene sotto scacco, se sei capace di farlo; oppure, se non è possibile fare le prime due cose, si può frapporre un altro pezzo tra quello che lo tiene sotto scacco e il re. Hai capito, André?” -
Si sentì mancare dall’emozione e dalla dolcezza.
-Ho capito, Oscar -
Una sola volta, in vita sua, André aveva dubitato dei sentimenti di Oscar, e se ne vergognava ancora. Era stato solo per un attimo, prima che lei, bella e terribile, implacabile come una divinità alla quale persino i sovrani della Terra si devono piegare, gli mostrasse - di fronte al mondo! - che lui era il centro del suo universo, per sempre, a costo della sua stessa vita.
Si sentì travolgere, come in uno schianto, dalla piena di un amore purissimo, senza riuscire, come allora, a trattenere le lacrime.
André Grandier, quella sera, in trepidante attesa per cogliere, nel silenzio della notte, il più piccolo rumore, che annunciasse il suo ritorno, pensava che forse stava diventando pazzo sul serio, ma non gli importava del vestito e non gli importava del ballo. Non gli importava cosa stesse accadendo o fosse già accaduto. E non gli importava neanche di chi, quella sera, non avrebbe capito.
Voleva solo che lei non soffrisse. Voleva che tornasse a casa presto.
E, qualunque fosse il prezzo da pagare, voleva che lo guardasse ancora in quel modo.
 
 
 
 
   
 
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