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Autore: Johnee    14/04/2022    1 recensioni
Una storia parallela alla trama principale di Inquisition che concerne: due nevrotici, i traumi™, gufi appollaiati su trespoli impossibili e la ricerca della reciprocità.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cullen, Hawke, Inquisitore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Nel bosco che segnava il confine occidentale dei Sobborghi, il sole brillava nel punto più alto del cielo, disperdendo i suoi raggi morbidamente attraverso una fitta ragnatela di foglie ingiallite.

Aleggiava un fresco profumo di erba bagnata, che si sposava audacemente con il classico olezzo mentolato di radice elfica caratterizzante quell'area delle Terre Centrali. Questi odori coprivano degnamente il fetore causato da una massiccia presenza di montoni, spinti a ripararsi in quella zona per via del conflitto tra Maghi e Templari che vessava i pascoli circostanti.

Inoltre, i suoni tipici del bosco in autunno erano disturbati frequentemente dal clangore dell'acciaio e dal fragore delle evocazioni, che nemmeno la fitta vegetazione di arbusti e sempreverdi non riusciva a schermare correttamente.

Nel mezzo di quel panorama, che di bucolico aveva solo le intenzioni, un ragazzino correva a rotta di collo lungo un sentiero in pendenza, cinto da arbusti di erica e resti di antichi totem avaar mangiati dal tempo e dal muschio. Si guardava spesso alle spalle con aria terrorizzata, e ciò lo portava a incespicare spesso, nonostante fosse chiaro che stesse seguendo una direzione che conosceva.

Difatti, nel riconoscere la popolosa macchia di castagni al terminare del sentiero, il suo sguardo assunse una chiara sfumatura di sollievo.

Accelerò l'andatura, sbracciandosi nel fare lo slalom tra i residui di una frana recente, finché non raggiunse un pezzo di terra coltivato, antecedente a una cascina modesta, costruita in legno a pianta rotonda.

Si schiantò sulla porta d'ingresso, credendo che fosse aperta.

-Aprimi, sono io!- gemette, picchiando i pugni sulla superficie. Diede una rapida occhiata alle sue spalle, poi prese a bussare con più veemenza.

Una volta che gli fu stata aperta la porta, si ritrovò a fare i conti con lo sguardo attonito di una bambina alta la metà di lui. La scansò e si proiettò all'interno, dirigendosi di gran carriera verso un baule ai piedi di un letto matrimoniale disfatto.

-Dov'è la mamma?- domandò la bambina, raggiungendolo con aria incerta.

Il ragazzino, nel frattempo, aveva disteso un lenzuolo di cotone per terra e stava procedendo a radunare sopra di esso tutto ciò che avrebbe potuto servire a lui e alla sorella, in vista della fuga. -Svelta! Chiudi la porta!- le ordinò, scacciandola con un cenno brusco del braccio.

La bambina esitò, poi fece come le era stato chiesto.

-Aspetteremo che se ne siano andati, poi andremo dai nonni a Honnleath.- annunciò il ragazzino, dopo aver annodato i lembi del lenzuolo per creare un fagotto. -Hai chiuso bene a chiave?-

La bambina annuì, nervosamente, poi si affiancò al fratello, per aggrapparsi alla manica del suo cappotto alla ricerca di rassicurazioni.

Il ragazzino le rivolse un sorriso tutto fuorché convincente, quindi l'abbracciò. -Andrà tutto bene. Penserò io a...-

Si zittì immediatamente, perché aveva percepito un rumore di passi di corsa, proveniente dall'esterno.

Spinse sua sorella al riparo, dietro al letto, facendole cenno di restare in silenzio, poi recuperò un coltello da caccia dal baule, brandendolo minacciosamente verso la porta d'ingresso.

Non ci volle molto prima che chiunque fosse all'esterno si facesse riconoscere. -Ehi, di casa!- gracchiò una voce maschile.

Il viso del ragazzino si trasformò in una maschera di paura e ogni centimetro del suo corpo prese a vibrare, incapace di rispondere con fermezza al pericolo.

-Sei sicuro di averlo visto entrare qui?- domandò una voce femminile.

Il suo compagno la ignorò. -So che sei lì dentro! Non ti faremo del male, abbiamo solo bisogno di un po' di provviste.- gridò, accompagnato da una serie di risate maliziose.

La bambina si sporse dal suo nascondiglio, rivolgendo uno sguardo impregnato di insicurezza al fratello. Quest'ultimo le impose di stare al riparò con un cenno brusco della mano libera.

Dopo una manciata di secondi di silenzio, che agli inquilini della casa parvero un'eternità, al di là della porta si udì un sospiro seccato. -La sfondiamo?- domandò la donna.

Non ottenne una risposta udibile.

Il ragazzino era talmente teso che vedeva l'ambiente attorno a sé tremare, come se si trovasse all'interno di una fornace. Percepiva distintamente un rumore di passi continuo, localizzato tutt'attorno all'edificio, segno che gli aggressori stessero perlustrando il perimetro alla ricerca di un punto d'accesso alternativo.

La bambina sobbalzò, in risposta a un tonfo secco, localizzato sulla parete in cui era addossato il letto. Spaventata, lasciò il suo nascondiglio e corse a ripararsi dietro al fratello, stringendosi a lui saldamente. Il ragazzino, che non sapeva più come comportarsi, si abbandonò a un pianto silenzioso, lasciando cadere il coltello per aggrapparsi alla sorellina.

Improvvisamente, dalle intercapedini delle assi che rinforzavano le pareti iniziarono a fuoriuscire delle serpentine di fumo, accompagnate dal crepitio del fuoco che lambisce il legno.

-Vedi come ci apre, adesso!- scherzò la voce maschile, supportata da grida di giubilo e grasse risate.

La bambina prese a tossire sonoramente, mentre il fratello esplorava la casa con occhi carichi di terrore, alla ricerca disperata di una via d'uscita. -Creatore, aiutami! Andraste, guidami!- pregò, passando una mano sul capo della sorella, per farsi coraggio.

Vedendo che entrambi non avrebbero resistito a lungo, recuperò la chiave della serratura dalle mani della bambina e si avventò sulla porta, per cercare di aprirla. Purtroppo, fu costretto a ritrarre le mani dal lucchetto, agitandole lungo i fianchi per alleviare il dolore derivato dalle scottature.

-Andraste benedetta!- gemette, riprovandoci per fallire di nuovo.

Si ritrovò a sussultare, in risposta a un tonfo sordo al di là dell'ingresso.

Indietreggiò istintivamente, dato che oltre al rumore soverchiante dell'incendio se ne erano associati altri, legati chiaramente a un combattimento.

Strinse lo sguardo, cercando di dare un'identità ai suoni che percepiva. Udì grida che si interlacciavano in una cacofonia di intenti, acciaio che si scontrava con altro acciaio e scoppi secchi dovuti, probabilmente, all'intervento di diverse evocazioni.

Lo sguardo del ragazzino si spalancò, mentre lui ritornava dalla sorella per prenderla in braccio. Esitò giusto un istante, poi si diresse nuovamente verso la porta. -Dobbiamo approfittarne!- esclamò, iniziando a prendere a pedate la serratura, mettendoci tutta la forza che aveva per farla cedere.

Purtroppo, fu un'operazione inconcludente, perché la porta era fin troppo solida per le sue gambe, reduci dalla corsa e rese rigide dalla tensione. Continuò ugualmente, perché non aveva altre opzioni.

Ci si accanì, ruggendo contro di essa con occhi carichi di lacrime. -Andraste, guidami!-

In risposta alla sua preghiera, una buona porzione della parete alla sua destra esplose, facendo gridare di paura la bambina.

Tra il fumo dell'incendio e la polvere che volteggiava nell'aria, al ragazzino parve di intravedere la sagoma sottile di una donna armata di arco.

Sbarrò gli occhi, correndo immediatamente a recuperare il coltello da terra per puntarlo nella sua direzione.

A discapito delle aspettative del ragazzino, però, la donna rinfoderò l'arma e alzò le mani in segno di resa. -Va tutto bene, siamo dell'Inquisizione.- disse, con un tono di voce squillante.

Nel sentire quel nome, che non aveva di certo un'accezione rassicurante, il ragazzino esitò, ma si rese subito conto di non avere altre opzioni. Allora, si affrettò a raggiungere la nuova arrivata, permettendole di trarre in salvo lui e sua sorella.

Una volta all'esterno, si ritrovò a strizzare le palpebre per via dell'intensità della luce solare e dalla presenza invasiva del fumo nell'atmosfera. Cercò di mettere a fuoco la sua salvatrice, che stava conducendo lui e sua sorella ai margini di uno scontro acceso, dall'apparenza impari per i nuovi arrivati.

Il metallo dell'elmo della donna catturava la luce solare in una mezzaluna che ne definiva giusto il contorno, ma impediva al ragazzino di individuare i tratti del suo viso.

Una volta al sicuro, lei si chinò su di lui, appoggiandogli una mano sulla spalla. -Restate qui.- gli suggerì, guardandolo dritto negli occhi. Per un attimo, prima che la loro salvatrice se ne andasse, a lui parve di intravedere un guizzo luminoso che le percorreva le cornee, ma fu un'immagine talmente rapida da costringerlo a non fidarsi di ciò che stava vedendo.

Appoggiò una mano sulla nuca di sua sorella, per rassicurarla, poi si accucciò assieme a lei dietro al tronco di un vecchio castagno.

Quando la sua vista fu in grado di delineare l'ambiente esterno, notò che l'arciera era affiancata unicamente da tre compagni d'arme: un Nano balestriere, un Mago elfico e una guerriera umana. Sorprendentemente, questi stavano tenendo testa a una brigata composta, come minimo, da una dozzina di cacciatori di taglie.

Il Mago congiurava evocazioni con la grazia e la decisione di un direttore d'orchestra; al contrario, il Nano aveva un approccio alle armi più sbrigativo, nel controllare il perimetro dello scontro con colpi precisi di balestra; ultima, ma solo perché accerchiata costantemente dai nemici che la nascondevano allo sguardo, la guerriera combatteva con fluidità e fermezza, concatenando parate e cavazioni con la destrezza di un maestro spadaccino.

La donna che aveva salvato il ragazzino e sua sorella, invece, era presente sul campo di battaglia solo tramite il numero di nemici che abbatteva.

Gran parte di essi cadevano semplicemente a terra, come se fossero preda di uno svenimento improvviso. Solo in un secondo momento si potevano notare le frecce che li avevano colpiti.

Ogni tanto al ragazzino pareva di vedere con la coda dell'occhio una sagoma che volteggiava ai margini del campo di battaglia, ma non appena si voltava quella scompariva, per poi riapparire da tutt'altra parte.

Non fu uno scontro lungo, o particolarmente cruento, ma tra tutti quelli a cui aveva assistito il ragazzino negli ultimi giorni, sarebbe stato decisamente il più memorabile.

Una volta messa in sicurezza l'area, la donna riapparve, muovendosi con passo deciso verso i due che aveva salvato.

Il ragazzino sollevò la testa nella sua direzione, guardandola con tanto d'occhi. Il suo elmo era sovrastato da un drago in volo e indossava un'armatura media in cuoio, tinta degli stessi colori caldi del bosco che la circondava. Tendeva appena la corda di un arco lungo, sulla quale era incoccata una freccia e si guardava intorno con circospezione.

-Grazie.- le disse, stringendo a sé la sorellina, che guardava la loro salvatrice con ammirazione.

Una volta raggiunti, quella rimase a fissarli per qualche istante, poi rinfoderò le armi, sostituendole con una borraccia d'acqua che porse immediatamente alla bambina. -Mi dispiace per il muro.- fece.

Dopo essersi ripulita la gola dall'arsura, la più piccola si scostò i capelli dal viso, per poter guardare bene la sua interlocutrice. -Chi sei?- le chiese.

La donna parve pensarci su, poi si sfilò l'elmo.

I due scorsero un'occhiata sorpresa sull'intricato Vallaslin a foggia di quercia che le ricopriva il viso asciutto, squadrato e bruciato dal sole sulle guance e sul naso, poi spostarono lo sguardo sulle orecchie a lama di coltello. Esse erano ben esposte, così come lo era la borchia d'oro posta sulla fossa scafoidea dell'orecchio sinistro, dato che la donna portava i capelli, di un ricco biondo antivano, legati sulla nuca.

I suoi occhi erano di un verde giada intenso, con venature castane concentrate attorno all'iride che si assottigliavano mano a mano che raggiungevano l'orlo esterno della pupilla. Ricambiavano le attenzioni con uno sguardo indagatore, affamato di dettagli, tanto da apparire costantemente in movimento.

Una volta appagata la sua fame di informazioni, la donna rivolse ai due un sorriso eloquente. 

-L'ispettore edilizio.- rispose, allegramente.

 

*

 

Senza più niente da reclamare come proprio, eccetto i vestiti che indossavano, il ragazzino e sua sorella si ritrovavano a occupare una tenda assieme ad altri profughi nelle loro stesse condizioni.

Si trattava di un alloggio provvisorio, parte di una tendopoli costruita nell'area del Crocevia. Esso era protetto e controllato dai soldati dell'Inquisizione, che garantivano un posto sicuro alle vittime della guerra prima che riprendessero in mano ciò che restava della propria esistenza.

Lavellan sedeva su uno sgabello di fronte alla branda su cui il ragazzino aveva adagiato la sorella minore, sbucciando una mela con un coltello da caccia grande quanto il suo avambraccio. -Ve la siete vista brutta.- disse, infilzando uno spicchio con la punta del coltello, per poi allungarlo verso il suo interlocutore.

Il ragazzino, che aveva preso posto sul margine del materasso, raccolse il cibo con fare esitante.

Lavellan diede l'esempio, staccando un morso dal frutto per poi mostrarglielo. -L'ultima mela dell'estate. Ti conviene approfittarne.- gli suggerì, a bocca piena.

Il suo interlocutore ci rifletté, fissandola con sospetto, poi finì lo spicchio in un boccone, più per fame che per dimostrare gratitudine. -Dove ci portate?- le domandò, dopo qualche istante di raccoglimento.

-Dipende da dove vuoi andare.- gli rispose Lavellan, passandogli un altro spicchio. -Ma ti conviene restare nei paraggi del Crocevia per un altro po', dato che dobbiamo finire di ripulire la zona dagli squarci.-

-Quelle cose verdi vicino al lago?-

-Quella, in particolare, non c'è più.- precisò lei, consegnandogli direttamente la mela. -Sì, comunque. Le cose verdi a cui i demoni fanno la posta. Ce ne sono per tutto il Thedas.-

-Anche a Honnleath?-

-Probabile.-

Il ragazzino chinò uno sguardo preoccupato a terra. -Quindi non esiste un posto sicuro.- dedusse, con la voce incrinata dalla paura.

Lavellan accavallò le gambe con un gesto fluido, sporgendosi verso di lui nell'appoggiare il gomito sul ginocchio. -Ci sto lavorando, capo. Dammi tregua.- lo rassicurò, rivolgendogli un sorrisetto. -La tua famiglia è lì?-

-I miei nonni.- rispose lui, con gli occhi velati di lacrime.

-Puoi scrivergli una lettera?-

Il ragazzino scosse la testa.

Lavellan si prese i suoi tempi per osservarlo, poi rinfoderò il coltello, sostituendolo con un foglio di pergamena e un carboncino. -Dettami i loro nomi, così più tardi posso chiedere al Caporale Vale di cercarli a nome tuo. Se sono in salute, aspetta che la strada dell'ovest sia libera, poi monta sulla prima carovana che trovi.- recuperò tre sovrane d'argento da un borsello che teneva agganciato alla cintura, poi gliele consegnò.

Il ragazzino le raccolse, stringendole nel pugno. -Greystone. Si chiamano Greystone.- riferì. Deglutì l'ultimo boccone, approfittando che finisse di scrivere prima di rivolgersi nuovamente a lei. -E se fossimo rimasti solo noi?-

Lavellan ripiegò il biglietto con cura, poi lo intascò. -In quel caso, ti conviene muoverti verso sud, in direzione della Torre della Guardia Invernale. Tua sorella sarà al sicuro lì.-

Lui le rivolse un'occhiataccia. -Sarebbe più al sicuro senza di me.- dichiarò.

Lavellan inarcò un sopracciglio sopra un'espressione scettica. -Ma sarebbe sola.-

-Troverebbe qualcuno di meglio disposto a difenderla. Io sono inutile!- sbottò il ragazzino, gettando il torsolo di mela a terra. -Li ho portati dritti in casa nostra e non sono riuscito a rassicurarla quando ne aveva bisogno.- fece una pausa, per asciugarsi gli occhi con un gesto brusco. -Sono un pessimo fratello maggiore.-

Lavellan si sporse per raccogliere la mela, poi cercò il contatto visivo con il suo interlocutore. -Erano in quindici e tra loro c'erano dei cacciatori di taglie professionisti.- gli riferì, con voce ferma.

-Avrei dovuto correre più velocemente e condurli altrove.-

-Non ci saresti riuscito.-

-Avrei dovuto provarci.-

-Così adesso tua sorella sarebbe sola al mondo.-

-E sarebbe meglio così!-

-Sarebbe meglio per te, o per lei?-

Il ragazzino si zittì, spostando lo sguardo altrove.

Lavellan sospirò. -Ascolta: capisco perfettamente cosa provi, ma a volte bisogna semplicemente accettare i nostri sbagli e usare ciò che abbiamo imparato da essi per usarlo in un momento successivo.- disse, porgendogli il torsolo. -Nessuno di noi è preparato a tutto.-

-Tu si. Ci hai salvati dalle fiamme e hai ucciso quei briganti.-

Lavellan sorrise appena. -Perché ci sono abituata, ma se mi chiedessi di fare una trapunta a uncinetto, finirei per cucirmi le mani.-

-Non è esattamente la stessa cosa.-

-Hai mai visto quanto sono acuminati quei cosi?-

Il ragazzino le rivolse un'occhiata madida di scetticismo, poi raccolse il torsolo, per mordicchiarlo. -Come faccio a tenerla al sicuro se non posso nemmeno proteggerla in casa mia?-

Lavellan ampliò il sorriso, dandogli una sfumatura rincuorante. -Il vero senso di sicurezza è molto di più di sapere come si impugna una spada. È sapere di poter contare su qualcuno che si preoccupa realmente per te, che ti consola quando fai un errore e ti stringe tra le braccia quando i tuoni sono troppo forti.- spiegò. -In realtà, la vera sicurezza viene dalla reciprocità.-

-Reciprocità?-

-Lei deve contare su di te così come tu devi contare su di lei.- elaborò Lavellan. -Se fosse da sola, chi la prenderebbe in braccio quando le sue gambe saranno stanche? E tu come faresti senza nessuno da poter abbracciare quando ti sembra di avere tutto il mondo contro? Finché sarete insieme, sarete sempre al sicuro.-

Il ragazzino la guardò a lungo, poi trasse un respiro profondo e annuì. -Va bene.- disse, sforzandosi di ricambiare il sorriso. -Ci proverò.-

Lavellan gli passò una mano sul capo, poi si rialzò. -Ne sono sicura.- affermò, per poi dirigersi verso l'uscita della tenda.

Il suo interlocutore la seguì con lo sguardo, che poi chinò sul torsolo di mela, annerito dalle ditate. Quella conversazione gli aveva dato molto a cui pensare, ma, in qualche modo, era riuscita a confortarlo.

-L'Araldo di Andraste ha salvato anche me.- intervenne una signora molto anziana, distesa in una branda poco distante.

Il ragazzino aggrottò la fronte. -L'Araldo di Andraste?- ripeté.

La signora annuì piano. -La signora gentile con cui hai appena discusso. Lei è l'Araldo di Andraste.- replicò.

Lui assunse immediatamente un'espressione sorpresa, fissando l'apertura della tenda con tanto d'occhi. Senza pensarci, corse all'esterno per raggiungere la sua salvatrice.

Fece un giro su se stesso, esplorando con lo sguardo il dedalo di tende che lo circondavano. Lei però era sparita, così com'era successo poche ore prima, nel campo di battaglia.

-Allora ci hai aiutati davvero.- mormorò, aprendo un sorriso intriso di stupore tra le labbra nel rivolgere lo sguardo al cielo.




 

-Nota-

Ehilà! Grazie mille per essere arrivati fin qui!

Spero davvero che la storia vi piacerà e che questa premessa non sia troppo ridondante (I blame the adhd, ma personalmente ho un problema in materia decisionale e tendo ad aggiungere e aggiungere e aggiungere… tipo questa parentesi che farebbe fare seppuku a un editor). In realtà, questa long avrebbe dovuto essere una cosa “feel good” solo per me, per catarsi, poi è diventato un vero e proprio progetto, uno di quelli che si portano a termine (fortunatamente lol).

Insomma, state tonnati che venerdì prossimo iniziamo con la ciccia (?).

Abbracci <3

 
   
 
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