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Autore: LuciaDeetz    20/04/2022    4 recensioni
Vicissitudini di una famiglia (a)normale condite con un chicco di riso.
[Raccolta di flash e one-shot senza continuità]
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bra, Bulma, Trunks, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Colore: giallo (per turpiloquio).
Note: nessuna.

Parassita nero

«Scratch, no! Giù da lì!»
All'improvvisa esclamazione di Bulma, Beerus contempla le pupille verticali della pelosa creatura che gli è appena balzata sulle ginocchia: occhioni gialli incastonati in un musino tutto nero, un tartufo dello stesso colore che sovrasta le curve armoniche della bocca e lunghe vibrisse che oscillano di curiosità.
«Ciao, micetto!» Lo saluta, mentre la sua mano già affonda a massaggiare il vello morbido sulla schiena dell'animale.
Bulma siede sull’orlo del divano dal lato opposto del salotto con la stessa tensione muscolare di un velocista ai blocchi di partenza e punta il dio con occhi che son grandi come i piattini del servizio da tè sul tavolino di vetro in mezzo alla sala. Dal numero di bocche aperte e forchette che all'improvviso si sono arrestate a mezz'aria, non è l'unica coi nervi in allerta calamità.
Beerus, al centro del mirino, non condividendo il senso di minaccia che d'un tratto ha permeato la stanza, gira uno sguardo disorientato attorno ai commensali ammutoliti: «È solo un gatto!» dice.
Un gatto che, fra l’altro, rileva sotto ai polpastrelli, soffre di scapole sottili come fogli di giornale. Una leggera, leggerissima pressione delle dita e potrebbe spezzarle come quei biscotti secchi che ha intinto poco fa nel tè. Una divinità degna di definirsi tale non si farà incutere paura da un animale così delicato, soffice e assolutamente inoffensivo.
Tenero micio micio micio micio!

***

A suo marito stilla una goccia di sudore dalla fronte.
Bulma guarda il gatto, poi guarda Beerus, poi riguarda Vegeta. C'è una bomba, nella sala, e nessuno che si alzi per neutralizzarla.
Quella stoffa azzurra sembra così fragile e sottilina, come carta di giornale.

***

Vegeta osserva quell'immonda bestiaccia compiere un mezzo giro su se stessa in precario equilibrio sulle gambe rachitiche del dio, alla ricerca di cuscinetti di grasso inesistenti su cui acciambellarsi.
Mentre Beerus seguita a massaggiargli il pelo sulla schiena con languide carezze della mano, il mostriciattolo si scioglie alle premure e attacca una sinfonia di fusa assordante nel silenzio attonito della sala. Compie altre tre giravolte prima di decidere, in quella sua testolina dissennata, che sì, un letto di tiepide fibre muscolari può servire da valida alternativa a un cuscino di stoffa. Dunque, armato di tutta l'arroganza felina di questo mondo, concretizza l'incubo che da un minuto a questa parte ha paralizzato gli arti di tutte le persone riunite in salotto: alza una zampina, poi l'abbassa per sollevare l'altra, e comincia subito a impastare di buona lena per ricavarsi una cuccia sfoderando artigli più affilati di un bisturi.
La bomba perde la sicura.

***

«Iiiiih!»
Beerus sussulta mentre lancia uno strillo da soprano. Il suo sistema nervoso fa appena in tempo a inviare al cervello una nota di acuto dolore, acutissimo dolore proveniente dai quadricipiti femorali, prima che Bulma scatti dal divano e accorra per strappargli di dosso la creatura che gli ha appena perforato la carne delle gambe.

***

Scratch si sente tirare. Scratch non vuole. Scratch si impunta. Scratch si aggrappa.

***

«AAAH!» Beerus emette un altro urlo belluino.
Ora, come il caro lettore forse saprà, esistono due tipi di dolore.
Per quanto il dio sia rimasto sorpreso dall'efficienza con cui il gatto gli ha trapassato la pelle ispessita da migliaia di combattimenti, deve ammettere di aver rimediato ferite ben peggiori di un puntino rosso in campo viola. Beerus, però, divinità misantropa che per secoli ha condotto un'esistenza schiva e solitaria, avvicinandosi alle civiltà più evolute solo per ridurle in cumuli di cenere, non vanta la stessa immunità all'altro tipo di dolore che affligge gli esseri viventi dei dodici universi, quello proprio, ossia, dei fenomeni mentali, delle emozioni che di fisico non hanno nulla ma che spesso infondono il potere di smuovere montagne e scavare crateri.
È questo tipo di dolore tutto psicologico che adesso gli lacera il cuore in due, la risposta spirituale allo squarcio, ben più concreto, che l'animale, ribellatosi a Bulma e ancoratosi con le unghie al suo divin cuscino, gli ha appena aperto nel tessuto dei suoi pantaloni preferiti.

***

E Bulma rimane lì, immobile, col gatto che penzola per le ascelle e le si allunga tra le mani, a specchiarsi negli sguardi sgranati di tutti e a chiedersi cosa sarebbe successo se Rafiki avesse gettato Simba dalla rupe. La ringhiera del terrazzo non è lontana, si dice, e papà può sempre accontentarsi di un peluche.
Poi Beerus si alza dalla poltrona con lentezza solenne. Stringe gli occhi, valuta lo scempio sulla coscia. «Questo gatto mi ha fatto arrabbiare» sentenzia.
La bomba esplode. Da lì in poi, tocca al duo saiyan contenere i danni strutturali all'edificio.

***

«Mrrraoh!»
Due settimane più tardi, Vegeta, grondante acqua, si sta avvolgendo un asciugamano attorno alla vita davanti alla toeletta del bagno quando sente il gatto strusciarglisi contro la pelle bagnata della caviglia. Lo scosta sgarbato col piede, spingendolo verso la porta socchiusa.
«Come sei entrato? Pussa via, parassita!»
Serra la porta a chiave dopo aver silurato la bestiaccia dal territorio privato del bagno, ma nel farlo l'asciugamano si snoda e scivola per terra. Vegeta si china a raccoglierlo con un grugnito, allunga una mano verso il mucchio di stoffa. Qui si blocca, attratto da un elemento insolito che risalta contro le mattonelle bianche del pavimento su cui il gatto è appena transitato.

***

Bulma, alle prese con un bullone capriccioso che non vuole saperne di svitarsi, viene messa in allarme quando dei tonfi sordi di provenienza non identificata fan piovere polvere di calcinacci dal soffitto del laboratorio e scuotono le fondamenta della Capsule Corporation già provate dallo scontro di due sabati prima. Molla tutti gli attrezzi e si precipita al piano di sopra.
Cercando la fonte del rumore, si imbatte in Trunks che corre in preda al panico nel corridoio che collega la camera gravitazionale al bagno personale di Vegeta. Lo interpella, a voce alta per contrastare i colpi: «Trunks, che succede?».
Lui agita le braccia, ha lo sguardo spiritato. «Mamma, papà è impazzito, sta uccidendo il gatto!»
«CHE COSA?!»
Il figlio gesticola e mima col piede l'atto di schiacciare qualcosa. «Ho visto Scratch infilarsi nel bagno poco fa, credo che lo stia pestando sul pavimento, così
Bulma lo fissa con tanto d'occhi. No, non ci voglio credere.
«Perché a ogni colpo sbraita, "Muori! Muori!".»

***

«Crepa, disgustosa bestia!»
TUM TUM TUM.
Bulma attende Vegeta appostata fuori dalla porta del bagno incriminato con una padella stretta fra le mani e una scintilla omicida negli occhi mentre ascolta lo svolgersi del vergognoso delitto oltre il battente chiuso. Quanto ancora vuole infierire sulle spoglie di quel povero animale? Fottuto bastardo senza cuore! Scratch non aveva colpe, come ha osato vendicarsi su una creatura innocente vittima del caratteraccio scostante di una divinità spelacchiata?!
(La donna finge di non ricordare che lei, quella sera, è stata la prima a desiderare il gatto morto e spappolato in giardino a seguito di una caduta non accidentale dalla terrazza del terzo piano. Istinto violento che al momento preferisce disconoscere.)
Scratch, amato Scratch. Il solco della tua anima rimarrà per sempre nei nostri cuori e il tuo pelo nero e soffice per sempre sui nostri vestiti.
Scratch era innocente. Scratch…
«Mrrraoh!»
Bulma abbassa lo sguardo sulla palla nera che le è appena sfilata accanto nel corridoio e che ora si sta grattando con insistenza dietro l'orecchio con la zampina posteriore.
Scratch è vivo.
In quella, mentre la materia grigia di Bulma sta smaltendo il sollievo e metabolizzando la presenza del gatto fuori dal bagno in cui Vegeta si è trincerato e sta combinando, a questo punto, non si sa bene cosa, la chiave gira nella serratura, la porta si apre e il marito, ignaro delle maledizioni e delle accuse di assassinio di cui è stato appena fatto oggetto, esce in perfetta tenuta adamitica tenendo un palmo sollevato verso l'alto.
Bulma lo squadra con un'occhiata integrale, senza salivare come suo solito perché lo sconcerto le ha seccato la bocca: pettorali ansanti, capelli scarmigliati, sudore sulle tempie. Sembra appena uscito perdente da uno scontro con la vasca da bagno, e sulle mattonelle di ceramica alle sue spalle si intravedono diverse crepe come fili di ragnatela là dove ha percosso il pavimento coi talloni.
«Perché giri nudo?» gli chiede, tra altre mille domande con cui desidera bersagliarlo.
Lui rilancia, nella pausa tra un respiro mozzo e l'altro: «Ho caldo. Tu perché brandisci una padella?».
«Pensavo avessi ammazzato il gatto, deficiente!»
Vegeta la scruta in modo strano, per diversi secondi, con occhi neri e serissimi. «È quello che dovremmo fare» dice, timbro cupo e gutturale da predatore assetato di sangue. Non ha reagito all'epiteto gratuito, quindi significa che le sue priorità sono davvero altrove.
«Di che parli? Cosa intendi?» chiede lei, sempre più confusa. Non ha ancora mollato la presa sulla padella.
«Abbiamo un problema, Bulma.»
È solo a questo punto che Vegeta le si avvicina. Bulma, padella ancora alta di fianco alla testa, deve compiere uno sforzo immane per stornare l'attenzione dai muscoli scolpiti dell'addome del saiyan e mettere a fuoco invece il granello di polvere al centro della mano che le porge palmo in su davanti al viso.
E il granello di polvere, all'improvviso, si anima e le balza sul naso.

***

Nel santuario ai limiti della stratosfera, quel guardone di Karin viene percorso da un brivido e si gratta la schiena per solidarietà felina.
Dobbiamo viaggiare per un fantastiliardo di chilometri nello spazio siderale del cosmo, però, fino agli antipodi del settimo universo, per assistere alla scena di un grosso gatto dal pelo viola che si contorce e si morde una zampa a più riprese sbavando saliva come un animale rabbioso.
«Lord Beerus, d'accordo che sono due settimane che non facciamo visita alla Terra e abbiamo esaurito le scorte di ramen più di dieci giorni fa, ma insomma, mantenga un minimo di contegno, sopporti i vizi di gola in silenzio senza cannibalizzarsi!»
Ma quello continua l'opera di autolesionismo, ignorando il biasimo del suo angelo custode: dà l'assalto a un polpaccio, si graffia una spalla, azzanna il dorso di una mano e, dopo aver esagerato con la pressione del morso, conforta la pelle leccandosi la ferita. Subito dopo, colto da un pizzicotto sul fianco, si straccia la tunica dalla disperazione.
«Cos'è 'sta stregoneria?!» grida e si lamenta, rivolto ai pianeti nel cielo.
E la risposta giunge, trascendendo le leggi della fisica che impediscono al suono di propagarsi nel vuoto, con il timbro acuto di una voce femminile molto, molto familiare.
UNA PUUULCEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!

***

In un laboratorio sotterraneo, un vecchio azzimato con i baffi spioventi e una sigaretta alla bocca si gratta una tempia e ridacchia imbarazzato.
«Ops, questo mese mi sono dimenticato di mettergli l'antiparassitario...»

~fin~



Angolino d’autrice:
È impossibile uccidere una pulce per schiacciamento.
Abbozzata a fine 2020. Riesco a terminarla solo ora, e non perché prima mi mancasse l'ispirazione. Dedicata al mio nero pulcioso che ha attraversato il ponte a febbraio 2021.

   
 
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