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Autore: Duodoppioteam99    22/04/2022    1 recensioni
Dal testo:
A quel punto non seppi come reagire, e per la prima volta durante tutto il mio viaggio, mollai. Avrei potuto seguirlo sicuramente, ma in quell’istante non ebbi la prontezza necessaria.
La testa si fece ancora più pesante, la mente annebbiata e le gambe si fecero molli sotto al mio peso. Svenni.
L’ultima cosa che sentii fu il richiamo acuto di Reshiram, ormai allontanato dalla sua controparte, e le urla dei miei amici Komor e Belle che cercavano inutilmente di farmi rinsavire.
———
Proseguo immaginario della storia tra Touko ed N dopo gli avvenimenti di Nero e Bianco
!Prologo risistemato graficamente!
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, N, Touko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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Capitolo 1 
Era una tranquilla mattinata a Soffiolieve. 
Il cielo era limpido e sgombro da nuvole mente una leggera brezza si faceva largo tra le fronde degli alberi che circondavano la piccola cittadina. Il tutto era accompagnato dal rumore delle onde del mare che si infrangevano sul piccolo terrazzo costruito appositamente per osservare l’oceano e per poter talvolta immaginare le bellezze che si celavano al di là di esso. 
Un paesaggio all’apparenza idilliaco, in contrasto sicuramente con gli avvenimenti burrascosi e poco tranquilli di certo, di chi abitava nelle case del villaggio. 

Mi svegliai con gli occhi appannati e la visione leggermente offuscata, segno di una lunga e rilassante dormita. Dalle finestre penetrava un leggero ma caldo raggio di sole, segnale che indicava che la mattinata era ormai inoltrata. 
Mossi leggermente le dita della mano e la prima cosa che sentii furono delle lenzuola morbide al tatto e dall’odore fruttato inconfondibile. Ero tornata a casa. 
Aprii gli occhi, le palpebre ancora pesanti, e mi guardai velocemente in giro. Sì, era proprio camera mia e nulla era cambiato dalla mia ultima visita. La TV e i videogiochi annessi erano ancora al loro posto, la scrivania di fronte al letto ben ordinata e soprattutto, non un filo di polvere sugli oggetti. Tipico di mia madre a dirla tutta, che non perdeva mai occasione di rispolverare la camera della sua unica figlia. 
L’ambiente luminoso e dai colori vivaci si fece però più buio quando i pensieri dei giorni appena trascorsi si fecero largo nella mia mente. 
Come ero arrivata fino a casa? Le ultime cose che ricordavo erano le urla dei miei amici che cercavano di richiamarmi e…N.
Strizzai gli occhi come per scacciare i brutti pensieri dalla mente e cercai velocemente di alzarmi. Ma quanto avevo dormito? 
Con il corpo ancora intorpidito mi avviai verso le scale per recarmi in soggiorno e fu solo quando mi avvicinai ad esse che sentì delle voci provenire dal piano di sotto. Tesi l’orecchio per ascoltarle. 

“Si è da ieri mattina quando l’avete accompagnata a casa che non si è più svegliata. Il dottore che la ha visitata dice che è normale dato tutto lo stress accumulato nell’ultimo periodo”. Riconobbi in un attimo la voce preoccupata di mia madre. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che l’avevo vista e sentita, probabilmente anche solo tramite interpokè. Decisi allora che era giunto il momento di andare a salutarla e soprattutto, farle vedere che stavo bene. 
“Immagino… speriamo si risvegli al pi-”. Riconobbi subito anche la voce del mio amico Komor, che non fece in tempo a terminare la frase a causa del mio arrivo in salotto. 
Quando mi videro entrambi non poterono far altro che voltarsi verso di me e mia madre subito si alzò dalla sedia su cui si trovava e venne a stringermi in un forte abbraccio, senza proferire parola. Non potei far altro che ricambiare ad uno degli abbracci più forti che ricevetti in tutta la mia vita, segno che mi fece capire quanto le ero mancata e quanto fosse alta la sua preoccupazione. 
Nel frattempo guardai Komor, che non si era mosso dalla sua posizione, in piedi di fianco al tavolo, e lo vidi emettere un leggero sospiro. Successivamente un piccolo sorriso si fece largo sul suo volto e non potei fare altro che ricambiare. 
Quando mia madre sciolse l’abbraccio potei notare i suoi occhi lucidi e le guance più colorite, segno dell’emozione che stava provando. 
Fu Komor a prende parola: “ Bhe, visto che abbiamo appurato che sei in piedi non mi resta far altro che tornare dopo, tu e tua madre avrete molto di cui parlare, come è giusto che sia”. 
Mi avvicinai a lui e gli portai una mano tra i capelli, per spettinarglieli leggermente, sapendo quanto questo gesto creasse in lui del fastidio. Lui che voleva sempre sembrare perfetto e sul pezzo non poteva permettersi di avere i capelli in disordine. Ma personalmente la consideravo come un’ azione bonus che potevo permettermi solo in quanto rappresentavo per lui “una vecchia amica d’infanzia”, titolo che mi era stato affibbiato poco prima di partire per il nostro viaggio. 
Velocemente salutò poi me e mia madre e lasciò la casa. 

Dopodiché mi sedetti al tavolo e mia madre si offrì di preparami una buona cioccolata calda per iniziare al meglio la giornata. E fu con una tazza fumante tra le mani che parlai del mio viaggio. Da come fossi partita con il mio primo Pokémon Oshawott, alla prima medaglia in palestra, alla prima evoluzione affrontata e inattesa, al primo incontro con il Team Plasma e alle prime lotte più impegnative che mi ritrovai ad affrontare. Le parlai dei diversi Pokèmon che avevo catturato, come li avevo allenati e di come questi ultimi si fossero legati a me in modo indissolubile. Le parlai soprattutto di Reshiram, il grande Pokèmon leggendario di Unima che aveva scelto di percorrere una parte del suo viaggio al mio fianco, fidandosi ciecamente di una ragazza di soli diciotto anni alla rincorsa di un sogno.
Avrei potuto parlare per ore e lei, al contrario, sarebbe potuta rimanere ad ascoltami per un tempo indefinito. 
Le accennai anche del misterioso ragazzo dai capelli color verde foglia che avevo incontrato e di come mi fossi legata in breve tempo a lui in modo impercettibile, di come fossi stata coinvolta nel risveglio dei Leggendari fino alle vicende che mi avevano visto vincitrice nello scontro tra Ideali e Verità. E fu a quel punto del discorso che il mio sguardo si rabbuiò e la mia voce si abbassò di qualche tono. 
Fortunatamente mia madre sembrò non cogliere questi ultimi particolari, o almeno non lo diede a vedere, ma anzi continuò ad ascoltarmi con un leggero sorriso sul volto e con lo sguardo interessato. 

“E quindi?” iniziò lei “ora cosa pensi di fare cara?” chiese dopo il mio lungo discorso. 
A quella domanda mi bloccai. Era vero, ora cosa avrei fatto? Avevo raggiunto il titolo di Campionessa al quale tanto aspiravo, avendo battuto N che a sua volta aveva battuto Nardo. Cosa avrei potuto fare? Partire nuovamente per un viaggio era fuori discussione, i ricordi erano ancora troppo freschi e talvolta dolorosi.
Avrei potuto cercare un normale lavoro come molti, ma sarei stata davvero felice? 
Senza la figura di N da inseguire lungo il mio cammino, senza un Team da sconfiggere… che cosa mi rimaneva da fare? A pensarci bene il mio viaggio era stato improntato proprio solo su questo: a raggiungere la città successiva, a vincere medaglie per diventare più forte per battere le reclute del Team Plasma che ogni giorno si facevano più potenti e preparati, al ricercare la figura di N in molteplici città per cercare di estrapolare informazioni sul suo piano finale… che senso aveva viaggiare ora? 
“Non ne ho idea mamma”. Risposi in modo piatto. 
“Bhe sai, diverse sono le opzioni. Komor mi ha parlato prima mentre non c’eri della volontà di lavorare come Insegnante nelle scuole per Allenatori, mentre Belle ha accennato tempo fa della sua volontà di voler lavorare con la Professoressa Aralia per delle ricerche laboratoriali qui a Soffiolieve. Potresti unirti a lei…”. Replicò mia madre. 
“Non sono un tipo da laboratorio mamma, e lo sai bene. Non credo però che continuerò con le lotte Pokèmon o i viaggi, ormai sono una Campionessa è vero, ma il mio obbiettivo è stato raggiunto, non ho più nulla da inseguire. I miei Pokèmon sono forti e preparati e difficilmente troverò qualcuno in grado di battermi qui ad Unima”. 
L’espressione felice di mia madre a quelle parole mutò. 
“Sai cara, credo che in questo caso tu stia cadendo in errore. Non si finisce mai di imparare, soprattutto per quanto riguarda il mondo Pokèmon. Ci sono tante sfaccettature che si possono scoprire, tanti luoghi da visitare, tanta gente da conoscere e…” provò a incoraggiarmi mia madre.
Ma non le diedi il tempo di terminare la frase che, senza alcun controllo su me stessa, sbottai in preda alla rabbia e al nervoso: “ Ma tu che ne sai mamma eh? Tu non hai mai viaggiato, non sei mai partita per un’avventura. Non hai idea di quanti posti abbia girovagato, di quanti Pokèmon io abbia incontrato. Potrei disegnare la mappa di Unima in ogni suo piccolo particolare a memoria se solo volessi”. Strinsi i pugni a quelle parole. “ Non hai idea di quanta gente abbia incontrato e di quanta gente io sia rimasta delusa lungo il mio cammino…” a queste parole l’immagine di N che si allontanava mi balenò in mente come un fulmine a ciel sereno. Sentivo gli occhi pizzicare. “È vero, ho vissuto delle esperienze bellissime con i miei amici Pokèmon, ma ho deciso che saranno solo dei ricordi. Ho imparato tanto ma è il momento di voltare pagina.”. Mentre pronunciavo quelle parole, i miei pensieri erano diretti ad un ragazzo dai capelli verdi, che anche volendo, non riuscivo a togliermi dalla testa. A quel ragazzo che avevo imparato a conoscere. A quel ragazzo che avrei voluto conoscere ancora più a fondo. A quel ragazzo di cui, nonostante tutto, mi ero innamorata e che purtroppo avevo perso. Difficile ammetterlo. Perché era successo proprio a me tutto questo? Perchè proprio a me un viaggio così turbolento?

Alzai lo sguardo, che per tutto il tempo della mia sfuriata era rimasto basso, e fu solo in quel momento che incrociai quello di mia madre, stavolta amareggiato dalle mie parole. Mi sentì piccola di fronte a lei in quel momento ma non mi importava. Fu quel punto mi allontanai e mi fiondai in camera. 
“ Tu non puoi capire mamma”, ripetei velocemente prima di sparire al piano di sopra. 

Una volta in camera mia mi avvicinai alla finestra e lentamente scostai le tende leggere che coprivano la visuale. Le onde del mare si increspavano monotone alla mia vista e si poteva scorgeva qualche Pokèmon giocare tra le onde. Difficile però riconoscerne il tipo. 
Sospirando mi avviai verso il letto ancora disfatto e distrattamente presi in mano delle fotografie appoggiate sul comodino che si trovava lì vicino. 
Erano immagini di anni passati e rappresentavano me e i miei amici di una vita, Komor e Belle, intenti a giocare con dei piccoli Pidove e Patrat. Eravamo giovanissimi ai tempi e senza pensieri negativi per la testa e l’unico sogno nel cassetto era quello di poter partire per un viaggio tutti i insieme. Sembrava passata un’eternità da quel periodo…
Quando alzai gli occhi notai sempre sul comodino un piccolo ciondolo luccicante che prima era stato nascosto dalle foto. Si trattava di una piccola targhetta rettangolare con rappresentata una piccola “T”, iniziale del mio nome, e inciso di fianco la frase “Soffiolieve: crocevia di destini”. Anche questo era un ricordo della nostra infanzia, infatti sia Komor che Belle possedevano una targhetta identica, con l’eccezione della lettera iniziale del nome che, per ovvi motivi, era diversa. 
E la targhetta riportava il vero, Soffiolieve anche se piccola era davvero un crocevia di destini di persone incontrate per caso ma legate per la vita ormai. Noi eravamo un lampante esempio.
Decisi che avrei portato quell’oggetto con me, e quindi lo attaccai meglio che potevo ai pantaloncini dei jeans che indossavo la maggior parte delle volte fuori casa. 

Terminato il lavoro non feci in tempo ad osservare il risultato che qualcuno bussò alla porta di casa e sentii mia madre subito andare ad aprire ed esclamare: “Oh buongiorno Nardo, cosa posso fare per lei?”.


Continua…

 








   
 
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