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Autore: Zobeyde    28/04/2022    5 recensioni
New Orleans, 1933.
In un mondo sempre più arido di magia, il Fenomenale Spettacolo Errante di Maurice O’Malley si sposta attraverso l’America colpita dalla Grande Depressione con il suo baraccone di prodigi e mostri. Tra loro c’è Jim Doherty, l’unico a possedere capacità straordinarie: è giovane, irrequieto e vorrebbe spingere i propri numeri oltre i limiti imposti dal burbero direttore.
La sua vita cambia quando incontra Solomon Blake, che gli propone di diventare suo apprendista: egli è l’Arcistregone dell’Ovest e proviene da un mondo in cui la magia non ha mai smesso di esistere, ma viene custodita gelosamente tra pochi a scapito di molti.
Ma chi è davvero Mr. Blake? Cosa nasconde dietro i modi raffinati, l’immensa cultura e la spropositata ricchezza? E soprattutto, cosa ha visto realmente in Jim?
Nell’epoca del Proibizionismo, dei gangster e del jazz, il giovane allievo dovrà imparare a sopravvivere in una nuova realtà dove tutto sembra possibile ma niente è come appare, per salvare ciò che ama da un nemico che lo osserva da anni dietro agli specchi...
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA PROVA

 
 
 
Un fremito di curiosità si propagò per la sala, ma fu messo a tacere nel momento in cui uno dei vecchi stregoni si alzò in piedi; era alto, magro, con il pizzetto appuntito e la testa rasata, a eccezione per un sottile codino nero dietro la nuca. Come gli altri nove, indossava una tunica di velluto nero abbottonata fino alla gola, con tre api d’oro ricamate sul petto. Il suo sguardo severo percorse la folla e solo quando ci fu assoluto silenzio, prese la parola:
«Benvenuti, cittadini. Il mio nome è Melkisedek di Yazd, Primo Alchimista del Cerchio d’Oro. Oggi, come ogni anno, il Decanato offre la possibilità a dieci giovani virtuosi di mettere le proprie competenze al servizio di Arcanta. La nobile arte dell’alchimia necessita menti pronte, grande passione e dedizione allo studio, nonché, uno spiccato senso del dovere nei confronti della nostra grandiosa città. Sotto lo sguardo indulgente dei Fondatori ascolteremo le innovazioni che i nostri candidati intendono offrire. Ma prima, unitevi a me nella declamazione del Giuramento.»
Detto ciò, allargò le braccia come ad accogliere l’intera cittadinanza. Le labbra di ciascuno dei presenti si mossero in perfetta sincronia, finché le loro voci non riempirono la sala. Jim lo aveva imparato a memoria e cominciò a sua volta a declamare quella litania prega di devozione stucchevole e gratitudine nei confronti della “Città della Pace”, ma notò che Solomon, accanto a lui, non aveva aperto bocca.
Al termine del Giuramento, lo stregone col codino abbassò le braccia e tornò immediatamente il silenzio. Dopodiché, tra le sue mani apparve una pergamena bianca. La srotolò e disse: «Si presenti il candidato Maddock Astraël, dalla Corte delle Lame.»
Un ragazzo sulla ventina, allampanato e coi capelli color paglia, trottò fino al podio stringendo al petto il proprio grimorio. Si posizionò di fronte un leggio di marmo scolpito a forma di gufo reale con le ali spiegate, schiarì la voce e attaccò con voce squillante: «Ringrazio Saggio Melkisedek per la parola. La mia tesi…»
Cominciò a esporre i suoi studi sull’allumanzia, una pratica che consentiva di attingere particolari poteri dai metalli. Diede anche una piccola dimostrazione pratica: dalla tasca, estrasse un frammento di ferro grezzo. Lo fece esaminare ai Decani, che se lo passarono di mano in mano senza fare commenti, e dopo averlo manipolato per qualche secondo borbottando una formula, le sue mani assunsero una colorazione grigio-argentea. Mostrò il palmo aperto e con l’altra mano estrasse un pugnale; nel momento in cui provò a trapassarsi il palmo, la lama si spezzò e la punta cadde sul podio con un tintinnio. La folla accolse la dimostrazione con un applauso scrosciante.
«Niente male» commentò Jim, colpito. Con un numero del genere, avrebbe fatto un figurone sul palco.
«E come ritieni che questa scoperta possa essere un vantaggio per Arcanta?» domandò il Decano di nome Melkisedek.
«Creando un esercito di maghi guerrieri indistruttibili» fu la pronta risposta del giovane. «Che possiedano la resistenza del ferro e la leggerezza del litio. La Corte delle Lame, in particolare, ne sarebbe rafforzata.»
Subito, gli allievi di Volkov esplosero in una tempesta di applausi.
«Contegno» li riprese con noncuranza il Decano. «Molto bene, candidato. La commissione prenderà in esame la tua proposta.»
Il ragazzo si esibì in un inchino così profondo che il cappuccio del saio gli ricadde sulla testa e lasciò il podio.
«Si presenti la prossima candidata» riprese Melkisedek. «Alycia Cecilia Blake, dalla Corte delle Lame.»
Jim allungò il collo per vedere meglio. Alycia si separò dalla schiera di vesti grigie e raggiunse in fretta il leggio; se possibile, il suo colorito si era fatto ancora più pallido, quasi verdognolo. Quando parlò, tuttavia, lo fece con voce chiara e sicura: «Ringrazio Saggio Melkisedek per la parola. Ho riflettuto a lungo su quale fosse l’argomento migliore da presentare quest’oggi e …»
Una risata argentina si levò da qualche parte alla destra di Jim; c’erano un gruppo di ragazze, tutte vestite di seta verde, che chiacchieravano e sogghignavano guardando il podio. Stavolta, Melkisedek non intervenne per ripristinare l’ordine.
Le guance di Alycia andarono in fiamme e la sua voce perse sicurezza. «E…ehm, ho pensato che la risposta fosse da ricercare fuori da Arcanta: il nostro Arboreto è sicuramente ben rifornito, ma negli ultimi secoli non abbiamo fatto progressi nella botanica applicata alla magia curativa. Eppure, ci sono ancora molte piante magiche di cui ignoriamo tutto e che ci sono rese note solo attraverso i libri. Per questo mi sono recata di persona nel Mondo Esterno, in America, per ricercare e studiare l’Anthea muscipula gigantis, o “Anthea Ingannatrice”. Si tratta di una specie molto rara e dotata di innumerevoli proprietà ancora poco conosciute…»
Ancora risatine, sempre da parte delle ragazze vestite di seta. Adesso stavano indicando Alycia, bisbigliandosi qualcosa all’orecchio per poi ridere a crepapelle. Adirato, Jim le guardò storto finché non ci diedero un taglio.
«Be’, come biasimarle» commentò una voce appena dietro di lui. «Ammettilo dai, non è stato un inizio proprio brillante.»
La voce apparteneva a una ragazza bassina, dal volto rotondo e delicato come quello di una bambola orientale; anche lei vestiva di seta verde e si stava sventolando con un ventaglio dorato.
Jim aggrottò la fronte. «Magari è solo emozionata.»
«O magari lo sa che non frega a nessuno delle sue piante.»
«A me frega» ribatté Jim. «E poi è mia cugina.»
«Ah, sì?» La ragazza col ventaglio sorrise e il suo sguardo lo percorse per intero, lento, come una carezza. «Non vi somigliate per niente.»
«Ehi, Mei Lin» la chiamò una delle altre ragazze. «Noi ci siamo rotte, andiamo a cercare qualcosa da bere.»
«Arrivo.» Si rivolse di nuovo a Jim. «Ci fai compagnia? Se non sei troppo preso dalle piante.»
«Sto bene dove sono, grazie.»
«Come vuoi.» Mei Lin ammiccò con aria furba. «Ci vediamo in giro allora.»
E lei e le sue amiche sparirono tra la folla, continuando a ridacchiare. Accigliato, Jim scosse la testa e tornò a guardare il podio, dove Alycia stava continuando il suo discorso:
«Tra le proprietà dell’Anthea vi è quella di assorbire dall’ambiente ciò che la fortifica. Questo le ha permesso per esempio di essere immune al veleno di molti serpenti, di sviluppare capacità mimetiche, addirittura di pianificare agguati su misura per le sue vittime…»
Ne sappiamo qualcosa, pensò Jim con un mezzo sogghigno.
«In sostanza, l’Anthea impara da quello che le accade intorno e anche noi potremmo imparare molto da lei» disse Alycia. «Ho portato ad Arcanta un esemplare nella speranza che possa essere studiato, in virtù della caratteristica di questa pianta di crescere senza limiti con un’adeguata stimolazione sonora. Ciononostante, ritengo che osservarla nel suo habitat sia indispensabile per comprenderne meglio la natura…»
«Perciò» intervenne con voce strascinata uno dei Decani. «Ciò che suggerisci, candidata Blake, è di organizzare delle spedizioni esplorative nel Mondo Esterno?»
A parlare questa volta era stato un vecchio dalla barba corta, bianca e ben curata.
Aveva occhi spenti, di un azzurro talmente chiaro da sembrare vetro e fissava Alycia con atteggiamento beffardo e paternalistico.
«Ciò che suggerisco» rispose Alycia con prudenza. «È di affrontare lo studio dell’Anthea secondo i precetti che il Cerchio d’Oro ci ha insegnato: analizzando i fatti come sono, senza filtri e senza pregiudizio alcuno. Se l’Anthea fosse studiata ad Arcanta, penso che i risultati ottenuti perderebbero validità. Inoltre, è la dimostrazione che le piante magiche si sono adattate perfettamente a un mondo sempre più povero di magia…»
Jim sentì Solomon irrigidirsi al suo fianco.
«Attenta» mormorò muovendo appena le labbra.
Il Decano sorrise con dolcezza. «Capisco. Del resto, non potevamo aspettarci nulla di meno da una Blake. So però che sei anche imparentata anche con gli Alicante, corretto?»
La domanda sembrò gettare Alycia in confusione. «Io…sì, mia madre era Isabel Alicante. Ma non capisco come questo…»
«Gli Alicante sono stati eccellenti alchimisti per generazioni» la scavalcò il Decano, facendo finta di niente. «Tuo nonno, Esteban Alicante, è stato Primo Alchimista e ha inventato la formula per l’acciaio alchemico, no?»
«È così, ma …»
«Tu invece proponi di investire tempo e risorse per studiare una pianta» concluse il Decano accarezzandosi la barba. «E vuoi convincere il Cerchio d’Oro a esporre i nostri preziosi studiosi ai rischi del Mondo Esterno.»
Un brusio concitato serpeggiò per la folla e Jim vide molti scambiarsi sguardi indignati. Quanto a lui, si sentiva bollire di rabbia. Perché le stavano facendo questo? Che bisogno c’era di umiliarla pubblicamente? Se non volevano prendere in considerazione la sua tesi, potevano evitare di farla salire su quel maledetto podio…
Alycia ignorò il vocio in sala e sostenne lo sguardo derisorio del vecchio mago. «Ho trascorso tre mesi nel Mondo Esterno e come tutti potete vedere, sono tornata sana e salva. A che serve sapere tutto quello che sappiamo, essere addirittura capaci di trasformare il nostro corpo in metallo, se facciamo di tutto per evitare anche solo la possibilità del pericolo?»
«Non è questa la sede per discutere delle politiche del Decanato, candidata» si intromise a quel punto Melkisedek con voce asciutta. «Limitati a esporci la tua tesi: in che modo ritieni che possa essere un vantaggio per Arcanta?»
«La nostra gente vive a lungo e non conosce la maggior parte delle malattie che affliggono il resto dell’umanità» rispose Alycia, senza più alcuna traccia di esitazione nella voce. «Ma la pratica estremamente diffusa di combinare matrimoni all’interno di poche famiglie di Sanguepuro ha impoverito il nostro patrimonio genetico: salvo rare eccezioni, ad Arcanta ci sono sempre meno nascite in rapporto con la lunghezza media della vita di maghi e streghe. La linfa estratta dall’Anthea è invece usata nel Mondo Esterno come rimedio per la sterilità sin dai tempi più antichi, proprio in virtù della sua capacità di riprodursi rapidamente e in qualsiasi condizione. Potrebbe essere un efficace sistema per salvare la nostra razza dall’estinzione.»
Melkisedek interrogò con gli occhi i membri della commissione, ma stavolta persino il vecchio Decano barbuto non trovò obiezioni; se aveva sperato di intimorirla, aveva ottenuto l’effetto opposto, perché il volto di Alycia adesso irradiava una cocente determinazione. Jim la trovò splendida.
«La commissione prenderà in esame la tua proposta» decretò infine Melkisedek. «Si presenti il prossimo candidato.»
Alycia chiuse il grimorio e tornò al proprio posto; contrariamente al suo predecessore, non si inchinò, ma offrì ai Decani solo un breve cenno del capo.
«Si è difesa bene» approvò Solomon.
«Non hanno alcuna intenzione di ammetterla» disse Jim, voltandosi a guardarlo in cerca di spiegazioni. «Lo sapeva, non è così? Perché l’ha lasciata andare lo stesso?»
«Perché nessuno ha il diritto di dire ad Alycia cosa può e cosa non può fare, nemmeno io. E poi è figlia di sua madre: non sarebbe mai scesa da quel podio senza lasciare qualche graffio.»
Vennero chiamati altri candidati in ordine alfabetico: un ragazzo appartenente alla Corte dei Miraggi dimostrò la sua abilità nel rimpicciolire gli oggetti e in particolare i libri per ricavare spazio nella Biblioteca della Cittadella; un altro illustrò un incantesimo che permetteva di datare con precisione certosina qualsiasi tipo di documento scritto, e un altro ancora era in grado di trasformare gli oggetti solidi in vapore per facilitarne il trasporto.
Erano tutti progetti interessanti, ma la cosa che più di tutte colpì Jim fu che, a eccezione di Alycia, non vi furono altri candidati donne.
Al termine delle presentazioni, Melkisedek annunciò gli ammessi: «Dyonisus Orpheline, il Cerchio d’Oro ti dà il benvenuto.»
Il ragazzo che sapeva datare i documenti si fece avanti e il Decano compì un gesto solenne per materializzare sulla sua testa una coroncina di alloro. Accompagnato dagli applausi, il giovane alchimista tornò a occupare il proprio posto con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro.
«Alycia Cecilia Blake, vieni avanti.»
La folla riprese a mormoreggiare. Jim fissò Alycia, che in un primo momento non parve realizzare che avessero chiamato proprio lei. Poi, timidamente si avvicinò al Decano.
«La tua Prova è stata portata a termine con successo» disse sollevando una mano. «Benvenuta nel Cerchio d’Oro.»
Magicamente, l’ennesima sottile coroncina d’alloro apparve tra i capelli neri di Alycia.
«Brava!» ruggì Macon Ludmoore, applaudendo con foga. «Quella è la mia figlioccia, gente: ricordatevi di lei, farà carriera!»
Solomon si limitò a sorridere e annuire, mentre guardava la ragazza tornare al proprio posto.
«Almeno sono stati meritocratici» commentò Jim, unendosi agli applausi.
«Aspetta a cantare vittoria» replicò invece lo stregone. «Elargire benevolenza non è nelle abitudini del Decanato; la terranno d’occhio e presto o tardi esigeranno una prova di lealtà da parte sua. Si è messa in una posizione scomoda rispondendo per le rime a Blackthorn.»
A cerimonia conclusa, quando tutti i nuovi membri furono annunciati e incoronati ed ebbero preso posto ai lati della commissione, Melkisedek innalzò le braccia davanti a sé un’ultima volta ed esclamò: «Che la conoscenza vi illumini il cammino, cittadini. Lunga vita ad Arcanta!»
Solo quando i Decani ebbero lasciato il podio, sparendo in fila indiana dietro la porta da cui erano entrati, la folla si disperse e un allegro chiacchiericcio si diffuse nella sala; la gente commentava entusiasta le dimostrazioni a cui aveva assistito, si congratulava con i genitori dei ragazzi ammessi. Ma Jim assistette anche a una scena terribile, quella di un mago che prendeva a schiaffi davanti a tutti il ragazzo coi capelli color paglia che era in grado di trasmutare il suo corpo in metallo, ma che non era stato preso.
«Sei un disonore per la famiglia» sibilò quello che presumibilmente era suo padre. «Persino una donna ha fatto meglio di te!»
Nessuno tra i presenti intervenne in sua difesa. Il ragazzo incassò il colpo senza emettere un suono, ma Jim non riuscì a togliersi dalla mente la sua espressione avvilita, la guancia rossa e gonfia e i suoi occhi lucidi per il resto della giornata.
Nel frattempo, in mezzo a quel trambusto, si accorse di aver perso Blake e Alycia.
Si fece largo in un mare di gente, seta e parrucche; i colori troppo accesi, i profumi troppo forti e le voci che si sovrapponevano iniziavano a stordirlo.
Individuò Alycia e suo padre accanto a un colonnato; erano stati letteralmente presi d’assalto da un quartetto di maghe dagli abiti colorati e vaporosi come bomboniere, che pizzicavano le guance di Alycia e le facevano un sacco di complimenti. In realtà, da come si mangiavano Solomon con gli occhi, era evidente che stessero più che altro cercando di fare colpo su di lui.
Jim puntò dritto in loro direzione, ma a un tratto una voce squillante urlò: «Che mi venga un colpo! Solomon Blake e il suo nuovo apprendista! Questa sì che è una notizia da prima pagina!»
Jim non fece in tempo a capire chi avesse gridato, perché un flash gli esplose negli occhi, accecandolo per alcuni istanti. Quando riuscì a mettere di nuovo a fuoco, si trovò di fronte un individuo in redingote bianca, grasso e biondo, con baffoni da tricheco e un paio di occhi azzurrissimi spalancati sul volto incipriato. Lo accompagnava un giovanotto smilzo e annoiato, con in braccio un apparecchio che ricordava un obbiettivo fotografico.
«Mi presento: sono Seneca Honeyfoot» disse l’uomo tricheco, afferrandogli la mano e stringendola energicamente. «Redattore dell’Oraculum, il giornale più letto di Arcanta!»
«Ah» fece Jim. «Ehm, bello.»
«Il più letto e anche l’unico» intervenne Solomon, comparso alle spalle del mago con Alycia al seguito. «Non posso dire che sia un piacere rivederla, Honeyfoot. Ma come vede questa è una riunione di famiglia e gradirei un po’ di privacy, per una volta.»
Il tono dello stregone era così secco e autoritario che il sorriso a trentadue denti di Honeyfoot tremolò per un attimo. Poi però scoppiò in una fragorosa risata.
«Suvvia, Blake! So che in passato alcuni miei articoli sono stati un tantino...graffianti, nei suoi riguardi. Ma cosa vuole farci, è il mondo dell’informazione! E i nostri lettori sono affamati di notizie sul suo nuovo...»
«Che si trovino altro a cui pensare» tagliò corto Solomon, trascinando via Jim e Alycia dalle grinfie del giornalista. «Non abbiamo nient’altro da dirle.»
«Sappia che non finisce qui, Blake!» Li inseguì la voce tonante e zuccherosa di Honeyfoot. «Nessuno mi ha mai negato uno scoop in ottant'anni di carriera!»
«Ma che problemi ha la gente da queste parti?» borbottò Jim, ancora scombussolato.
«Te l’avevo detto che avresti attirato un sacco di attenzioni» sibilò Solomon, mentre raggiungevano l’uscita. «Sta’ alla larga da Honeyfoot, la sua penna è più affilata di una spada e quel suo giornale è una ridicola e pomposa ruffianata al Decana...»
«Dove credete di svignarvela voi tre?»
Il tentativo di fuga alla chetichella di Solomon andò a vuoto: Una e Macon li avevano raggiunti e braccati a una velocità impressionante.
«Ora che la parte noiosa si è conclusa è ora di festeggiare!» gridò Macon raggiante. «Ho già provveduto a tutto! Darò un piccolo ricevimento alla Corte dei Miraggi questa sera: una cosuccia intima, solo pochi invitati, e tu e i ragazzi ovviamente sarete miei ospiti!»
Jim guardò Solomon; se la proposta lo aveva allarmato, riuscì a dissimularlo bene.
«Sei molto gentile, Macon» replicò con un sorriso. «Ma Winston non può permettersi di restare indietro col suo programma, ripartiremo subito...»
«Oh, sciocchezze!» esclamò l’Arcistregone del Sud, con un gesto frettoloso. «Non crederai di sparire così dopo tutti questi anni di latitanza! Abbiamo così tante cose da raccontarci! E poi sono sicuro che al tuo giovane apprendista farà bene svagarsi un po’, non esiste solo lo studio nella vita!»
«Macon, ti sono davvero riconoscente, ma...»
«Solomon Blake che rifiuta un invito a una festa è qualcosa che non mi sarei mai sognata di sentire» commentò Una, gli occhi da gatta fissi su di lui. «Qualcuno potrebbe anche pensare che abbia qualcosa di più importante da fare. O da nascondere.»
«Solo uno sciocco penserebbe di tenerti nascosto qualcosa, mia cara» replicò Solomon con un inchino.
«Perfetto, allora è deciso!» tuonò Macon. «Dopotutto, una piccola festa non ha mai ucciso nessuno!»
  
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