Serie TV > Il paradiso delle signore
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Autore: komova_va    01/05/2022    2 recensioni
[Daily 4x14]
Primo esperimento Mariene. Maria e Irene sono rimaste a casa da sole per cena mentre Stefania è fuori con suo padre. Durante la serata le due si confrontano su vari aspetti che le vedono in disaccordo, scoprendo però di poter imparare l'una dall'altra molto più di quanto non si sarebbero aspettate.
[Personaggi: Irene Cipriani, Maria Puglisi. Pairing: Mariene.]
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Crack Pairing
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quella domenica dopo il temporale che aveva infuriato per tutta la notte era tornato il sereno, e se questo poteva valere per Milano, Maria ancora non sapeva se lo stesso si sarebbe applicato anche al rapporto tra lei e Irene. Aveva passato la notte in bianco sul divano del signor Landi, soltanto alle prime luci del mattino era riuscita a prendere sonno e riposare un paio d'ore; quando si era risvegliata, a momenti si era sentita quasi più stanca di prima. In fondo non c'era da stupirsene, i pensieri quella sera non le avevano dato tregua neanche per un istante. Parlando con il signor Landi le era sembrato tutto facile, tutto semplice, ancora le sembrava di poter risentire le sue parole: 'dia ascolto a se stessa signorina e tutto andrà per il meglio'. Non appena era rimasta sola, invece, le sue ansie, paure e paranoie erano tornate a tormentarla. Ormai non aveva più dubbi sui sentimenti che provava per Irene, sapeva con certezza che era lei la persona che desiderava e che Don Saverio si sbagliava, non era solo confusione o un'amicizia molto forte, come invece le aveva detto il prete.

Piano piano Maria era andata a ritroso con la mente per ripercorrere tutti i momenti che aveva condiviso con la Venere negli anni passati, a partire dal loro primo incontro quando la ragazza aveva fatto la prova per il ruolo di commessa al Paradiso, che alla fine era andato alla sua rivale. Aveva ripensato a tutti i litigi con Irene, gli sguardi, le maleparole che si erano rivolte, le loro differenze... La gelosia che molto spesso Maria si era ritrovata a provare nei suoi confronti, tutte le volte che aveva pensato a lei, che la aveva osservata quando l'altra non se ne accorgeva. Aveva ripensato anche al suo rapporto con Rocco, e a come fosse diventata immediatamente più coinvolta e determinata a conquistarlo da quando anche Irene aveva incominciato a mostrare più interesse verso il magazziniere, mentre i primi tempi appena arrivata a Milano Maria si era dimostrata molto più titubante. In un certo senso, il fatto che anche Irene lo volesse glielo aveva fatto desiderare ancora di più, e Maria era arrivata ad escogitare ogni stratagemma per tenerla lontana da lui, come se vederli insieme le avesse dato fastidio proprio... e all'epoca aveva semplicemente pensato che era normale, che era gelosa delle ragazze che ronzavano attorno a Rocco e quindi non voleva che nessun'altra gli stesse vicino. Adesso invece si domandava se non fosse stata Irene fin dall'inizio l'oggetto del suo interesse, quella che veramente desiderava.

Maria aveva anche notato gli apprezzamenti estetici che molto spesso si era ritrovata a fare tra sé e sé per la sua coinquilina, tutte le volte che aveva pensato che Irene fosse molto bella, che aveva classe, stile, eleganza, era sciolta, spontanea, audace, e poi anche divertente, tutte le volte che l'aveva vista con un abito o un vestito e aveva pensato, naturalmente senza dirlo a nessuno, a come le stava bene, a come valorizzava il suo fisico o le sue gambe, pensando che fosse semplice invidia e senso di inferiorità misto a insicurezza. E invece, con suo enorme stupore Maria aveva finito per comprendere che tutti quei pensieri non volevano dire che vedeva Irene come una rivale di cui preoccuparsi, ma bensì che a lei Irene piaceva, e pure tanto. Perché non si era mai ritrovata a pensare queste cose di Rocco? Perchè non le era mai venuto da guardarlo e sentirsi attratta da lui, sentire il desiderio spontaneo di averlo vicino e toccare il suo corpo? Certo, Maria naturalmente aveva gli occhi e sapeva quindi riconoscere che era un bel ragazzo, aveva un bel viso, era alto... Però con Irene era diverso. Con Irene, Maria si ritrovava proprio a desiderarla, ed era un qualcosa di completamente diverso dal saper dire se uno era un bel ragazzo oppure no.

E così, durante quella notte insonne Maria aveva scoperto con suo enorme stupore di aver desiderato Irene senza nemmeno rendersene conto fin dalla prima volta che l'aveva vista. Una Venere del Paradiso, bella, sicura di sé, con un portamento impeccabile... e se prima agli inizi l'aveva odiata per come la trattava, per la sua freddezza e il suo cinismo, da quando avevano incominciato a conoscersi meglio e Maria si era resa conto di chi fosse la vera Irene, la persona che si nascondeva dietro la maschera da cattiva che indossava ogni giorno, quel legame non era stato più soltanto una questione fisica, ma anche e soprattutto emotiva. Maria aveva incominciato a conoscere i lati di lei che Irene per qualche motivo faceva il possibile per nascondere agli altri, ma che secondo Maria erano anche i più belli: la sua sensibilità, la sua generosità, il modo in cui si spendeva per le amiche per farle contente, la sua creatività, la sua empatia, anche il suo essere goffa e imbranata quando si trattava di faccende domestiche... E aveva finito per innamorarsi di ognuna di quelle piccole cose.

E adesso veniva la parte difficile. Che fare ora? Adesso che aveva capito sul serio che cosa provava, doveva andare a dirlo a Irene. Fare finta di niente e negare tutto ormai non era più possibile, e nemmeno riuscire a stare vicina a Irene come se le cose fossero state uguali a prima. Dovevano parlarne, nel bene o nel male... peccato che il solo pensiero di di dirlo ad alta voce le faceva una paura tremenda, al punto che quasi si bloccava e non riusciva a respirare. Se Irene le avesse detto che per lei era stato tutto un gioco e che la vedeva solo come un'amica, Maria sapeva che il mondo le sarebbe crollato addosso e si sarebbe sentita ancora più sbagliata di quanto già facesse. E se invece Irene le avesse detto che la ricambiava e che anche lei la voleva... Il pensiero di baciarla di nuovo e di riprovare tutte quelle cose forti e sconvolgenti che aveva già provato quella sera le faceva paura in egual misura, se non addirittura di più, anche se in un modo totalmente diverso. Insomma, per farla breve, Maria dubitava che sarebbe riuscita ad uscirne viva e con la sanità mentale ancora intatta, anzi, a dirla tutta pareva proprio impossibile.

L'unico pensiero che la motivava, oltre alle parole del signor Landi chiaramente, era il fatto che nel bene o nel male quell'orribile agonia che aveva vissuto per tutti quei giorni sarebbe finita, quella fase di incertezza mista a negazione e angoscia e sensi di colpa, quel senso di smarrimento che nasceva dal non saper proprio cosa fare, che pesci pigliare. Se non altro la risposta di Irene sarebbe servita a chiarirle un po' le idee, in un modo o nell'altro. Fu con quella pesantezza nel cuore, quel senso di ansia mista a paura ed eccitazione che a momenti le faceva mancare il respiro, che bussò tre volte alla porta di casa sua quella domenica mattina, di ritorno dalla messa proprio come aveva preannunciato. Attese con il cuore in gola per qualche secondo che Irene venisse ad aprire la porta, dal momento che aveva lasciato le chiavi di casa all'interno della sua borsetta, ancora in caffetteria: quegli istanti terribili le parvero i più lunghi della sua vita. Quando il profilo della ragazza bionda si delineò finalmente davanti ai suoi occhi con l'aprirsi della porta, Maria per un secondo si dimenticò persino come respirare. Irene non le era mai sembrata così vicina e allo stesso tempo così lontana prima di allora; pareva che la soglia della porta di casa che le divideva fosse lunga chilometri, invece di millimetri.

-Ciao, - la salutò Irene, dopo un primo momento di silenzio. La sua coinquilina accennò ad un mezzo sorriso.

-Ciao, - rispose Maria, troppo agitata per riuscire a dire qualsiasi altra cosa. Poi, gettando un occhio all'interno della casa, la sarta si rese immediatamente conto che la loro cucina sembrava... vuota. Un pensiero balenò all'improvviso all'interno della sua mente: -Stefania non c'è?

-No, è a pranzo con suo padre... siamo solo io e te, - spiegò Irene. Il suo tono di voce pareva tutto sommato tranquillo e disinvolto, certamente non in modo eccessivo ma quantomeno il giusto; Maria invece si sentiva morire dentro. Davvero Irene era tranquilla e serena, o era solo quello che cercava di far vedere?

In ogni caso, la cosa non fece altro che agitare Maria ancora di più, tant'è che l'unico suono che le uscì di bocca fu un semplice:-Ah.

Il fatto che Stefania fosse fuori, poi, significava che sarebbero state completamente sole fin da subito. Insomma, a brevissimo avrebbe scoperto di che morte doveva morire. Capendo che non aveva scampo e che il suo destino ormai era segnato, lei e Irene avrebbero parlato, Maria lasciò passare ancora un paio di istanti in silenzio per racimolare tutto il suo coraggio e fare un bel respiro, per poi trovare la forza di riuscire finalmente a dire:

-Irene io e te dobbiamo parlare.

-Allora ti va di parlare un po'?- chiese simultaneamente Irene, mentre le sue parole si sovrapponevano a quelle di Maria.

Maria la guardò ed entrambe le ragazze si lasciarono andare ad un sorriso, come divertite dal fatto che avessero parlato all'unisono, avendo avuto lo stesso pensiero. Quel piccolo momento contribuì a rasserenare un po' l'atmosfera e far dissipare almeno in parte la tensione di Maria, e per un attimo le sembrò di aver ritrovato una qualche complicità con Irene, come se la distanza che le separava fosse diminuita almeno di un poco. Fu proprio questo che le diede la forza di fare un passo in avanti ed entrare finalmente a casa propria, chiudendosi la porta alle spalle. Chissà, magari un passo alla volta alla fine ce l'avrebbe fatta a raggiungerla.

-Allora, - incominciò Maria, troppo imbarazzata per introdurre subito l'argomento, -hai già mangiato?- domandò, osservando la tavola ancora vuota accanto alla quale si piazzò. Era veramente la prima cosa che le era passata per la testa, buttata lì giusto per dire qualche cosa e non restare ancora in silenzio.

-No, non ancora... - spiegò Irene, facendo qualche passo verso di lei. -Tu?

-No, no manco io, sono appena tornata dalla messa, - raccontò Maria, nonostante sapesse che Irene già le sapeva quelle cose, glielo aveva detto la sera prima al telefono che sarebbe andata a messa, però a dirla tutta nemmeno le importava. Era così tesa che aveva bisogno di rompere il ghiaccio e perlomeno tentare di dissipare un po' dell'imbarazzo che sentiva per sciogliersi un po', altrimenti poi sarebbe stata troppo nervosa per aprirsi con Irene e parlare di quello che sentiva. -Pensavo che magari prima parliamo e poi preparo qualcosa, possiamo fare della pasta se vuoi, - propose, spostando la conversazione su un qualcosa di più semplice e a lei più familiare. Se non altro parlare del pranzo e della cucina le veniva semplice, era qualcosa che lei conosceva bene e su cui si sentiva sicura.

-Sì, la pasta va benissimo, - confermò Irene.

Maria la osservò con la coda dell'occhio mentre fingeva di guardare i fornelli vuoti e in quel momento ebbe la conferma che anche la sua coinquilina era un po' agitata, anche Irene si sentiva in imbarazzo, anche se lo faceva vedere di meno di lei. In realtà questa cosa paradossalmente ebbe l'effetto di riuscire a tranquillizzare Maria, che se non altro capì di non essere l'unica delle due ad essere nervosa. A dire la verità, Maria non aveva la più pallida idea di che cosa aspettarsi da Irene, se ci fossero delle possibilità per loro o se invece l'unica delle due a provare qualcosa fosse lei; le sue insicurezze alla fine riuscivano ad avere sempre la meglio e i suoi pensieri continuavano a metterle il dubbio se davvero una ragazza come idda poteva interessarsi a una sempliciotta come lei. Anche per quello Maria stava cercando di studiarla minuziosamente prima di parlarle e di osservare indizi che potessero aiutarla a capire quale sarebbe stata la reazione di Irene, così da prepararla psicologicamente a un possibile rifiuto. E il fatto che anche Irene sembrava un po' nervosa sicuramente giocava a suo favore, per quanto non significasse poi nulla di definitivo.

-Ti ricordi che anche la prima sera che sei venuta qua ho fatto la pasta Iré?- disse poi Maria, per sbloccare la conversazione e cercare di pensare a un qualcosa di positivo che potesse accomunarle.

-Sì, me lo ricordo, la pasta con le sarde, - precisò Irene, lasciando Maria piacevolmente sorpresa.

-Davvero te lo ricordi?- chiese la sarta, quasi stupefatta. Alla fine era un dettaglio piccolo, quasi insignificante, eppure nella mente di Irene (e anche nella sua a dirla tutta) per qualche motivo era rimasto. Che fosse un altro segnale da interpretare come positivo? Quella sera d'altro canto era stata molto importante per lei, per loro e per il loro rapporto... Maria se la ricordava molto bene la sensazione stranissima di vedere Irene Cipriani sotto il suo stesso tetto per la prima volta, che mangiava con lei alla sua stessa tavola. Ricordava le strane emozioni che aveva provato, la tensione, il nervosismo, l'agitazione, pensando che fossero dovuti al semplice fatto che non si conoscevano poi così bene e nulla di più... adesso invece avere Irene lì con lei era diventata una cosa così tanto semplice e banale, quasi ordinaria, che al contrario le sembravano strane le volte in cui invece non era presente. Era incredibile com'erano cambiate le cose in poco più di sei mesi.

-Come no! - ribadì Irene con convinzione, accennando ad un sorriso quasi ironico. -Quella notte ho dormito poco e niente perché mi era rimasta tutta sullo stomaco, - spiegò poi con una leggera enfasi, come per far passare il tutto come una storia semi-tragica (come suo solito del resto, perché quella se non faceva la sceneggiata proprio non era contenta, ormai Maria lo sapeva – e per qualche ragione assurda le toccava ammettere che pure quello le piaceva di lei, purtroppo).

-Ah quindi non era buona, è questo che stai dicendo Irè?!- scherzò Maria, stando al gioco.

-Nono buonissima, per carità, solo un po' pesante... - la rassicurò Irene, immediatamente intuendo che non era il caso di scherzare con il fuoco e andare a toccare un argomento delicato come la cucina e il cibo. -E poi quella sera avevo tanti pensieri, tante preoccupazioni, probabilmente mi sarebbero rimaste sullo stomaco anche due foglie di insalata.

-Eh lo capisco... - sospirò Maria. -Pure io ieri sera non ho dormito bene perché avevo tanti pensieri, ero nervosa,- confessò, tenendo lo sguardo basso.

-Eri nervosa a causa mia?- domandò infine Irene. Maria deglutì per il nervosismo e l'agitazione. Ci siamo, pensò tra sé e sé.

-No... - rispose in un primo momento, quasi di riflesso e senza nemmeno pensarci, mentre alzava lo sguardo per riaffrontare Irene e guardarla in faccia. -Cioè, sì, anche..., - si corresse poi; tanto era inutile negare l'evidenza, che poi Irene se ne accorgeva comunque quando diceva le bugie. -Sono un poco agitata pure ora Irè se ti devo dire la verità, - decise di rivelare infine. Non aveva senso cercare di nascondersi e farsi vedere come quella forte e impassibile; non con Irene soprattutto.

-Anche io lo sono, se può consolarti, - le rispose quest'ultima subito dopo.

-Eh, diciamo che un po' m'aiuta, - replicò Maria, quasi tirando un sospiro di sollievo. Allora c'aveva visto giusto, non era lei l'unica a sentirsi tesa e agitata, pure Irene stava nella stessa condizione.

La Venere per tutta risposta rimase in silenzio, fece un passo verso di lei e le prese la mano, accarezzandole timidamente il dorso. Dopo un primo attimo di sorpresa e tentennamento, Maria decise di darle un segnale a sua volta e ricambiò il gesto intrecciando le loro dita assieme. Si guardarono e rimasero in silenzio, e Maria sapeva che non avevano bisogno di parole per capirsi. Le bastava vedere il modo in cui Irene la stava guardando per sentire chiaramente tutto quello che ancora non riuscivano a comunicare a voce.

Poi, senza interrompere quel piacevole contatto fisico, Irene accennò a muoversi verso una delle sedie del tavolo della cucina per sedercisi, e Maria la imitò mettendosi su quella accanto. Del resto se dovevano parlare sedute stavano più comode.

-Allora... - incominciò la Venere, leggermente imbarazzata. -Com'è andata la serata a casa di Paola?

-A casa di Paola?- ripeté Maria, aggottando un sopracciglio. Che Paola e Paola, che cosa c'entrava adesso nel discorso?

-Sì... la signora Amato ha detto che eri a casa di Paola ieri, - rispose Irene, con l'aria un po' confusa. -Perché, non è così?

All'improvviso Maria si ricordò della piccola bugia che aveva dovuto raccontare per salvare le apparenze e tutto le fu più chiaro. -No Irè, ho mentito perché non le potevo dire dove stavo veramente, se no chissà che andavate a pensare, - le spiegò, sentendosi leggermente in colpa per quella bugia (per quanto innocente fosse stata).

-Ah. E allora dov'eri?- domandò la Venere, adesso quasi sospettosa. Nonostante Maria sapesse che era stata preoccupata per lei e che non era bello averla tenuta in pensiero per tutto quel tempo, una parte di sé non riusciva a non essere felice del fatto che anche Irene la avesse pensata e che si preoccupava; significava che ci teneva, dopotutto.

-Ero a casa del signor Landi, - raccontò infine Maria.

-Del signor Landi?! Cioè Roberto Landi?- esclamò Irene, quasi incredula. Ecco, proprio la reazione che aveva sperato di evitare.

-Eh, lui. Ma non c'è da pensar male Irè perché non è successo proprio niente, e poi già lo sai che a lui non ci interessano le femmine, - precisò Maria, che voleva impedire a Irene di farsi venire in mente certi pensieri sul nascere. Era una ragazza per bene lei, figuriamoci se sarebbe andata a dormire a casa di un uomo se avesse avuto anche solo il minimo dubbio che potesse approfittarsi di lei.

-E come sei finita a casa sua?- volle sapere la sua coinquilina.

-È una storia complicata, non c'ha senso che te la racconto ora, - tagliò corto Maria. Non aveva voglia di soffermarsi su particolari inutili che richiedevano tempo per essere spiegati bene, tanto che Irene lo sapesse o no il succo del discorso non cambiava. -Diciamo che casualmente ieri è passato dalla fermata del tram e mi ha vista là, e così mi ha fatto salire in macchina con lui per riportarmi a casa, - riassunse molto brevemente.

-Lo credo bene, una che esce senza giacca e senza ombrello! - la rimproverò Irene, stringendo un po' più forte la mano di Maria. La sartina ricambiò la stretta, mentre una piacevole sensazione di calore le avvolgeva lo stomaco. Com'era bello sentirla vicina, poterla stringere e toccare e guardare e averla di nuovo accanto a sé dopo tanti giorni di lontananza. -Potevi prenderti un malanno, - concluse Irene, riportando Maria alla realtà dopo quel breve attimo di distrazione.

-Eh lo so Irè pure lui me lo disse, ma ieri proprio non avevo la testa di pensare a queste cose, - si scusò Maria. -E così niente poi una volta in macchina sono scoppiata a piangere e gli ho raccontato tutto, - proseguì poi.

-Tutto cosa?- chiese Irene, tentennando.

-Tutto... di noi due, - ammise Maria, abbassando lo sguardo mentre i sensi di colpa prendevano di nuovo il sopravvento su di lei. Sperava veramente tanto che Irene non si sarebbe arrabbiata, anche perché se aveva parlato non era certo stato per male: se avesse continuato a tenersi tutto dentro, probabilmente non ce l'avrebbe fatta ad arrivare a fine giornata senza esplodere.

-Cioè il signor Landi sa che... che ci siamo baciate?- domandò Irene, quasi incredula.

-Sì, lo sa, - confermò Maria. -Lo so ti chiedo scusa forse non glielo dovevo dire, però ero proprio disperata Irè, non sapevo cosa fare. E lui in quel momento mi sembrava l'unico che mi poteva capire, - tentò di spiegarsi, sperando che la sua coinquilina non sarebbe stata troppo arrabbiata.

-Non ti preoccupare... in realtà anche io ieri sera ne ho parlato con Stefania, un po' per il tuo stesso motivo, - le raccontò Irene, quasi con fare colpevole.

-Con Stefania?! - esclamò Maria, alzando improvvisamente la voce.

-Sì... Non ho avuto scelta, tanto lo aveva capito da sola che c'era qualcosa che non andava, non la smetteva di farmi domande! - tentò di discolparsi Irene. Poi, dopo un breve momento di silenzio necessario a Maria per processare quanto appena appreso, la Venere le domandò:- Sei arrabbiata?

-No, ma ché figurati, alla fine lo capisco, - rispose semplicemente Maria. Come poteva biasimare Irene se lei aveva fatto esattamente la stessa cosa, del resto? Certo, il pensiero che Stefania sapesse di loro da un lato la agitava e la spaventava, e non poco. Chi glielo garantiva che le cose sarebbero rimaste uguali, che Stefania l'avrebbe guardata nello stesso modo di prima, che non l'avrebbe considerata un mostro o diversa o sbagliata? Certo, tanto prima o poi lo avrebbe scoperto comunque, almeno così non aveva dovuto dirglielo lei. O comunque, lo avrebbe scoperto se lei e Irene... se, insomma, loro avessero deciso di... E se Irene aveva voluto dirglielo, forse la sua intenzione era proprio quella? -È difficile tenersi tutto dentro, - concluse infine Maria. -Anzi, per me è stato proprio impossibile, ogni giorno che passava mi sembrava di impazzire.

Irene le accarezzò dolcemente il dorso della mano, poi si sporse leggermente verso di lei, come per avvicinarsi. La mente di Maria sembrò come annebbiarsi mentre il panico prendeva il sopravvento: come era possibile volere così tanto una cosa ma allo stesso tempo averne così tanta paura? Più sentiva Irene avvicinarsi a lei, sia sul piano fisico che su quello emotivo, più la cosa le sembrava reale e non soltanto un pensiero dentro la sua testa, e questo faceva sì che la sua paura aumentasse a dismisura.

-E come ti senti adesso? Stai meglio dopo averne parlato con lui?- le chiese la Venere. Gesù, quegli occhi verdi la rendevano fin troppo debole.

-Sì, un po' sì forse... - rispose, sforzandosi al massimo per non far vedere l'effetto che Irene aveva su di lei. -Mi ha aiutato a fare chiarezza, anche se sono ancora molto confusa su tutto Irè, - ammise lei. -Però almeno un po' di cose le ho capite.

-E cioè cos'hai capito?

Coraggio, ce la puoi fare, disse Maria a se stessa. In fondo lo sapeva quello che doveva dire, dentro la testa ce lo aveva chiaro, doveva solo trovare il modo di tirarlo fuori e spiegarlo anche a Irene. Facendo appello a tutto il suo coraggio, finalmente la ragazza riuscì a confessare quello che per giorni si era tenuta dentro, vergognandosene come una ladra: -Ho capito che se ho reagito così e ti ho allontanata l'ho fatto solo perché in fondo avevo paura, come se non riuscivo ad accettarlo nemmeno io quello che provavo. Onestamente io non lo so se riuscirò mai a farlo, però non posso più continuare a convincere me stessa che è stato un errore o un momento di confusione e negare la verità... perché in fondo io lo so che non è così.

-Quindi è stato... è stato qualcosa di più per te? - le domandò Irene. Questa volta Maria riuscì a percepirlo chiaramente che era nervosa pure lei, non era facile per nessuna delle due in fondo.

-Esatto Irè. Io... io se penso a Rocco non riesco a sentire le cose che sento con te. Ero convinta che lo amavo perché pensavo a lui tutto il tempo, perché arrossivo quando mi parlava, perché quando mi guardava e mi diceva un complimento o due parole carine mi sembrava di toccare il cielo con un dito... Però non lo so più ora, comincio a credere che forse era tutto nella mia testa. Forse sapevo che tutti sarebbero stati contenti se me lo sposavo, la mia famiglia, la signora Agnese, gli Amato... e allora anche per questo lo volevo così tanto Irè. Mi sembrava che se stavo con lui avevo trovato il mio posto in un certo senso, e invece alla fine ero prigioniera di qualcosa che non era reale, - raccontò. Le parole che Ludovica le aveva rivolto le riaffiorarono in mente, quello che le aveva raccontato sulla sua storia con Riccardo Guarnieri nella quale Maria si era rispecchiata sotto molti, moltissimi punti di vista, e che in fondo un po' le aveva dato la forza e la consapevolezza necessaria a rendersi conto che tutte quelle cose toccavano in realtà anche lei.

-Ne sei proprio sicura? Come sai che non è reale?- le chiese Irene.

-Perché con te è diverso Irè, - fu la prima risposta di Maria, quello che a primo impatto le venne istintivo dire. -Quando stavo insieme a Rocco io pensavo di essere felice, ma se ripenso ai momenti con lui poi mi rendo conto che non facevo nemmeno caso a come mi sentivo io. Pensavo soltanto a lui, se gli interessavano le cose che dicevo, se ero noiosa, se gli piaceva il cibo che gli preparavo... era come se dovevo sempre dimostrare che andavo bene per lui, come se dovevo convincerlo a scegliermi, ma la realtà è che ero sempre tesa, sempre in ansia. Nemmeno ci andavo a pensare se era lui ad andare bene per me, se con lui mi sentivo bene, se mi dimostrava di tenerci o mi faceva sentire desiderata, ascoltata, mi facevo bastare le briciole. Mentre invece, con te... con te io ci voglio stare Irè perché mi sento libera finalmente. Io lo so che non dovrei pensarti, non dovrei cercarti e neanche le dovrei provare tutte queste. E invece non riesco nemmeno a starti lontana.

Ecco fatto. Finalmente c'era riuscita, glielo aveva detto. Era la prima volta che riusciva ad aprirsi in modo così spontaneo e sincero e diretto con qualcuno, neppure con Rocco lo aveva mai fatto, perché lui in qualche modo aveva sempre dato per scontati i suoi sentimenti e che lei desiderasse stare insieme a lui e il matrimonio. La paura era ancora lì, certo, però adesso nonostante tutto Maria si sentiva un po' più sicura di sé, e soprattutto fiera di avere avuto il coraggio necessario ad esporsi e non nascondersi più. Adesso toccava a Irene fare la sua mossa.

-Se è per questo non ci riesco nemmeno io, - fu l'unica risposta di Irene. E per quanto breve e semplice e piena di incertezza e titubanze e paure, era tutto quello che Maria in quel momento aveva bisogno di sentire. Non ci riusciva nemmeno Irene a starle lontana, e probabilmente nemmeno lo voleva. Erano entrambe nella stessa situazione, e insieme l'avrebbero affrontata. Già soltanto questo bastava a rassicurarla.

-E quindi che facciamo?
….


-Che facciamo?- ripeté Irene, non del tutto sicura di come interpretare la domanda. In che senso 'che facciamo'? Perché c'era un qualcosa che avrebbero dovuto fare, di preciso?

-Eh, come la affrontiamo questa... questa situazione?- spiegò Maria, un po' titubante. Magari fosse stato così semplice riuscire a darle una risposta.

-Anche io ci ho pensato molto ieri, parlando con Stefania, - iniziò Irene, non avendo una reale soluzione da offrire ma soltanto altre domande.

-E sei arrivata a una conclusione?-

-Più o meno... - replicò, rimanendo sul vago. -Più no che sì per la verità. Io mi sento molto in colpa ad essere sincera, - fu la prima cosa che Irene si sentì di dire. Già una volta si era intromessa nel rapporto tra i promessi sposi siciliani e i risultati erano stati catastrofici, al punto che se non si fosse cosparsa il capo di cenere per giorni nessuno l'avrebbe più fatta entrare all'interno di quella casa con ogni probabilità. L'idea che si potesse ripresentare una situazione analoga con la famiglia Amato la spaventava e non poco.

-Per Rocco dici?- chiese Maria.

Irene annuì in silenzio.

-Lo so, mi sento in colpa anche io, - cercò di rassicurarla Maria. -E non solo per lui. Ti immagini il dispiacere che darei alla signora Agnese...

-Però è anche vero che non puoi continuare a vivere un sentimento immaginario per far contenta la signora Agnese, - le fece presente Irene. Faceva riflettere che le preoccupazioni di Maria andassero tanto ai sentimenti di Rocco quanto a quelli della zia, come se fosse stata una parte integrante della loro relazione (cosa che poi in fondo non andava nemmeno troppo lontana dalla realtà).

-Irè ma tu lo sai quanto ci tiene a questo matrimonio... - sospirò Maria, piuttosto amareggiata.

-Certo che lo so, ma che senso ha sposarti se tu per prima non sei felice? - la spinse a riflettere Irene. Non era giusto e né tanto meno sensato che Maria desse così tanta importanza alla signora Agnese e ai suoi sentimenti, in primo piano avrebbe dovuto mettere soltanto se stessa e quelli che erano i suoi di desideri, ovviamente. -Vedrai che piano piano, con il tempo se ne farà una ragione e capirà.

-Anche se fosse, vedrai che quello che non capirà sarà mio padre, - ribatté Maria, con un velo di tristezza e malinconia che non passò certo inosservato agli occhi della Venere. -Tu non lo sai com'è... Con che faccia glielo dico che non mi sposo più? Quello è capace pure che mi disconosce come figlia.

Irene sospirò. Non c'era nulla che lei potesse dire o fare per sistemare le cose, per cambiare la situazione o la società, per convincere il padre di Maria ad approvare perlomeno la sua scelta di non sposarsi con Rocco. Un uomo così probabilmente avrebbe chiuso la figlia in convento senza starci troppo a rimuginare, a giudicare dalle poche cose che sapeva sul suo conto. E sapeva che per Maria non era facile, non era facile per niente. Per lei era diverso, il rapporto con suo padre lo considerava perso per sempre e non aveva più alcun interesse nel ricercare la sua approvazione, anche perché sapeva che non sarebbe arrivata in alcun caso. E così, volendo evitare inutili parole di rassicurazione che non avrebbero fatto altro che sembrare ipocrite oltre che insensate, Irene si limitò a tirare Maria verso di sé e stringerla tra le sue braccia in modo protettivo. L'altra ragazza reagì positivamente a quella richiesta di contatto e appoggiò immediatamente la testa sopra il petto di Irene, che fu ben felice di accoglierla: presto le sue mani iniziarono ad accarezzarle il braccio e la spalla mentre la Venere appoggiò comodamente il mento sopra la testa di Maria e i suoi capelli raccolti. Anche la sartina rimase in silenzio, afferrò i lembi della camicetta bordeaux che Irene stava indossando quella mattina e li strinse forte, quasi come se si stesse aggrappando a lei come a un'ancora di salvezza.

A Irene bastarono quei pochi secondi per capire che stava facendo la cosa giusta, che non avevano proprio nulla di cui sentirsi in colpa. Stare vicino a Maria era così naturale per lei e spontaneo e piacevole che semplici momenti come quello avrebbe voluto durassero un'eternità. Era tutto così facile da capire che Irene si domandava come avesse fatto ad avere anche solo il minimo dubbio a riguardo, a pensare che sentirsi così bene e felice e tranquilla in compagnia di un'altra persona potesse essere uno sbaglio.

-Quindi è questo il problema? - mormorò, senza smettere di accarezzarla. -Hai paura di come reagiranno le altre persone se dovessi annullare il matrimonio con Rocco?

-Anche, sì... - replicò Maria, continuando a stringere forte il tessuto della sua camicetta mentre la pelle di Irene sotto di essa stava lentamente andando a fuoco, nonostante la sarta ne fosse ignara.

-Metti da parte gli altri per un secondo adesso, il matrimonio e la tua famiglia, pensa solo a te stessa, - la invitò Irene, sperando di poter aiutare Maria a fare chiarezza dentro di sé e prendere una decisione. -Tu che cos'è che vorresti? Vorresti comunque sposarti con Rocco se dipendesse da te?

-Irè,- le rispose Maria in un sussurro, chiamando il suo nome. La Venere allentò la presa su di lei così che la sua coinquilina potesse allontanarsi di poco e alzare lievemente il viso per guardarla negli occhi. E in quel momento, Irene sentì tutte le sue difese crollare all'improvviso e sciogliersi come neve al sole sotto lo sguardo perso e smarrito e allo stesso tempo carico di desiderio che Maria le rivolse. -Ma chi voglio prendere in giro io, - esalò la ragazza, mentre i suoi grandi occhi verdi si abbassarono per un momento sulle labbra di Irene, ora socchiuse.

-Di sicuro non me, - fu l'unica frase che Irene riuscì a mettere in piedi, senza nemmeno sapere bene come. Il modo in cui Maria aveva prima pronunciato il suo nome e poi l'aveva guardata lasciava poco spazio all'immaginazione in merito a quello che la ragazza desiderava, perlomeno in quel momento, e Irene si ritrovava a volere esattamente la sua stessa cosa. Così tanto, e in modo così forte e impetuoso e vivido, che in quel momento le sembrò impossibile riuscire a continuare a trattenersi. E soprattutto, lei non lo voleva. Non più.

Spaventata, timorosa, interdetta ma allo stesso tempo ben sicura di quello che desiderava, di quello che entrambe desideravano, Irene si sporse a sua volta verso Maria fino ad arrivare al punto da sfiorare le sue labbra. Poteva sentire il suo respiro accarezzarle la pelle, ma prima di baciarla un'altra volta tentennò per qualche istante e si fermò per una frazione di secondo, come bloccata dalla paura e l'incertezza. Se lei lo avesse fatto, se si fosse presa la responsabilità di baciare Maria una seconda volta, adesso con molta più consapevolezza delle implicazioni che questo gesto avrebbe avuto e non più sull'onda dell'emozione di un momento, tutto sarebbe cambiato per lei e ogni cosa non sarebbe stata più come prima. Avrebbe significato dichiarare apertamente di volere un'altra donna, di volere Maria Puglisi. E da lì, difficilmente poi sarebbe potuta tornare indietro. Se la sentiva veramente? Poi Irene spostò gli occhi sul viso di Maria, osservò il modo in cui stava trattenendo il respiro e la sua bocca socchiusa e i suoi occhi verdi intenti a fissarle le labbra, e capì che non aveva mai desiderato qualcosa tanto intensamente come in quel momento. Chiuse gli occhi, si fece coraggio e inclinò leggermente la testa a lato, prima di ricercare finalmente, in maniera un po' esitante, il contatto con le labbra di lei.

In un primo momento Maria rimase immobile, come paralizzata. Irene sentiva il cuore sul punto di esplodere nel petto, e la sensazione sembrò come triplicarsi quando, subito dopo che pose fine a quel breve contatto superficiale, Maria non lasciò passare nemmeno un istante prima di riavvicinarsi a lei e prendersi un altro bacio, che Irene fu ben contenta di ricambiare. Catturò il labbro superiore di Maria tra le sue mentre una scarica di brividi le attraversò la schiena, e si concedette qualche istante per indulgere nel contatto. Le mani di Maria nel frattempo si piazzarono sulla sua schiena e i suoi capelli come per reclamare Irene a sé, mentre Irene cominciò ad accarezzarle dolcemente la schiena e la base del collo, scoperta dai capelli legati della sarta.

Le due ragazze si guardarono per una frazione di secondo negli occhi in silenzio, prima di tornare a cercarsi reciprocamente lasciandosi andare a una serie di baci lenti e dolci e un po' timorosi, come se Irene avesse paura che da un momento all'altro qualcuno sarebbe entrato a strapparle Maria dalle braccia e quindi desiderasse poter vivere ed assaporare ogni singolo istante di quei momenti magici, che quasi parevano fare parte di una vita alternativa e distante, talmente era difficile per lei rendersi conto che tutto ciò era reale e stava succedendo sul serio. A giudicare dal modo in cui Maria la teneva stretta a sé e, se possibile, sembrava star cercando di attirarla ancora più vicino, Irene si rese presto conto che i baci dovevano star piacendo anche a lei, e non poté far altro che gioirne. Ogni volta che Irene si ritraeva e poneva fine, almeno temporaneamente, al contatto, Maria la ricercava e ne chiedeva ancora, sempre di più e con una foga sempre maggiore, richiesta alla quale Irene era ben più che felice di adempiere. Anzi, a dirla tutta con ogni bacio Maria sembrava acquisire sempre più sicurezza e decisione, tant'è che Irene dopo un po' decise di osare e schiudere le labbra per leccare quelle di Maria. La ragazza reagì molto positivamente all'invito e non esitò ad aprire la bocca a sua volta, così che Irene potesse lasciare entrare la punta della sua lingua all'interno della bocca di Maria. Un piccolo gemito si propagò nella stanza in seguito a quel contatto approfondito e la cosa non fece altro che incoraggiare Irene a chiedere di più e a prenderselo, mentre le loro lingue si cercavano e si ritrovavano in continuazione, spinte da un desiderio incontrollabile che non accennava a diminuire. Dio, come aveva fatto anche solo a pensare di poter vivere il resto della sua vita privandosi di tutte queste meraviglie.

-Io non ti lascio andare un'altra volta, - esalò infine Irene, senza fiato, sopra le labbra di Maria, gli occhi ancora chiusi per impedirsi di risvegliarsi dallo stato di trance nel quale era caduta e correre il rischio di scoprire che quei baci erano stati tutti soltanto un bellissimo sogno. -Lo so che sembra assurdo, però... io una possibilità a noi due la voglio dare, - mormorò infine, ancora non del tutto cosciente del pensiero che il suo cervello aveva formulato ad alta voce. Maria non rispose, o comunque non immediatamente, cosa che portò Irene ad allarmarsi e riaprire gli occhi, come per controllare che fosse ancora lì con lei. Fortunatamente la sarta si trovava esattamente dove l'aveva lasciata, anzi, ad essere sinceri anche molto più vicina, e aveva un sorriso gigante e un po' intontito dipinto sul volto, lo stesso che con ogni probabilità doveva avere anche lei in quel momento. -Se mi vuoi anche tu, ovviamente, - aggiunse Irene, messa momentaneamente in allarme dall'assenza di una risposta.

-Certo che ti voglio anche io Irene, - replicò Maria con un tono di voce che non ammetteva dubbi a riguardo, come fosse stata la cosa più ovvia del mondo. Come per volerla rassicurare della veridicità della sua affermazione, la ragazza attirò Irene a sé per il colletto della camicetta e la baciò di nuovo, e la Venere la lasciò fare felicemente ricambiando subito il gesto d'affetto.

-Davvero?- chiese poi quest'ultima, ancora incredula (e un po' stordita da tutti quei baci e l'effetto che sortivano su di lei).

-Tantissimo ti voglio, - ripeté Maria in un sussurro fermo e deciso, mentre cercava di recuperare il fiato perso. Ascoltando quelle parole Irene si sentì immediatamente fremere dal desiderio, e se riuscì a trattenersi dal prendere Maria e portarsela sul divano per dimostrarle come la cosa fosse assolutamente reciproca, fu semplicemente per la frase che seguì subito dopo:- Però le cose non saranno semplici per noi, bisogna anche guardare in faccia la realtà.

-Lo so anch'io che non sono semplici, però possiamo affrontarle assieme, - tentò di farla riflettere Irene, piano piano iniziando a riacquistare un briciolo di lucidità. La Venere si sporse in avanti per lasciare a Maria un dolce bacio sulla fronte volto a rassicurarla, poi aggiunse:- Un passo alla volta.

-Che vuoi dire?- chiese l'altra, un po' perplessa.

-Dico che è normale che adesso è difficile affrontare tutto in una volta, bisogna andare per gradi secondo me, - tentò di spiegarsi meglio la Venere. -Potremmo provare a passare un po' di tempo insieme da sole e cercare di capire meglio che cos'è... quello che ci unisce, - iniziò, provando a pensare al da farsi nell'immediato e a una soluzione che potesse essere realistica e fattibile. -Se sei d'accordo. E così ci rendiamo conto di come vanno le cose e capiamo se può funzionare...- concluse. Sul viso di Maria scorse chiaramente diverse emozioni intervallarsi tra di loro, confusione, perplessità e forse anche un pizzico di delusione e rammarico. Sapeva che non era un granché quello che era nella posizione di offrirle in quel momento, anzi, probabilmente Maria avrebbe avuto bisogno di maggiori rassicurazioni e certezze da parte sue, ma Irene non era proprio nella condizione di poterle fare promesse o sentite dichiarazioni d'amore. Non subito perlomeno. -Anche a me questa cosa fa un po' paura, se devo dirti la verità, - si spiegò allora, sperando di riuscire a far capire un po' meglio a Maria il suo punto di vista e la sua prospettiva. -È tutto nuovo anche per me, è per questo che preferisco andarci piano. - Questo non significava certo che le promesse o il desiderio di impegnarsi a lungo termine non sarebbero mai arrivati, soltanto che aveva bisogno di tempo e di capire meglio lei stessa quello che sentiva, in cosa sarebbe potuto sfociare quel rapporto in procinto di nascere.

-Hai ragione Irè scusa, ero così presa dai miei guai che non ho nemmeno pensato che magari pure tu avevi paura, che sei confusa pure tu, - rispose Maria, fortunatamente mostrandosi comprensiva. -E però col matrimonio che faccio nel frattempo?

-Beh, tu e Rocco vi dovete sposare a marzo, no? - chiese conferma Irene. -Non devi mica andare sull'altare tra mezz'ora! Potremmo lasciar passare un po' di tempo e vediamo come si evolvono le cose, - offrì. Non era un granché come soluzione, ma era l'unica cosa che in quel momento Irene si sentiva in grado di fare, concentrarsi sul presente e affrontare i problemi man mano che si sarebbero presentati, vivendo il suo rapporto con Maria giorno per giorno.

-E se vediamo che le cose tra noi vanno bene e funzionano?- chiese allora Maria.

-Se vediamo che le cose vanno bene, - incominciò la Venere, improvvisando, -magari sotto Natale che abbiamo le ferie lo raggiungi a Roma e ci parli...

-Sotto Natale?- ripeté Maria, decisamente contrariata dalle tempistiche proposte.

-Mica si può annullare un matrimonio per telefono o tramite lettera, non ti pare? - la fece riflettere Irene. -Lui non è qua, non ti telefona, non si fa mai sentire... In fondo non sarebbe come prenderlo in giro, è più un'omissione della verità, - ragionò, cercando di convincere Maria di quella tesi in fondo un po' tirata per i capelli. La verità era che con tutto il casino successo dopo il loro primo bacio, le tensioni, il nervosismo e tutti quei sentimenti contrastanti, per Irene in quel momento sollevare anche il polverone del matrimonio annullato sarebbe stato decisamente troppo – e non era nemmeno la diretta interessata. Sarebbe stato assurdo pretendere che Maria, che aveva vissuto il tutto almeno dieci volte peggio di lei, si sentisse immediatamente pronta a un passo del genere. Avevano entrambe bisogno di tempo e di tranquillità, soprattutto psicologica.

-Omissione, menzogna, poco cambia Irene... - le fece presente Maria con aria mogia e rattristata. L'idea di nascondere la verità a tutti e continuare a sentirsi legata a una promessa che non aveva alcuna intenzione di mantenere non doveva essere semplice per lei.

-Però che alternative abbiamo se ci pensi? - obiettò Irene, accarezzandole la guancia destra. -Preferiresti partire per Roma adesso e dirgli che vuoi far saltare tutto, per poi andare ad affrontare la tua famiglia? - le domandò, cercando di far capire a Maria che la soluzione che aveva proposto, per quanto brutta e scorretta potesse sembrare, era anche l'unica che al momento fosse fattibile per entrambe.

-No, hai ragione, adesso come adesso io non me la sento di parlargli, - convenne la sarta. -Ho bisogno di tempo, di capire meglio... Già ho tanti pensieri ora, non ce la faccio ad affrontare anche la cosa del matrimonio. Se lui fosse qua io non me la sentirei di prenderlo in giro chiaramente. Però, con lui lontano, le nostre famiglie che hanno già organizzato tutto... - sospirò la sarta, lasciando intendere che in fondo, per quanto la cosa non le piacesse, si trovava suo malgrado a dover dare ragione a Irene: ora come ora purtroppo non potevano fare altrimenti.

-Lo so, è difficile. Un passo alla volta, va bene? - ripeté Irene. Maria annuì e abbassò lo sguardo con un'espressione piena di sensi di colpa, così per cercare di tirarla su la Venere si sporse verso di lei e le lasciò un rapido bacio a fior di labbra, che se non altro ebbe l'effetto di strapparle un sorriso, per quanto piccolo. -Secondo me la cosa migliore adesso è pensare al presente, il resto verrà strada facendo.

-Sì forse è la cosa migliore, pensare al presente e fare le cose piano piano, - concordò Maria. -È che mi sento tanto in colpa Irè.

-Non devi invece, anzi, non dobbiamo, - tentò di rassicurarla Irene, parlando con decisione. In realtà molte delle ansie di Maria e dei suoi timori riusciva a capirli molto bene perché erano le stesse sensazioni che provava lei, anche se cercava di non darlo a vedere e mostrarsi più forte di quella che in realtà era. -Non stiamo facendo niente di male, alla fine, - cercò di convincerla (rivolgendosi in parte anche a se stessa).

-Magari fosse così facile capirlo, - rispose Maria, sconsolata. -Io mi vergogno tanto di quello che sento, di essere diversa... mi sento tanto sbagliata.

-Non sei sbagliata Maria, nessuna di noi due lo è, - rimarcò Irene, pur sapendo che non sarebbe stato sufficiente a far cambiare opinione all'altra ragazza. -Vieni qua, - la invitò poi, attirandola a sé per farla sedere sulle sue ginocchia. E mentre le sue braccia avvolsero la vita di Maria per stringerla in un abbraccio rassicurante, quest'ultima appoggiò la sua fronte contro quella di Irene e rimasero immobili così per alcuni secondi. La Venere chiuse gli occhi e per un istante si sforzò di dimenticarsi tutto quello che si trovava al di fuori della porta di casa, godendosi le sensazioni piacevoli che quel contatto provocò in lei.

-Come fa a essere sbagliato essere così tanto felice, ah? - sussurrò Maria, rompendo il silenzio, mentre accarezzava dolcemente il viso di Irene. -Me lo dici?

-Felice? Sei felice ora? - domandò l'altra mentre riapriva gli occhi, con un sorriso gigante stampato sul volto che lasciava ben intendere che la cosa fosse decisamente reciproca.

-Molto, - le assicurò Maria, ricambiando il sorriso.

-Dove sei ora, in questo preciso momento?- insistette la Venere, volendo un po' giocare con lei.

-Preciso preciso, - ribadì Maria. Nel frattempo le sue mani passarono dal viso di Irene ai suoi capelli, infilandosi delicatamente tra i suoi ricci biondi. Nonostante quest'ultima a parole non disse nulla per commentare quel piccolo gesto, in realtà segretamente le fece piacere più di quanto non si sarebbe aspettata.

-Compagnia inclusa?- domandò poi, ridacchiando.

-Ah no quella invece è pessima proprio, - scherzò Maria.

-Come scusa?- si finse indignata Irene, mentre la ragazza tra le sue braccia si lasciò andare ad una risata liberatoria e spensierata. La Venere non le diede nemmeno il tempo di replicare: consapevole di non doversi più trattenere, seguì il suo istinto e annullò nuovamente la distanza tra di loro con un bacio e poi un altro ancora, che Maria ricambiò felicemente.

-Sono fiera di te, lo sai?, - le disse infine con orgoglio, guardandola negli occhi. -Hai avuto davvero un grande coraggio.

-Anche io sono fiera di me stessa Irè, - sussurrò Maria in risposta. E in fondo, alla fine, la cosa che contava più di tutte era proprio quella.

 

Nota dell'autrice
Eccoci qua, finalmente siamo giunti a una sorta di punto di svolta e le Mariene si sono ritrovate. Non so sinceramente se ci sia qualcuno che è ancora ineressato a questa storia o se ci sia anche solo mai stato, ma nel caso ringrazio ancora una volta tutte le persone che sono arrivate a leggere fin qua e mi scuso per i tempi biblici che avete dovuto aspettare per avere questo ricongiungimento. Non mi sarebbe sembrato naturale inserire dichiarazioni o promesse d'amore perché appunto, come sottolinea la stessa Irene, sono ancora all'inizio ed è tutto molto nuovo per loro. La mia idea è quella di andare avanti con questo prompt e scrivere one shot che seguono le trame principali di questo Daily e come le Mariene le avrebbero affrontate essendo una coppia (i problemi con la ricerca di una nuova coinquilina, Rocco e la Miss, il signor Rossi e la vendita della casa, la sfilata sabotata da Dante, il dramma SanColombo, il tirocinio di Maria nel negodio di abiti da sposa). Non so se e quanto riuscirò a completare ma dal momento che adesso per molti mesi non avremo più contenuti la speranza e la volontà ci sono.
   
 
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