Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: niard    03/05/2022    1 recensioni
"Dal canto suo, Itachi odiava le attenzioni che il cugino aveva aizzato, tanto che si voltò rassegnato verso lui, il quale sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi - gli occhi canzonatori e le labbra morbide arricciate maliziosamente, perché Shisui sapeva che Itachi non poteva ribattere e che, sicuramente, era stizzito dalla battuta provocatoria, totalmente dettata dalla noia, che aveva lanciato. 
[...]"
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Clan Uchiha, Sasuke Uchiha, Shisui/Itachi
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Sono già qui ad aggiornare, perché bene o male qualcosa prende forma. Capitolo di transizione, mettiamo un po’ delle informazioni per il futuro. 
Spero a presto, un abbraccio a tutti.

Chapters: 2/?

_________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

 

 

II.

 

 

 

    I fiori di ciliegio avevano raggiunto il culmine della loro bellezza diverse settimane prima e i rami nodosi e scuri, una volta pesanti dei fiori, avevano perso i loro decori creando un manto rosato su Konoha. Il vento era forte in quei giorni e anche i petali caduti a terra se ne stavano andando, lasciando dietro a loro un profumo talmente sottile, a riempire le strade, che solo chi lo conosceva dalla nascita sapeva riconoscere e riusciva a sorridere di quell’annuncio bisbigliato dalla primavera.
La mezza stagione portava sempre gioia e un pizzico di spensieratezza; nella dimora di Shisui si respirava proprio l’aria quieta di mattina inoltrata, con il sole brillante, le dame intente nelle loro faccende, una tazzina di tè abbandonata sul legno caldo della veranda, che dava sul cortile interno - qui vi era la nutrice di Shisui, inginocchiata su un cuscino all’ombra dell’acero voluto dal disperso proprietario dell’abitazione e la donna lo guardava sempre con estrema malinconia. La nutrice era un’anziana graziosa, sia nei modi di fare, sia nel suo aspetto, dai capelli grigi raccolti sulla nuca in una crocchia composta; i suoi occhi poi erano intransigenti e dalle ciglia corte, un po’ a ricordare l’espressività di una vecchia saggia e Shisui aveva scherzato diverse volte su questo aspetto, guadagnandosi anche un colpo di ventaglio sulle nocche delle mani - Shisui ci era abituato e trovava divertente esasperarla, facendole riscoprire di essere in grado di sorridere. Lei  puntualmente borbottava che era un uomo adulto e che avrebbe fatto bene a togliersi quell’aria da ragazzino che ogni tanto tirava fuori. 

Quando Itachi arrivò alla dimora di Shisui, il giorno seguente all’unione tra Konoha e Suna, trovò l’anziana e suo cugino all’ombra dell’acero, due gatti a fare le fusa sulle loro gambe - si avvicinò e Shisui si sciolse in un sorriso.
Poi, «guarda, lei è Kinako» annunciò Shisui, indicando la gattina raggomitolata sulle ginocchia della nutrice - aveva gli occhi scuri e il pelo beige, che ricordava la farina di soia da cui prendeva il nome. Shisui l’accarezzò tra le orecchie più scure, ricevendo in risposta una leggera sinfonia di fusa. Nel mentre, si girò bloccando il grosso gatto che tentava di sgattaiolare lontano dai fastidiosi umani, che avevano interrotto il suo riposo. «E lui è Tamago!» continuò entusiasta Shisui, stringendo tra le braccia un gatto dal manto simile all’ardesia, gli occhi erano due sfere ambrate. 

«L’hai chiamato così perché sembra un uovo?» chiese Itachi, un piccolo sorriso, che non riuscì a trattenere, tradì il finto sgomento. Effettivamente, Tamago aveva le rotondità accentuate e le zampette corte mettevano in risalto la sua forma morbida, ma questo lo rendeva ancora più adorabile. 

«Non offenderlo. Tamago è magrissimo, non vedi?» Shisui rise, affondando la mano nella pancia morbida del gatto. «Il suo problema è che mangia tutto quello che trova e mi hanno detto che ruba anche dalla cucina». 

Tamago miagolò, spingendo non molto delicatamente la zampa sul viso di Shisui, come a intimarlo di stare zitto e smetterla di metterlo in imbarazzo.
Era la prima volta che Itachi vedeva i gatti di suo cugino e pensò fosse un’ottima idea, almeno per alleviare un po’ della solitudine che regnava in quelle mura; effettivamente, era da diverso tempo che non andava a casa di Shisui, vuoi per impegni, vuoi per luoghi alternativi in cui avevano passato il loro tempo in modo più confortevole. 

«Non è bello rimanere qui a oziare…» parlò per la prima volta l’anziana e sia Shisui, sia Itachi colsero le parole non dette.

«Andremo al dōjō» rispose infatti Itachi, mentre Shisui liberò il gatto dalle sgradite attenzioni.

Il dōjō era un luogo particolare, al limitare della foresta - i due avevano passato indefinite ore ad allentarsi, meditare, studiare. Sembrava di entrare in un mondo parallelo, dove tutte le problematiche rimanevano al di fuori; il silenzio che vi regnava era rinvigorente, si riuscivano quasi a sentire le setole del pennello scivolare sulla carta quando qualcuno si dedicava alla calligrafia. 

«Impossibile che Itachi perda anche solo un allenamento» e detto ciò, anche Shisui si alzò e i loro occhi si incontrarono, tanto che l’anziana sospirò essendo ancora una volta testimone dell’intesa che i due non risparmiavano di nascondere.

«Sasuke è già là, ci sta aspettando» concluse Itachi salutando la donna.  


    Passi rapidi si susseguivano sui tatami nell’imminente tramonto, morbide ombre nascevano in esso e allungavano lungo le pareti.
Nel mezzo, Sasuke si allenava con il fratello - i capelli corvini, corti e che si infrangevano sul viso, ne seguivano i movimenti, le iridi racchiudevano l’immagine del corpo flessuoso coperto dalla tenuta scura, mentre l’armatura regolamentare era accantonata lì a fianco, vista come un barbaro tentativo di soffocare la bellezza dei muscoli che si tendevano a ogni attacco. Tutto sommato, Sasuke era in forma in seguito al matrimonio della sera prima - si era svegliato intorpidito, gli occhi gonfi, ma dopo il riso del mattino e il tè amaro che gli era stato servito, con il passare delle ore, si sentiva sempre più in forze e con l’aria fresca che entrava dalle pareti aperte era rinato.
D’improvviso, un colpo s’infranse contro la sua arma di allenamento - il colpo di Itachi era stato critico, quasi da assicurargli la vittoria, ma Sasuke era stato abile a bloccarlo. 

«Bravissimo Sasuke» fu la volta di Shisui a elogiare la reazione del cugino minore. 

Itachi sciolse la posizione d’attacco. «Per oggi può anche bastare» disse annuendo soddisfatto. 

«Dopo la serata di ieri, ti sei ripreso alla grande. Neanche un po’ di mal di testa?» commentò Shisui, alludendo all’eccessiva bevuta di alcolici di Sasuke, forse addirittura la sua prima.

Effettivamente, durante il banchetto, lo stesso Itachi aveva indicato a Shisui come Sasuke, trascinato in un altro tavolo da un ragazzo, stesse diventando più disinibito e la bottiglia di liquore un po’ troppo vuota.
In seguito alla frecciatina di Shisui, quest’ultimo e Itachi si impegnarono a trattenere una risata. Sasuke alzò un sopracciglio e, puntando la spada di bambù verso Shisui, ribatté serio «mi stai sfidando?».

«Sempre così irascibile…» sospirò Itachi, ma sorprendentemente la finta rabbia di Sasuke durò poco e tutti e tre scoppiarono a ridere. 

Poi, seduti nella stanza vuota, iniziarono a parlare e il cielo si tinse di scuro.

«Partirò per qualche settimana» annunciò Shisui.

Sasuke chiese incuriosito il motivo, quindi il cugino rispose nel suo modo pacato. 

«Problemi con delle colonie, sarà questione di limitare i conflitti tra le zone confinanti. I proprietari terrieri possono essere ottusi. Dovrò scortare Danzō, niente di più».

Itachi non aveva parlato in seguito alla notizia, anche se il nome di Danzō non era mai una sorpresa quando si trattava di questioni di affari - sì, era pur sempre un uomo facoltoso di corte, ma aveva quel fare subdolo, che gli impediva di reputarlo una persona fidata. Inoltre, diverse volte Danzō si era recato al dōjō degli Uchiha con la scusa di controllare l’andamento degli allentamenti dei guerrieri che lottavano per il suo paese; Danzō diceva sempre che era sua abitudine imprimersi nella memoria gli uomini più fidati che poteva trovare nelle famiglie di Konoha così da potersene avvalere durante i suoi viaggi d’affari. Nessuno aveva mai ribattuto di fronte a un uomo di corte e, infatti, Shisui era stato scelto per l’ennesima missione.

 

    I giorni passarono nella più totale tranquillità nella cittadina. Il sole splendeva alto e le giornate diventavano sempre più lunghe e piacevoli, nonostante il vento soffiasse ancora forte in qualche occasione.

Hinata si recò nel giardino, proprio nell’angolo del muro che faceva da recinzione all’abitazione di Fugaku - era un punto cieco, dietro di esso vi era una stradina sterrata che portava a un fiumiciattolo per lo più un secca; ma era un posto strategico, perché nella crepa del muro, Hinata vi trovava sempre delle lettere a lei indirizzate. Controllava ogni giorno e oggi non era da meno, ma mentre sfilava le buste dalla fessura, sentì la voce di Mikoto richiamarla e non perse tempo, anzi, corse per il giardino fino a raggiungere il ragazzo che teneva un mazzetto di lettere, probabilmente per lo più del marito della signora Uchiha. Hinata aveva ringraziato e, mentre dava ancora le spalle a Mikoto, infilò le sue lettere nella manica del kimono, ma non prima di aver rigirato tra le mani le nuove buste, che le erano state appena consegnate, così da non destare troppi sospetti; separò quelle di Fugaku da quella di Mikoto, per i figli non trovò nulla.

«Cosa avevi in mano?» chiese la padrona di casa.

Purtroppo Hinata non era stata abbastanza veloce per eludere lo sguardo di Mikoto e ci mise un attimo a rispondere, consegnando direttamente alla donna la busta che portava il suo nome. 

«Carte di mochi» rispose. 

«Il vento è stato molto forte questa mattina presto, li avrà persi il fornaio. Ce ne saranno altri per il cortile» aveva ribattuto Mikoto, l’attenzione però totalmente rivolta al messaggio della lettera. 

La donna si dimenticò presto di Hinata, la quale aveva fatto un inchino nel momento in cui Mikoto era rientrata in casa, dove le dame la ascoltarono parlare riguardo all’invito che le era stato lasciato. In cuor suo, Hinata ringraziò le Divinità che la signora Uchiha avesse più interesse per la sua lettera rispetto a quello che la domestica aveva nascosto.

    Hinata aveva atteso la fine del pranzo e il momento in cui Mikoto si ritirava nella stanza centrale per comporre dei versi di poesia, e solo in quel pizzico di tempo per lei, la giovane si era chiusa nella sua stanza per leggere le lettere -  avrebbe potuto aspettare la notte, ma era ansiosa e aveva portato a termine i suoi compiti ancora prima della sorella in modo da ritagliarsi un momento di pace.
Hinata sapeva di non aver molto tempo prima di dover tornare al lavoro, ma ce l’avrebbe fatta; quindi, appoggiò le lettere sui tatami e gli occhi le brillarono - nessuna delle buste era firmata, non un indirizzo o un indizio sul mittente, avevano quella carta anonima che non avrebbe destato sospetto se incastrata in un muretto, sicuramente scambiata per cartaccia; ma bastò leggere le prime righe, i racconti delle giornate di un giovane samurai, per lasciar lavorare la fantasia. Hinata pendeva dalle frasi concise che Naruto le scriveva, senza troppi particolari e sentiva il cuore batterle nel trovare complimenti a lei rivolti nelle ultime battute dal messaggio.
Come Hinata aveva conosciuto Naruto, era stato in uno dei modi più banali possibili: era una serata in cui l'aria era ancora così fredda da creare delle piccole nuvolette di condensa ad ogni sospiro. Naruto aveva avuto un’uscita rigenerate dopo l'orrore al quale aveva assistito in una delle sue prime battaglie - basta urla strazianti, dolore, adesso doveva rianimarsi nelle risa allegre, finché gli sarebbe stato concesso.
Lui e Kiba, un suo coetaneo di una famiglia conosciuta, avevano iniziato a passi incerti a dirigersi verso le rispettive dimore; spesso si erano ritrovati a ridere per qualche situazione d’infanzia che riaffiorava alla mente e Naruto si perse nell’ilarità del momento e vacillò, incespicando in una buca della via, quando Kiba lo spinse scherzosamente con una spalla. Certo, entrambi non potevano immaginare che Naruto sarebbe finito per scontrarsi con una ragazza che passava di lì - questa tentò di attaccarsi alla manica della giovane al suo fianco, ma l’equilibrio non l’aiutò e semplicemente cadde.
Hinata rimase aggrappata alla manica del kimono di Hanabi e strinse sofferente la stoffa, serrando la bocca a causa dell’impatto del ginocchio con i ciottoli della via.

«Non ti ho visto...» aveva farfugliato Naruto, soffocando a stento una risata scaturita dal sake, che circolava abbondantemente nel suo corpo. 

Hinata si era rialzata velocemente, non riuscendo a impedire al suo volto di arrossarsi per la vergogna; ma ebbe abbastanza forza da indurire lo sguardo.

«Dovreste almeno scusarvi!» Hanabi aveva alzato la voce in una frase che di tanto in tanto tirava fuori dal suo repertorio da adulta e che, in quel momento, voleva ridestare i due samurai, soprattutto il ragazzo dalla carnagione piacevolmente ambrata, che non sembrava ancora pronto a distogliere gli occhi da Hinata, in grado di catturare la sua attenzione sebbene fosse vestita in modo semplice, stanca per la giornata di lavoro. Hanabi aveva schioccato la lingua, roteando gli occhi e Naruto aveva trovato il coraggio di arrossire.
Era stato poi un susseguirsi di incontri, di finte casualità: quando Hinata si recava al mercato, sempre i soliti giorni e al solito orario, Naruto appariva con qualche scusa, porgendole un dolce. Le diceva che l’avrebbe sposata, prima o poi… Hinata scosse la testa, pensando che quel ragazzo era pieno di sogni improbabili, come quello di fidanzarsi con una semplice domestica.
In ogni caso, smettendo di perdere altro tempo prezioso tra i suoi pensieri, la giovane riprese ad aprire le lettere - erano quattro in totale, ne mancavano due.
Hinata lesse un breve messaggio: “il solito posto”. Tese la schiena, alzando le sopracciglia - non era la calligrafia di Naruto, dai caratteri ben marcati d’inchiostro, il tratto del pennello spesso. Hinata trattenne il respiro quando capì di aver trattenuto una lettera non sua e rovistò tra i pezzi di carta strappati, trovandovi il nome di Itachi, scritto con caratteri così frettolosi e piccoli da richiedere concentrazione per captarli. Le salirono le lacrime agli occhi mentre continuava a fissare quell’angolo di carta, ora minaccioso sul palmo della sua mano - era combattuta sul da farsi, se bruciare il messaggio sulla fiamma della candela o nasconderla, insieme a tutte le lettere di Naruto, nella cucitura aperta del suo materasso.
Si morse le labbra rendendosi conto che non poteva.
Hinata passò minuti preziosi a fissare il nome di Itachi impresso sulla carta - stava davvero male e per questo aveva messo via tutte le lettere di Naruto; unico suo compagno era quel lembo di carta, il messaggio incriminato riposto nella manica del kimono in attesa di sapere la sua sorte. La domestica si tormentava su chi l’avesse inviata, se Itachi avesse una relazione con qualche donna, tenendo tutti all’oscuro; ma era impossibile, Fugaku non l’avrebbe mai permesso, i suoi figli erano troppo importanti per sollevare scandali simili. Poi, se fosse stato davvero così importante e segreta, non sarebbe stata mai affidata al ragazzo delle consegne con il rischio che uno dei suoi famigliari posse leggerla; ma dopotutto era improbabile che qualcuno della famiglia ricevesse una lettera di Itachi, perché era Hinata o al massimo Hanabi a ritirare la posta e consegnarla a chi di dovere. C’era da dire che non era un messaggio firmato, quindi la persona che l’aveva inviato non aspettava una risposta oppure… Hinata si passò le mani sul volto stanco, davvero stremata davanti al ventaglio di opzioni che si trovava ad affrontare e, soprattutto, era ancora più disperata sapendo che la risposta all’idiozia che aveva fatto era sempre una: era colpa sua.
Arrivò solo alla soluzione più indolore, quindi che l’avrebbe buttata il mattino seguente, quando sarebbe uscita da sola per commissioni. Dopotutto, che altro poteva fare? Se fosse venuto alla luce anche il fatto che lei riceveva delle lettere da un ragazzo, Fugaku avrebbe potuto obbligarla ad abbandonare il suo lavoro o fare una decisione. Inoltre, non era così certa dell’amore di Naruto e poi il ragazzo come avrebbe spiegato alla sua famiglia che Hinata non aveva nessuna importanza nella società - come se nessuno sapesse già della triste fine degli Hyūga. Poi, sicuramente gli altri clan avrebbero criticato la scelta di quell’unione e chissà quante problematiche sarebbero sorte.
Sentì ancora gli occhi pizzicare, le lacrime pronte a sfogare la rassegnazione e la confusione che stavano montando dentro lei. 

«Hinata, Mikoto ti sta cercando, dovrà arrivare qualche ospite» fu il momento di Hanabi di entrare nella loro camera e per poco la maggiore non se ne accorse. 

Hanabi vedendo la sorella di spalle, con la schiena incurvata, si avvicinò; la trovò turbata, le iridi pallide incapaci di nascondere la loro preoccupazione. «Cosa è successo?» chiese.

«Niente. Stavo solo pensando, come sempre…» si schiarì la voce Hinata, mentendo. 

Hanabi strinse i pugni di fronte alla malinconia della sorella, sebbene sapesse quanto avesse sofferto già dalla tenera età a causa delle pressioni sociali che investivano le famiglie nobili.

«La devi smettere di pensare al passato, pensi di poter cambiare qualcosa? Guarda dove sei ora. Adesso muoviti o arriverà qualcun altro a chiamarti e sai come sono quelle» Hanabi era sempre schietta, quasi ruvida. Non aveva paura di dire quello che pensava o di criticare la dame da compagnia di Mikoto, che non perdevano mai l’occasione di segnalare qualche mancanza nella casa degli Uchiha. 

Hinata aveva prontamente annuito, alzandosi. Aveva solo sfiorato con la mano quella della sorella in un muto ringraziamento e Hanabi gliel’aveva stretta, addolcendosi.
Hinata si trattenne dal sospirare quando lasciò la propria stanza, ormai sicura di essere scampata all’intuito della sorella.

    

    Lontano da quello che stava capitando nella dimora Uchiha, Shisui aspettava Itachi in una locanda anonima nei pressi delle porte di Konoha - era un posto tranquillo, pieno di viaggiatori che mettevano piede anche solo per un’ora della loro vita nel paese.
Shisui ra rientrato alla sua terra d’origine da poche ore, le diatribe delle colonie a sud di Konoha erano state tutto sommato semplici da riorganizzare, non si era sparso sangue e i patti stipulati erano stati più che ragionevoli - Shisui aveva scortato Danzō fino alla fine del viaggio e l’uomo l’aveva ricompensato profumatamente, dicendogli che non si sentiva mai così al sicuro come quando Shisui faceva parte della sua scorta.
Shisui storse il naso al riaffiorare di quel commento, era altresì turbato dalla conversazione che aveva avuto con l’uomo durante uno di quei giorni; tentò di non dar peso a tutte le preoccupazioni che aveva e riprese ad attendere Itachi in compagnia di un piatto di yakitori. Onestamente, non vedeva l’ora che Itachi lo raggiungesse e passare qualche ora in una delle stanze che il posto offriva - avevano scoperto quella locanda casualmente, quando erano di ritorno da un viaggio e ne erano rimasti piacevolmente sorpresi, perché con tutte le persone che vi passavano era davvero difficile tener conto dei volti che si incrociavano. Era ottimo, anzi! superbo visto che a più o meno una mezz’ora di distanza vi erano anche delle terme.
Però più il tempo passava, più il ritardo di Itachi lo faceva preoccupare.
Shisui ordinò un altro piatto e qualcosa da bere, ma non arrivò nessuno.

    

    Il cielo era uggioso quel giorno di metà settimana, la pioggia minacciava di cadere da un momento all’altro. La primavera sembrava essersi improvvisamente eclissata, un po’ come l’umore di Shisui, il quale arrivò alla dimora di Fugaku nel pomeriggio - aveva avuto degli impegni di mattina, dei rapporti riguardo la problematica che aveva interessato la sua ultima missione, ma non erano stati abbastanza impegnativi per distogliere la sua attenzione dal mancato appuntamento di ieri di Itachi.

«Mikoto…» Shisui le aveva riservato un breve inchino, anche alle dame attorno a lei e la domanda non pronunciata trovò comunque risposta. 


«Sono in cortile» disse serenamente la donna.

Infatti, Shisui vide i fratelli parlare fittamente tra loro mentre Sasuke, per la precisione, aveva ancora la katana sfoderata e di tanto in tanto la osservava - Itachi sicuramente gli stava dando qualche consiglio.

«Siete sempre instancabili!» Shisui si presentò così, ingoiando il suo animo amareggiato in un sorriso che mostrava i denti. 


Itachi trattenne il respiro stupendosi di trovare Shisui lì, mentre Sasuke andò subito in contro al cugino chiedendogli come stava - Shisui gli scompigliò i capelli come era sempre stato abituato a fare, sia con Itachi e ora con il minore, nonostante neanche quest’ultimo fosse più un bambino. 

«È andato tutto secondo i piani. Sono tornato ieri» rispose alla domanda di Sasuke, gli occhi però guardavano ancora Itachi. Lo capiva dal suo volto che era sorpreso di non aver saputo anticipatamente la notizia del suo rientro, come di routine facevano, e questo lo fece insospettire.
 
  Hinata aveva portato loro da bere tre tazze di tè fumante - si erano ritirati in una stanza piccola della casa, abbastanza lontana da non disturbare Mikoto nelle sue composizioni artistiche e anche dall’ufficio di Fugaku, probabilmente ancora vuoto al momento. Come sempre  i tre avevano divagato, parlando degli allenamenti, degli imminenti viaggi; Sasuke dopo qualche tempo si era ritirato a causa dell’impellente bisogno di levarsi il sudore dell’allenamento dalla pelle, che non gli stava dando tregua - Shisui si era speso in una battuta, in uno dei suoi tanti modi di stuzzicare chi voleva bene e Sasuke aveva risposto con un’infantile abbozzo di linguaccia in grado di farli ancora ridere.

Poi, una volta che Hinata aveva chiuso gli shōji, definendo l’uscita di scena di Sasuke, l’aria si era riempita di un silenzio pesante.

«Cosa è successo ieri?» chiese Shisui, le labbra accostate alla tazzina ormai fredda. 
Aveva iniziato a piovere, una pioggia fine come spilli; Itachi aveva sollevato leggermente un sopracciglio. «Ti ho mandato un messaggio».

Itachi era un ottimo osservatore e vide Hinata, inginocchiata nei pressi dei pannelli d’entrata, irrigidire la schiena, la fronte corrugata mentre si contorceva le dita.

«Non ho ricevuto niente, Shisui» e quest’ultimo captò il leggero spostamento delle pupille del cugino verso la domestica, che zitta attendeva un ordine - Itachi non aveva mai visto un motivo per dismettere Hinata, se non durante conversazioni importanti, ma in quel momento si fece due domande, perché il suo linguaggio corporeo era anormale. 

«Ti farai perdonare» sospirò Shisui, tentando di medicare la brutta sensazione che avvertiva. 

Così come Itachi, il maggiore si chiese se l’innocente e insospettabile Hinata avesse il compito di controllarli. Una volta soli, avrebbe sicuramente posto la domanda anche al cugino, ma ora era meglio tagliare il discorso.

   
   Verso sera, quando tutti erano coricati, Itachi si aggirò nella casa, trovando Hinata intenta ad asciugare delle stoviglie nella cucina - fu sollevato di non vedere la sorella attorno. 

L’aveva chiamata e lei si era voltata con sguardo preoccupato; Hinata perse qualche battito, risvegliando inevitabilmente tutte le sue preoccupazioni riguardo la fantomatica lettera - non era stata un’ottima idea quella di non consegnarla a Itachi, anzi, era stata ingenua, se non ridicola, a nascondere il messaggio d’incontro. Ma come poteva sapere che era proprio Shisui il mittente - Hinata sperava in qualche giovane infatuata di Itachi e che non avrebbe mai trovato il coraggio di chiedere all’uomo come mai non si fosse presentato. O almeno così sperava.
No, si sarebbe rovinata la vita anche in quel caso. Era semplicemente inammissibile nascondere un qualcosa di personale a uno dei suoi signori e in quel modo aveva messo in pericolo anche Hanabi, che era all’oscuro di tutto. 

Itachi le tolse il piattino che teneva tra le mani, evitando che Hinata lo lasciasse scivolare ed era anche abbastanza probabile, perché era sbiancata. La vedeva che era caduta in un panico agghiacciante sapendo di essere la colpevole. 

«Ricevo delle lettere… nel muro, verso il fiume» aveva parlato sottovoce. «Non era mia intenzione, ma ho trattenuto una sua lettera e l’ho letta» aveva confessato Hinata, capendo che Itachi non avrebbe parlato.

L’uomo aveva sospirato, passandosi una mano sul volto sentendo la confessione. Non era certo nei suoi canoni scendere a ricatti o giochi infimi e non l’avrebbe fatto. E comunque il fatto che si trattasse di un incidente lo rincuorò.

«Non mi sono davvero accorta, ma l’ho gettata. Non l’ho buttata in casa, nessuno l’ha vista» il tono della giovane si incrinò e Itachi capì la sua sincerità.

«Chi ti scrive?».

«Uzumaki Naruto» Hinata rispose senza tentennare.

Itachi annuì nuovamente - era quel conoscente biondo che aveva trascinato suo fratello in tutti i tavoli durante il matrimonio. Pensò fosse davvero inaspettato, ma annuì. Era uno scambio di segreti tutto sommato equo e si capiva che la ragazza era davvero preoccupata per la sua sorte. 

«Ti aiuterò» concluse lui. 

«Non ne parlerò con nessuno, ha la mia parola» Hinata mosse la testa in segno di assenso, una lacrima sfuggì dalla determinazione con cui la stava trattenendo. 

Poi, si spese in una profusione di scuse e ringraziamenti che misero quasi a disagio Itachi. 


 

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: niard