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Autore: niard    19/04/2022    1 recensioni
"Dal canto suo, Itachi odiava le attenzioni che il cugino aveva aizzato, tanto che si voltò rassegnato verso lui, il quale sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi - gli occhi canzonatori e le labbra morbide arricciate maliziosamente, perché Shisui sapeva che Itachi non poteva ribattere e che, sicuramente, era stizzito dalla battuta provocatoria, totalmente dettata dalla noia, che aveva lanciato. 
[...]"
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Clan Uchiha, Sasuke Uchiha, Shisui/Itachi
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Ce la posso fare a lasciare stare questi due, eh. Una storia un po’ diversa (principalmente perché non è una OS come mio solito), una storia che spero di portare a termine e che possa piacere a qualcuno. È giusto per alleggerire la mia mente, sono felice di aver trovato uno briciolo d’ispirazione.
Ho tolto tutti i suffissi onorifici per pura praticità e pigrizia.
Penso OOC doveroso.

Title: Black Rain - Kuroi Ame 
Chapters: 1/? 

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黒い雨

 

 


 

    In quella che era solo l'embrione dell'odierna Konoha, i kimono da cerimonia delle più varie colorazioni scivolavano sui ciottoli della strada illuminati dalle luci delle lanterne, che paravano le vie - i complessi disegni degli abiti sembravano riflettere le lunghe lingue di fuoco delle illuminazioni, che rapite li vezzeggiavano, donando agli abitanti un aspetto quasi onirico.
I componenti delle più importanti famiglie di samurai di Konoha si spargevano tra le abitazioni di legno e carta di riso, arricchite da alberi di ginkgo e flessuosi salici tra cui, di tanto in tanto, si udiva il trillo di un lontano campanello di vetroche si univa perfettamente al vociferare del fine serata - gli invitati riversavano nell'aria di tarda primavera i segreti appresi durante la giornata, che gli ospiti avevano rivelato un po' a causa dell’alcol, siero della verità, e parzialmente per l’anormale aria di pace creatasi. 

«Mi ha mostrato un grosso dragone tatuato sulla coscia ed era così ubriaco che mi ha chiesto se volessi toccarlo» raccontava una donna, suscitando esclamazioni incredule. 

«Jiraiya ha raccontato le sue avventure... amorose. Sapete che non le conta più sulle dita?» diceva un ragazzo qualche metro più indietro. 

Camminavano tutti a piccoli passi, le calzature ormai diventate dolorose come spilli, mentre mano a mano alcune famiglie si dileguavano verso le abitazioni del proprio clan, sparendo come fragili lucciole all’alba.
Era molto tardi, un evento importante aveva tenuta sveglia Konoha, perché vi era stata l’unione tra due potenze: c’era chi aveva storto il naso al matrimonio tra la Principessa di Suna e un Nara o chi avrebbe ambito a una famiglia più importante e influente per un gemellaggio tra le due nazioni; ma vi erano anche persone estremamente soddisfatte del fatto che, per lo meno, era stata scelta la famiglia Nara, neutrale dal punto di vista di detenzione del potere, benvoluta dal sovrano di Konoha, evitando così che un altro clan acquisisse ancora più prestigio tra le famiglie di guerrieri più note del paese.
I Nara spiccavano per la loro indiscutibile intelligenza, a essere ragionevoli e non bellicosi, una famiglia decisamente stabile; ma non erano gli unici a essere stati presi in considerazione, ad esempio il clan Uzumaki non aveva apertamente concorso per quel matrimonio, anche se con improbabilità si sarebbero sottratti alla volontà del sovrano di Suna, nel caso in cui fossero risultati d’interesse. Poi, gli Yamanaka, così come gli Haruno, non avevano un erede maschio ed erano stati esclusi dalla scelta; altre famiglie non erano semplicemente risultate all’altezza di tale compito, sebbene facessero parte dell’élite del paese, oppure come gli Hyūga erano stati cancellati dalla genealogia dei samurai di Konoha a causa della perdita di tutti gli averi. Inoltre, diversi volevano insorgere e stabilire un potere politico prettamente militare, ed era per questo che gli Uchiha, ritenuti ambiziosi e parte di questo filone, erano stati eliminati dai giochi in quanto troppo rischiosi -  ma si poteva quasi stillare una lista infinita delle differenti opinioni che si erano venute a creare durante i preparativi del matrimonio.
Proprio in seguito all’infinita giornata, il clan Uchiha fu uno tra gli ultimi a raggiungere le proprie abitazioni - Fugaku fece in tempo a finire una lamentela con un famigliare, riguardo a commenti troppo accusatori ricevuti durante il banchetto, prima di seguire Mikoto, quieta come i suoi figli, oltre il cortile di casa.
Le domestiche della famiglia, Hinata e Hanabi, accolsero silenziosamente la famiglia con un profondo inchino - immediatamente la più giovane sistemò i soprabiti di Fugaku e Itachi, Sasuke già spoglio di quel pesante pezzo di stoffa e nel mentre Hinata ripose le calzature di Mikoto, così che Hanabi potè accompagnare i coniugi alla propria stanza.
Dal canto suo, Hinata seguì i fratelli lungo la veranda della casa - in rigoroso silenzio, la ragazza osservò Itachi controllare Sasuke, intento a mantenere il proprio contegno nonostante durante il ricevimento quel suo conoscente biondo, Naruto, l'avesse persuaso a non indugiare in qualche bicchiere di liquore in più. Sasuke era solo leggermente spossato, le gote rosee e il caldo delle notti di tarda primavera non di certo in suo aiuto. Hinata non perse il leggero sorriso che nacque sulle labbra di Itachi, appena voltato nella direzione del fratello così da tenerlo sott’occhio, mentre quest’ultimo faceva il suo meglio per raggiungere la stanza - addolcita, Hinata si ritrovò dispersa nei suoi pensieri riguardo l’unità tra i due e si crogiolò nella loro armonia, tanto da quasi sospirare della bellezza dei loro haori da cerimonia, il cui fruscio della stoffa pregiata sembrava il vento che si insinuava tra le fronde degli alberi. Inoltre, l’affetto fraterno a cui stava assistendo le ricordava suo cugino, che aveva perso la vita pur di proteggere la propria famiglia durante una faida tra clan. Era passato così tanto tempo da quando gli Hyūga erano diventati solo un ricordo custodito da lei e Hanabi; erano tutti morti e ora le rimanevano solo le memorie migliori, perché Hinata era incline a dimenticare tutto ciò che le aveva fatto male ed era per questo che l’unione che aveva trovato nella famiglia per cui lavorava, le ricordava la sua - Hinata sapeva che non tutto era vero, che aveva sofferto e le era stato detto fino alla nausea che non era mai stata all’altezza di portare il proprio cognome; si sarebbe dovuta impegnare di più per diventare una donna chiave per un matrimonio importante, smettere di auspicare a una vita semplice e spensierata, capire che la felicità era effimera. Chissà, ora poteva esserci lei al posto di Temari con un uomo straniero o… tutto d'un tratto, Itachi si fermò davanti alla sua stanza e per poco Hinata non si scontrò con la sua schiena, troppo immersa nella sua mente. La giovane tentò di formulare una rammaricata scusa per la distrazione, ma si bloccò appena Itachi le concesse, con un semplice gesto della mano e per nulla infastidito, di entrare nella camera così da aiutarlo nella preparazione per la notte.

«Puoi preparare anche il futon per Sasuke? Dormirà con me» disse. 

Itachi era sempre gentile con lei e la sorella, una dote che lo caratterizzava da sempre, sin dal momento in cui Hinata e Hanabi erano cadute in disgrazia e per mantenersi erano state prese come domestiche nell’abitazione di Fugaku. La sua gentilezza si mostrava anche in quel momento, mentre sosteneva discretamente Sasuke per un braccio, forse comicamente arreso all’esaurimento delle sue forze - era un bene che per quella notte dormissero insieme, così da avere il minore sotto controllo.
Una volta dentro la camera, sistemarono Sasuke e poi, Itachi si inginocchiò davanti alla specchiera - Hinata gli porse una ciotolina d'acqua profumata e un panno per rinfrescare il viso e, come aveva fatto con il fratello, Itachi iniziò a passare il tessuto sul volto togliendo la stanchezza e distese un sorriso compiaciuto nel vedere Hinata seguire quel banale procedimento.

«Puoi aiutarmi?» chiese Itachi, richiamando a sé l’attenzione.

La giovane mosse la testa in segno di assenso e avvicinò, leggermente tesa, le mani ai capelli di Itachi - Hinata era felice di poter aiutare, perché si trattava di un rarità. Di solito le era concesso di stare nell'angolo della stanza per assistere alla vestizione, ma mai si era azzardata a intromettersi, neanche per passare un fermaglio alla madre di Itachi. Hinata osservava muta le dame di compagnia più anziane sistemare i capelli di Mikoto e arricchirli con forcine, ma non era mai intervenuta.
Quindi, Hinata cominciò a sciogliere le ciocche costrette nella coda e poi spazzolò i capelli, passando di tanto in tanto le dita tra la chioma corvina.

«Ho finito» Hinata parlò adagio dopo qualche minuto.

Itachi si alzò dando le spalle alla giovane e allentò la stretta degli abiti, facendoli aprire morbidamente; Hinata prese i lembi della veste e gliela sfilò, rivelando il corpo dell’uomo - il volto della giovane iniziò a imporporarsi di una sfumatura vivida e a tratti infantile quando vide la pelle nuda; Hinata dovette distogliere lo sguardo, abbassando vergognosamente la testa una volta che il corpo di Itachi fu liberato - le guance si tinsero di rosso, calde e formicolanti, e il colorito si accentuò nel momento in cui si accinse ad aprire uno yukata per la notte per l’uomo, incontrando la schiena flessuosa del samurai. Hinata piantò gli occhi sui tatami dalla parte opposta della stanza, aspettando che Itachi infilasse le braccia nelle ampie maniche - a ogni movimento, i muscoli della schiena guizzavano sotto la pelle e la spina dorsale affiorava appena sotto quel sottile rivestimento, incitandola a cedere e spiare il corpo davanti a sé; osservò di sottecchi, attraverso lo specchio, il ventre illuminato dalla calda luce delle lampade a olio, dove ombre si formavano su ogni forma e cicatrice dovuta alle guerre. Hinata si perse sulle sfumature di qualche livido, sull’impronta di quella che sembrava una bocca a livello del fianco sinistro, ma il corpo di Itachi venne crudelmente coperto dalla stoffa e così lei salì a sbirciare il petto, che rimase di poco scoperto grazie alla scollatura dell’indumento. Hinata si morsicò involontariamente le labbra, mettendosi un freno e cercando di concentrare la precaria attenzione su un piccolo neo sul collo di Itachi - era un comportamento impudente, ma non potè fare altro. Successivamente, Itachi si girò sfilando dalle mani della giovane la fascia, che chiuse attorno alla vita - come ogni volta, Hinata rimase impietrita alla vista degli occhi scuri e l'impercettibile sorriso, che si stendeva sulle labbra di Itachi, tanto da convincersi di esserselo immaginato. 

«Deve essere stanco…» aveva detto sempre più rossa in volto, volgendo lo sguardo a terra. «Anche Sasuke deve riposare».

Hinata concluse inchinandosi, inciampando quasi nel suo stesso kimono, lasciando velocemente la stanza - tuttavia, Itachi non diede troppo peso ai repentini cambiamenti della giovane e si distese nel futon, stremato dall'intensa giornata alla quale aveva partecipato. Aveva ascoltato il pavoneggiarsi delle famiglie prestigiose di Konoha dal momento in cui si erano tutti mischiati al ricevimento e, chi più e chi meno, aveva iniziato a elogiare i giovani guerrieri che stavano allevando, le imprese portate a termine. Itachi doveva ammettere di non aver memoria di nessuna conversazione in particolare, forse neanche delle persone con cui aveva parlato - però, certamente, ringraziò l’unica presenza positiva che aveva avuto al suo fianco e che l’aveva distratto dall’asfissia del ricevimento: Shisui. 

    «Quando Itachi si sposerà, Fugaku inviterà tutto il mondo conosciuto» rise Shisui, mentre gli ospiti interessati alla discussione seguirono a loro volta. 

Il maggiore degli Uchiha aveva alzato un vero polverone tra la cerchia di invitati attorno a sé, oltretutto ormai disinibita dagli alcolici primaverili - c’era chi non troppo sottovoce affermava che uno come Itachi avrebbe dovuto sposare la Principessa di Suna e chi, al contrario, si metteva in mostra come perfetto candidato, sminuendo i restanti. Un parente dei due aveva anche rimproverato Shisui, dicendogli che era lui l’uomo adatto dati tutti i riconoscimenti che aveva avuto in seguito alle sue imprese e Shisui aveva riso, dando corta a ciascuno di loro.
Dal canto suo, Itachi odiava le attenzioni che il cugino aveva aizzato, tanto che si voltò rassegnato verso lui, il quale sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi - gli occhi canzonatori e le labbra morbide arricciate maliziosamente, perché Shisui sapeva che Itachi non poteva ribattere e che, sicuramente, era stizzito dalla battuta provocatoria, totalmente dettata dalla noia, che aveva lanciato.
Poi, Shisui mise tra le mani di Itachi un bicchierino e lo riempì di sake fino a quando non fuoriuscì e iniziò a gocciolare sulle dita. 

«È così soddisfacente vederti arrossire» disse Shisui sottovoce, la musica tradizionale e le chiacchiere incontrollate della sala sovrastavano di gran lunga quel commento. 

Itachi aveva bevuto il liquore, lo sguardo fisso in quello languido davanti a sé. 

«Non oggi Shisui, mio padre ci sta guardando».

Shisui incrociò lo sguardo di Fugaku, alzando il bicchierino a mo’ di brindisi, ma l’uomo distolse prontamente l’attenzione, probabilmente stizzito dal suo atteggiamento. Shisui aveva riso e Itachi l’aveva spinto discretamente con un gomito.

Shisui era così: solare e lascivo con Itachi, leale, calcolatore e letale in battaglia. Un samurai che aveva fatto sua la via del guerriero e Itachi lo ammirava, seguendolo come fosse un’ombra. C’era da dire che sotto l’insegnamento di Shisui, il più giovane era diventato un vero prodigio, la punta di diamante del clan Uchiha, tanto da far divertire Shisui, durante il ricevimento della famiglia Nara e Sabaku, su battute riguardo la brillantezza di Itachi a cui nessuno aveva trovato modo di opporsi.
Shisui poteva sembrare sconclusionato in ricorrenze simili, quando era accerchiato dalla gente, ma  era solo uno specchio per le allodole - vi era molto di più in lui, custodiva una forza di spirito inimmaginabile e neanche la solitudine l’aveva mai abbattuto. Shisui era orfano, il padre disperso durante una campagna in un paese lontano e la madre era morta per malattia quando era solo un neonato; era cresciuto sotto l’ala protettiva dell’ormai anziana nutrice e le dame da compagnia, che erano rimaste nella sua residenza da tempo immemore. Shisui si era circondato dell’affetto fittizio di quella cerchia di donne, perché sapeva che l’unica sincera considerazione la poteva ritrovare nella sua nutrice, leale e seria, oltretutto a conoscenza anche di ciò che non era tenuta a tenere nascosto - la nutrice di Shisui, ferma nella sua tombale fedeltà all’uomo, che aveva praticamente cresciuto, zittiva le dame  della casa con scuse così da permettere a Itachi di recarsi a qualsiasi ora della notte nella loro dimora. L’anziana non si sconvolgeva certo per una frequentazione tra i due - era a conoscenza delle pratiche che spesso si instauravano tra i maestri samurai e i reciproci allievi e così via. Aveva vissuto abbastanza per conoscere il mondo. Sapeva anche che erano relazioni passeggere, saltuarie, ma un’unione profonda come quella tra Shisui e Itachi non l’aveva mai vista - vuoi l’appartenenza alla stessa famiglia, che questa abbia aumentato il legame tra i due, vuoi la vicinanza di età e il tempo incalcolabile che avevano vissuto insieme sin dall’infanzia; avevano avuto lo stesso maestro, si erano allenati insieme per ore e giorni, combattuto fianco a fianco. In ogni caso, lei non aveva una riposta all’amore che vedeva. Un po’ forse ne era preoccupata, doveva essere sincera, ma era fiduciosa del buonsenso di Shisui, anche se talvolta si chiedeva per quanto tempo avrebbero retto quel gioco pericoloso.

Per quanto sarebbero riusciti a tenere tutto nascosto.



 

   
 
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