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Autore: EleAB98    03/05/2022    2 recensioni
Malcom Stone è un pretenzioso caporedattore, nonché affascinante quarantenne con una fissa smodata per le belle donne. Ma arriverà il giorno in cui tutto cambierà e l'incallito casanova sarà costretto a fare i conti con i propri demoni interiori, e non solo quelli... Riuscirà mai a guardare oltre l'orizzonte? Ma soprattutto, chi lo aiuterà nell'ardua impresa?
[...]
Gilberto Monti è un giornalista affermato. Oltre a ricoprire una posizione lavorativa più che soddisfacente, ha appena esaudito uno dei suoi più grandi sogni: sposare la donna che più ama. Ma è davvero tutto oro quello che luccica?
[...]
Alex Valenza, un reporter piuttosto famoso, è alle prese con una drammatica scoperta che lo porterà a chiudersi, a poco a poco, in se stesso. A nulla sembra valere il supporto della moglie. Riuscirà a ritrovare la serenità perduta?
*Opera Registrata su Patamù*
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo XI – Amare Realtà
 
 

Gilberto si tirò su a sedere e prese a sfogliare la rivista di The Cars con un certo interesse. L'ultimo numero, uscito nelle edicole qualche settimana prima, aveva ottenuto un discreto successo in termini di vendite e lui non poteva esserne più contento. Peccato non potesse dire lo stesso della sua vita privata, ma, in fin dei conti, la perfezione non esisteva. L'uomo inforcò gli occhiali da vista e si apprestò a scartare quegli argomenti che, a suo giudizio, apparivano meno intriganti rispetto ad altri, protagonisti, invece, del prossimo mensile. Dopo quanto successo con Megan, aveva deciso di prendersi un po' di tempo per sé, e concentrarsi sul lavoro gli era sembrata una buona soluzione. Magari lo avrebbe aiutato a decidere il da farsi, o almeno era quello a cui auspicava. Lui e Megan non avevano ancora parlato a cuore aperto della spinosa questione e si erano limitati, nelle loro interazioni a dir poco infelici, allo stretto indispensabile; ed era stato proprio in quei momenti che Gilberto aveva capito che lei, molto probabilmente, non aveva mai provato alcunché di rilevante nei suoi confronti. Alla luce di questo, Gilberto non aveva più cercato nessun tipo di contatto fisico con lei, nemmeno il più semplice e innocente. Non se la sentiva, ma d'altra parte sapeva che Megan avrebbe rifiutato qualsiasi approccio da parte sua. Anche una semplice stretta di mano sarebbe stato troppo. 

L'uomo rialzò il capo. Era stato accecato così tanto dall'amore che provava per quella donna, da non essersi davvero reso conto nell'immediato che Megan non avrebbe mai potuto nutrire una forte passione nei suoi riguardi, che non avrebbe mai fatto l'amore con lui nel modo in cui sperava, che non ci sarebbe mai stata complicità alcuna. Distrutto dal dolore, aveva passato una settimana infernale piangendo giorno e notte, spesso rinchiudendosi fino a tarda ora nel suo studio. Ma, a un certo punto, aveva detto basta. Da un paio di giorni non versava più neanche una lacrima, non si era mai sentito così lucido. Da una parte, si sentiva persino sollevato. Schiavo del suo amore, ma allo stesso tempo libero. Non avrebbe più dovuto smuovere mari e monti per cercare di farsi amare da lei, non avrebbe più dovuto fingere di essere qualcun altro, di vestirsi in modo diverso dal solito solo per farle piacere, di domandarsi costantemente dove sbagliasse. Di chiedersi perché lei non lo desiderasse neanche un po'. Si guardò per un momento. Magliettina a righe bianche e blu e jeans di fortuna. Finalmente poteva dirlo: stava tornando in sé. Con fare cogitabondo e un barlume di sincera soddisfazione, rimise gli occhi sulla rivista e ne cassò un'altra pagina. Avrebbe dovuto fare proprio così. Cancellare dalla sua mente i ricordi sgraditi e cercare di farsene una ragione. Ricominciare tutto daccapo, per quanto difficile potesse essere – e lo era, Dio, se lo era! –. Trascorsa una mezz'ora di puro lavoro, qualcuno bussò alla porta del suo ufficio. Gilberto alzò la testa, gli occhi sbarrati. Si sorprese non poco nel vedere che si trattava proprio di Megan.

«Ciao», esordì lui, senza scomporsi. «In cosa posso esserti utile?»

Lei fece un mezzo sorriso che testimoniava tutto il suo disagio, accompagnato da una palpabile tristezza. «Come procede il tuo lavoro?»

«Piuttosto bene, a dire il vero. Il tuo?» Inarcò un sopracciglio e studiò il volto della consorte, se ancora tale poteva definirsi. Sembrava più pallida del solito. Eppure... «Non hai una bella cera.»

«Non ho dormito molto in questi giorni», rispose lei, ricambiando il suo sguardo.

«Nemmeno io, se è per questo.» Ho passato nottate piene d'angoscia pensando a te. Sospirò. La trovava comunque meravigliosa, non peraltro il vestitino che indossava risaltava le sue forme in modo naturale. «Allora, di cos'hai bisogno?»

«Di nulla, sta' tranquillo. Volevo soltanto dirti che me ne vado.»

L'altro annuì di sfuggita, di nuovo gli occhi fissi sulla pagina del giornalino. «D'accordo, allora ci si vede a casa. Così avremo modo di parlare, se ti va.»

«Me ne vado dall'azienda», si affrettò a chiarire. «Darò le dimissioni stasera stessa.»

Gilberto rimase spiazzato e, sulle prime, non seppe cosa dire. Tornò a guardarla con l'aria di chi avesse appena sentito un'assurdità. «Scusami, ho capito bene? Hai intenzione di licenziarti?»

«Credo sia la cosa più giusta. Rimanere qui non mi fa bene... non ci fa bene.»

«Forse hai ragione», rispose lui, facendole cenno di accomodarsi. «Ma dove andrai, si può sapere? Lascia almeno che ti aiuti a trovare un impiego altrove, lascia che—»

Megan gli si avvicinò e prese posto sulla sedia girevole che si trovava di fronte al marito. «Non è necessario, davvero. Hai già fatto troppo per me.»

Gilberto sorrise mestamente. «Ma non è bastato.»

Lei abbassò il capo.

«Non avremmo mai dovuto sposarci. Adesso l'ho finalmente capito.»

«Ascolta, Gilberto, io—»

Lui fece un gesto con la mano. «Non devi giustificarti, Megan. E, in ogni caso, non devi andare via da qui a causa mia. Puoi benissimo restare, io imparerò ad andare avanti senza di te. Ma credo sia giusto parlarne stasera a casa, non trovi anche tu? Con la giusta calma possiamo  mettere... mettere fine a tutto questo.» Gilberto deglutì. Aveva appena parlato di fine davanti a lei. Si stavano già separando. L'uomo inorridì. Stava succedendo davvero.

«Concordo. Ma te l'ho detto, non posso restare qui. Non è il mio posto.»

«Come vuoi, Megan. La decisione è solo tua. Ah, dimenticavo...» Con un gesto calibrato – e prima che il coraggio potesse sparire – si sfilò la fede nuziale davanti a lei e, dopo averla guardata un'ultima volta, la posò sullo scrittoio. «Fanne quel che vuoi. Io non potrei mai gettarla via, ma non riuscirei nemmeno a conservarla. Per il resto, ne parliamo stasera. A più tardi.» Poco prima che lei potesse rispondergli, si alzò dalla scrivania e sparì dalla sua vista. Era convinto che, tra meno di qualche minuto, avrebbe subito una ricaduta e sarebbe di nuovo scoppiato a piangere. Aveva fallito. Il suo matrimonio era ufficialmente giunto al termine.

 

*

 

Buttò le chiavi nel cestello portaoggetti situato vicino la televisione e aspettò con pazienza che Megan tornasse a casa. Aveva lavorato ininterrottamente per circa quattro ore, cercando di non concentrarsi troppo sulla sua mano sinistra, o meglio, sul suo anulare, spoglio di quel simbolo che aveva sempre giudicato come sacro e degno di rispetto. Cos'avrebbe fatto, ora? Sarebbe stato giusto che Megan, alla luce del fatto che stessero per gettare le basi di un doloroso – almeno per lui – divorzio se ne andasse da casa sua? Magari poteva concederle di rimanere almeno per un altro po', fino a quando lei non avesse trovato sistemazione migliore. Scosse la testa. Sicuramente se ne tornerà da sua madre, pensò non appena raggiunse, a passo malfermo, la camera da letto. Per un istante, si rivide a far l'amore insieme a Megan e provò una feroce stretta allo stomaco. Lui che si mostrava a lei senza paura, che la stringeva quel tanto che bastava a farle sentire tutto il suo calore, il suo desiderio. Lui che, baciandola con fierezza e altrettanta passione, le diceva che non l'avrebbe mai lasciata. E lei che, come una bambola di pezza, rispondeva meccanicamente ai suoi gesti. Sorrise, amaro. Soltanto in quel momento se ne avvide. Lei aveva sempre evitato di toccarlo più del dovuto, aveva sempre fatto appello a un controllo che poteva mantenere soltanto chi non provava forti sentimenti per quella persona che, invece, avrebbe fatto qualsiasi cosa per mostrare un lato di sé tanto selvaggio quanto, nella sua primordialità, pregno di emozioni. Tastò la superficie del letto con il palmo e si lasciò cullare dalla morbidezza del lenzuolo estivo che lo ricopriva. Povero illuso, si disse. Da adesso in avanti, nessun'altra donna gli avrebbe fatto compagnia, tantomeno condiviso il suo dolore. Quel letto a due piazze sarebbe rimasto di sua esclusiva proprietà. Per lui, fare l'amore con un'altra donna sarebbe stato davvero impensabile, al massimo poteva darsi a qualche squallida avventura sessuale. Ma all'amore no. Per quel sentimento non c'era più posto, perché la sua Megan ne aveva prosciugato l'intera essenza sin da quando aveva fatto la sua comparsa. Tuttora ricordava il suo sorriso tanto spento quanto, per certi versi, meraviglioso nella sua malinconia. Se ne era innamorato all'istante. Insieme a tutto il resto. Ma d'altra parte, soltanto quando il disincanto era finito si era accorto di come tutto gravitasse intorno a lei e di come lui, a poco a poco, si fosse scordato persino di se stesso. Soltanto quando Megan si era decisa a trattarlo come se fosse uno sconosciuto Gilberto aveva compreso che, per cercare di far brillare lei, stava spegnendo se stesso. E comprese appieno le parole di sua madre: "Non vivere mai per qualcuno, ma vivi con qualcuno. In questo modo, saprai di aver trovato la felicità." L'uomo guardò il proprio riflesso nello specchio da parete situato davanti a sé, al di sopra della testiera del letto. I sei mesi trascorsi con Megan gli avevano fatto capire più di quanto avesse mai imparato in trentasette anni di vita. E forse, in un certo qual modo, anche lei stessa aveva capito tante, troppe cose.

«Oh, sei qui.»

Gilberto si voltò verso la porta. Accennò un sorriso triste. Gli sarebbe mancata persino la sua voce. «Ti aspettavo.»

«Lo immaginavo.» Senza dire altre parole, si sedette sulla sponda del letto vicino a lui. «Senti, io... ci tenevo a scusarti per quello che è successo l'altra volta. Non meritavi di essere trattato in quel modo.»

L'uomo tentò di mantenere una parvenza di calma, perché al solo ricordo di quella mattina si sentiva più solo e disprezzato che mai. «Perché sei venuta a letto con me? Non hai mai provato niente, non è così? Perché mi hai illuso, si può sapere?»

Lei sospirò. «Io ci ho provato, Gilberto. Ti giuro che ci ho provato.»

«Anche io. Ho fatto di tutto per farmi amare da te. Ma i sentimenti non si possono comandare a bacchetta. Come determinati impulsi.»

«Lo so. So di non essere stata la moglie che ti aspettavi. E non sono stata nemmeno una brava fidanzata, a dire il vero.»

Gilberto concordò in silenzio. Durante il loro breve fidanzamento, erano stati davvero pochi i gesti d'affetto, nessuna carezza, né intima né di altra natura. Nessuna mancanza di controllo in quegli abbracci tutt'altro che focosi, in quei baci che adesso giudicava scialbi e insignificanti. Freddi e smorti. «Credevo che il tuo sì fosse sincero. Ho voluto crederci con tutte le mie forze, ho voluto credere che prima o poi ti saresti innamorata di me e che la vita coniugale potesse regalarci fiducia e intimità. In questi mesi, mi sono spesso rifiutato di affrontare la realtà, anche quando tutti gli altri mi dicevano che avrei dovuto rivolgere altrove le mie attenzioni. Sì, ho sbagliato a bruciare le tappe così in fretta. Ma la paura di perderti mi ha fatto commettere tanti errori.»

«Non sei stato solo tu. Ne abbiamo fatti entrambi. Io per prima. Credevo di—»

«Cosa credevi, eh?» ribatté lui, alzando leggermente il tono della voce. «Credevi che l'avresti dimenticato, non è così? Mentre scopavi con me, perché tu di certo, a differenza mia, non hai fatto l'amore, pensavi a quell'altro... giusto? Lui è sempre stato tra noi, è sempre...» Sospirò appena e si mise una mano in fronte. Stava sudando un'altra volta. Per qualche secondo, si rifugiò nel suo mondo interiore e tentò di fare mente locale affinché la conversazione mantenesse un tono civile e, quando tornò in sé, scoprì Megan guardare un punto indefinito della stanza. «Ho bisogno che tu me lo dica. Ho bisogno di sapere se è questo il motivo per cui mi hai sposato, o se invece...» Lasciò in sospeso quel pensiero per qualche altro istante. «O se invece ha ragione Alex.»

Lei si voltò, di scatto, verso Gilberto. «Cosa ti ha detto Alex?»

«Ti prego, rispondi alla mia domanda, prima.»

«Gilberto, io—»

«Voglio la verità. Penso di meritarla, no?»

«Hai ragione», soffiò lei con aria affranta.

«Su cosa?»

«Su tutto. Quando ti ho sposato, io... io pensavo di potermi gettare tutto dietro le spalle. Il mio passato, i miei sentimenti per lui, di potermi rifare una vita. Quando ho pronunciato quel , mi sono proposta di cambiare, però... non ci sono riuscita.»

«Puoi anche chiamarlo per nome», replicò Gilberto, cercando di trattenere un singulto. Non doveva piangere. Non doveva mostrarsi debole davanti a lei.

«Mi dispiace tanto», pigolò Megan, lasciando che le lacrime le sgorgassero dal viso.

«Tu pensi che Malcom ti ami ancora?» Gilberto sussultò in silenzio, tramortito dal suo stesso coraggio. Aveva appena pronunciato quel nome nefasto.

Megan si asciugò le lacrime, in evidente stato di agitazione. «Lui non mi ha mai amata.»

Ma che combinazione, pensò lui. «Allora sai bene anche tu come ci si sente. Cosa significa sentirsi ignorati. Costantemente respinti.»

«Sono stata io ad allontanarlo da me.»

«Ma so anche che lui non ha voluto sentire ragioni e che, malgrado le tue scuse, non è riuscito a perdonarti.» Gilberto si alzò, quindi si allontanò da lei. Gli era impossibile starle vicino e parlarle contemporaneamente di un altro uomo. Di quell'altro uomo. Non riusciva nemmeno a credere che lui e Megan ne stessero discutendo di nuovo, per giunta in camera da letto. «Sai, ho sempre nutrito il sospetto che tu potessi amarlo ancora. Anche perché... qualche sera fa, sopra al tavolo della cucina, ho notato che la rubrica –  americana, per giunta – del telefono era aperta proprio nella sezione dei cognomi che iniziano per S, e... tra tanti numeri, ho scorto quello di casa Stone.»

Megan rimase a bocca aperta. «Perché non mi hai detto niente?»

«Non sono solito fare scenate di questo tipo. Anche se, a dire il vero, ho tentato di convincermi che si fosse trattato di un semplice caso. Ho chiuso gli occhi molte volte, Megan. Per tutto questo tempo, ho soltanto finto di non sapere perché ti volevo e non potevo perderti. Ma io sapevo, eccome se sapevo. Ne sapevo fin troppo, forse.» Gilberto le si avvicinò di nuovo. «L'hai mai chiamato? Dimmi la verità.»

«No», rispose lei, sostenendo il suo sguardo. «Volevo farlo, ma poi... ma poi ho pensato a te e mi è mancato il coraggio.»

L'altro sorrise, sardonico. «Hai pensato a me... Hai. Pensato. A. Me?!», ripeté con fare teatrale. «Dici sul serio?» Gli sfuggì una risata e scosse la testa, l'espressione sarcastica dipinta sul suo viso tradiva tutta la sua incredulità. «Oh, be', in questo caso ti ringrazio per la premura. Ma ormai sei tornata libera, Megan. Puoi fare tutto quello che vuoi, adesso», le sussurrò, di nuovo serio, quindi si avviò verso la porta. «Io non ti ostacolerò.»

«Gilberto, aspetta... Che cosa ti ha detto Alex?»

L'uomo si voltò. «Lui crede che tu mi abbia agganciato soltanto per tornare ad avere un posto sicuro in redazione, visto che la tua reputazione aveva subito un brutto colpo agli occhi di molti caporedattori.»

«E tu gli credi?»

Gilberto esaminò a fondo la sua espressione. Sembrava stordita e inorridita da quella calunnia. «Tranquilla, non ho mai creduto a una simile sciocchezza. Anche se non mi hai sposato per amore, so che non l'avresti mai fatto per interesse.» Si tolse il rolex dal polso e lo posò sul comodino. «Vado a farmi una doccia», disse poi, più a se stesso che a Megan.

«Ti auguro tutto il bene di questo mondo, Gilberto. Te lo meriti.»

Per un breve istante, le sorrise. Forse, almeno un po' gli si era affezionata. Cullandosi col pensiero di quell'ultima, fugace ma confortante illusione, le rispose: «Auguro il meglio anche a te.»

 

*

 

«Le hai proposto di restare?! Dopo tutto quello che ti ha fatto passare le hai proposto di restare?»

Gilberto alzò le spalle. «Io la amo ancora. Nonostante tutto.»

«Proprio per questo dovresti sbarazzarti di lei!» Alex scosse la testa. «Ma non capisci che tenendola accanto a te non riuscirai mai a dimenticarla?»

«Potresti anche usare termini più gentili, non trovi?»

«Non mi pare che lei sia stata così gentile con te. Andiamo, in questi mesi hai sofferto come un cane e tu continui a farti trattare come uno zerbino?»

«La nostra storia è finita», spiegò Gilberto. «Ci siamo lasciati definitivamente ieri sera. Vedi? Non porto più la fede», gli disse, mostrandogli con finto orgoglio la mano sinistra. Provava un vuoto così grande, che dovette sforzarsi in tutti i modi di non dare di matto piangendo come un poppante. «Comunque sia, puoi stare tranquillo. Megan non lavora più qui. Ha dato le dimissioni ieri sera.»

Alex increspò la fronte. Non avrebbe ritenuto quella donna capace di arrivare a tanto, avendo sempre pensato che fosse un'arrivista senza scrupoli. «Almeno una cosa giusta l'ha fatta», commentò, esultando mentalmente.

Gilberto fece una smorfia. «Ha sempre amato quel Malcom Stone

«Lo stesso Malcom che lei ha infangato per ripicca o chissà cosa tre anni fa? Dio, quella storia ha fatto il giro del mondo.»

«Proprio così. Ma conosci la canzone di Venditti, no? Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano. Be', qualcosa mi dice che quei due si rivedranno molto presto. Anzi, nutro persino il sospetto che si siano già sentiti per telefono. E io non ho certo intenzione di restarmene qui a guardare. Preparerò le carte del divorzio e tornerò alla mia vita. O almeno ci proverò.»

Alex gli diede una pacca sulla spalla in segno di conforto. «Un nuovo inizio ti attende, Gil. Ne sono sicuro. Fidati, non rimarrai solo troppo a lungo.»

«Temo invece che, amicizie a parte, restare da solo sia l'unica cosa di cui ho più bisogno in questo periodo così buio», replicò l'altro accendendosi una sigaretta seduta stante, sperando in sordina che la disperazione non riprendesse il sopravvento.

   
 
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