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Autore: Fiamma Drakon    07/09/2009    1 recensioni
Siamo due ora, ma in origine fummo un’unica cosa... Era una triste notte temporalesca quando, per errore, venne alla luce.
Una disperata lotta contro il tempo, i vizi e le virtù dell’animo umano per scampare all'irrevocabile punizione finale.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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10_Ora fatale
~ · When the time arrives, the death is inevitable... almost · ~
Fiamma avvertiva dolore.
Un dolore profondo, insito in ogni sua membra, ogni sua fibra muscolare, del quale non riusciva a capire la natura né il perché: per quanto avesse sofferto prima, durante la sua lunga prigionia nelle tenebre, mai era arrivata a patire un’agonia così straziante, tale da farle rigettare onde di sangue.
E, nonostante fosse molto debole, non riusciva ad arrendersi alla stanchezza e ancora cercava di capire, di sforzarsi di comprendere anche solo in minima parte la motivazione di tutto ciò che, caotico, le turbinava nell’animo.
Avvertiva nuovamente quelle ondate, alterne ma frequenti, di emozioni contraddittorie,  insite nel profondo del suo animo, come il suo dolore.
La testa le pulsava dolorosamente, quasi volesse scoppiare da un momento all’altro e ciò non le permetteva di ragionare in modo completamente lucido.
Ma perché le stava accadendo tutto ciò? Perché ora iniziava a percepire sentimenti buoni, anziché solo ed esclusivamente maligni?
Se ne stava distesa sul letto, così come William ve l’aveva adagiata qualche ora prima, mentre lui le faceva da guardia lì accanto, in viso dipinta un’espressione che esprimeva molto meglio di qualsiasi parola il suo angoscioso stato d’animo.
Timidamente le carezzò la guancia, percorrendole lo zigomo con un dito, sfiorandola delicatamente, quasi avesse timore che si rompesse, come una bambola di porcellana: in quel momento, la sua pelle aveva assunto il medesimo pallore della porcellana, sulla quale spiccava vividamente il rosso che, in silenziosi rivoli, ancora le scivolava fuori dalle labbra, senza accennare a smettere.
- Perché questo sangue? Che cosa ti sta accadendo? - domandò William preoccupato, fissandola negli occhi dolcemente.
Fiamma socchiuse faticosamente gli occhi, scuotendo il capo come a dire che non ne sapeva niente neppure lei di tutto ciò, poi richiuse le palpebre, che non riusciva più a tenere aperte per il troppo dispendio d’energie che richiedeva tale gesto.
Anche cercare di rilassarsi e abbandonarsi al dolore era impossibile: le emozioni negative che avvertiva intense nel suo inconscio la mettevano in agitazione e ciò non le permetteva altro che non fosse rimanere lì, succube di una sofferenza per lei del tutto immotivata.
Una lacrima, anch’essa di sangue, traboccò dai suoi occhi carichi di dolore.
Ma io... che cosa ci faccio ancora al mondo...?

Emily correva.
Il “magnete” che si era improvvisamente attivato dentro di lei la spingeva ad andare ancora avanti, senza fermarsi, senza preoccuparsi del sangue che a fiotti piccoli ma continui traboccava dai suoi occhi, simili a lacrime rosse.
Qual era la forza che le dava le energie necessarie a mettere un piede innanzi all’altro non lo sapeva dire con certezza: tutto ciò che sapeva era che quella forza, forse, sarebbe riuscita ad aiutarla dove la sua volontà aveva fallito.
Ormai, nonostante lei stessa provasse ripugnanza verso quel pensiero, era succube del desiderio di vivere e ciò non era dettato dalla volontà di sopravvivenza, quanto più dalla parte maligna che si stava lentamente risvegliando dentro di lei.
E forse era proprio quella la forza che la spingeva avanti.
Che cosa non avrebbe fatto pur di sopravvivere?
Quello era stato e, molto probabilmente, era tutt’ora uno dei pensieri dei quali Fiamma era satura: pensieri puramente carnali, senza moralità.
Rappresentava i vizi dello spirito: di che ci si doveva sorprendere?
Non erano forse gli umani più attaccati alle cose terrene quelli disposti a sacrificare tutto quanto pur di sopravvivere?
E quei desideri, che fino a qualche giorno prima lei aveva pensato con disgusto, ora si erano stabilmente insediati nel suo inconscio, minando la purezza e la fragile stabilità guadagnate con la scissione.
Ma ormai, ciò che era non sarebbe più stato, se non si affrettava a raggiungere Fiamma.
Accelerò ancora, ignorando gli spasimi dei suoi muscoli che iniziavano a dolere ed il respiro affannoso, guardando dritto dinanzi a sé: stava per addentrarsi nella periferia di una città.
E in quella città, il “magnete” aveva percepito la presenza di Fiamma.

Se tutta la mia esistenza non deve essere altro che pura sofferenza, allora... che cosa ci faccio ancora qui? Perché non farla finita, risparmiarmi altro dolore?
Io sono nata per soffrire.
Sono la parte destinata a soffrire fino alla fine dei suoi giorni, perché nessuno mai mi tenderà la mano.
Perché ostinarsi a vivere? Perché lasciarmi in vita?
Io... non potrò mai provare la felicità dell’amore...

Emily saettava per le strade a velocità forsennata, guardandosi freneticamente intorno pur sapendo che Fiamma si trovava più in là, nel vivo dell’abitato.
Correva e correva, senza fermarsi, presa dalla disperazione dell’essere a conoscenza che ormai la fine era prossima a sopraggiungere.
Il sangue che fuoriusciva dai lati dei suoi occhi iniziava a macchiare del suo vivo colore anche i ciuffi biondi che si muovevano attorno alle guance, smossi dal vento.
All’improvviso captò in sé una nuova energia che la spinse ad accelerare ancora.
Il “magnete” allora puntò verso un edificio poco distante da lei, verso cui si diresse senza neppure rendersene conto, presa da una subdola eccitazione per aver ritrovato finalmente l’altra sua metà.
Aprì la porta con una spinta, capitombolando all’interno, quindi si rialzò immediatamente e corse attraverso il corridoio dalla parte opposta della stanza, aprendo l’uscio in fondo con foga.
- FIAMMAAA!!!! - gridò con quanto fiato aveva in gola, ma si fermò osservando la scena all’interno: Fiamma era pallidissima ed il suo viso era più scarno e coperto di sangue che fuoriusciva dalla bocca, dagli occhi, dal naso.
Vicino a lei, un ragazzo, chino sul suo corpo, apparentemente preoccupato oltremisura.
Quest’ultimo si era voltato verso la nuova venuta e la scrutava con sorpresa e allarme.
- Che cosa ci fa lei qui?! - esclamò, indignato, ma Emily non gli prestò ascolto: ormai mancava meno di un’ora al tramonto.
Doveva far presto.
Corse al fianco di Fiamma e si chinò accanto a lei.
- Fiamma! Fiamma, sono io. Emily. Dobbiamo riunirci subito, altrimenti al tramonto moriremo! - spiegò in tono concitato, prendendole una mano.
La rossa volse appena il capo verso di lei, sollevando le palpebre.
Schiuse le labbra lentamente e ne traboccò altro sangue.
Tossicchiò, ma riprese quel suo miserevole tentativo di parlare.
- Se... se ci... riuniamo... smetterò di... soffrire? - chiese, esitante, con voce rauca.
Emily annuì con vigore.
- Sì... te lo prometto... - mormorò.
Fiamma sorrise, mite, prima che un biancore perlaceo le avvolgesse completamente e, distesa sul letto, dinanzi a William, ricomparve la creatura artificiale originaria, completa di vizi e virtù.
Il ragazzo era sbigottito.
Lei si alzò e mosse qualche passo: era tornata in salute e, cosa ancora più importante, era nuovamente completa.
- C-che cosa...? - esordì titubante William.
- Grazie... per esserti preso cura di me... adesso devo andare... addio - disse la ragazza.
- A-aspetta... qual è il tuo nome? - le chiese ancora il ragazzo.
- Io? - lei s’interruppe un istante, ridendo sommessamente - Io sono Fiamma. Fiamma Drakon. Quella vera -.
Detto ciò corse verso la finestra e saltò oltre il davanzale, sparendo alla vista.
Quando lui si sporse, di lei non c’era traccia in strada.
Vagare come un’ombra eterna sulla Terra, questo era il suo destino.
Eterna e sola, ma ormai di ciò non soffriva più, perché era tornata ad essere di nuovo un’unica identità, era tornata ad essere l’unica ed indivisibile Fiamma Drakon.
Per sempre.
   
 
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