Cap. 4
L'aria
fresca fuori dal locale, in
effetti, lo aiutò a riprendersi parzialmente dallo strano
torpore che lo aveva
preso all'interno del bar e, per qualche centinaio di iarde, Sthiggar
camminò
sul ciglio della strada senza particolari problemi.
Quando,
però, svoltò per raggiungere il
parco cittadino - doveva aveva deciso di fermarsi e godere del profumo
dei
fiori notturni -, i suoi piedi incespicarono malamente,
caracollò per qualche passo
e, infine, sbatté il grugno contro un torace ampio e freddo.
Subito,
Sthiggar levò il capo per
scusarsi ma, quando incrociò gli occhi di ghiaccio di uno
jotun, ogni desiderio
di chiedere venia venne meno e, digrignando i denti nel notare le armi
appese
alla cintola dell'uomo del gelo, ringhiò: "E' vietato, per
gli stranieri,
girare armati per la Capitale, non lo sai?!"
"Ma
davvero... Sthiggar?"
ghignò lo jotun, sorprendendolo non poco.
Sgranando
gli occhi color del cielo, il
giovane muspell esalò confuso: "Come puoi sapere il mio
nome?!"
"Ma come?
Non sei contento che il
tuo nome sia conosciuto anche in altri Regni? Non è questo
che volevi?" ciangottò
una voce querula alle sue spalle.
Sthiggar si
volse a mezzo per capire chi
si fosse rivolto a lui con quel tono derisorio ma, prima ancora di
poter
incrociare lo sguardo con il suo secondo interlocutore, un colpo ben
assestato
alla nuca lo mandò al tappeto.
Prima di
svenire, picchiò con violenza
il volto sul selciato e, mentre i suoi sensi andavano svanendo,
udì la risata
del secondo uomo che lo aveva interpellato mentre chiosava: "Bene! Una
scocciatura in meno a cui pensare. Finalmente potrò
liberarmi di te una volta
per tutte."
Sthigg
tentò con tutte le sue forze di
riprendersi, di costringere il suo corpo a non cedere al torpore ma,
prima
ancora di poter aprire bocca per rabberciare il suo assalitore,
l'oscurità lo
avvolse e per lui non esistette più nulla.
***
Aveva
dolore in ogni parte del corpo e
sentiva qualcosa di appiccicoso all'altezza dell'occhio, di cui
però non
riusciva a comprendere la natura.
Con un
grugnito e una spinta di mani,
Sthiggar cercò quindi di mettersi a sedere -
perché era sdraiato a terra? - e,
quando riuscì finalmente a sollevare le palpebre, scorse
un'enorme camera
attorno a sé, offuscata da una colata di sangue sul suo viso.
Tergendoselo
a fatica con una mano
mentre, con movenze lente e controllate, si sedeva sul pavimento,
Sthiggar mise
maggiormente a fuoco ciò che lo circondava e, quando
finalmente ne comprese la
natura, imprecò tra sé.
La chiglia
enorme e splendente di
Naglfar si stagliava dinanzi a lui come una lama dorata slanciata verso
le
vetrate blindate, imponente e maestosa nei suoi ottanta metri di
lunghezza e
apparentemente pronta alla battaglia. Pur se sistemata su scivoli di
legno e
rinchiusa in un palazzo protetto da incantesimi e guerrieri in armi,
incuteva
tutto il timore che gli ancestrali racconti decantavano su di lei.
Quel
particolare gli mozzò il fiato,
portandolo a guardarsi intorno con espressione preoccupata – dov’erano i soldati preposti alla difesa
di
Naglfar?! – ma, non appena vide ciò che
si trovava a poca distanza da lui,
imprecò.
Due guardie
cittadine erano stese a terra
- apparentemente morte - con la gola tagliata di netto, annegati in un
lago di
sangue.
"Ma cosa
diamine..." borbottò
Sthiggar, rimettendosi a fatica in piedi prima di udire un tintinnio
inconsueto
in corrispondenza dei suoi piedi.
Immediatamente,
i suoi occhi cercarono
la fonte di quell'insolito suono ma, quando vide accanto agli stivali
la gemma
di volta del timone di Naglfar, la sua confusione raggiunse le stelle,
ben
presto sostituita da un autentico panico.
Che ci
faceva, lì, quel rubino maestoso
e dai poteri incommensurabili?!
"Non un
passo, Sthiggar"
ringhiò una voce alle sue spalle, raggelandolo sul posto.
Levando
lentamente le mani, Sthigg si
volse poco alla volta per incrociare lo sguardo della cugina
– avrebbe
riconosciuto la sua voce tra mille persone – che, ai limiti
del pianto e con la
morte nel cuore, aggiunse: "Stavolta hai davvero passato il segno."
"Ascolta,
Hildur, io..." tentò
di dire Sthiggar, subito fermato dal gesto imperioso della mano della
cugina.
"Non una
parola di più" gli
ordinò lei, furiosa. "Ci hanno avvisato di alcuni disordini
nei pressi
delle Sacre Stanze dei Cimeli, così siamo intervenuti... ma
mai, mai avrei
pensato che la tua follia si potesse spingere a tanto."
Scuotendo
il capo mentre un paio di
Fiamme Nere mettevano i ceppi a un confuso Sthiggar, Hildur si
avvicinò al
cugino per recuperare il rubino che ancora si trovava a terra
dopodiché, con
sguardo addolorato, puntò gli occhi sui soldati morti e
sibilò: "Stavolta,
neppure il re potrà salvarti. A nessuno è
concesso toccare le Sacre Reliquie...
e tu hai rubato l'Occhio di Muspell! Che
diamine ti è
saltato in mente, Sthiggar?!"
"Pensi
davvero che possa essere
stato io a compiere un simile scempio? Mi credi dunque un tale mostro?"
replicò ferito il cugino, sconvolto all’idea che
la cugina potesse pensare
questo, di lui, nonostante in apparenza le prove dicessero proprio questo.
"Maledizione,
Sthiggar! Guarda la
tua lama!" sbraitò a quel punto Hildur, indicando la spada
del cugino, che
giaceva abbandonata a terra... ricoperta da sangue
rosso e corposo.
Sthigg
dilatò ulteriormente gli occhi
fino a farsi male e, boccheggiando, mormorò: "Non... non
ricordo... non
ricordo affatto di averlo fatto,
Hildur. Davvero!"
"Puzzi
d'alcool come un qualsiasi
beone di città, Sthigg" ringhiò furente Nanaok,
una delle Fiamme Nere che
lo stava trattenendo per i ceppi. "Chi mi dice che il vino non ti ha
dato
alla testa, e hai pensato bene di rivivere i buoni, vecchi tempi in cui
ti
cacciavi nei guai per una qualsiasi scemenza?"
"Mi hanno
rovesciato addosso del
vino, la notte scorsa" protestò Sthiggar mentre, di
malagrazia, veniva
trascinato via dalle Sacre Stanze dei Cimeli.
"Raccontala
a qualcun altro"
ironizzò una terza Fiamma Nera, mentre Hildur rimaneva al
suo fianco in un pesante,
straziante silenzio.
"Provate a
chiedere al bar che si
trova vicino alla Stazione di Posta. Sono stato lì, ieri
notte, e una cameriera
mi ha rovesciato addosso una brocca. Se lo ricorderà di
sicuro!" protestò
a quel punto Sthiggar.
Una lama
interruppe qualsiasi sua
protesta, andando a posarsi minacciosa sul suo collo. La terza Fiamma
Nera -
Ryka - gli intimò: "Non una parola di più,
Sthiggar, figlio di Snorri. Non
mi interessa nulla se sei nipote di Sól e figlio del Gran
Sacerdote. Per me
potresti anche essere il figlio del re, ma ti abbiamo trovato qui
dentro con
gli abiti sporchi di sangue e alcool, la tua arma a terra e l'Occhio di
Muspell
nelle tue mani. Cos'altro vorresti raccontarci per evitare la
verità dei fatti,
e cioè che sei solo uno sporco bugiardo con una mente
malata?!"
"Hildur..."
mormorò a quel
punto Sthiggar, lanciando un'occhiata dolente alla cugina.
Lei
sospirò, accettò quello sguardo addolorato
e sì, innocente, e domandò: "Com'era, quella
cameriera?"
Colto da un
moto di speranza, lui gliela
descrisse con dovizia di particolari ma, prima di poterla ringraziare,
le sentì
dire: "Voi conducetelo dal re. Io controllerò la
veridicità delle sue
parole, dopodiché verrò a palazzo."
"Dovrebbe
andare uno di noi. Tu
potresti essere tentata di coprirlo" replicò caustico Ryka,
fissando la
sua superiore con aria torva.
Hildur, per
tutta risposta, gli puntò la
daga contro il torace e ribatté: "Io sono una Fiamma Nera,
insignita a
questo ruolo dallo stesso re Surtr. Nulla è più
importante, per me, della
difesa del sovrano, e nulla mi impedirà di portare a termine
il mio compito.
Neppure mio cugino. Quindi, ora taci e fai come ti è stato
ordinato, oppure
leva la tua spada e combatti con me."
Ciò
detto, lanciò un'occhiata furente
all'indirizzo di Sthiggar, allontanandosi in fretta dalla Sala dei
Cimeli
soltanto quando Rika ebbe reclinato obbediente il capo.
"Coraggio.
Andiamo. Hai già creato
abbastanza problemi a noi e a tua cugina. Non crearne altri"
borbottò
Nanaok, sospingendolo verso la porta che conduceva all'esterno. "La
morte
di due soldati ti dovrebbe costare il carcere a vita, ma io spero che
il re ti
tagli la testa. Così, per lo meno, non infastidirai
più Hildur con le tue
cazzate."
Sthiggar
non replicò alle sue parole e
si lasciò guidare fuori dal salone senza più
provare a opporre resistenza. Lì,
venne issato a bordo di una delle bighe volanti delle Fiamme Nere e,
mentre si
dirigevano a tutta velocità verso l'imponente palazzo di
Surtr, Sthigg tentò
con tutto se stesso di rammentare quel che la sua mente si ostinava a
non
mostrargli.
Non
ricordava nulla di quanto era
accaduto al di fuori del bar. Rammentava a malapena di aver salutato...
come si
chiamava l'uomo con cui aveva dialogato quella sera? Perché
non riusciva a
riportarlo a galla dalla sua memoria confusa?
Mentre la
biga si avvicinava sempre più
al Palazzo Reale, Sthiggar cominciò seriamente a
preoccuparsi quando, nel
ripensare alle stranezze della sera precedente, si rese conto di non
rammentare
quasi più nulla.
Era mai
possibile che il colpo che aveva
ricevuto alla testa - chi glielo aveva dato, tra l'altro? - gli avesse
fatto
dimenticare gli eventi di quella notte?
Aveva
realmente perso il controllo di se
stesso e ucciso due persone innocenti, e tutto
perché... perché si
era diretto proprio alla Sala dei Cimeli? Perché?!
Con quelle
domande senza risposta,
Sthiggar venne infine condotto all'interno del palazzo, dove fervevano
i lavori
di preparazione dell’immane festa che, da lì a un
paio di mesi, avrebbe visto
giungere invitati da ogni Regno.
Né
lo splendore delle sete e dei
drappeggi, né l’opulenza dei quadri e degli
affreschi appesi alle pareti,
catturò per un istente l’attenzione di Sthiggar,
che ancora stava chiedendosi
perché fosse finito in quel guaio colossale.
Suo padre
non sarebbe sopravvissuto a
quell'ennesima bravata. Aveva appena condannato a morte il suo unico
genitore
rimasto, e per una cosa che non ricordava neppure di aver commesso.
Quando
infine raggiunse le porte della
Sala Reale assieme alle due Fiamme Nere, e il paggio ne
ufficializzò l'entrata,
Sthiggar si perse in un dejà-vu di cinquant'anni addietro
quando, spavaldo e
sfrontato, aveva affrontato il re a testa alta pur sapendo di essere
nei guai.
E sapendo di essersi cacciato in un pasticcio per sua colpa e suo dolo.
Questa
volta, però, non ricordava
affatto di aver commesso alcunché, eppure i reati di cui era
accusato erano ben
più che reali e avrebbero potuto davvero costargli la testa.
Nel
bloccare i propri passi di fronte
alle scale che conducevano al palco reale, Sthiggar levò il
capo a scrutare il
volto furioso - e fumante - del re che, picchiando un pugno sul
bracciolo del
trono marmoreo, bestemmiò un insulto prima di urlare:
"Perché diamine devo
vedere la tua brutta faccia di primo mattino, Sthiggar?! Perché?!"
Il giovane
reclinò il capo, i fulvi
capelli a coprire la vergogna di non sapere cosa dire al proprio
sovrano.
Questo
colpì immediatamente il re –
assolutamente non pronto a vedere uno Sthiggar remissivo e confuso
– che, ora più
calmo, aggiunse: "Parlate, Fiamme Nere, e siate precise
nell’esposizione
dei fatti."
Nanaok
prese la parola per primo e disse
con voce sicura: "Ci hanno chiamato a causa di rumori sospetti nei
pressi
delle Sacre Sale dei Cimeli e, quando siamo sopraggiunti, abbiamo
trovato due
guardie a terra, morte, e lui, sanguinante e con l'Occhio di Muspell ai
piedi.
E' evidente come Sthiggar volesse compiere l'atto finale della sua
condanna,
con questo colpo di testa."
Surtr
grugnì una parola intelligibile
prima di ordinare lapidario: "Lascia i tuoi giudizi personali per un
altro
momento, Fiamma Nera. Limitati ai fatti."
Annuendo
rigido, irritato per essere
stato richiamato all’ordine, Nanaok lasciò la
parola a Ryka, che aggiunse:
"Ciò che Nanaok vi ha riportato è vero, sire.
Abbiamo trovato Sthiggar
nella grande sala di Naglfar, con il rubino a portata di mano e la sua
spada a
terra, ancora sanguinante, mentre lui si riprendeva dallo scontro avuto
con un
paio di guardie."
"Un'altra
supposizione, visto che
nessuno di voi due era presente per dire che vi sia stato uno scontro
che ha
visto contrapposti il qui presente ragazzo e le due guardie morte. O mi
sbaglio? Alla terza ipotesi non suffragata da prove, darò di
matto"
ringhiò Surtr, fissando le Fiamme Nere con aria iraconda
prima di rivolgersi a
Sthiggar e domandare: "Cos'hai da dire a tua discolpa, ragazzo?"
"Non
rammento di aver fatto nulla
di ciò di cui vengo accusato, ma non posso negare di essere
stato trovato dove
le due Fiamme Nere hanno detto, né che la mia spada fosse
lorda di sangue.
Quanto al rubino, non so davvero cosa ci facesse ai miei piedi" ammise
Sthiggar con tono sconfitto.
Ancora,
Surtr si sorprese di quel
comportamento stranamente remissivo, davvero insolito per un ragazzo
sanguigno
come Sthiggar e, dubbioso, asserì: "Il tuo comandante mi ha
portato un
resoconto preciso di ogni uomo che ha avuto al suo comando in questi
cinquant'anni,
compreso il tuo e mai, neppure una volta, ha annotato nei tuoi
confronti
comportamenti sfrontati o ai limiti della follia. Certo, ci sono state
risse…
ma quando mai non ve ne sono, tra uomini confinati in una caserma per
così
tanto tempo? E' dunque questa città a metterti le fregole
addosso, ragazzo,
portandoti a impazzire?"
"Non ho
risposte da darvi, mio
sire. Posso solo dire di non rammentare nulla di ciò che
è accaduto da quando
ho lasciato il bar dove ho desinato la scorsa notte" si
limitò a dire
Sthiggar, levando finalmente lo sguardo per incrociare quello del re.
A sorpresa,
Sthiggar notò solo una
profonda confusione negli occhi color granato del sovrano, oltre a una
chiara
domanda a lui rivolta. Veramente si era macchiato di simili colpe?
Il giovane
muspell, però, non poté
rispondergli poiché neppure lui era in possesso di quella
verità.
In quel
mentre, Hildur fece il suo ingresso
nella Sala Reale e, dopo essersi inchinata al sovrano, mise al corrente
i
presenti di quanto aveva scoperto.
"Mi sono
recata al bar indicatomi
da Sthiggar per chiedere informazioni in merito alle sue affermazioni,
ma
l'oste mi ha confermato che nessuna donna bruna lavora nel suo locale.
Rammenta
però Sthiggar, seduto al tavolo con un mercante straniero
per almeno un'ora,
oltre alla sua uscita dal locale intorno all'ora undicesima."
Accigliandosi,
Surtr borbottò:
"Ieri sera la città brulicava di turisti provenienti da ogni
dove... come
può ricordarselo?"
"Dice di
ricordarsi di lui perché è
raro che una Fiamma Purpurea scelga di fermarsi nel suo locale dove, di
solito,
gli avventori sono in gran parte commercianti e portuali"
dichiarò Hildur,
atona.
"Ricordi
chi fosse
quell'uomo?" domandò allora il re, rivolgendosi a Sthiggar.
"Rammento
soltanto che era un
forestiero proveniente dalle terre del Sud ma, quanto al resto, ho un
vuoto
totale nella mente" sospirò Sthiggar prima di aggiungere:
"Non posso
difendermi in alcun modo dalle accuse che mi vengono mosse, sire,
perché non
rammento nulla di ciò che è accaduto. Speravo che
almeno la cameriera potesse
parlare per me ma, a quanto pare, me la sono solo sognata."
Surtr si
accigliò non poco, a quelle
ultime parole e, nello stringere le mani dietro la schiena,
dichiarò: "Non
comminerò mai una condanna a morte senza prova alcuna di
colpevolezza certa nei
tuoi confronti. D'altro canto, sei stato trovato in un luogo in cui non
dovevi
essere, in possesso di una pietra che non dovevi avere e accanto a due
uomini
che non avrebbero dovuto morire. Non posso passare sopra a tutto
questo."
"Ne sono
consapevole, sire"
assentì Sthiggar, tornando a reclinare il capo.
"Sarai
perciò bandito dal regno e
confinato su Midhgardr fino a data da destinarsi. Ti sarà
precluso il rientro
su Muspellheimr fino a mio nuovo ordine e, se infrangerai i confini
della tua
prigione terrestre, allora ti depriverò della testa,
Sthiggar" decretò a
quel punto il sovrano, irrigidendosi in volto.
Il giovane
assentì muto e il re, nel
rivolgersi a Nanaok e Ryka, aggiunse: "Conducetelo nelle celle del
palazzo
finché non appronterò il suo trasferimento.
Hildur, tu rimani."
Mentre le
Fiamme Nere conducevano fuori
dalla Sala Reale un silenzioso Sthiggar, il re lanciò uno
sguardo turbato
all'indirizzo di Hildur e ammise: "Questa faccenda non mi quadra per
nulla."
"Posso dire
molte cose di mio
cugino, ma non che è un assassino a sangue freddo"
assentì torva la donna.
"L'oste mi ha confermato che Sthiggar si è assentato per
qualche minuto
dal tavolo, durante la serata. Lo ha incrociato mentre lui tornava dal
magazzino, e Sthiggar entrava nei bagni del locale. Ha notato che la
sua tunica
era bagnata, ma non ha saputo dirmi altro."
"Trovo
strano che il ragazzo
ricordi poco o nulla, di quella notte. Ha sempre retto bene
l’alcol, perciò non
può essere stato questo a obnubilargli la mente. Inoltre,
l'ho guardato negli
occhi, e non mentiva. Quel ragazzo può essere ciò
che vogliamo, ma non mente mai.
Sthiggar non sa davvero ciò
che è successo" sospirò Surtr, scuotendo turbato
il capo.
"C'è
un'altra cosa, sire. Le guardie
trovate morte nella sala di Naglfar non
erano le Fiamme
Dorate preposte al controllo dei Cimeli, ma due guardie cittadine del
Porto
Commerciale. La loro presenza accanto a Sthiggar, quanto nella Sala dei
Cimeli,
non ha alcun senso" mormorò roca Hildur.
Accigliandosi
ulteriormente, Surtr
borbottò: "Le Sacre Sale dei Cimeli si trovano nei paraggi
del porto,
perciò potrebbero aver visto Sthiggar e averlo seguito
mentre entrava nella
sala di Niglfar... ma hai ragione, qualcosa non torna. Avrebbero dovuto
esserci
le Fiamme Dorate, dinanzi a quelle sale. Dove accidentaccio erano, in
quel
momento?!"
"Ho mandato una
Fiamma Nera a
interrogare chi era di turno ieri notte e, nel giro di mezza giornata,
dovremmo
sapere qualcosa di più" lo informò Hildur.
"Per come stanno le cose, comunque,
non posso
impedirmi di punirlo, oppure scatenerei le ire dei genitori delle
guardie
assassinate, oltre alle noiosissime domande del mio Consiglio Reale.
Già odiano
quando prendo decisioni sommarie, figurarsi se lasciassi Sthiggar fuori
dalla
galera, con prove circostanziali così pesanti a suo carico"
sospirò a quel
punto Surtr, passandosi una mano sul volto irritato.
"Essere sovrano non è
facile, al momento"
chiosò Hildur.
"Da quando si è votato
per un regno
democratico?" ironizzò Surtr, dandole ragione. "Per niente. Vorrei tornare ai bei vecchi
tempi quando ero solo io a
decidere e, se mi andava di staccare una testa, non dovevo renderne
conto a
nessuno, ma sai... le mire repubblicane di certe frange del mio popolo
mi hanno
costretto a un leggero cambio di rotta. Checché se ne pensi,
non sono un
guerrafondaio e non mi andrebbe di dover sedare una rivolta col sangue,
perciò
ho acconsentito a creare un Consiglio Reale di nobili che rappresentino
i vari
Continenti di Muspellheimr e che, di quando in quando, mi ricordo di
interpellare per creare nuove leggi."
Hildur sorrise leggermente, di
fronte al suo tono
ironico ma, con voce roca e stanca, disse: "Se me lo consentirete,
proseguirò nelle indagini per conto mio. Credo sia un fatto
che vada
chiarito."
"Hai il mio permesso. Se qualcuno
ha pensato di
togliere di mezzo Sthiggar, rischiando che finisse persino sulla forca,
ci deve
essere un motivo, e io voglio saperlo. Detesto essere manipolato,
né amo
particolarmente comminare condanne a chi mi piace."
Sospirando, Surtr si
grattò una guancia prima di
guardare Hildur, riprendere la parola e domandare: "Il ragazzo ti ha
detto
di aver sviluppato Fiamme Naturali?"
"Sì, me l'ha accennato.
Ha ammesso di aver perso
la testa, quando ha visto Kyddhar morire, ma che il comandante Yothan
lo ha
aiutato a mantenerne il controllo."
Surtr assentì e, con un
sospiro, disse: "Mia cognata
è ancora inconsolabile, a causa della morte di Kyddhar, ma
è stata lieta di
sapere che è stato degnamente vendicato. Quanto a Mikell,
gli dèi soli sanno
cosa stia passando per la testa di mio cognato. E’ diventato
ombroso e
taciturno, e non parla neppure con Ilya di ciò che
è accaduto.”
“Sono eventi difficili da
assimilare” convenne Hildur.
“Ma possono accadere,
malgrado tutto. Kyddhar lo
sapeva, quando decise di arruolarsi contro il volere paterno ma, a
quanto pare,
Mikell non è tutt’ora di questo parere”
sospirò Surtr prima di aggiungere: “Yothan
ha scritto sul fascicolo di Sthiggar che il ragazzo è
maturato molto e che, tra
alcuni suoi commilitoni, c'è chi lo vede come un leader
nato. Il punto, però, è
un altro."
Accigliandosi leggermente, Hildur
domandò: "Solo alcuni,
eh? E gli altri?"
"Cosa porta il potere?"
replicò sardonico il
re.
"Gelosie" assentì
Hildur, torva in viso.
"Indagherò anche su questa pista e cercherò di
essere discreta. Se
veramente lo hanno incastrato e, per farlo, hanno ucciso due persone
incolpevoli, deve trattarsi di qualcuno davvero senza scrupoli, e
pronto a
tutto per farla pagare a Sthiggar."
Il sovrano annuì e,
torvo in viso, mormorò:
"Forse, dopotutto, questa reclusione terrà il ragazzo al
sicuro."
"Può darsi... anche se
lui non la vedrà così. Era
davvero confuso e addolorato, quando lo abbiamo portato qui"
dichiarò
Hildur con tono fiacco.
"Parla con Snorri. Rassicuralo. Non
voglio che
pensi che suo figlio sia veramente colpevole" si premurò di
dire Surtr.
"La Corte, però, deve pensarlo perché, se
è chiaro a entrambi che la
faccenda è ben lungi dall'essere stata chiarita,
è altrettanto evidente che, se
Sthiggar rimarrà nei paraggi, qualcuno tenterà in
altro modo di toglierlo di
mezzo. Stavolta, forse, agendo più direttamente e
piantandogli un coltello nel
cuore."
"Siete certo della sua innocenza"
disse
Hildur con tono fermo.
"Ragazza, io mi fido di
ciò che vedo, e Sthiggar
non è capace di mentire. Può essere un fanfarone,
ma non mente mai. Lo sai tu
come lo so io e, visto che non vogliamo che qualcuno gli faccia del
male,
dovremo comportarci di conseguenza."
"Sì, sire."
Sbuffando, Surtr
borbottò: "Vorrei davvero capire
cosa sta succedendo. Odio i segreti!"
Hildur sorrise comprensiva e, dopo
essersi congedata,
utilizzò la sua biga alata per raggiungere le colline della
Capitale e, da lì,
la casa dello zio.
Trovandolo ancora in loco, lo
pregò di accomodarsi in
salotto e lì, con tono accorato e dolente, gli
spiegò cosa fosse successo e
cosa, in gran segreto, il re le avesse detto di fare.
Sottolineò
più e più volte l'innocenza di Sthiggar e
lo pregò di non lasciarsi andare allo sconforto
dopodiché, assieme allo zio,
scelse abiti adatti a poter essere utilizzati anche su Midghardr,
dopodiché
preparò un borsone per il cugino e tornò a
palazzo.
Lì, si fece accompagnare
fino alle celle di
detenzione, dove trovò ancora i suoi due colleghi impegnati
a piantonare il
prigioniero.
Prigioniero che, a capo chino e
deprivato di armi e
gradi militari, sembrava essere ormai divenuto l'ombra di se stesso.
"Lasciateci soli. Devo conferire in
privato con
mio cugino" ordinò Hildur, lanciando occhiate significative
ai suoi sottoposti.
Nanaok e Ryka si allontanarono
obbedienti e la donna,
dopo aver aperto la cella, vi entrò e poggiò il
borsone ai piedi di Sthiggar.
Ciò fatto, si
lasciò andare sulla panca accanto a
quella del cugino e disse: "Il re e io siamo convinti che tu non menta,
cugino. Qualcuno ti vuole lontano da qui. Fuori dai piedi e,
possibilmente,
rovinato a vita."
Sthiggar levò il capo
con chiara sorpresa e Hildur,
nel dargli una pacca sulla spalla, aggiunse: "Non sei mai stato un
bugiardo, Sthigg. Uno sbruffone, forse, uno che amava aggirare le
regole, ma
non un mentitore, né tanto meno un assassino a sangue
freddo. Inoltre, è strano
che tu non ricordi affatto ciò
che è successo ieri notte.
Sei un problema per qualcuno, ma hanno avuto paura di ucciderti.
Perché?"
"A me, lo chiedi?"
sospirò il cugino,
scrollando le spalle.
"Forse temevano la tua discendenza.
Chissà. Fatto
sta che tu sei vivo, mentre due guardie no, e persone che pensano di
poter
uccidere così gratuitamente, e al solo scopo di allontanarti
da Muspellheimr,
hanno qualcosa di grosso in mente. Qualcosa di grosso e pericoloso."
"Lo hai detto a papà?"
domandò turbato il
giovane.
"E' informato, non temere. Il re
voleva che
Snorri lo sapesse da me" lo rassicurò Hildur.
"Indagherò, e..."
"No" sottolineò subito
Sthiggar, lapidario.
Hildur sobbalzò per la
sorpresa, già pronta a
ribattere, ma Sthiggar le prese una mano e aggiunse: "Se hanno ucciso
senza scrupoli pur di tenermi lontano da qui, non esiteranno a farti
del male,
se scopriranno che stai indagando su chiunque mi voglia fuori da
Muspellheimr.
Non voglio che tu rischi così per me."
"Sei mio cugino. E il re me l'ha
ordinato"
replicò con semplicità la donna. "Copriti bene,
su Midghard, perché fa un
freddo assurdo ma, soprattutto, abbi la certezza che io
scoprirò cosa sta
succedendo e riabiliterò il tuo nome."
"Pensa prima di tutto alla tua
sicurezza. Non potrei
vivere più, se sapessi che sei morta a causa mia"
mormorò Sthiggar,
abbracciando con calore Hildur.
La donna assentì per
rassicurarlo, pur se era più che
pronta a fare di testa sua per riabilitare il nome del cugino, gli
baciò una
guancia dopodiché, nell'alzarsi, disse: "Vieni. Il re
avrà ormai pronti i
documenti per poterti inviare alle prigioni di Midghardr,
perciò rimarremo
insieme ancora per un po'."
A Sthiggar non rimase che assentire
e, preso con sé il
suo bagaglio, si accodò - con le mani legate - alla cugina,
ormai pronto ad
affrontare la sua condanna e ciò che ne sarebbe venuto.
N.d.A.: La faccenda si complica velocemente e, per Sthiggar, diventa davvero difficile cavarsi dall'impiccio, stavolta. Inoltre, non ricordando nulla di ciò che è avvenuto, non sa se credere alla ricostruzione delle Fiamme Nere, e dichiararsi colpevole, o credere ancora in se stesso e nella sua buona fede.
Che accadrà a questo punto, e cosa potrà fare Hildur per salvarlo?