Storie originali > Soprannaturale > Licantropi
Segui la storia  |       
Autore: Mary P_Stark    13/05/2022    1 recensioni
Muspellheimr - Regno di Surtr
Il giovane Gigante di Fuoco Sthiggar, discendente della dea Sòl e figlio del Sommo Sacerdote Snorri, non conosce né paura né tanto meno vergogna e, a causa di ciò, finirà dapprima per essere punito dal re, e in seguito confinato sullo sperduto Regno di Manaheimr (Terra), nell'ancor più sperduto paesino di Lulea, in Svezia. Questo confino - agli occhi di Sthiggar più che ingiusto - porterà a sconvolgenti verità e alla scoperta di un destino a cui non sapeva di essere designato fin dalla sua nascita. L'aiuto della berserkr Ragnhild sarà vitale per comprendere meglio se stesso e il ruolo che gli compete nella complessa rete del Fato che si è stretta attorno a lui, ma saranno antiche divinità e nuovi nemici a mettere definitivamente alla prova il guerriero muspell. (per una totale comprensione, si devono leggere prima le altre storie legate a questa raccolta)
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cap. 4

 

 

 

L'aria fresca fuori dal locale, in effetti, lo aiutò a riprendersi parzialmente dallo strano torpore che lo aveva preso all'interno del bar e, per qualche centinaio di iarde, Sthiggar camminò sul ciglio della strada senza particolari problemi.

Quando, però, svoltò per raggiungere il parco cittadino - doveva aveva deciso di fermarsi e godere del profumo dei fiori notturni -, i suoi piedi incespicarono malamente, caracollò per qualche passo e, infine, sbatté il grugno contro un torace ampio e freddo.

Subito, Sthiggar levò il capo per scusarsi ma, quando incrociò gli occhi di ghiaccio di uno jotun, ogni desiderio di chiedere venia venne meno e, digrignando i denti nel notare le armi appese alla cintola dell'uomo del gelo, ringhiò: "E' vietato, per gli stranieri, girare armati per la Capitale, non lo sai?!"

"Ma davvero... Sthiggar?" ghignò lo jotun, sorprendendolo non poco.

Sgranando gli occhi color del cielo, il giovane muspell esalò confuso: "Come puoi sapere il mio nome?!"

"Ma come? Non sei contento che il tuo nome sia conosciuto anche in altri Regni? Non è questo che volevi?" ciangottò una voce querula alle sue spalle.

Sthiggar si volse a mezzo per capire chi si fosse rivolto a lui con quel tono derisorio ma, prima ancora di poter incrociare lo sguardo con il suo secondo interlocutore, un colpo ben assestato alla nuca lo mandò al tappeto.

Prima di svenire, picchiò con violenza il volto sul selciato e, mentre i suoi sensi andavano svanendo, udì la risata del secondo uomo che lo aveva interpellato mentre chiosava: "Bene! Una scocciatura in meno a cui pensare. Finalmente potrò liberarmi di te una volta per tutte."

Sthigg tentò con tutte le sue forze di riprendersi, di costringere il suo corpo a non cedere al torpore ma, prima ancora di poter aprire bocca per rabberciare il suo assalitore, l'oscurità lo avvolse e per lui non esistette più nulla.

***

Aveva dolore in ogni parte del corpo e sentiva qualcosa di appiccicoso all'altezza dell'occhio, di cui però non riusciva a comprendere la natura.

Con un grugnito e una spinta di mani, Sthiggar cercò quindi di mettersi a sedere - perché era sdraiato a terra? - e, quando riuscì finalmente a sollevare le palpebre, scorse un'enorme camera attorno a sé, offuscata da una colata di sangue sul suo viso.

Tergendoselo a fatica con una mano mentre, con movenze lente e controllate, si sedeva sul pavimento, Sthiggar mise maggiormente a fuoco ciò che lo circondava e, quando finalmente ne comprese la natura, imprecò tra sé.

La chiglia enorme e splendente di Naglfar si stagliava dinanzi a lui come una lama dorata slanciata verso le vetrate blindate, imponente e maestosa nei suoi ottanta metri di lunghezza e apparentemente pronta alla battaglia. Pur se sistemata su scivoli di legno e rinchiusa in un palazzo protetto da incantesimi e guerrieri in armi, incuteva tutto il timore che gli ancestrali racconti decantavano su di lei.

Quel particolare gli mozzò il fiato, portandolo a guardarsi intorno con espressione preoccupata – dov’erano i soldati preposti alla difesa di Naglfar?! – ma, non appena vide ciò che si trovava a poca distanza da lui, imprecò.

Due guardie cittadine erano stese a terra - apparentemente morte - con la gola tagliata di netto, annegati in un lago di sangue.

"Ma cosa diamine..." borbottò Sthiggar, rimettendosi a fatica in piedi prima di udire un tintinnio inconsueto in corrispondenza dei suoi piedi.

Immediatamente, i suoi occhi cercarono la fonte di quell'insolito suono ma, quando vide accanto agli stivali la gemma di volta del timone di Naglfar, la sua confusione raggiunse le stelle, ben presto sostituita da un autentico panico.

Che ci faceva, lì, quel rubino maestoso e dai poteri incommensurabili?!

"Non un passo, Sthiggar" ringhiò una voce alle sue spalle, raggelandolo sul posto.

Levando lentamente le mani, Sthigg si volse poco alla volta per incrociare lo sguardo della cugina – avrebbe riconosciuto la sua voce tra mille persone – che, ai limiti del pianto e con la morte nel cuore, aggiunse: "Stavolta hai davvero passato il segno."

"Ascolta, Hildur, io..." tentò di dire Sthiggar, subito fermato dal gesto imperioso della mano della cugina.

"Non una parola di più" gli ordinò lei, furiosa. "Ci hanno avvisato di alcuni disordini nei pressi delle Sacre Stanze dei Cimeli, così siamo intervenuti... ma mai, mai avrei pensato che la tua follia si potesse spingere a tanto."

Scuotendo il capo mentre un paio di Fiamme Nere mettevano i ceppi a un confuso Sthiggar, Hildur si avvicinò al cugino per recuperare il rubino che ancora si trovava a terra dopodiché, con sguardo addolorato, puntò gli occhi sui soldati morti e sibilò: "Stavolta, neppure il re potrà salvarti. A nessuno è concesso toccare le Sacre Reliquie... e tu hai rubato l'Occhio di Muspell! Che diamine ti è saltato in mente, Sthiggar?!"

"Pensi davvero che possa essere stato io a compiere un simile scempio? Mi credi dunque un tale mostro?" replicò ferito il cugino, sconvolto all’idea che la cugina potesse pensare questo, di lui, nonostante in apparenza le prove dicessero proprio questo.

"Maledizione, Sthiggar! Guarda la tua lama!" sbraitò a quel punto Hildur, indicando la spada del cugino, che giaceva abbandonata a terra... ricoperta da sangue rosso e corposo.

Sthigg dilatò ulteriormente gli occhi fino a farsi male e, boccheggiando, mormorò: "Non... non ricordo... non ricordo affatto di averlo fatto, Hildur. Davvero!"

"Puzzi d'alcool come un qualsiasi beone di città, Sthigg" ringhiò furente Nanaok, una delle Fiamme Nere che lo stava trattenendo per i ceppi. "Chi mi dice che il vino non ti ha dato alla testa, e hai pensato bene di rivivere i buoni, vecchi tempi in cui ti cacciavi nei guai per una qualsiasi scemenza?"

"Mi hanno rovesciato addosso del vino, la notte scorsa" protestò Sthiggar mentre, di malagrazia, veniva trascinato via dalle Sacre Stanze dei Cimeli.

"Raccontala a qualcun altro" ironizzò una terza Fiamma Nera, mentre Hildur rimaneva al suo fianco in un pesante, straziante silenzio.

"Provate a chiedere al bar che si trova vicino alla Stazione di Posta. Sono stato lì, ieri notte, e una cameriera mi ha rovesciato addosso una brocca. Se lo ricorderà di sicuro!" protestò a quel punto Sthiggar.

Una lama interruppe qualsiasi sua protesta, andando a posarsi minacciosa sul suo collo. La terza Fiamma Nera - Ryka - gli intimò: "Non una parola di più, Sthiggar, figlio di Snorri. Non mi interessa nulla se sei nipote di Sól e figlio del Gran Sacerdote. Per me potresti anche essere il figlio del re, ma ti abbiamo trovato qui dentro con gli abiti sporchi di sangue e alcool, la tua arma a terra e l'Occhio di Muspell nelle tue mani. Cos'altro vorresti raccontarci per evitare la verità dei fatti, e cioè che sei solo uno sporco bugiardo con una mente malata?!"

"Hildur..." mormorò a quel punto Sthiggar, lanciando un'occhiata dolente alla cugina.

Lei sospirò, accettò quello sguardo addolorato e sì, innocente, e domandò: "Com'era, quella cameriera?"

Colto da un moto di speranza, lui gliela descrisse con dovizia di particolari ma, prima di poterla ringraziare, le sentì dire: "Voi conducetelo dal re. Io controllerò la veridicità delle sue parole, dopodiché verrò a palazzo."

"Dovrebbe andare uno di noi. Tu potresti essere tentata di coprirlo" replicò caustico Ryka, fissando la sua superiore con aria torva.

Hildur, per tutta risposta, gli puntò la daga contro il torace e ribatté: "Io sono una Fiamma Nera, insignita a questo ruolo dallo stesso re Surtr. Nulla è più importante, per me, della difesa del sovrano, e nulla mi impedirà di portare a termine il mio compito. Neppure mio cugino. Quindi, ora taci e fai come ti è stato ordinato, oppure leva la tua spada e combatti con me."

Ciò detto, lanciò un'occhiata furente all'indirizzo di Sthiggar, allontanandosi in fretta dalla Sala dei Cimeli soltanto quando Rika ebbe reclinato obbediente il capo.

"Coraggio. Andiamo. Hai già creato abbastanza problemi a noi e a tua cugina. Non crearne altri" borbottò Nanaok, sospingendolo verso la porta che conduceva all'esterno. "La morte di due soldati ti dovrebbe costare il carcere a vita, ma io spero che il re ti tagli la testa. Così, per lo meno, non infastidirai più Hildur con le tue cazzate."

Sthiggar non replicò alle sue parole e si lasciò guidare fuori dal salone senza più provare a opporre resistenza. Lì, venne issato a bordo di una delle bighe volanti delle Fiamme Nere e, mentre si dirigevano a tutta velocità verso l'imponente palazzo di Surtr, Sthigg tentò con tutto se stesso di rammentare quel che la sua mente si ostinava a non mostrargli.

Non ricordava nulla di quanto era accaduto al di fuori del bar. Rammentava a malapena di aver salutato... come si chiamava l'uomo con cui aveva dialogato quella sera? Perché non riusciva a riportarlo a galla dalla sua memoria confusa?

Mentre la biga si avvicinava sempre più al Palazzo Reale, Sthiggar cominciò seriamente a preoccuparsi quando, nel ripensare alle stranezze della sera precedente, si rese conto di non rammentare quasi più nulla.

Era mai possibile che il colpo che aveva ricevuto alla testa - chi glielo aveva dato, tra l'altro? - gli avesse fatto dimenticare gli eventi di quella notte?

Aveva realmente perso il controllo di se stesso e ucciso due persone innocenti, e tutto perché... perché si era diretto proprio alla Sala dei Cimeli? Perché?!

Con quelle domande senza risposta, Sthiggar venne infine condotto all'interno del palazzo, dove fervevano i lavori di preparazione dell’immane festa che, da lì a un paio di mesi, avrebbe visto giungere invitati da ogni Regno.

Né lo splendore delle sete e dei drappeggi, né l’opulenza dei quadri e degli affreschi appesi alle pareti, catturò per un istente l’attenzione di Sthiggar, che ancora stava chiedendosi perché fosse finito in quel guaio colossale.

Suo padre non sarebbe sopravvissuto a quell'ennesima bravata. Aveva appena condannato a morte il suo unico genitore rimasto, e per una cosa che non ricordava neppure di aver commesso.

Quando infine raggiunse le porte della Sala Reale assieme alle due Fiamme Nere, e il paggio ne ufficializzò l'entrata, Sthiggar si perse in un dejà-vu di cinquant'anni addietro quando, spavaldo e sfrontato, aveva affrontato il re a testa alta pur sapendo di essere nei guai. E sapendo di essersi cacciato in un pasticcio per sua colpa e suo dolo.

Questa volta, però, non ricordava affatto di aver commesso alcunché, eppure i reati di cui era accusato erano ben più che reali e avrebbero potuto davvero costargli la testa.

Nel bloccare i propri passi di fronte alle scale che conducevano al palco reale, Sthiggar levò il capo a scrutare il volto furioso - e fumante - del re che, picchiando un pugno sul bracciolo del trono marmoreo, bestemmiò un insulto prima di urlare: "Perché diamine devo vedere la tua brutta faccia di primo mattino, Sthiggar?! Perché?!"

Il giovane reclinò il capo, i fulvi capelli a coprire la vergogna di non sapere cosa dire al proprio sovrano.

Questo colpì immediatamente il re – assolutamente non pronto a vedere uno Sthiggar remissivo e confuso – che, ora più calmo, aggiunse: "Parlate, Fiamme Nere, e siate precise nell’esposizione dei fatti."

Nanaok prese la parola per primo e disse con voce sicura: "Ci hanno chiamato a causa di rumori sospetti nei pressi delle Sacre Sale dei Cimeli e, quando siamo sopraggiunti, abbiamo trovato due guardie a terra, morte, e lui, sanguinante e con l'Occhio di Muspell ai piedi. E' evidente come Sthiggar volesse compiere l'atto finale della sua condanna, con questo colpo di testa."

Surtr grugnì una parola intelligibile prima di ordinare lapidario: "Lascia i tuoi giudizi personali per un altro momento, Fiamma Nera. Limitati ai fatti."

Annuendo rigido, irritato per essere stato richiamato all’ordine, Nanaok lasciò la parola a Ryka, che aggiunse: "Ciò che Nanaok vi ha riportato è vero, sire. Abbiamo trovato Sthiggar nella grande sala di Naglfar, con il rubino a portata di mano e la sua spada a terra, ancora sanguinante, mentre lui si riprendeva dallo scontro avuto con un paio di guardie."

"Un'altra supposizione, visto che nessuno di voi due era presente per dire che vi sia stato uno scontro che ha visto contrapposti il qui presente ragazzo e le due guardie morte. O mi sbaglio? Alla terza ipotesi non suffragata da prove, darò di matto" ringhiò Surtr, fissando le Fiamme Nere con aria iraconda prima di rivolgersi a Sthiggar e domandare: "Cos'hai da dire a tua discolpa, ragazzo?"

"Non rammento di aver fatto nulla di ciò di cui vengo accusato, ma non posso negare di essere stato trovato dove le due Fiamme Nere hanno detto, né che la mia spada fosse lorda di sangue. Quanto al rubino, non so davvero cosa ci facesse ai miei piedi" ammise Sthiggar con tono sconfitto.

Ancora, Surtr si sorprese di quel comportamento stranamente remissivo, davvero insolito per un ragazzo sanguigno come Sthiggar e, dubbioso, asserì: "Il tuo comandante mi ha portato un resoconto preciso di ogni uomo che ha avuto al suo comando in questi cinquant'anni, compreso il tuo e mai, neppure una volta, ha annotato nei tuoi confronti comportamenti sfrontati o ai limiti della follia. Certo, ci sono state risse… ma quando mai non ve ne sono, tra uomini confinati in una caserma per così tanto tempo? E' dunque questa città a metterti le fregole addosso, ragazzo, portandoti a impazzire?"

"Non ho risposte da darvi, mio sire. Posso solo dire di non rammentare nulla di ciò che è accaduto da quando ho lasciato il bar dove ho desinato la scorsa notte" si limitò a dire Sthiggar, levando finalmente lo sguardo per incrociare quello del re.

A sorpresa, Sthiggar notò solo una profonda confusione negli occhi color granato del sovrano, oltre a una chiara domanda a lui rivolta. Veramente si era macchiato di simili colpe?

Il giovane muspell, però, non poté rispondergli poiché neppure lui era in possesso di quella verità.

In quel mentre, Hildur fece il suo ingresso nella Sala Reale e, dopo essersi inchinata al sovrano, mise al corrente i presenti di quanto aveva scoperto.

"Mi sono recata al bar indicatomi da Sthiggar per chiedere informazioni in merito alle sue affermazioni, ma l'oste mi ha confermato che nessuna donna bruna lavora nel suo locale. Rammenta però Sthiggar, seduto al tavolo con un mercante straniero per almeno un'ora, oltre alla sua uscita dal locale intorno all'ora undicesima."

Accigliandosi, Surtr borbottò: "Ieri sera la città brulicava di turisti provenienti da ogni dove... come può ricordarselo?"

"Dice di ricordarsi di lui perché è raro che una Fiamma Purpurea scelga di fermarsi nel suo locale dove, di solito, gli avventori sono in gran parte commercianti e portuali" dichiarò Hildur, atona.

"Ricordi chi fosse quell'uomo?" domandò allora il re, rivolgendosi a Sthiggar.

"Rammento soltanto che era un forestiero proveniente dalle terre del Sud ma, quanto al resto, ho un vuoto totale nella mente" sospirò Sthiggar prima di aggiungere: "Non posso difendermi in alcun modo dalle accuse che mi vengono mosse, sire, perché non rammento nulla di ciò che è accaduto. Speravo che almeno la cameriera potesse parlare per me ma, a quanto pare, me la sono solo sognata."

Surtr si accigliò non poco, a quelle ultime parole e, nello stringere le mani dietro la schiena, dichiarò: "Non comminerò mai una condanna a morte senza prova alcuna di colpevolezza certa nei tuoi confronti. D'altro canto, sei stato trovato in un luogo in cui non dovevi essere, in possesso di una pietra che non dovevi avere e accanto a due uomini che non avrebbero dovuto morire. Non posso passare sopra a tutto questo."

"Ne sono consapevole, sire" assentì Sthiggar, tornando a reclinare il capo.

"Sarai perciò bandito dal regno e confinato su Midhgardr fino a data da destinarsi. Ti sarà precluso il rientro su Muspellheimr fino a mio nuovo ordine e, se infrangerai i confini della tua prigione terrestre, allora ti depriverò della testa, Sthiggar" decretò a quel punto il sovrano, irrigidendosi in volto.

Il giovane assentì muto e il re, nel rivolgersi a Nanaok e Ryka, aggiunse: "Conducetelo nelle celle del palazzo finché non appronterò il suo trasferimento. Hildur, tu rimani."

Mentre le Fiamme Nere conducevano fuori dalla Sala Reale un silenzioso Sthiggar, il re lanciò uno sguardo turbato all'indirizzo di Hildur e ammise: "Questa faccenda non mi quadra per nulla."

"Posso dire molte cose di mio cugino, ma non che è un assassino a sangue freddo" assentì torva la donna. "L'oste mi ha confermato che Sthiggar si è assentato per qualche minuto dal tavolo, durante la serata. Lo ha incrociato mentre lui tornava dal magazzino, e Sthiggar entrava nei bagni del locale. Ha notato che la sua tunica era bagnata, ma non ha saputo dirmi altro."

"Trovo strano che il ragazzo ricordi poco o nulla, di quella notte. Ha sempre retto bene l’alcol, perciò non può essere stato questo a obnubilargli la mente. Inoltre, l'ho guardato negli occhi, e non mentiva. Quel ragazzo può essere ciò che vogliamo, ma non mente mai. Sthiggar non sa davvero ciò che è successo" sospirò Surtr, scuotendo turbato il capo.

"C'è un'altra cosa, sire. Le guardie trovate morte nella sala di Naglfar non erano le Fiamme Dorate preposte al controllo dei Cimeli, ma due guardie cittadine del Porto Commerciale. La loro presenza accanto a Sthiggar, quanto nella Sala dei Cimeli, non ha alcun senso" mormorò roca Hildur.

Accigliandosi ulteriormente, Surtr borbottò: "Le Sacre Sale dei Cimeli si trovano nei paraggi del porto, perciò potrebbero aver visto Sthiggar e averlo seguito mentre entrava nella sala di Niglfar... ma hai ragione, qualcosa non torna. Avrebbero dovuto esserci le Fiamme Dorate, dinanzi a quelle sale. Dove accidentaccio erano, in quel momento?!"

"Ho mandato una Fiamma Nera a interrogare chi era di turno ieri notte e, nel giro di mezza giornata, dovremmo sapere qualcosa di più" lo informò Hildur.

"Per come stanno le cose, comunque, non posso impedirmi di punirlo, oppure scatenerei le ire dei genitori delle guardie assassinate, oltre alle noiosissime domande del mio Consiglio Reale. Già odiano quando prendo decisioni sommarie, figurarsi se lasciassi Sthiggar fuori dalla galera, con prove circostanziali così pesanti a suo carico" sospirò a quel punto Surtr, passandosi una mano sul volto irritato.

"Essere sovrano non è facile, al momento" chiosò Hildur.

"Da quando si è votato per un regno democratico?" ironizzò Surtr, dandole ragione. "Per niente. Vorrei tornare ai bei vecchi tempi quando ero solo io a decidere e, se mi andava di staccare una testa, non dovevo renderne conto a nessuno, ma sai... le mire repubblicane di certe frange del mio popolo mi hanno costretto a un leggero cambio di rotta. Checché se ne pensi, non sono un guerrafondaio e non mi andrebbe di dover sedare una rivolta col sangue, perciò ho acconsentito a creare un Consiglio Reale di nobili che rappresentino i vari Continenti di Muspellheimr e che, di quando in quando, mi ricordo di interpellare per creare nuove leggi."

Hildur sorrise leggermente, di fronte al suo tono ironico ma, con voce roca e stanca, disse: "Se me lo consentirete, proseguirò nelle indagini per conto mio. Credo sia un fatto che vada chiarito."

"Hai il mio permesso. Se qualcuno ha pensato di togliere di mezzo Sthiggar, rischiando che finisse persino sulla forca, ci deve essere un motivo, e io voglio saperlo. Detesto essere manipolato, né amo particolarmente comminare condanne a chi mi piace."

Sospirando, Surtr si grattò una guancia prima di guardare Hildur, riprendere la parola e domandare: "Il ragazzo ti ha detto di aver sviluppato Fiamme Naturali?"

"Sì, me l'ha accennato. Ha ammesso di aver perso la testa, quando ha visto Kyddhar morire, ma che il comandante Yothan lo ha aiutato a mantenerne il controllo."

Surtr assentì e, con un sospiro, disse: "Mia cognata è ancora inconsolabile, a causa della morte di Kyddhar, ma è stata lieta di sapere che è stato degnamente vendicato. Quanto a Mikell, gli dèi soli sanno cosa stia passando per la testa di mio cognato. E’ diventato ombroso e taciturno, e non parla neppure con Ilya di ciò che è accaduto.”

“Sono eventi difficili da assimilare” convenne Hildur.

“Ma possono accadere, malgrado tutto. Kyddhar lo sapeva, quando decise di arruolarsi contro il volere paterno ma, a quanto pare, Mikell non è tutt’ora di questo parere” sospirò Surtr prima di aggiungere: “Yothan ha scritto sul fascicolo di Sthiggar che il ragazzo è maturato molto e che, tra alcuni suoi commilitoni, c'è chi lo vede come un leader nato. Il punto, però, è un altro."

Accigliandosi leggermente, Hildur domandò: "Solo alcuni, eh? E gli altri?"

"Cosa porta il potere?" replicò sardonico il re.

"Gelosie" assentì Hildur, torva in viso. "Indagherò anche su questa pista e cercherò di essere discreta. Se veramente lo hanno incastrato e, per farlo, hanno ucciso due persone incolpevoli, deve trattarsi di qualcuno davvero senza scrupoli, e pronto a tutto per farla pagare a Sthiggar."

Il sovrano annuì e, torvo in viso, mormorò: "Forse, dopotutto, questa reclusione terrà il ragazzo al sicuro."

"Può darsi... anche se lui non la vedrà così. Era davvero confuso e addolorato, quando lo abbiamo portato qui" dichiarò Hildur con tono fiacco.

"Parla con Snorri. Rassicuralo. Non voglio che pensi che suo figlio sia veramente colpevole" si premurò di dire Surtr. "La Corte, però, deve pensarlo perché, se è chiaro a entrambi che la faccenda è ben lungi dall'essere stata chiarita, è altrettanto evidente che, se Sthiggar rimarrà nei paraggi, qualcuno tenterà in altro modo di toglierlo di mezzo. Stavolta, forse, agendo più direttamente e piantandogli un coltello nel cuore."

"Siete certo della sua innocenza" disse Hildur con tono fermo.

"Ragazza, io mi fido di ciò che vedo, e Sthiggar non è capace di mentire. Può essere un fanfarone, ma non mente mai. Lo sai tu come lo so io e, visto che non vogliamo che qualcuno gli faccia del male, dovremo comportarci di conseguenza."

"Sì, sire."

Sbuffando, Surtr borbottò: "Vorrei davvero capire cosa sta succedendo. Odio i segreti!"

Hildur sorrise comprensiva e, dopo essersi congedata, utilizzò la sua biga alata per raggiungere le colline della Capitale e, da lì, la casa dello zio.

Trovandolo ancora in loco, lo pregò di accomodarsi in salotto e lì, con tono accorato e dolente, gli spiegò cosa fosse successo e cosa, in gran segreto, il re le avesse detto di fare.

Sottolineò più e più volte l'innocenza di Sthiggar e lo pregò di non lasciarsi andare allo sconforto dopodiché, assieme allo zio, scelse abiti adatti a poter essere utilizzati anche su Midghardr, dopodiché preparò un borsone per il cugino e tornò a palazzo.

Lì, si fece accompagnare fino alle celle di detenzione, dove trovò ancora i suoi due colleghi impegnati a piantonare il prigioniero.

Prigioniero che, a capo chino e deprivato di armi e gradi militari, sembrava essere ormai divenuto l'ombra di se stesso.

"Lasciateci soli. Devo conferire in privato con mio cugino" ordinò Hildur, lanciando occhiate significative ai suoi sottoposti.

Nanaok e Ryka si allontanarono obbedienti e la donna, dopo aver aperto la cella, vi entrò e poggiò il borsone ai piedi di Sthiggar.

Ciò fatto, si lasciò andare sulla panca accanto a quella del cugino e disse: "Il re e io siamo convinti che tu non menta, cugino. Qualcuno ti vuole lontano da qui. Fuori dai piedi e, possibilmente, rovinato a vita."

Sthiggar levò il capo con chiara sorpresa e Hildur, nel dargli una pacca sulla spalla, aggiunse: "Non sei mai stato un bugiardo, Sthigg. Uno sbruffone, forse, uno che amava aggirare le regole, ma non un mentitore, né tanto meno un assassino a sangue freddo. Inoltre, è strano che tu non ricordi affatto ciò che è successo ieri notte. Sei un problema per qualcuno, ma hanno avuto paura di ucciderti. Perché?"

"A me, lo chiedi?" sospirò il cugino, scrollando le spalle.

"Forse temevano la tua discendenza. Chissà. Fatto sta che tu sei vivo, mentre due guardie no, e persone che pensano di poter uccidere così gratuitamente, e al solo scopo di allontanarti da Muspellheimr, hanno qualcosa di grosso in mente. Qualcosa di grosso e pericoloso."

"Lo hai detto a papà?" domandò turbato il giovane.

"E' informato, non temere. Il re voleva che Snorri lo sapesse da me" lo rassicurò Hildur. "Indagherò, e..."

"No" sottolineò subito Sthiggar, lapidario.

Hildur sobbalzò per la sorpresa, già pronta a ribattere, ma Sthiggar le prese una mano e aggiunse: "Se hanno ucciso senza scrupoli pur di tenermi lontano da qui, non esiteranno a farti del male, se scopriranno che stai indagando su chiunque mi voglia fuori da Muspellheimr. Non voglio che tu rischi così per me."

"Sei mio cugino. E il re me l'ha ordinato" replicò con semplicità la donna. "Copriti bene, su Midghard, perché fa un freddo assurdo ma, soprattutto, abbi la certezza che io scoprirò cosa sta succedendo e riabiliterò il tuo nome."

"Pensa prima di tutto alla tua sicurezza. Non potrei vivere più, se sapessi che sei morta a causa mia" mormorò Sthiggar, abbracciando con calore Hildur.

La donna assentì per rassicurarlo, pur se era più che pronta a fare di testa sua per riabilitare il nome del cugino, gli baciò una guancia dopodiché, nell'alzarsi, disse: "Vieni. Il re avrà ormai pronti i documenti per poterti inviare alle prigioni di Midghardr, perciò rimarremo insieme ancora per un po'."

A Sthiggar non rimase che assentire e, preso con sé il suo bagaglio, si accodò - con le mani legate - alla cugina, ormai pronto ad affrontare la sua condanna e ciò che ne sarebbe venuto.

 

 

N.d.A.:  La faccenda si complica velocemente e, per Sthiggar, diventa davvero difficile cavarsi dall'impiccio, stavolta. Inoltre, non ricordando nulla di ciò che è avvenuto, non sa se credere alla ricostruzione delle Fiamme Nere, e dichiararsi colpevole, o credere ancora in se stesso e nella sua buona fede.

Che accadrà a questo punto, e cosa potrà fare Hildur per salvarlo?

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Licantropi / Vai alla pagina dell'autore: Mary P_Stark