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Autore: crazy lion    13/05/2022    1 recensioni
Francesca è una ragazza di diciannove anni che sta per affacciarsi al mondo universitario. Ma è estate e lei vuole godersela. Per questo decide di fare una passeggiata, arrivando a una radura che non aveva mai visto. Ma non può nemmeno immaginare cosa l'aspetta.
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Unicorn-Sunset
IL TRAMONTO DELL'UNICORNO
 

Francesca si alzò riposata, quella mattina di giugno. La scuola era finita e i genitori le avevano dato due settimane di tempo per riposarsi prima di cominciare a prepararsi per l'università.
"Meno male!" si disse la ragazza.
Quell'anno aveva sostenuto gli esami di quinta superiore e aveva sudato sangue per riuscire ad arrivare a prendere un buon voto. 87 era soddisfacente e lei si sentiva contenta così, anche se altri suoi compagni, che avevano preso voti più alti, secondo lei se li sarebbero meritati più bassi, visto il comportamento che avevano avuto.
Decise di restare in pigiama e scese per la colazione. Mangiò latte e cereali e poi, vedendo che era una bellissima giornata di sole, si decise a togliersi il pigiama, anche se stava molto comoda così, e ad uscire. Si pettinò i capelli rossi e lunghi fino a metà schiena e si guardò allo specchio. I suoi occhi azzurri erano spenti, come sempre. Prima di uscire si cambiò indossando una comoda tuta da ginnastica, si infilò calze e scarpe e andò fuori. Il sole era caldo, ma spirava un vento fresco che la proteggeva dalla calura estiva.
Camminò per un po' per i campi circostanti, fino ad arrivare a una radura che prima non aveva mai visto. Si sedette sotto un albgero e inspirò il profumo dell'erba tagliata, un odore che le era sempre piaciuto. Abitava in una località di mare. Infatti vicino alla radura non c'era un bosco, come tanti si sarebbero aspettati, bensì la laguna.
"Avrei potuto mettermi il costume e fare il bagno."
Fu allora che vide qualcosa avvicinarsi a lei. Era un animale strano, bianco, con un corno al centro della fronte.
"Un unicorno?" chiese ad alta voce. "Ma quelli esistono solo nei film o nei libri!"
"Be', se sono qui significa che esisto" disse l'unicorno.
"Tu parli?" domandò Francesca, sbigottita.
"Certo che parlo! Cosa credevi, che fossi muta?"
"Ah, sei una femmina. No, pensavo facessi solo nitriti e basta."
"Non è così."
A Francesca pareva tutto assurdo. Gli unicorni non potevano esistere davvero. Batté le palpebre più volte, per rendersi conto se quella fosse la verità o meno, ma la femmina di unicorno non si muoveva, era sempre lì, a un metro e mezzo da lei circa, e la guardava con i suoi grandi occhi penetranti. Francesca urlò per la frustrazione, spaventando l'unicorno che corse via.
"No, aspetta!"
Arrancò per raggiungerlo, e lo trovò all'entrata di una caverna nella radura.
"Volevi che andassi via e l'ho fatto" disse l'unicorno.
"No, non lo volevo. Il mio era un grido fatto perché non potevo credere a ciò che stavo vedendo. Questa è la tua casa?"
"Sì. Entra."
Era così buio, nonostante la luce che entrava da fuori. L'unicorno la condusse fino alla fine della caverna.
"Come ti chiami?" chiese la ragazza.
"Astra e tu?"
"Francesca. Ho diciannove anni."
"Mi piace il tuo nome."
"E a me il tuo. Ma dormi per terra?"
"No."
Fu solo allora che la ragazza scorse un giaciglio fatto di erba e capì che era lì che riposava.
Qui dentro non si vede un cazzo pensò.
"Ce ne sono altri come te?"
"No, sono l'unica, e sono immortale."
"Oh!" Questo non se l'era proprio aspettato. "E non ti senti sola?"
Lei si sarebbe sentita così, se fosse stata l'unica sulla faccia della terra.
"No, ho fatto amicizia con altri animali che sono qui, come gli uccelli, i gatti, qualche cane che si allontana dal padrone o i topi."
"Che schifo" commentò la ragazza.
I topi le avevano sempre fatto ribrezzo.
"Girano di notte, e quando mi sveglio li trovo in giro."
"Ti andrebbe se ti prenessi una sella? Così potremmo volare insieme."
Non tutti gli unicorni avevano le ali  ma questa sì.
"Non so, nessuno mi ha mai cavalcato prima. Sei la prima umana da cui mi faccio vedere."
"Perché proprio io? E come fai con gli altri umani che arrivano qui?"
"Mi rendo invisibile, guarda."
In un batter d'occhio, non la vide più.
"Dove sei?"
"Eccomi." E tornò normale. "Ho scelto di mostrarmi a te perché hai un sorriso triste."
"Un sorriso triste?"
"Hai quell'espressione… il sorriso non ti arriva agli occhi, così ho pensato ti servisse un'amica. Non ho scelto te perché mi fai pena o cose del genere, ma soltanto perché mi sembrava avessi bisogno di qualcuno accanto."
"In effetti non ho amici, ma non ho voglia di parlare di questo adesso" tagliò corto Francesca. Conosceva ancora troppo poco Astra per raccontarle tutto. "Ho fame, anche se ho fatto colazione."
"Vieni con me."
Astra la guidò vicino a un albero di pesche e Francesca, che sapeva arrampicarsi, ne prese alcune e cominciò a mangiare, mentre Astra brucava l'erba. Era rilassante sentirla masticare. Le pesche erano deliziose.
"Ti piacerebbe se ti procurassi una sella?" le  chiese di nuovo. "Per volare insieme."
"Non sei ancora pronta, ci conosciamo poco. Fra qualche mese, magari."
"D'accordo."
Astra aveva una voce dolce e melodiosa, che a Francesca piaceva tantissimo.
Rimase con lei per ore. Camminarono insieme per la radura fino all'acqua, che aveva lo stesso colore ambrato del sole al tramonto e poi tornarono nella grotta, dove rimasero a scambiarsi sguardi in silenzio. Era bello anche non parlare, a volte, perché il silenzio valeva più di mille parole.
"Ora devo tornare a casa, i miei genitori saranno già arrivati."
"Quando tornerai?"
"Domani, te lo prometto."
"Va bene."
Astra la sfiorò con il muso.
"Mi ha fatto piacere conoscerti" disse Francesca.
"Anche a me, a domani."
La ragazza uscì dalla grotta e corse a casa.
"Mamma, papà, sono qui!" gridò mentre entrava, e appoggiò le chiavi in un piattino di vetro sopra una mensola del salotto, dove c'erano già quelle delle macchine dei genitori.
"Ciao tesoro!" esclamò Elena, sua madre.
"Dove sei stata?" le chiese suo padre, che si chiamava Tiziano.
"In giro per campi. Il pranzo è già pronto?"
"Hai fatto bene a goderti la natura" le disse la mamma. "No, abbiamo appena buttato la pasta."
"Allora vado a farmi una doccia."
Mentre era sotto il getto d'acqua calda, Francesca ebbe il tempo di riflettere. Non aveva mai avuto animali perché entrambi i suoi genitori, a differenza sua, erano allergici al pelo. Ma adesso aveva Astra, che oltre a essere un animale era anche molto intelligente. Per il momento avrebbe tenuto segreta la cosa.
Andò da lei ogni giorno per tutta l'estate. A volte si sedevano sotto un albero a rimanere in silenzio, altre Francesca le saliva in groppa e Astra, appurato che non ci fossero altri umani in vista, cavalcava con lei sopra, mentre la ragazza si teneva al suo collo.
"Per questo parlavo della sella" le disse alla fine dell'estate. "Perché mi verrebbe più facile cavalcarti."
"Va bene, allora."
Francesca sorrise: finalmente Astra si era fidata di lei e aveva accettato. Quell'estate avevano parlato di tante cose: della scuola di Fra, come amavano chiamarla i suoi genitori, della sua famiglia, di cosa voleva fare la ragazza all'università -  aveva scelto lingue come indirizzo –, del fatto che Astra, rendendosi invisibile, era anche andata in acqua e aveva esplorato tutto il paese, arrivando anche sulle colline e fra i boschi.
"Ma qui mi piace di più" disse a Francesca quel giorno.
Nel pomeriggio la ragazza guidò fino al  maneggio dov'era stata per un anno e mezzo, prima che tutto andasse a rotoli. Fu strano rivedere il direttore e tutti gli insegnanti tranne la sua. Chiese una sella, disse che le serviva grande, la più grande che avevano.
"Perché ne hai bisogno?" le domandò Giulio, il direttore.
"Per un cavallo che voglio comprare in un altro maneggio" mentì. "È alto e ha la schiena molto grande."
"Questa può andare bene?" chiese a Francesa, staccandola da un supporto.
Lei la osservò per qualche istante.
"No, mi serve più grande."
Astra era alta come un cavallo, ma era molto più lunga.
"Questa?"
"È perfetta!"
Pagò il direttore e tornò alla radura. Trovò Astra che brucava l'erba.
"Ecco la sella" le disse.
Astra la studiò.
"Mi sembra possa andare. Prova a mettermela."
Francesca gliela appoggiò sulla schiena e poi strinse il sottopancia. La sella aderì alla perfezione al corpo di Astra.
"Wow!" esclamò la ragazza, incredula.
Aveva anche una maniglia per tenersi.
"Dai, voliamo" disse Astra.
"Sul serio?"
"Sì. Ora ci conosciamo bene, che aspetti? Sali."
Lei lo fece e Astra prese quota in velocità. All'inizio a Francesca girò la testa, ma poi si abituò.
"Ancora più veloce!" escla,ò.
"L'hai voluto tu" disse Astra e schizzò come un fulmine.
Francesca urlò di felicità. Non credeva che cavalcarla sarebbe stato così bello. Era una sensazione stranissima, come andare sulle montagne russe, solo che era meglio.
"A ottobre comincerò l'università" gridò per farsi sentire sopra il sibilo del vento. "Ciò significa che avrò lezione la mattina e anche il pomeriggio e potrò venire da te soltanto la sera, per un po'."
"Mi dispiace."
"Anche a me, ma non posso fare altro, purtroppo. Spero solo di farmi degli amici."
"Non ne avevi alle superiori?"
Francesca sospirò.
"Sono stata bullizzata per cinque anni. Mi tiravano pezzi di carta e di gomma addosso, mi dicevano che facevo schifo, che puzzavo, cose così."
"Che stronzi."
La ragazza spalancò gli occhi: non pensava che Astra conoscesse le parolacce.
"Mi dispiace per quello che hai passato. Ma non hai proprio nessun amico adesso?"
"No, nessuno."
"Ti senti molto sola?" le domandò con dolcezza.
"Sì, ma sicuramente ne troverò all'università. Lì, in teoria, la gente è più matura e meno idiota."
Astra fece un brontolio simile a una risata e anche Francesca rise con lei.
"Non ne hai mai parlato con gli insegnanti o i tuoi genitori?"
"Sì, ma alle assemblee nelle quali si parlava di questo i miei compagni negavano sempre."
Le raccontò anche che aveva fatto equitazione per un anno e mezzo, con un'insegnante che si era spacciata per una psicologa quando invece non lo era ed era stata licenziata.
"Ma era brava, mi trovavo bene con lei, perciò quando questo è successo non sono più voluta andare a cavallo."
"Peccato. E che effetto ti ha fatto tornarci? Grazie per la sella, a proposito."
"Figurati. Be', è stato strano, ma non ho guardato i cavalli per non mettermi a piangere."
Le spiegò che ne aveva montati due: Tornado e Oliver. Li aveva amati moltissimo e se li avesse rivisti ci sarebbe stata male per non poterli cavalcare ancora.
"Capisco" disse Astra e alzò la testa per guardarla.
Francesca le sorrise.
Una volta a terra, la ragazza si sentiva meglio. Era stato bello sfogarsi con Astra e parlarle dei suoi problemi passati. Vedeva ancora i suoi demoni davanti a lei, il suo passato che la tormentava, la sua autostima che si abbassava sempre di più a causa dei bulli, ma ora non le facevano più così paura.
Con l'inizio dell'università, Fra poté andare da Astra solo la sera, prima di tornare a casa. Si inventava che il treno era arrivato in ritardo, oppure che aveva avuto un guasto, o che l'aveva perso, affinché i genitori non si insospettissero e non pensassero chissà che cosa.
Quando stavano insieme volavano anche sopra la laguna, e quando tornò la primavera la femmina di unicorno la portò nell'acqua, anche se Francesca era vestita. Nuotò con lei che sorrideva e rideva.
"Hai fatto il bagno vestita?" le chiese la mamma quando la figlia tornò a casa gocciolante.
"Sì. È stato figo!"
"Vai a cambiarti. Sei strana, sai?" le disse il papà.
Lei sifee una doccia e si cambiò.
Parlò con Astra del fatto che ormai erano amiche da tempo, sapevano tutto l'una dell'altra, persino i loro gusti personali in fatto di cibo. C'erano delle erbe che ad Astra piacevano di più rispetto ad altre, e Francesca adorava la cioccolata fondente ma non troppo.
"Vorrei presentarti ai miei genitori" le disse. "Ti senti pronta?"
"Sì" le rispose Astra, senza alcuna esitazione.
Quella domenica, Tiziano e la moglie decisero di fare una passeggiata. C'era il sole e sarebbe stato uno spreco rimanere in casa. Francesca, che era in testa, li guidò fino alla radura e fu così che i suoi genitori videro Astra.
"Un unicorno? Ma…" disse la mamma.
"Ma non esistono" concluse il papà.
"Invece sì, Io e Astra ci siamo conosciute l'estate scorsa. Ho aspettato a presentarvela perché sapevo che non ci avreste creduto."
Eppure era lì, davanti ai loro occhi, e superata la timidezza iniziale li salutò con la voce.
"Parla?" chiese Elena.
"Sì, parlo."
I genitori di Francesca non potevano credere a ciò che vedevano. Astra si rese invisibile, poi tornò normale.
"È così che mi nascondo dagli umani" spiegò.
Poco dopo i genitori di Francesca cominciarono a starnutire e si gonfiarono loro gli occhi.
"Non è colpa tua, sono allergici al pelo" disse la ragazza ad Astra.
Tornarono a casa dopo che la ragazza ebbe abbracciato l'unicorno.
"Pazzesco!" esclamò il papà, mentre prendeva l'antistaminico  contro l'allergia, lo stesso della moglie.
"Già, lo era anche per me, ma ora ci ho fatto l'abitudine. È da lei che vado la sera, prima di tornare a casa. Mi dispiace avervi mentito, ma non potevo proprio dirvelo, lei non era pronta e anche io."
A letto, quella notte, Francesca pensò che era proprio fortunata: aveva trovato in Astra un'amica e una confidente, le aveva confessato cose che aveva riferito a pochissimi, e si era fatta alcuni amici all'università. Astra era contenta per lei e anche i genitori. E lei, se lo sentiva, sarebbe rimasta amica di quell'unicorno per sempre.
   
 
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