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Autore: LaserGar    15/05/2022    0 recensioni
Yunix Braviery ha 16 anni. Dopo aver perso la memoria in circostanze ignote, il ragazzo, completamente solo, si è ritrovato a vagare in un mondo dominato dai Quirk, alla ricerca di una sistemazione stabile. La sua unica certezza è di aver commesso un crimine terribile, perciò mantiene un profilo basso, cercando di non avere contatti con nessuno. Dopo due mesi di vagabondaggio giunge alla sua meta che spera ponga fine alla sua 'fuga' intercontinentale: lo stato/città indipendente di Temigor, nella punta meridionale dell'isola del Kyushu. La città in questione, chiamata Kotetsu dai Giapponesi, per l'acciaio speciale che vi si ricava all'interno, è una metropoli ricca di persone provenienti da ogni dove. L'HG è l'accademia per eroi della città, capace di rivaleggiare contro lo U.A, per il titolo di scuola migliore per eroi. Nel frattempo, un cimelio del passato rinvenuto nella giungla sudamericana rischia di far sprofondare nel caos non solo Temigor, ma tutta la società degli Heroes. Yunix non sa ancora cosa l'aspetta quando si ritroverà faccia a faccia con il suo futuro e ovviamente il suo passato.
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Katsuki Bakugou, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Benvenuto tra gli Eroi - Parte Quarta: Catena gemella


Ore 17:47 - Infection, zona inferiore
 
Yunix si grattò la mano marchiata, ma le unghie affilate sembravano scivolare sulla pelle.

«Ma pensa, C&P, ti piace così tanto la mia carne?»

Nulla da fare. La scritta sembrava intoccabile. Sperò solo che non dovesse rimanergli tutta la vita. Altrimenti, si figurava già i passanti che lo indicavano a destra e a manca, neanche fosse un souvenir vecchio tre secoli.
Stava correndo assieme a Lex lungo la via alberata, facendo rintoccare il terreno di cristallo, come i tasti di uno xilofono. Sarebbe anche stata una bella melodia, se solo il passo del ragazzo dai capelli verdi non fosse stato zoppicante per le ferite. E nonostante questo, era in testa quell'arcierucolo.

«Muoviti, gli Heroes sono ancora lontani!» gridò Lex, affannato.

Yunix sbuffò, visibilmente contrariato. Non era fatto per le corse campestri. O invece magari... Uno strano pensiero si fece strada nel suo cervello.
“Ehi... pensa se fossi stato un maratoneta in passato. Non ci sarebbe limite al disonore che sto portando al mio vecchio me”. Yunix sorrise, poi si schiaffeggiò con entrambe le mani. “Non pensarci, diavolo! Incrocia le dita e stringi i denti, polmone bucato. Ne manca di tempo prima che io possa avere un quadro completo su di me”.

«E... e... cosa li ha trattenuti? Gli Heroes, intendo» chiese schiettamente, cercando di non sprecare fiato prezioso.

«Tsk. Se dovessi tirare a indovinare... gli altri villain. Non solo quelli assoldati da Armday, ma anche i restanti prigionieri del penitenziario portati quassù... alcuni perlomeno». Lex accelerò il passo, sfoderando la lastra, assicurata al braccio. «Pecore che seguono la massa. Mi disgustano!»

Il ragazzo, sprovvisto del mantello fatto a brandelli, era malconcio, ma la sua sopportazione al dolore era a dir poco incredibile.

«Quel villain si spezzerà le gambe cadendo, a meno che non sia finito nell’antigravità. Non vedo alcun bisogno di correre» affermò Yunix, accusando un leggero mal di testa.
“L’unico da cui devo guardarmi bene sono io. In fondo, ho provocato abbastanza problemi per un solo giorno”.

Lex tutto a un tratto si voltò e gli diede un calcio negli stinchi, mandandolo a scivolare sull’arkastro.

«Agh- Lex!»
Sentì la schiena accusare tutta la durezza del minerale. «Questa non te la...»

«Arriva!» ribatté agitato il ragazzo, sollevando la lastra.

Un corpo di mole enorme impattò sulla strada, innalzando una folata d’aria e polvere abbastanza forte da scompigliare a entrambi capelli e vestiti. Yunix si mise un braccio di fronte alla bocca, per ripararsi dai granelli più piccoli.

«Calma... nessuno può uscire indenne da una caduta del genere».

«Vogliamo scommettere, Yunix?» Il gigantesco e mostruoso sembiante fece la sua comparsa, ricoperto di sangue, ma sorridente. «È stato semplice, in realtà. Tac-tac. Un agevole scambio fra articolazioni e muscoli ha permesso alle mie gambe di diventare perfetti tronchi di carne privi di sensibilità. È un trucchetto che solo il mio Quirk può vantare...»

Lex divaricò le gambe e si mise di fronte a Yunix, che, esitante, si rimise in piedi.

«Altolà, generale! Avrai anche una spiccata capacità di uscire dalle situazioni critiche, ma devi accettare la realtà: sei senza sangue e senza energie» esclamò il ragazzo armato di scudo, senza osare abbassare la guardia.

Armday schioccò le dita.
«Non hai tutti i torti, tuttavia...» Un rigonfiamento apparve dietro al collo del generale, come se un’animale fosse rimasto rintanato dietro al soprabito blu da diversi minuti. Il gattino biancastro si arrampicò sulla testa del soldato. Era arruffato, ma incolume. Si doveva essere raggomitolato dentro l’uniforme.
«Eheheh! Eccoti qui, bellezza...» Il gattino fece le fusa. «Mi piacerebbe accarezzarti, accattone che non sei altro... ma ora... sono un tantino a secco, Elmer.»

“Gli ha dato un nome?” Yunix fece un passo indietro. “Non mi interessa se questo villain scappa, fintantoché io e Lex riusciremo a scappare a nostra volta”.

Non c’era margine d’errore. Stavolta era chiaro come il sole: il generale non era una minaccia. Ogni centimetro del suo corpo era ricoperto di escoriazioni o contusioni. Sfuggirgli sarebbe stato uno scherzetto.

«Lex, io... non so... tipo, hai presente...» arrossì, «voglio dire... non sarà una cosa molto coraggiosa... però...»

Lex alzò gli occhi al cielo.
«Deciditi. In battaglia non c’è tempo per l’incertezza...»

Armday grugnì e, alzando un braccio, lo indicò.

«Ma non lo vedi? Quel demone sta pensando solo a scappare! È un codardo, Eroe senza nome! Un fottuto codardo, che non ha idea di cosa covi davvero dentro di sé. Io voglio solo salvarti da lui, per Dio!»

«Non mi metterò a discutere con un villain!» dichiarò Lex, voltandosi verso il soldato.

Questi lo guardò, costernato.
«Io... non sono un villain! Non lo sono mai stato... D’altronde, nemmeno esistono i villain come li conoscete. Quella è solo una storiella, che serve a dipingere il mondo con solo il bianco e il nero. E invece tutto attorno a noi è puro e semplice grigio. Noi viviamo in un mondo insensato, pieno di angeli e demoni!»

Yunix represse un moto d’odio e si distese in un sorriso radioso, mettendosi una mano fra i capelli.

«Generale...  Non scappo mica perché ho paura di te. È solo che vorrei evitare di doverti uccidere!»

Questa volta la sua scenetta era perfetta e lo avrebbe ingannato, ma sotto la superficie Yunix stava calcolando tutte le possibili variabili.
“Non posso. Non posso farmi fregare di nuovo. Io... devo tornare dai miei compagni”.
Ridacchiò sicuro di sé, tanto che pure Lex apparve turbato.

Il soldato grugnì e sollevò un braccio.
«So di non avere forze per vincere una battaglia contro il discepolo di Copy&Paste, però non mi arrenderò, perché la mia fede nella vita non è in mio potere e deciderà da sola se e dove morirò!»

Ed improvvisamente, il corpo dell’uomo iniziò a brillare di bianco. Aspetta... No. Non era lui. Era il gatto che stava emettendo la luce.

«Ma che diavolo!?» esclamò Yunix.

Lex era sorpreso quanto lui. Dalle unghie del felino, come un piccolo faretto da giardino, si protendevano raggi chiari di luce bianca, che si avvolsero come onde concentriche attorno al generale. Solcarono con rapidità gli arti, le piastrine, il petto irsuto e fecero raddrizzare il soldato, colto dalla stessa sorpresa loro.
Non era semplice luce: Armday stava indubbiamente acquisendo una tonalità più salutare, come se nuovo sangue stesse venendo pompato nelle sue vene. Un’energia inspiegabile lo stava rinvigorendo e fu abbastanza accecante da celarlo alla vista.

«Un gatto... con un Quirk?» domandò Yunix, scuotendo la testa, incapace di schiarirsi le idee.

Lex, invece, più cauto, sollevò prontamente la lastra in protezione di entrambi, appena in tempo, prima che un gigantesco pugno li colpisse. Per quanto previdente, Lex non poté competere con quel colpo, che, complice l’aria innalzata dal mantello, gli fece perdere la posizione. Venne letteralmente scagliato fuori dalla strada, fin dentro un edificio, da cui piovve una nuova cascata di detriti.
La lastra, spinta via dall’aria che aveva essa stessa sollevato, scomparve oltre una polisportiva ghiacciata, roteò e si schiantò a terra con un fracasso. Yunix sobbalzò ad ogni colpo stridente del materiale che impattava sull’Arkastro, consapevole che ora la situazione si era complicata parecchio.

La luce bianca si affievolì, mentre il generale l’assorbiva dentro di sé.
«Gragghh! Nuovo... potere! Sì. Sembra che non sarò più solo in questa battaglia, demone. Ora Elmer è con me.. e non hai idea di quanto sarà facile schiacciarti».

Yunix impallidì e arretrò, cercando qualcosa che potesse salvarlo, qualunque cosa. Nelle tasche aveva il taccuino, la penna, basta. Anzi... c’era anche una sferetta. Una sferetta di ferro. Come c’era finita lì?
Si ricordò del ragazzo contro cui si era scontrato quel pomeriggio: sbattendogli contro, aveva ribaltato la sua sacca di biglie. Una doveva essergli finita in tasca, ma a che gli sarebbe servita contro quell’uomo, che pareva pieno di risorse e deciso ad ammazzarlo? Doveva scappare... via da quel posto!
Il generale fece qualche passo avanti e si preparò a colpire.

«Niente rancore, ragazzo, ma non posso lasciare uno come te a piede libero. Se stai fermo, in nome di Dio, ti giuro che sarò rapido...»

Yunix dardeggiò in direzione della mano, in cui la firma di Copy&Paste svettava vivida. Questa volta aveva le idee ben chiare.
“Basta scappare... Con il suo aiuto, nuova energia o no, posso tranquillamente batterlo!”

«Hai fatto il passo più lungo della gamba generale, spero che riporterai i tuoi ideali in carcere. Magari avrai più successo questa volta!»

Armday corrugò la fronte, ma non si perse d’animo. «Tu... non hai alcun interesse a diventare un eroe!»

Il ragazzo sbuffò, scuro in volto.
«Forse è vero, ma ciò non toglie che sarò io il più grande tra gli eroi!»

Si lasciò guidare dall’istinto e usò i palmi delle mani per raffigurare un abbozzo di ponte, indirizzato a canalizzare il potere. Distese le braccia.
“Non so nemmeno cosa sto facendo, ma se c’è qualcuno di così forte in questo mondo, così stupido da aver scelto me, saprà cosa fare, no? In fondo, non ho altre opzioni”. Yunix inquadrò con ferocia il generale. “Hanno detto che C&P è capace di copiare gli oggetti, accelerandone moto e chissà cos’altro... Forse, se copiassi solo la sua testa, o un suo braccio... e subito li facessi cozzare insieme, potrei fermarlo. Non mi resta che provare!”

Risoluto, cercò un potere innato dentro di sé.

«Sei un pazzo se pensi di poter controllare quel potere...» disse Armday, per nulla preoccupato. «Dio sa... quanto quegli insidiosi Quirk sono la morte della civiltà e lo so anche io».

Yunix sogghignò.
«Mi sottovaluti!»

Il generale scrollò le spalle e fece un passo avanti dopo l’altro.

“Bene... è il momento di...” Diede una scossa alle braccia. Non accadde nulla. Il soldato era a quattro metri. “Dai...”
Tre metri.

«C&P, sono pronto!» urlò al cielo fittizio d’Infection.
Due metri.
Il generale non aveva per niente l’aria di essere spaventato da lui.
Yunix diede un’altra scossa, poi sbarrò gli occhi, impaurito.
Un metro.
“Non mi lascerai mica morire, vero?”

«NUCLEAR...»

Tutto rallentò. Yunix si divise dal corpo e divenne aria, divenne il terreno, divenne gli alberi. Vide sé stesso, smarrito, in procinto di essere ucciso da una raffica di colpi a massima potenza.
Poi, vide altre cose. C’era Kane, che nel nido accogliente dell’accademia, sfogliava leggiadro le pagine di un libro. C’era Hainard che colpiva un sacco da box, con guantoni di gomma. C’era Shig che coordinava la costruzione di una torre d’avvistamento. C’era anche Ten Ken. Lo vide sulla prua di un impensabile battello, diretto verso chissà quale avventura.
Yunix assorbì tutte quelle calorose immagini, probabilmente neanche reali, ma le sue membra rimasero fredde.

“Lo so che mi sto comportando da codardo... ma è così sbagliato non volere morire? È così sbagliato voler tornare da loro, sano e salvo?”

Visi immersi nell’oblio lo guardarono, cercando d’insinuarsi sotto la sua pelle.

“NO... Non è sbagliato. Però... sarebbe sufficiente che avessero un ricordo di me che sia degno! Se io non posso ricordarmi di me stesso, vorrei che lo facessero almeno loro... e perché sono morto da eroe, non da vigliacco. Un’occasione è tutto ciò che chiedo!”

Yunix gridò, nel vuoto bianco della sua coscienza. Spazzò via i volti, spazzò via i timori, spazzò via i pensieri negativi e quelli positivi, con un impeto tale da ubriacarlo momentaneamente di potere, ma la vera battaglia iniziava ora. Yunix aprì gli occhi e tornò in sé.

«... BARRA-...»

«Copia infinita... 14° Legione!»

Gli occhi del generale si sollevarono verso l’alto, diventando vitrei. Come un eco sempre fievole, quattordici immagini gradualmente più sbiadite del suo corpo si proiettarono dietro all’uomo, in procinto di colpire.

«Scompari, fantasma e torna nell’oblio da cui sei sorto...» sussurrò Yunix implacabile, pronto a concludere il lavoro.

Ma subito spalancò le palpebre. Armday stava rompendo lo schema. La sua copia più prossima tese una mano e lo afferrò.

«Non sono un fantasma!» gridò, imbevuto di adrenalina. «Sono solo un demone che uccide gli altri demoni e tu hai appena dimostrato...» l’altro braccio di Armday si allargò a dimensioni folli, le dimensioni di un grattacielo, «di essere il più pericoloso demone di tutta la terra!»

Il ragazzo era completamente destabilizzato.

«Com’è... com’è possibile che tu abbia sgominato questa mossa!?»

C’era una sola spiegazione plausibile. Nel momento in cui il Quirk era entrato in contatto con Armday, egli aveva rinunciato ad attaccare. In quanto mossa difensiva, 14° Legione avrebbe agito a piena potenza solo contro un bersaglio in atto di attaccare. Non si chiese come faceva a saperlo, né si chiese come il generale lo avesse compreso. Si preoccupò solo di portare a termine il lavoro. Fece brillare gli ingranaggi nei propri occhi di un vivido azzurro-ghiaccio.

«Ma a questo punto... ti aspetta il dominio eterno!»

«Con chi sto parlando, Yunix o Copy&Paste!?» esclamò Armday, attaccando con il braccio.

“Non lo so... e francamente... non mi importa. Io voglio solo...”

Un flash nero.

Yunix avvertì una fitta alla testa.
Si trovava su una strada notturna, sconvolta dalla pioggia. Attorno a lui c’erano non meno di quattro persone riverse sul terreno, in pozze di sangue diluito dall’acqua. Tre uomini e una donna. Di fronte a lui, oltre le strisce pedonali smacchiate, c’era un altro uomo seduto, che lo guardava con assoluto disprezzo, ma anche delirante paura. Sembrava muscoloso. I capelli biondi erano sciolti dalla pioggia, al pari di gelatina. Cicatrici di guerra gli solcavano il viso e un tre-colpi vecchio stile giaceva sul suo grembo, abbandonato a sé stesso.
Era Armday.
Lo derise con gli occhi, un assurdo senso di prevaricazione che lo avvolgeva.

«Prova a uccidermi, ti prego... Forse tu, forse tu ne potresti essere capace!»

La propria voce era completamente sadica e fuori controllo. La pioggia batteva silenziosa sui cofani delle macchine spente, i battelli del porto ondeggiavano sulle onde burrascose.

Yunix fu riportato alla realtà da una mano, che lo strappò alla presa di Armday, dal colletto. Era una sagoma abbozzata, emersa dal nero di un vicolo, come un’ombra. Gli sussurrò qualcosa all’orecchio.

«Nel sottomondo...»

Venne strappato a forza dal soldato e una catena gli si avvolse al braccio. Ma non venne trascinato in alto o a destra, oppure a sinistra, bensì verso il basso. Prima che potesse prendere una boccata d’aria, si ritrovò immerso nell’asfalto. L’impressione fu quella di essere sprofondato all’interno di una vasca di schiuma nera e rossa. Si guardò attorno e vide solo terra sanguinolenta e truce. Era certo che se avesse provato a respirare, le narici si sarebbero riempite di terriccio bruciato e sarebbe morto, sepolto in quella città monumentale. Uno scheletro nel mausoleo di Copy&Paste. La catena lo trascinava ancora e a gran velocità. Le si aggrappò anche con l’altra mano, deciso a non aprire naso o bocca.
Nuotò e contemporaneamente mantenne vispi gli occhi, con i quali scorgeva di tanto in tanto una strana visione rossastra di edifici d’ossidiana ribaltati. Se avesse dovuto tirare a indovinare, avrebbe detto che era la città d’Infection, a venti metri sopra di lui.

«Questo è il sottomondo. Respira pure. Non morirai. Presto saremo su».

Una voce famigliare, ma soffocata e repressa, come se provenisse dalle profondità dell’oceano risuonò tutto attorno alla sua posizione. Non gli restò altro da fare che dargli ascolto e già pronto a biasimare la sua stupidità, inalò la terra nera. Fu decisamente meno peggio di quanto si aspettava. Era semplice aria, forse un po’ viziata, forse un po’ abbrustolita. Gli ricordò l’odore di una fucina. Non fece in tempo a farvi l’abitudine, perché la catena lo trascinò in alto.

Yunix emerse dalla terra con la stessa rapidità con cui vi era piombato. Era in una viuzza stretta, in mezzo all’acciaio di Temigor. Incespicò ed inciampò su sé stesso, incapace di rimanere al passo con quella forza che lo trascinava. La figura di prima lo agguantò all’improvviso, prevenendo la sua caduta. Yunix aprì gli occhi, sbalordito. Riconobbe le scritte in cinese sul cuoio lucido e la fascia rossa tra i capelli.

«Sakuro?»

Pensò subito al gemello più loquace, che aveva assunto il ruolo di comando nei momenti più salienti al cantiere, ma il ragazzo che lo aveva salvato aveva la catena avvinta al braccio sinistro.

«No... Tu sei... Sekiro».

Il gemello silenzioso, che lo aveva guardato torvo per tutto il tempo da quando si erano incontrati, fece un breve cenno d’assenso, mentre piroettava con grande destrezza da un vicolo all’altro.

«Ma come...?»

La voce tonante di Armday scosse il terreno.
«NON LO PORTERAI VIA DA ME!»

Sekiro sbuffò appena e si affrettò a premere il palmo della mano sulla nuca di Yunix.

«Abbassati, ora».

Il ragazzo si appiattì per quanto poté, lasciando che il ragazzo vestito da guerriero facesse il resto. Non fu preparato al tremendo frastuono e disastro che seguì. Gli edifici cristallizzati attorno a loro tremarono e furono abbattuti con una forza disarmante. Yunix si tappò le orecchie ed avvertì la catena tendersi, poi un braccio di mole gigantesca gli passò di fronte alla retina e il ragazzo si sentì strappato dal suolo. In mezzo a una montagna di detriti, vide Sekiro a circa dieci metri, agganciato a lui tramite la catena, separarsi dall’arto colossale e abbandonarsi nell’aria, schermandosi il viso come poteva. Lo imitò immediatamente, ma non per questo riuscì ad evitare che piccoli frammenti di cemento gli scheggiassero braccia e gambe.

“Non possiamo batterlo... Non possiamo. E Sekiro sicuramente è una spanna sopra a Lex, che già di base era molto forte”.
Insieme, volarono nel cielo, evitando a malapena i tetti e i comignoli dei complessi residenziali.
“In fin dei conti, siamo solo ragazzi”.

Non ci fu tempo di pensare a qualche via di salvezza, perché una larga strada, vicina a quello che doveva essere il centro d’Infection, si dipanò di fronte a loro.

«Merda... Sto... sto per...»

La catena si avvolse attorno a un lampione incastonato nell’arkastro e si tese così tenacemente, che Yunix avvertì il proprio braccio sinistro rompersi. Gemendo, rovinò a terra, rischiando di tagliarsi in due il collo con la temibile falce sulla sommità dell’arma. Sekiro aveva subito la stessa sorte e si teneva il braccio con una mano, ansimando forte per non gridare.
Yunix si sottrasse alla morsa della catena e sentì le ossa del braccio piegarsi orribilmente. La nebbia informe del minerale si diffuse tutto attorno a loro. Armday doveva avere abbattuto più di quindici edifici. Questo li avrebbe celati alla vista, almeno per un po’.

«Perché vuole ucciderti?»

«Non lo so, ma ha a che fare col mio passato». Sekiro annuì gravemente e tirò a sé la falce come l’ancora di una nave pronta a salpare. «Possiamo fare qualcosa, Sekiro? Per sopravvivere?» domandò Yunix, teso.

Il ragazzo piegò la testa, come se fosse stato interrogato da una specie di scimmia, poi lo guardò ostile e strinse la sommità dell’arma con la mano destra, nonostante emergesse dal braccio sinistro rotto.

«L’arma non ti ha ferito» constatò Sekiro.

Se Lex era taciturno, il gemello mancava poco che fosse muto dal gran che era conciso.
Yunix si guardò attorno. Nubi azzurrine si trasfiguravano in mostri di ogni genere tutto attorno a loro, ma molto presto... sarebbero stati visibili.

«Dobbiamo muoverci se vogliamo scappare» ritentò Yunix, stringendo i denti per il dolore.

Sekiro gli fece segno di stare in silenzio e il ragazzo eseguì, riluttante. Il combattente si rimise in piedi, facendo roteare silenziosamente la falce con la mano destra.

«È già qui...»

Yunix spalancò gli occhi.
«Ma come... come fa a sapere dove sono?» chiese, abbassando la voce.

Sekiro indicò la sua mano. La scritta C&P riluceva ghiacciata sul dorso.
“Che gli altri la vedano più luminosa? In effetti, quando Armday stava per attaccarmi, mi è sembrato che i suoi occhi si riempissero di vetro, ma forse... forse era solo la luce accecante della firma”.

Doveva proprio ringraziare il suo senso di osservazione. Tuttavia... No... Per quanto luccicante, come faceva quella scritta a vedersi oltre la nebbia? Il lieve rumore di un ciottolo che rotolava gli giunse all’orecchio da qualche parte a nord della strada.

Subito, fece un salto indietro e si girò, scrutando spaventato la foschia.
Sekiro lo fiancheggiò, senza alcuna reazione significativa.

«Shhh... hai qualche proiettile?» gli sussurrò all’orecchio. Yunix iniziò a scuotere lentamente la testa, incapace di distogliere lo sguardo dall’aria fumosa e misteriosa che li circondava. «Se non hai nulla, corri il più lontano possibile da qui».

Il ragazzo dai capelli neri avanzò, continuando a far mulinare con perizia il temibile arnese. Doveva fare una fatica estrema con quel braccio fratturato.

Yunix si batté una mano sulla fronte.
“Aspetta, ma io ho qualcosa da lanciare”.

Strinse la sferetta nella sua tasca tra le dita della mano destra.
«Sekiro...»

BAM!

Una Toyota arrugginita colpì l’edificio alle sue spalle ed esplose con un botto. Ciò contro cui era impattata non era nient'altro che una banca sostenuta da colonne cristallizzate, salvaguardata dal deterioramento del tempo, ma non poté reggere quell’attacco a piena potenza, anche perché... 

“L’arkastro... potrebbe aver indebolito...” Yunix ripiegò sulla strada, guardando i pilastri crollare. “... il cemento”.

Sekiro lo brancò e lo trasse in salvo, prima che i detriti gli rovinassero addosso.
«Non conosce la nostra posizione precisa» disse in un sussurro.

«Ho notato, mister ombrosità» rispose il ragazzo tra i denti, rimettendosi in piedi. «Non trattarmi come una principessa in difficoltà. Io ho la benedizione di Copy&Paste. Non ho bisogno del tuo sottomondo».

«Ma è quella benedizione il problema...» ribatté Sekiro sibillino, proiettando appariscente odio dall’occhio sinistro.
Chissà perché era così mal disposto nei suoi confronti.

Yunix scosse la testa, nascondendo il marchio alla vista.
«Non può vederlo attraverso la polvere del minerale. O mi sbaglio?»

Non ebbe risposta.
“Non sto dando i numeri... Non adesso, almeno. Se solo questo tipo fosse più chiaro, le rare volte che parla”. Tornò ad osservare il marchio. “Se non è la luce... pensa... pensaci!”
L’arkastro dissolto era più fitto che mai e rendeva opaco pure il guerriero ninja alla vista, che aveva ripreso a far roteare la sua falce.

“La nube! La nube è il problema”. Yunix alzò la mano marchiata. “Se il potere di C&P è creare copie di oggetti, non è forse possibile... che io stia inconsciamente duplicando tutte le particelle di Arkastro attorno a noi?”

Sekiro confermò la sua teoria con la solita schiettezza.
«È a pochi metri. Avrà faticato a trovare il flusso più intenso».

Il braccio rotto di Yunix pulsava orribilmente. Come faceva Sekiro a mantenere quella compostezza, nella sua stessa situazione? Non era un ragazzo anche lui? Perché stava rischiando la vita per un vile egoista?

«Se non hai oggetti da lanciare... Siamo morti» dichiarò questi, rassegnato.

«EHILA’, DEMONE! Passato l’istinto omicida!?»
Armday fece la sua comparsa in mezzo allo stradone, calciando via i detriti sul percorso. «Gli Heroes saranno presto qui! Spero potrai comprendere che non posso più essere misericordioso con coloro che ti proteggono! Artiglieria pesante -4- Fuoco Improvviso!»

Il generale strinse due Cadillac fra i pugni enormi e si preparò a scagliarle.
Yunix provò un senso di panico.

“No... Non morire per me! Non ne vale la pena!”

Agì d’impulso.

«Sekiro, prendi!»

Lanciò la sferetta.
Il ragazzo nemmeno si voltò.

«Potevi anche darmela prima...»

Tuttavia, sorrise e si rizzò in piedi. Lasciò che il proiettile lo oltrepassasse e con precisione millimetrica la colpì con la falce, che vorticava alla massima velocità. La pietruzza si diresse contro il generale.
Yunix sollevò le braccia. Aveva capito il meccanismo. Doveva abbandonare il suo corpo e C&P avrebbe fatto il resto.

«Just a little print!»

Yunix riacquisì il controllo in un battito di ciglia.
“Che nome stupido... Dovevi proprio essere un goduto bastardo, Copy&Paste”.

La sferetta si moltiplicò, una, due, tre, dieci, venti volte e il suo moto si accelerò fino a quello che a Yunix parve l’infinito.
Armday ringhiò e usò le macchine come scudo. Come una scarica di martellate, le sferette spazzarono via lo scudo improvvisato, spingendo il villain all’indietro, senza colpirlo alla massima potenza, ma esercitando comunque una forza devastante.

«Non è evidente!?» fece eco il generale, nell’impeto del colpo. «AGGH! Il tuo potere... è quello di un demone e dovrebbe rimanere sepolto!»

«È la nostra occasione, andiamo!» gridò Sekiro e corse verso Yunix.

“Eh? Non vorrà mica...?”
Il ragazzo sudò freddo e cercò di trovare una scusa valida.

«Tranquillo non c’è bisogno che...»

«Nel sottomondo».

Lo prese per il collo, soffocandolo e lo trasse sottoterra. Il marrone-rossastro lo avvolse come acqua oceanica. Aveva il sospetto che Sekiro stesse stringendo con un po’ troppa forza... non che potesse farci molto, comunque.

Nella rinnovata tranquillità dei rumori attutiti, Yunix si fece due domande sul comportamento del villain. Voleva farlo fuori. Questo era evidente, ma perché con tale fervore? C’entrava col suo ricordo? Quella strada nera come la pece, viscida per la pioggia. Sì, quella notte era successo qualcosa di tremendo. Come lo aveva chiamato? Demone... Demone dagli occhi di ghiaccio. In quei giorni, diverse persone avevano fatto riferimento alla stranezza dei suoi occhi, ma allo specchio, Yunix aveva visto semplici occhi grigiastri, banali, normali, come del resto tutta la sua persona.

Eppure, forse anche quelli apparivano diversi agli altri sguardi, proprio come il marchio.
C&P... Pensare al simbolo sulla sua mano, gli fece ricordare tutte le parole di Lex e Armday.

«Tu... Non sei un ragazzino! Sei un demone... Un demone dagli occhi di ghiaccio...»

Perché? Cos’è che aveva fatto per meritarsi un titolo del genere?

«L’unico che ha l’intento omicida nel sangue tra noi due sei tu e quel falso eroe che tutti venerate. Proprio come in quella dannata notte, in cui hai mostrato tutta la tua natura distruttiva. Se pensi davvero che mettere te stesso davanti agli altri sia vivere, allora forse non sai cosa si prova davvero a farlo!»

È per questo che doveva tornare a tutti i costi dai suoi compagni. O almeno... fare in modo di far rivivere in loro il suo ricordo.
E Copy&Paste? Perché? Perché lo aveva scelto?

«No, no... Siete tre... Copy&Paste... è venuto a proteggere il suo successore».

La voce di Lex seguì quella di Armday: «È il marchio di Copy&Paste, che è poi il nome del suo Quirk. Mai un eroe di Temigor è stato più leggendario di lui... mai un eroe si è spinto dove lui si è spinto».

«
Il tuo potere... è quello di un demone e dovrebbe rimanere sepolto!»

Yunix aprì gli occhi, osservando il vuoto rossiccio della terra.
“Non è il mio potere. Non so nulla di Copy&Paste e non potrebbe fregarmene di meno di quale sia il suo obbiettivo... ma su una cosa a ragione quel generale... usando il suo potere, non sono meglio di lui”.

La voce di Armday risuonò un’ultima volta nella sua mente.

«Laddove né un eroe, né un villain s’impegneranno a fermare l’ascesa di un demone... io, qui di fronte al mio Dio lo giuro, farò tutto ciò che è in mio potere per proteggere il mondo dalla sua ombra!»

Si sentì trascinato verso l’alto. Stavano tornando in superficie. L’odore di terriccio sepolcrale si faceva già meno intenso.

“Forse è vero che non ci sono schieramenti chiari, generale. Forse ho sbagliato a pensare che tu fossi solo un villain qualunque. Forse hai davvero delle buone ragioni per volermi eliminare”.
Yunix sorrise. Finalmente i suoi pensieri erano chiari.

“Però, caro Armday, questa è una lotta per la sopravvivenza... e io non ho alcuna intenzione... alcuna intenzione di morire, prima che il mio passato sarà svelato, prima che i miei amici possano intravedere un’immagine migliore di me, prima che io possa diventare il più grande tra gli eroi!”.

Emersero dalla terra, come due tuffatori olimpionici. Sekiro lo lasciò sull’asfalto e atterrò in piedi. La foschia era scomparsa.

«Ok, dovremmo aver messo almeno un kilometro tra noi e lui».

Fece appena in tempo a finire la frase che una possente mano piena di cicatrici lo agguantò e lo tirò su per il bavero.
Yunix, prono sull’arkastro, trattenne il respiro.

Armday giganteggiava su di loro, stringendo forte Sekiro, che senza un lamento cercava di liberarsi.

«È un bel potere il tuo, Catenella... Ma una volta che i trucchi sono svelati non c’è dio che ti possa proteggere».

Il ragazzo cercò di far scivolare la catena lungo il braccio fratturato, ma Armday se ne accorse e afferrò la falce fra le dita, stando attento a non ferire nessuno dei due.

Yunix si mise in piedi.
«Come hai fatto a seguirci?»

«L’ombra, piccolo demone. Anche con voi al sicuro la sotto, la vostra ombra è rimasta ben visibile sulla superficie. Forse pensava che sarei cascato nello stesso trucchetto due volte, eheh!»

Yunix deglutì, afferrando una scheggia affilata di minerale.
“È incredibilmente percettivo. Tutto ciò che gli viene scagliato contro... tutto ciò che vede e sente, tutti i Quirk che incontra... Li subisce la prima volta, a piena potenza, ma poi riesce a contrastarli la seconda. È proprio... Riesce sempre a...”

«Tattica e duttilità, Yunix Braviery. Il segreto per essere un buon generale, assieme alla strategia. Il mio Quirk non sarà il temibile potere di Copy&Paste, ma si adatta al mio stile... lo stile di un veterano».

Il generale sorrideva, come uno squalo dai denti seghettati.

«Idiota» bisbigliò Sekiro, appeso per il colletto a trenta centimetri dal suolo, con la voce rotta dallo sforzo. «Pensi che combatterei mai così a lungo senza mio fratello?»

Un vorticoso movimento dietro una macchina. Una piroetta acrobatica. Una figura snella apparve alle spalle di Armday, inconsapevole di tutto.

«Shiraaaajjjj!!» gridò Sakuro spiccando un salto folle.

Roteò nell’aria, come un campione di arti marziali, e sferrò un calcio alla guancia destra di Armday, che si stava girando proprio in quel momento. Il colpo fu così mirato che Yunix credette di vedere la mandibola del generale deformarsi sotto la pelle. La stangata lo fece vacillare e Sakuro ne approfittò per arrampicarsi sulla sua nuca. Con una mossa acrobatica sottrasse il fratello alla presa del generale e usò quest’ultimo per proiettarsi in avanti.

Yunix si sentì stretto nelle robuste braccia del gemello "più solare", che lo trascinò assieme a Sekiro a debita distanza dal generale. Li teneva come due sacchi di patate e a ragion veduta Yunix si sentì un po’ a disagio, però la meraviglia per la manovra che il ragazzo aveva appena effettuato prevalse.
Con una leggiadra giravolta, questi si volse a guardare il villain, lasciando i due ragazzi dietro di sé.

«Wow» sussurrò Yunix. «Sei proprio un... one man army!»

Il gemello dalla falce destra ammiccò fieramente, senza azzardare che un sorrisetto.

«Forse è un’ipotesi campata per aria, ma ho ragione di credere che mi alleni da più tempo di tutti gli altri partecipanti a questo test, incluso mio fratello. Certo, ho ancora molto da imparare e il mio Quirk è mediocre, però... mi ritengo un discreto combattente».

Yunix non poté far altro che pensare a quanto fosse figo. Il secondo tramonto d’Infection stava facendo la sua comparsa. Erano quasi le 18:00, allora. Perché gli Heroes ci stavano mettendo così tanto?

Dall’altra parte della strada, Armday si riassestò il viso con uno sguardo feroce. Gocciole di sangue gli colavano lungo le labbra. Inoltre, il suo intero corpo era martoriato da far schifo. Come faceva a reggersi in piedi?

«Eheh... Anche tu. Tutti gli sgherri del demone accorrono in sua protezione... Dunque, è qui la festa! Ma nemmeno io combatto da solo, nossignore».

Dai capelli dell’uomo emerse il musetto baffuto di un gatto.

Yunix sussultò.
«Ecco dov’era...»

Nonostante il filo spinato, il felino dai poteri inspiegabili si era trovato un alloggio pressoché comodo.

«Che ci fa lì un gatto?» chiese Sakuro.

«È un problema» rispose Yunix. «È grazie a quell’animale che è riuscito a recuperare tutte le forze. Non ho idea di come faccia ad avere un Quirk, ma è capace... di rimettere il villain in sesto. Completamente. Se non gli sottraiamo il gatto, potrebbe essere impossibile fermarlo».

Subito dopo, infatti, il gatto s’illuminò di bianco. Questa volta però il processo acquisì nuovi inaspettati risultati. Le fattezze dell’animale si alterarono rozzamente. Il corpo s’inarcò verso l’alto, come un ponte. Le quattro zampe s’irrobustirono e culminarono in artigli di luce lattea. Una serie di cristalli, simili a scaglie si manifestarono sulla sua schiena ricurva, come quelle di uno stegodonte. Il viso si appiattì e la macchia nera uniforme attorno all’occhio divenne una sezione di pelle maculata sotto il collo inspessito.

Miagolò e il verso dell’animale si amplificò oltre ogni previsione, come il do diesis di un organo.

«Non mi sembra che sia andata allo stesso modo, ragazzino...» bisbigliò Sekiro a voce bassissima, con aria di biasimo.

Yunix non seppe cosa dire.

Armday sorrise di nuovo, stringendo i pugni fino a farli sanguinare.
Col viso illuminato dal fulgore fatiscente, la bocca grondante sangue, gli occhi esasperati, incorniciati di rosso, il portamento ingobbito, le spalle incurvate in avanti, il villain sembrava un vero e proprio mostro. Yunix non aveva dubbi che il passato di quel soldato stesse tornando a galla, tutto in una volta. Poteva appellarsi a Dio quanto voleva, ma sicuramente conviveva con ben più di un fantasma nell’armadio. Anche lui, in fondo, era un demone. Lo aveva pure ammesso. Il suo passato se lo portava addietro in un carico invisibile, senza dubbio, ma anche opprimente.
“Però almeno lui il passato ce l’ha!”.

Il generale ammiccò.

«Tutto vero, ma io che ho avvertito l’energia di questa bestiola sulla mia pellaccia, sapevo bene che il suo potere non finiva lì. Non avete modo di battermi, non importa quanti altri accorreranno. Non lo vedete!?» chiese indicando la creatura semi-prestorica, che ruggiva accanto a lui. «Lui è un angelo sceso dal Paradiso di nome Elmer Grayne. Assieme a lui, Yunix Braviery, sono senza tanti giri di parole infermabile».

Yunix strinse forte la scheggia di pietra tra le dita.
“Possiamo resistere fino all’arrivo degli Heroes?”

Sakuro, ben saldo sulle gambe, sembrava fresco e pronto a combattere, ma Sekiro era conciato male anche se non lo dava a vedere.
“Col braccio rotto, non è granché utile e io sono l’ultimo su cui contare. Forse in tre potremmo pure contenere Armday, ma il gatto mannaro o quello che è ci squarcerà la gola, ancor prima di avvicinarci. No. Non abbiamo idea di cosa sia capace quella creatura”.

Sentì il battito del proprio cuore accelerare.

"A questo punto, non ha senso girarci attorno. Se io muoio, i gemelli potrebbero sopravvivere... Però..." 
Il sudore colava sui suoi vestiti stracciati e sulle sue mani impolverate.

“Coraggio. Coraggio... Ho accettato la possibilità di morire mesi fa”. Si mise in ginocchio, incapace di guardare altrove che per terra. “Shigoto Andawa, Kane Starfire, Hainard Tower. Voglio lasciarvi la parte migliore di me”.

Yunix barcollò sentendo le gambe cedevoli sotto la pressione.
“Già. Il mio ricordo sarà inoffensivo ed eroico... come io non sarò mai. I gemelli si assicureranno di tramandarlo, ne sono certo”.

Si morse il labbro, corrugò le sopracciglia, strinse i pugni e dischiuse le labbra.

«Arm-...»

«“Oh mio dio, che faremo ora?” “Non abbiamo possibilità di vincere!” “Ci rimetteremo la pelle, per certo!”»
Sakuro iniziò a parlare con la consueta voce tetra, in un qualche modo rassicurante. «È pronunciare queste frasi ciò che le fa avverare».

Il guerriero si stagliava di fronte ai ragazzi con la falce pronta a colpire. L’occhio destro, il più visibile, era acuto come quello di un falco, rosso cremisi. «Dando voce ai nostri timori, li rendiamo più reali. I pensieri sono vivi. Si trasmettono lungo gli anelli delle catene che ci tengono uniti, catene nere come questa. Nere per i nostri pensieri impuri».

Sakuro tese la catena color dell’ebano di fronte ad Armday, che ascoltava, rapito.
«Ma proprio perché sono vivi, devono rimanere in catene, a meno che non si voglia liberarli. Se ora dicessi che non ho possibilità di battervi, credete davvero che avrei anche l’1 per cento di probabilità di farlo?»

Il guerriero fece no col dito, schioccando a tempo la lingua.

«NAY! Al contrario, se dicessi che ho tutte le carte in regola per sconfiggervi, forse uno scenario in cui vinco si aprirà di fronte a me. Dico bene, Capelli grigi?» Si rivolse a Yunix che si ritrovò a guardare un occhio pieno di genuina fede in lui. «Non dirmi che non l’hai compreso, magico osservatore. Chooki... Pensi forse che abbia battuto il villain del baseball, per un colpo di fortuna? NAY! L’ha fatto perché sapeva di avere perlomeno l’1 per cento di possibilità di vincere».

Al ragazzo dai capelli grigi brillarono gli occhi.
“L’1%?”

«Non gettare via la tua vita se non sei certo che non ci sia altra scelta. Noi saremo eroi, caro esaminatore. E le basse probabilità di successo saranno il nostro pane quotidiano!»

Armday s’intromise sghignazzando.
«Morire sarà il vostro pane quotidiano, semmai; una via senza uscita verso una morte grigia, sopravvalutata...»

«Non sarà sopravvalutata, se sarà servita a ritardare la morte di un altro essere umano». Sakuro iniziò a far mulinare la falce, con autorevole fierezza. «In un modo o nell’altro, noi rimarremo qui a combattere, fino allo stremo. Perché è questo che fanno gli eroi. Salvano indiscriminatamente».

Yunix era estasiato. Sekiro annuì e si mise a fianco del fratello, respirando affannosamente.

«Sempre con te... fratello».

“Salvare tutti... senza preferenze o discriminazioni. Sono questi gli Heroes?”

I due guerrieri si stagliavano di fronte a lui.
Gli sembrò di udire la voce di Inai in lontananza: «Benvenuto, giovane rampollo. Benvenuto fra gli eroi!»

E senza rendersene conto, si schierò a fianco dei gemelli, la scheggia nella mano destra. «Non serve dire altro. Per una volta, voglio essere coraggioso pure io».

Armday alzò le braccia e contrasse i muscoli, mentre il misterioso gatto Elmer si rizzava sulle gambe in posizione d’attacco.

«Ora non me la prenderò più comoda, per l’amor di Dio! Sono un soldato, un generale e un demone. Userò ogni mia singola mossa, pur di ucciderlo e in questo modo... solo in questo modo, il mondo sarà salvo!»

Sakuro abbandonò l’espressione seria, per un gioviale sorrisetto.

«Okay, dunque». La velocità di rotazione della falce divenne quasi supersonica. «Mi sa che dovranno imbandire un bel banchetto per quando finirà il test, cari fratelli miei, perché sembra che dovrò davvero essere il vostro “one man army”. Preparatevi... a essere carriati hard!»



Note d'autore:
A voi il nuovo capitolo. Il test d'ingresso è ormai concluso, ma finché Armday non sarà sconfitto la speranza di un futuro non sarà garantita per i nostri giovani eroi. E quale sarà il vero obiettivo di Copy&Paste? Il generale ha forse visto più lontano di tutti? Non resta che attendere il prossimo capitolo per risposte e nuove domande. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e arrivederci!

   
 
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