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Autore: FalbaLove    18/05/2022    0 recensioni
Quando la tua vita non potrebbe andare peggio, non c'è alcun'altra soluzione se non cambiare continente. E l'Inghilterra, in cui ti aspetta la tua migliore amica, sembra il posto ideale per ricominciare da capo. A meno che tu non ti imbatta in un cafone dai capelli corvini. Lo stesso con cui la tua esistenza, pare, essere saldamente legata.
Ma prima che tu ti faccia troppo coinvolgere tieni bene a mente una cosa: tutti nascondo almeno un segreto. E i protagonisti di questa storia non sono da meno.
Genere: Mistero, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Ino Yamanaka, Sakura Haruno, Tenten | Coppie: Hinata/Naruto, Kiba/Ino, Neji/TenTen, Sai/Ino, Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
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Tenten respirò a pieni polmoni l’aria fresca e frizzante di quella sera autunnale: i suoi muscoli, caldi per l’allenamento appena concluso, si ribellarono a quel freddo, ma la ragazza non ci badò. Con le guance arrossate dalla fatica, si rifugiò ulteriormente nel suo cappotto iniziando ad incamminarsi vero il suo dormitorio. La notizia che le aveva detto Gai l’aveva resa talmente tanto felice che si era allenata senza badare allo sforzo o alle occhiate insistenti di Neji. Si sentiva leggera come una farfalla e ad ogni suo passo le sembrava di camminare sulle nuvole. Canticchiando una canzone si mise a passeggiare lentamente per il cortile buio e deserto quando ad un certo punto il suo cellulare squillò. Improvvisamente le vennero in mente le chiamate da parte di Anko che aveva rifiutato per tutta la giornata. Si era ripromessa di chiamarla, ma se ne era completamente dimenticata. Cercò per alcuni secondi nel borsone il suo telefono, ma quando lesse il mittente della chiamata sul suo display la sua faccia si inscurì: stranamente non era Anko, ma Mebuki. Non era strana in sé la chiamata perché la mamma di Sakura era una presenza fissa nella sua vita e quasi ogni settimana la chiamava preoccupata per sapere come stesse e se mangiasse, ma l’orario era decisamente insolito. Incuriosita e leggermente preoccupata avvicinò il telefono all’orecchio.
-Pronto?- mormorò poco decisa sentendosi improvvisamente stanca e affaticata. Dall’altro capo del telefono percepì chiaramene la mamma della sua migliore amica schiarirsi la voce.
-Tenten- bisbigliò la donna con uno strano tono di voce, estremamente flebile e debole. Tenten, immobile, si inumidì le labbra con la lingua non riuscendo a trovare risposte alle sue domande.
-Ciao Mebuki- sibilò con un filo di voce, ma la donna rimase in silenzio.
-Mebuki, mi senti?- domandò riprendendo a camminare e domandandosi come mai sentisse ora così tanto freddo. La sua interlocutrice bisbigliò qualcosa in lontananza, ma la castana non capì a chi si stesse rivolgendo.
-Hai già parlato con Sakura?- le domandò cercando di mantenere il suo normale tono di voce, ma le sue parole vacillarono nell’aria.
-No- rispose in maniera diretta chiedendosi cosa ci fosse che non andasse. La mamma della sua migliore amica inspirò ed espirò pesantemente per alcuni secondi cercando di trattenere quelli che sembravano dei singhiozzi.
-Tenten- sussurrò Mebuki e la castana capì immediatamente che qualcosa non andava. Come pietrificata si fermò mentre ogni suo arto si fece troppo pesante da sostenere.
-Mi dispiace tanto piccola mia, ma Anko non c’è più- e in quel preciso momento Tenten percepì qualcosa rompersi all’altezza del suo cuore. Priva e svuotata di ogni energia, lasciò scivolare il cellulare dalle sue dita che cadde a terra: dall’altra parte della cornetta la voce preoccupata di Mebuki pronunciava il suo nome, ma inutilmente. Il mondo intorno alla castana scivolò via veloce mentre il buio di quella notte sembrò inglobarla silenziosamente. Tenten cercò di dire qualcosa, ma era come se fosse lei stessa imprigionata nel suo corpo. Le parole della donna, intanto, risuonavano incessanti nella sua mente come una cantilena fastidiosa. Ma queste non erano semplici frasi senza senso: Anko era morta, Anko non vi era più e in qualsiasi modo analizzasse questa cruda realtà non trovava alcun conforto. Era sola, non si era mai sentita così tanto sola in tutta la sua vita. Ma ben presto quel dolore lancinante venne allontanato da un senso di rabbia feroce e primitiva: i suoi occhi, così simili a quelli di un cerbiatto, non erano saturi di lacrime. Ricolma di stizza, e con un unico pensiero in testa, raccolse da terra le sue cose ignorando la voce di Mebuki. Con foga chiuse la chiamata mentre iniziò a correre veloce per i corridoi. Le luci a neon non le diedero alcun fastidio perché tutto intorno a lei sembrava fermo: solo la rabbia si muoveva sibillina nelle sue vene. Nonostante il fiatone intaccava sempre di più il suo respiro, la castana si sentiva estremamente leggera nei movimenti: era come se il suo corpo andasse avanti da solo e la sua mente si stesse struggendo dal dolore e dall’ira lontano da tutto ciò. Si sentiva uno spettatore, ma a un certo punto non fu più sola. Sakura, con accanto Naruto e Sasuke, la fissò impietrita a pochi passi da lei: il suo volto era segnato dalla pura sofferenza mentre i suoi occhi erano gonfi e spenti. Tenten, finalmente, si fermò incurvandosi per richiedere aria ai polmoni.
-Tenny- bisbigliò la Haruno facendo un passo verso di lei, ma la ragazza non era dello stesso pensiero.
-Ti avevo pregato di dirmi la verità- disse con disprezzo mentre le sue labbra si mossero veloci. Ora sentiva di avere pieno possesso del suo corpo mentre ogni suo muscolo ribolliva dalla rabbia. Non vi erano lacrime sul suo viso, il suo corpo sembrava immune alla tristezza.
-Ti avevo chiesto di non mentirmi più e tu davanti a me, guardandomi negli occhi, mi avevi giurato di non saperne niente- continuò sputando odio in ogni sua parola. Sakura deglutì a fatica indietreggiando spaventata da questa sua reazione.
-Tenten, ti prego...- biascicò, ma le sue parole furono rapite dal vento prima che potessero essere udite dalla castana.
-E ora lei è morta, l’unica persona che mi fosse rimasta mi ha lasciato senza che io potessi dirle addio. Sono sola ed è tutta colpa tua- urlò non curandosi che quel corridoio desse su delle stanze. La sua interlocutrice boccheggiò per alcuni istanti come ricercasse qualcosa da dirle, ma fu tutto inutile.
-Ti avevo avvertito Sakura e lo sai che io mantengo sempre le promesse. Per me tu non esisti più, per me la nostra amicizia non esiste più: è morta come è morta Anko- sussurrò correndo via. La ragazza fece per seguirla quando una mano le avvolse il polso. Sasuke le si affiancò guardando in direzione della castana.
-Lasciala andare, ora non puoi fare niente per lei- e Sakura ebbe paura perché, per la prima volta, la pensava come lui.
 
 
 
Gli occhi di Tenten vagavano veloci per i corridoi del dormitorio: le sue gambe, allenate, erano come macigni e un terribile dolore al petto la costringeva a correre ricurva. Sentiva che da un momento all’altro non sarebbe più riuscita a respirare, ma che sarebbe affogata in quel turbinio di sentimenti che la stavano scuotendo violentemente. Distrutta e senza ragionare, si accasciò di fronte all’unica porta che in quel momento si distingueva nella sua mente annebbiata. Colpendola con rabbia lasciò finalmente che calde lacrime rigassero il suo viso segnandolo, come ad indicare la sua sconfitta.
-Tenten?- sussultò sorpreso Kiba scrutandola senza capire cosa stesse succedendo. Lei, sconvolta, alzò il volto facendo incrociare i loro sguardi e percependo chiaramente i muscoli del ragazzo irrigidirsi.
-Anko- sussurrò mentre queste quattro lettere erano l’unica cosa che oramai rimbombavano nella sua mente.
-Anko è morta- continuò mentre tutto ciò le chiede uno sforzo considerevole. Il castano immediatamente la avvolse tra le sue braccia e lei, inerme, si lasciò sollevare. Poi, senza domandarle altro e lei gli fu grata per ciò, la trasportò sul letto chiudendo la porta dietro di loro.
-Tenten- bisbigliò il ragazzo avvolgendola stretta tra le sue braccia. I singhiozzi della castana si fecero sempre più forti mentre affossò il suo volto tra le scapole dell’amico. Rimasero alcuni secondi nel più religioso silenzio mentre la notte avvolse con il buio ogni singolo centimetro dell’appartamento del ragazzo. Le dita tremanti di Kiba strinsero con delicatezza la schiena della castana che si beò per un istante di quel calore, sentendosi meno sola.
-Mi ha lasciato- bisbigliò accecata dal dolore mentre i suoi occhi continuavano a rilasciare lacrime incessantemente. Non riusciva a pensare a niente, neanche si ricordava come fosse arrivata lì.
-Lo so- le rispose il ragazzo facendo adagiare sul letto e avvolgendola nuovamente con il suo corpo. La strinse con decisione per farle capire con quei semplici gesti che lui era lì per lei.
-Sono sola Kiba, sono rimasta completamente sola- e questo suo ultimo pensiero la accompagnò in un sonno che avvolse il suo corpo sfinito. L’Inuzuka lasciò che i suoi singhiozzi diminuissero sempre di più sia d’intensità che di frequenza poi, con gentilezza, la coprì con le lenzuola osservandola preoccupato. Il viso di Tenten era ancora bagnato dalle lacrime che lui dolcemente, e facendo attenzione, lo asciugò. Poi, accertatosi che stesse realmente dormendo, si diresse in cucina dove si infilò le scarpe da ginnastica. Non voleva assolutamente uscire di casa e lasciarla sola, ma sapeva che quella era l’unica cosa sensata che poteva fare. Richiudendo silenziosamente la porta di casa dietro di lui iniziò a correre più veloce che potesse per i corridoi del dormitorio. I suoi occhi, leggermente lucidi, erano fissi e decisi davanti a lui: la sua destinazione non era vicina, ma questo sembrava non turbarlo. Il suo corpo, allenato grazie alle discipline di atletica che praticava e con cui si era procurato un posto e una borsa di studio in quella scuola, corse veloce per le strade deserte di Londra. Tutti sembravano dormire nei loro appartamenti e solo la Luna pareva essere spettatrice di quella sua azione. Con decisione affossò i canini nelle labbra fino a farle sanguinare: nella sua mente riviveva ogni secondo il momento in cui Tenten si era aggrappata a lui dilaniata dal dolore. Finalmente i suoi occhi felini brillarono con la luce lunare individuando in lontananza ciò che bramava. Reprimendo la stanchezza percorse più velocemente gli ultimi metri prima di ritrovarsi davanti all’ingresso di una piccola, ma elegante villetta. Senza darsi neanche il tempo di riprendere fiato, suonò con decisione il campanello. La villa, silenziosa e immersa nel buio, si illuminò all’istante e il bruno percepì dei passi farsi sempre più limitrofi alla porta d’ingresso.
-Kiba?- bisbigliò assonnata e sorpresa Hinata mostrando solo uno spiraglio del suo volto e della camicia da notte che indossava. Il castano, con il labbro inferiore sanguinante, le sorrise cordialmente.
-Hinata!- urlò una voce più mascolina dall’interno. La fanciulla accennò un sorriso al ragazzo prima di lasciare la soglia.
-Spero che tu abbia una buona motivazione per piombare in casa mia nel bel mezzo della notte- ringhiò Neji aprendo la porta e scrutandolo con eccessiva severità. Kiba deglutì con fatica prima di parlare.
-Mi dispiace Neji per l’orario, ma sei l’unico a cui potevo chiedere- disse reprimendo un fiato irregolare. L’altro lo scrutò con attenzione.
-Ci avrei pensato io, ma non possiedo una cifra simile- continuò mentre ogni sua singola parola sembrava mandare sempre più in confusione il suo interlocutore.
-Non ti sto seguendo, vuoi per caso entrare e parlare con calma?- mormorò gentilmente leggendo chiaramente la disperazione che aleggiava sul volto del suo amico che però rifiutò con decisione.
-Devo tornare, non voglio che si svegli da sola- biascicò aggrappandosi con le unghie alla porta.
-Si svegli chi?-
-Tenten- rispose Kiba e le labbra dello Hyuga si serrano con forza.
-Spero che tu non sia venuto fin qui solo per vantarti- ma l’Inuzuka scosse la testa con decisione. I suoi occhi brillarono umidi e il volto di Neji si fece più preoccupato.
-Si è presentata piangendo disperata davanti a casa mia, la sua madrina è morta- sussurrò paonazzo
-Deve tornare immediatamente a Los Angeles, ma non ha i soldi necessari per il biglietto aereo. Se li avessi io glieli darei, ma...- ma non riuscì a completare la frase che Neji, serio in volto, lo fermò con un gesto.
-Lo sai che i soldi non sono per me un problema- rispose stringendo con forza la maniglia della porta. Un sorriso pieno di gratitudine illuminò il viso dell’Inuzuka.
-Grazie Neji, non sapevo che altro fare-
-Lei come sta?- una espressione sofferente macchiò le labbra del castano.
-È distrutta, non so davvero cosa fare- confessò grattandosi la testa deluso. Lo Hyuga inspirò in silenzio per alcuni secondi.
-Dovresti partire con lei, non lasciarla sola in questo viaggio-
-Non penso sia una buona idea- rispose però lui massaggiandosi le tempie pulsanti.
-Se è un problema di denaro non devi neanche pensarci. Pagherò anche il tuo biglietto- lo interruppe Neji aggrottando la fronte e impassibile, ma le sue braccia in tensione tradivano il portamento apparentemente imperturbato. Nonostante tutto sapeva benissimo che niente sarebbe sfuggito agli occhi attenti dell’Inuzuka.
-Non è questo- rispose però Kiba accennando un debole sorriso.
-Sei un suo amico- disse Neji, ma questo non sembrò sollevare l’animo dell’altro.
-Un amico che non ama e che non amerà mai- ribatté abbassando lo sguardo deluso
-E poi io stesso non la amo quanto la ami tu- continuò schietto. Lo Hyuga strinse con forza le labbra senza muovere un muscolo.
-Non sono così stupido come ti piace pensare, l’ho capito da tempo che provi qualcosa per lei e sono certo che pure lei, anche se non lo ammetterebbe mai, ci tiene davvero a te- parlò lasciando che i suoi occhi, ridotti a fessure, si levassero in cielo mentre le stelle luminose si rispecchiarono nelle sue iridi animalesche.
-Promettimi solo una cosa, promettimi che non la lascerai sola- sibilò muovendo impercettibilmente le labbra che sembravano aver cessato di sanguinare. Neji scrutò con attenzione ogni suo angolo del viso del castano troppo stanco e provato per negare o ribattere alle sue parole.
-Non lo farei per nulla al mondo-
 
 
La porta della stanza da letto dell’Uchiha si chiuse silenziosamente mentre sempre di più i raggi di primo mattino illuminarono il grande salotto. Sakura, accovacciata su una sedia, alzò leggermente lo sguardo: i suoi occhi color smeraldo, gonfi e stanchi, si sollevarono impercettibilmente prima di ritornare a fissare il pavimento. Lentamente, intontita dalla stanchezza, si sfiorò dolcemente le spalle reprimendo un brivido. L’altra figura rimase immobile davanti alla sua porta scrutandola, ma questo non sembrò importare minimamente alla Haruno.
-Ho fatto il caffè- bisbigliò impercettibilmente la ragazza con lo sguardo vuoto e perso. Il suo interlocutore, silenziosamente e lentamente, si avvicinò alla cucina: un rumore di stoviglie squarciò per una manciata di secondi la tranquillità mattutina. Poi, percependo la seconda figura alle sue spalle, il profumo del caffè la avvolse facendo alzare gli angoli delle sue labbra. Una tazzina di caffè intanto venne posata sul tavolino accanto a lei: Sasuke, sorseggiando dalla sua tazza, le si sedette accanto.
-Non lo voglio- sussurrò con voce ancora rauca dal pianto. I suoi occhi avevano smesso di piangere solo perché la Haruno era certa di aver finito tutte le lacrime. Il suo vicino non le rispose, ma si limitò a posare la sua tazzina vuoto accanto alla sua. Intimorita e senza reprimere una smorfia, allungò le dita avvolgendole intorno alla ceramica bollente.
-Non hai dormito- parlò finalmente lui con tono freddo e distaccato, ma le sue parole non era di certo una domanda. Sakura si limitò a soffiare delicatamente sulla bevanda bollente.
-No- sibilò a labbra strette. Avrebbe voluto dirgli che era perché ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva il volto intriso di ira di Tenten, ma non lo fece, dopotutto non erano amici.
-Hai provato a chiamarla? Intendo la tua amica, Tenten- continuò il ragazzo iniziando a tambureggiare sul tavolino.
-Sì, ma ha il telefono staccato-
-Sono sicuro che ti risponderà presto- replicò lui lasciando che la sua schiena aderisse perfettamente allo schienale. Sakura avrebbe voluto con tutto il cuore trovarsi d’accordo con quelle sue parole, ma la realtà era ben diversa. Aveva tradito la persona che amava più di tutte, l’aveva fatto consapevole dei rischi ed ora riusciva solo a pensare a come si sentisse la sua migliore amica: non riusciva neanche ad immaginare il dolore che stava provando.
-Tu non la conosci- sospirò mentre i suoi occhi si fecero decisamente più umidi. Reprimendo un tremolio delle labbra lasciò che i suoi occhi, contornati da profonde e violacee occhiaie, si levassero in direzione del viso del corvino.
-Ma non è il suo eventuale perdono che mi strugge, quello che non posso accettare è pensare che sia da sola ora- sibilò pronta a parlare, ma oramai tutto il suo corpo stava tremando.
-L’ultima promessa che feci ad Anko fu che non l’avrei mai lasciata sola- singhiozzò mentre calde lacrime iniziarono a scivolare veloci sulle sue guance. Sasuke fece combaciare i loro sguardi e le sue labbra si strinsero con forza per quel gesto così intimo.
-E non penso che riuscirò mai a mantenerla- concluse portandosi le mani al volto quasi vergognandosi di farsi vedere così debole di fronte a quello che ancora riteneva uno sconosciuto. Le sue spalle iniziarono a muoversi veloci sotto i suoi singhiozzi mentre ogni suo muscolo sembrava non rispondere più ai suoi comandi.
-Hai ragione- disse una voce che le parve tremendamente lontana e flebile
-Non la conosco, ma so quanto faccia male quando ti ritrovi senza una famiglia e con il pensiero di essere rimasto solo- confessò l’Uchiha alzandosi dalla sedia: il suo volto, all’apparenza duro ed impassibile, venne illuminato dai raggi aranciati e Sakura osservò in silenzio una smorfia dipingersi sulle sue labbra.
-Ma quando il dolore prenderà il posto della rabbia tu sarai lì per lei anche se lei stessa non lo vorrà- e mentre finì di pronunciare queste sue parole si tolse la felpa che appoggiò sulle spalle della ragazza. La Haruno sobbalzò sentendo il calore estraneo riscaldare la sua pelle, ma non fiatò.
-Perché non vi è cosa peggiore che pensare di non avere più nessuno- concluse il ragazzo allontanandosi in direzione della sua stanza. Lei lo scrutò in silenzio mentre le sue dita affondarono tra la stoffa pesante di quell’indumento non suo: le sue labbra tremarono impercettibilmente osservando, forse per la prima volta, quegli occhi neri come la pece pieni di sofferenza mentre quell’immagine si mischiò tra i suoi pensieri, offuscati e stanchi, presenti nella sua mente. Il tempo di battere per un secondo le palpebre e si ritrovò nuovamente da sola.
 
 
“No” queste due uniche lettere, pronunciate con forza, squarciarono la tranquillità che aleggiava in un piccolo e angusto appartamento situato nella periferia della capitale californiana. Una donna, che stava armeggiando con delle padelle, non ci badò e continuò a cucinare. La ragazzina, da qui si era originato quel lamento, arricciò il naso forse irritata per essere stata ignorata.
“Ho detto di no” mormorò nuovamente questa volta ben attenta a scandire ogni singola parola. Con la coda dell’occhio osservò la sua interlocutrice pulirsi con la manica la fronte sudata mentre esalò un sospiro stanco.
“Ti ho sentito” bofonchiò l’adulta smettendo finalmente di cucinare e riservando la sua più completa attenzione alla ragazzina che sorrise vittoriosa.
“Bene” sogghignò lei allontanando una lettera che aveva appoggiato sul tavolo. Ancora vittoriosa in volto si sistemò meglio sulla sedia scricchiolante andando ad intrecciare le gambe. Anko la osservò sbuffando per un’altra manciata di secondi: i suoi occhi, stanchi, ma brillanti, passarono veloci dal foglio di carta ai capelli castani della ragazza per una decina di volte. Sapeva benissimo quando la sua interlocutrice fosse testarda e se non si fosse giocata bene le parole allora avrebbe solo rischiato di farla intestardire ancora di più.
“Smettila di fare i capricci, non hai più dieci anni” la sgridò con un tono assolutamente scherzoso, ma abbastanza tagliente da ferire l’orgoglio di Tenten. La ragazzina, infatti, assottigliò minacciosamente lo sguardo mentre il sorriso vittorioso scemò dalle sue labbra.
“Non sto facendo i capricci” tuonò
“Ho solo preso una decisione e non ho alcuna intenzione di giustificarmi con te” sibilò inarcando un sopracciglio ed alzandosi dalla sedia. La donna non si mosse studiandola attentamente.
“Una scelta che trovo assolutamente stupida” aggiunse Anko incrociando le braccia al petto e appoggiandosi al frigo decisamente piccolo e vecchio. Tenten schiccò le labbra sbuffando.
“Terrò conto del tuo pensiero, grazie” ma prima che potesse aggiungere altro la donna scattò in avanti rubando dal tavolo la lettera.
“Allora non ti dispiace se la butto” sentenziò Anko facendo ondeggiare i suoi codini violastri e dirigendosi verso il cestino. La castana studiò minuziosamente ogni suo gesto mentre le sue labbra si fecero sempre più strette.
“No” rispose mentre la sua bocca tremò leggermente. La sua madrina sghignazzò soddisfatta.
“Peccato, non capita tutti i giorni ricevere una borsa di studio per uno dei College più rinomati di tutto il mondo” continuò aprendo lentamente l’anta in cui si trovava il cestino e assicurandosi che la sua figlioccia la stesse osservando. La gola di Tenten si fece improvvisamente più secca e le ci volle tutto il suo autocontrollo per non far tremare la sua voce.
“Che si trova dall’altra parte dell’Oceano” sentenziò cercando di essere soddisfatta della sua risposta. Anko fermò il suo gesto.
“Dove non conoscerò nessuno e dove non ci saranno né la mia migliore amica né la mia madrina” continuò lasciando che le sue labbra si muovessero velocemente.
“Beh, potresti sempre farti nuovi amici e poi...”
“Non è la stessa cosa” la interruppe la castana schioccandole una occhiata che valeva mille parole.
“E poi sarebbe a Londra” aggiunse dirigendosi verso il lavabo ed afferrando un bicchiere appena lavato ed asciugato.
“Che è una bellissima città” le fece eco la sua madrina.
“Una città carissima” aggiunse Tenten portandosi alle labbra rosee il bicchiere. Anko rimase un attimo spiazzata da questa sua affermazione: con attenzione le si avvicinò e le posò dolcemente una mano sulla spalla.
“Hai una borsa di studio” le sibilò all’orecchio, ma l’altra sospirò di fronte a quella ovvietà.
“Che copre le spese di alloggio, ma non di vitto” tuonò la ragazza appoggiando con stizza il bicchiere ancora piena di acqua. La donna strinse la presa sulla spalla di Tenten.
“Non sarà un problema, possiamo permettercele”
“Possiamo? Davvero?” urlò la castana girandosi e socchiudendo con forza i pugni all’altezza dei fianchi. I suoi occhi, così simili a quelli di un cerbiatto, vagarono per l’angusto appartamento come a voler sottolineare la ilarità delle sue parole. Velocemente la allontanò e si diresse verso il cestino aprendo lo sportellino con uno scatto, ma le sue dita tremarono prima che potesse compiere il gesto.
“Tenten” il duro richiamo di Anko la fece sobbalzare: la donna, nonostante il carattere poco affettuoso, ma molto bizzarro, non si rivolgeva praticamente mai alla sua figlioccia con durezza.
“Lo so che la situazione attuale non è delle migliori e mi sto impegnando perché le cose cambino, ma questo non è un buon motivo per rinunciare ai tuoi sogni. Mi piacerebbe dirti che non devi preoccuparti e che le cose si aggiusteranno, ma sappiamo entrambe che non sarà così. Non navighiamo nell’oro, questo è vero, ma ho promesso a tua madre che ti avrei dato la vita migliore del mondo e non ho intenzione di distruggere questa promessa” velocemente, mentre una espressione sorpresa si dipinse sul volto paffuto della quattordicenne, le tolse la lettera con le mani e richiuse l’anta del mobiletto.
“Farei qualsiasi cosa per te e non lascerò che butterai tutto all’aria. Hai una occasione tra le mani che capita una volta nella vita e non ti permetterò di demolire i tuoi sogni” sentenziò dura e decisa incrociando le braccia sotto al seno
.
-Anko- sospirò a fior di labbra la ragazza affossando con forza le dita tra le lenzuola candide. Questo piccolo gesto sembrò come staccarla definitivamente da quel sogno e uno spiraglio di luce iniziò a illuminare con forza il suo volto. Mentre il suo respiro iniziò a farsi più irregolare, lentamente gli occhi di Tenten si aprirono: la sua mente, ancora offuscata da quel ricordo, era confusa ed appannata e le ci vollero una manciata di secondi prima che mettesse a fuoco l’ambiente in cui si trovava. Immediatamente si sedette sul letto facendo vagare il suo sguardo per la disordinata stanza dell’Inuzuka.
-Kiba?- sospirò guardando il letto disfatto, ma vuoto. Silenziosamente, e mentre il dolore e la tristezza ripresero ad ardere sotto la pelle, allontanò le lenzuola dalle sue gambe scoperte. Con solo una maglietta del ragazzo si diresse in cucina, ma quando aprì la porta la figura che la aspettava non era di certo l’Inuzuka.
-Dov’è Kiba?- sussurrò forse troppo dura richiudendo la porta della stanza da letto ed appoggiandosi ad essa con la schiena. I due occhi madreperla la scrutarono attenti per alcuni secondi prima che il loro proprietario si sedesse più compostamente sulla seggiola della cucina, tornando a leggere il giornale.
-Aveva lezione- rispose Neji senza permettere alle sue iridi di staccarsi dalla carta stampata.
-Ha lasciato però la colazione per te- continuò puntando lo sguardo in direzione di un succo di frutta e di un tegolino abbandonati sul tavolo. Gli occhi di Tenten, rossi e gonfi, brillarono per un secondo mentre i suoi muscoli si rilassarono all’istante: un angolo della bocca dello Hyuga si alzò quasi impercettibilmente.
-Mentre mangio potresti dirmi come mai se qui- disse la ragazza sedendosi a pochi metri da lui e portando il bicchiere alla bocca: le sue mani tremavano, ma cercò di risultare il più naturale possibile. Era sicura, anzi certa, che Kiba avesse detto tutto allo Hyuga, lo intuiva dal suo sguardo meno duro rispetto al solito, mischiato quasi alla compassione: si ritrovò a riflettere che non avrebbe mai pensato che avrebbe odiato quello sguardo più di quello freddo ed inespressivo che caratterizzava il moro. Per un secondo avrebbe voluto rivederlo, ma scacciò questo pensiero affossando i denti nella merendina.
-Mi dispiace- mormorò lui serrando le labbra con forza. Un sopracciglio si alzò involontariamente sul volto della ragazza che non riusciva a capire a cosa quel commento facesse riferimento. I muscoli di Neji, invece, erano tesi e tirati.
-Per cosa?- sospirò lei sperando che tutto questo sarebbe finito presto: non voleva la pietà di nessuno, figurarsi da parte di uno come Neji Hyuga.
-Per la tua madrina- continuò lui risultando sempre più incerto parola dopo parola. Tenten sospirò pesantemente.
-Grazie- rispose fredda e con un tono neutrale.
-Stai piangendo- le disse lui. La castana si portò istintivamente le dita alle guance notando le calde lacrime che la stavano segnando. Si meravigliò visto che non si era neanche resa conto che i suoi occhi punzecchiassero fino a farle male.
-Scusami- bisbigliò lei sconvolta alzandosi dalla sedia. Sentiva che le lacrime si stavano facendo sempre più numerose ed era inutile qualsiasi tentativo di fermarle. La sua mente, impotente, non riusciva ad allontanare il turbinio di emozioni che stavano scuotendo il suo esile corpo.
-Non devi scusarti, non questa volta- gli rispose lui calmo mentre i singhiozzi iniziarono sempre di più a scuotere le spalle della ragazza. La guardò in silenzio mentre cercava di combattere le sue stesse emozioni per alcuni minuti fino a quando i singhiozzi non si fecero più deboli e le lacrime furono asciugate via velocemente dal suo volto arrossato: non si avvicinò giudicandolo un momento personale a cui sentiva di non avere diritto di partecipare. Poi, una volta che si fu calmata, allungò verso di lei una busta.
-Che cos’è?- biascicò confusa la castana mentre il suo respiro si faceva a fatica più regolare. Il suo interlocutore però non le risposte e le sue dita affusolate si chiusero intorno a quel pezzo di carta.
-No- disse seria una volta che la ebbe aperta.
-Riprenditela- continuò ancora scossa e allungando il braccio, ma Neji non si mosse.
-Mi dispiace, ma non mi serve la tua carità-
-Tenten- la riprese lui severo di tono, ma questo suo richiamo sembrò disperdersi tra quelle quattro mura.
-No, non posso accettare, davvero. Riprenditela e vattene- continuò però lei completamente sconvolta e non riuscendo a reprimere una smorfia sofferente. Sapeva che le lacrime stavano facendo nuovamente capolinea dai suoi occhi, ma non avrebbe permesso che rigassero le sue guance, non per la seconda volta davanti a lui.
-Tenten- mormorò però nuovamente il ragazzo questa volta con un tono più dolce ed accondiscendente, ma nuovamente rimase inascoltato da parte della sua interlocutrice.
-Non ho bisogno né di te né dei tuoi stupidi soldi- ringhiò con rabbia buttando a terra il biglietto aereo, ma Neji fu più veloce.
-Ora calmati- le disse afferrando con forza entrambi i suoi polsi. Lei, travolta da tutti questi sentimenti, mosse velocemente le labbra, ma fuoriuscì solo un flebile suono. Il sorriso comprensivo dello Hyuga si espanse sul suo volto pallido allentando la presa, consapevole che finalmente lo stesse ascoltano.
-La vuoi smettere di essere così orgogliosa?- sospirò facendo un lieve passo verso di lei e permettendo che i loro petti si sfiorassero: un brivido scosse la schiena della ragazza mentre i suoi occhi sembravano rapiti da quelli del suo interlocutore.
-Anko merita di avere almeno un ultimo saluto da parte tua. Se non accetti questo biglietto e non vai al suo funerale te ne pentiresti per tutta la vita- concluse mentre il suo respiro si infrangeva sulle labbra tremanti della castana. Lei deglutì a fatica.
-Io... ho paura di non farcela- bisbigliò mentre il suo cuore sembrava non trovare pace.
-Non credo che potrò farcela a sopportare tutto da sola-
-Non sarai sola, te lo prometto-
   
 
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