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Autore: michaelgosling    21/05/2022    1 recensioni
Tre amiche appassionate una di Harry Potter, una di Star Trek e una della Disney in seguito ad un incidente vengono catapultate ognuna in uno di questi universi, ma non di quello di cui sono fan.
Proveranno ad usare quello che sanno della storia per renderla migliore? O le loro azioni porteranno ad un finale peggiore? La loro presenza influenzerà queste storie molto più di quanto immaginano, perché una sola persona può cambiare tutto.
[Fandom Variabile: il Fandom in cui verrà pubblicata la storia dipenderà dall'ambientazione dell'ultimo capitolo pubblicato. Sarà comunque possibile trovare la storia anche negli altri due Fandom nella categoria Crossover]
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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QUEL CASTELLO DELLA SCOZIA – CAPITOLO 3
 
 
 




Sparito.
Quel vecchio maledetto che la stava obbligando ad andare nella scuola della morte l’aveva accompagnata alla stazione di King’s Cross e poi si era dileguato.
Come Arielle e Nolwenn..
 
Quando il suo pensiero tornò a loro, Yvonne sentì gli occhi umidi e se li strofinò frettolosamente per farli tornare alla normalità, stando però ben attenta a non far cadere gli occhiali. Non era da lei reagire così, ma era arrivato il momento di accettare che non era più un’adulta. Ora era tornata ad essere una bambina, e il suo corpo agiva di conseguenza.
 
Iniziò a spingere il carrello sopra il quale aveva la sua unica grande valigia, mentre il resto del contenuto era solo materiale scolastico. Non sapeva esattamente dove stesse andando, non ci vedeva molto con gli occhiali messi così, ma anche se la sua vista fosse stata ottimale, la visuale sarebbe stata limitata: lo spazio per passare era poco e un sacco di persone facevano avanti e indietro, limitando i suoi movimenti di molto. Sia a destra sia a sinistra sentiva il rumore di due treni che arrivavano, ma dubitava fortemente che uno di quelli fosse l’espresso per Hogwarts.
 
Iniziò a camminare più lentamente, e più al centro. Faceva un passo alla volta e teneva un braccio allungato, per poter toccare qualunque cosa le si ponesse davanti.
 
A qualche passo davanti a lei, vide qualcosa. Non riusciva a capire cosa fosse esattamente, per lei era solo una sfumatura informe in mezzo a tutte le altre sfumature, ma era ferma. Una costruzione forse? No, un muro. Un muro tondeggiante? Un muro di un grigio opaco, quasi marroncino, come se fosse molto antico. In alto, c’erano due piccoli cartelli ai lati. Due lettere? No, due numeri.
 
10 e 9.
 
Si ricordava benissimo che nel primo film per raggiungere il treno per Hogwarts, Harry aveva attraversato un muro, ma non ricordava nient’altro, se non che aveva incontrato per la prima volta i Weasley chiedendo indicazioni a Molly. Era fatto così quel muro che aveva attraversato? C’erano quei numeri?
 
Io non mi ricordo quei cartellini con i numeri laterali… però nel biglietto c’è scritto 9 e ¾. E se quei numeri sono effettivamente nove e dieci, il muro deve essere questo.
 
Ma non aveva nessuna intenzione di fidarsi dell’istinto così ciecamente, e questo era qualcosa che non sarebbe mai cambiato, nemmeno se fosse tornata bambina, perché se si sbagliava si sarebbe fatta non poco male e i suoi occhiali sarebbero esplosi come fuochi d’artificio.
 
Lasciò momentaneamente il carrello, poi si avvicinò lentamente, tenendo questa volta entrambe le braccia tese. Quando finalmente le mani raggiunsero la superficie, sentì sul palmo della mano la fredda pietra, ma fu solo un attimo: subito dopo, le sue mani ci affondarono dentro, come se le avesse immerse in una crema per i dolci, senza però sentire l’odore e le dita appiccicose. Spaventata, indietreggiò di scatto e le mani fuoriuscirono.
 
L’aveva trovato. Il passaggio.
 
E’ stato abbastanza figo, lo ammetto. Un po’ schifoso, ma figo.
 
Riprese il proprio carrello. Sospirò. Guardò a destra e a sinistra con circospezione, come se temesse che qualche babbano potesse vederla. Impossibile, erano tutti impegnati a correre con i giornali in mano e le loro valigette da ufficio.
 
“Forza, Yvonne. E’ solo un attimo. Come quando ti fanno una puntura al braccio per gli esami del sangue.”
 
Per un attimo pensò di chiudere gli occhi per farsi più coraggio, ma tanto vedeva poco o niente quindi non avrebbe fatto molta differenza.
 
Sospirò nuovamente, più forte, e corse più velocemente che poteva, anche se le sembrava di andare lentissima.
 
Un passo, poi un altro, poi un terzo e..
 
Fu dall’altra parte. Neanche se ne accorse. Era stato come attraversare uno specchio d’acqua in verticale.
 
Una volta ripreso il controllo di sé stessa, vide davanti a sé un’altra sagoma compatta e marrone, un altro muro. Girò verso destra per evitarlo ed eccolo là.
 
L’espresso per Hogwarts.
 
Continuava vedere a sfumature, ma era indubbiamente lui. Un cerchio nero, e tutto il resto color rosso metallico. Una grande marea di fumo sembrava fuoriuscire dal pavimento, dai lati del treno, per poi unirsi con la locomotiva.
 
Sulla destra, attaccato al muro, un altro cartellino con un altro numero. 9 e ¾. C’era anche un grande e rettangolare cartello rosso, con delle parole scritte sopra, che Yvonne non riuscì a leggere.
 
Sentiva tante voci e tanti passi. Sagome a forma di ragazzi che si muovevano avanti e indietro. Alcuni di loro avevano le uniformi colorate, verdi, rosse, gialle o blu, e in base al colore Yvonne capì a quale casa appartenessero, ma nulla più di quello.
 
Continuava ad avvicinarsi a tentoni, quando vide una sagoma di un adulto, vicino al treno, avvicinarsi. Le poggiò una mano sulla spalla sinistra, e a quel contatto, Yvonne ebbe un leggero fremito.
 
“Serve una mano?”
 
Si sforzò di ascoltare con attenzione la voce, pensando che potesse essere lo strano vecchio che l’aveva abbandonata alla stazione, ma chiaramente non era lui. Questo qui era decisamente più giovane. Sulla quarantina forse.
 
Yvonne non fece in tempo a rispondere, che l’uomo parve infilare il braccio sinistro all’interno di quella che doveva essere la sua giacca. Stava prendendo la sua bacchetta. Gliela puntò contro, all’altezza della fronte, e per un attimo il panico crebbe.
 
“Oculus Reparo.”
 
Una piccola, striscia argentata le passò davanti le occhiali, e la vista tornò come un miracolo inatteso. Yvonne non poté fare a meno di sorridere, e si sentì quasi stupida ad aver avuto paura un secondo prima.
 
“Grazie mille.”
 
Il suo salvatore era, come aveva immaginato dalla voce, sulla quarantina. Era nero, alto e con la corporatura robusta. I suoi occhi erano scuri come la notte come dovevano esserli stati un tempo i capelli corti e la barba, che ora erano grigi con l’avanzare dell’età.
 
Le guardò l’uniforme e annuì.
 
“Prima volta ad Hogwarts? Non ti preoccupare. Anche per Beverly è la prima volta.”
 
Solo allora Yvonne si accorse che accanto a lui c’era una bambina alta quanto lei, con indosso l’uniforme nera classica degli studenti del primo anno che devono ancora essere smistati nelle rispettive case. Aveva la carnagione scura, occhi castani e neri capelli ricci che le arrivavano alle spalle. Indossava anche degli occhiali che apparivano molto più datati dei suoi.
 
Come accidenti ho fatto a non averla vista prima??
E comunque ecco spiegato perché il padre conosce bene quell’incantesimo per riparare gli occhiali..
 
“Ciao. Come ti chiami?” le chiese Beverly, timidamente ma anche con estrema gentilezza.
 
“Yvonne.”
 
Si sentì un suono. Proveniva dal treno. Una specie di tromba.
 
“E’ meglio andare, o perderete il treno..” l’uomo abbracciò forte sua figlia, dandole un piccolo bacio tra i capelli ricci “.. ciao tesoro. Stai attenta, e scrivimi spesso!”
Yvonne abbassò lo sguardo imbarazzata, come se si sentisse di troppo in quella scena che era solo tra loro due. Poi sentì che quella bambina le mise dolcemente la mano sulla manica.
 
“Andiamo..?”
 
Suo padre si era fatto da parte, sorridendo alle ragazze.
 
“Aspetta.. le valigie.. dove..”
 
“Non ti preoccupare. C’è un fattorino che se ne occupa.”
 
Yvonne annuì, e si limitò a seguirla, anche se non le fu troppo vicina. Le ritornò alla mente un ricordo che aveva dimenticato: alle elementari, in un momento di pausa in cui non sapeva dove andare, si era messa a seguire una compagna di classe, ma questa l’aveva aggredita e ci era rimasta malissimo.
 
Cavolo, sembra passato un secolo.
 
Così com’era venuto, quel ricordo se ne tornò nel dimenticatoio, ma bastò a darle un attimo di tristezza, impedendole di godersi il suo primo ingresso nell’espresso per Hogwarts.
 
Poco dopo, Beverly trovò uno scompartimento vuoto, ed entrarono. Si sentì un’altra tromba, e mentre il treno iniziava a partire, salutò dal finestrino suo padre. Quando fu ormai lontano, si sedette davanti a Yvonne, la quale si accorse che Beverly si allungava nervosamente le maniche della camicia.
 
“In quale casa pensi di finire?” chiese ad un certo punto Yvonne, che non voleva apparire troppo distante.
 
Quando ero molto piccola, non parlavo mai con nessuno. Se parlavo era perché qualcuno era venuto a parlare con me e io mi limitavo a rispondere, ragione per cui non riuscivo mai a farmi tanti amici. Gli altri pensavano fossi distaccata, quando in realtà ero solo timida e timorosa.
 
Anche Beverly sembra timida, ma sembra anche un tesoro, e ha fatto più di quanto avrei fatto io al suo posto. E io ho davvero bisogno di un’amica.
 
“Non lo so.. mio fratello è Corvonero, quindi forse finirò anch’io lì?”
 
“Oh, ecco perché sapevi delle valigie. A che anno è?”
 
“Terzo. E tu invece? Dove vorresti finire?”
 
Corvonero o Tassorosso voglio sperare. Non voglio essere né una Serpeverde né tanto meno una Grifondoro, soprattutto una Grifondoro. Il che è un bene, perché tanto non finirò mai in una di quelle case.
 
Spero Tassorosso.”
 
In Corvonero ci vanno gli intelligenti, quindi no.
 
Calò il silenzio, e quasi senza accorgersene, Yvonne iniziò a sentire la gamba destra tremare, come se avesse freddo.
 
Ma non era freddo. Era paura. E ansia.
 
“Va tutto bene?”
 
“Sì, certo.” Mentì Yvonne.
 
“Sei.. sei sicura?” chiese timorosamente Beverly.
 
Glielo leggevo negli occhi che voleva sinceramente aiutarmi, ma per qualche ragione la sua voce sembrava incerta, come se temesse che le rispondessi male o che non mi interessasse il suo aiuto. Era adorabile. Si meritava la verità.
 
“No.. è che.. ho un po’ di paura.. forse tutto questo è troppo per me.. lo so, sembra stupido..”
 
“No, non lo è!” si affrettò a dire Beverly “anch’io ho un po’ di paura.”
 
“Il fatto è che..” continuò Yvonne “.. io sono timorosa di natura. Ho paura di tutto..”
 
“Anch’io!” esclamò Beverly con sorpresa.
 
“Davvero?”
 
Annuì.
 
“Degli insetti. Delle altezze. Del buio. Mio fratello era così eccitato quando ha ricevuto la lettera per Hogwarts, non vedeva l’ora di partire. Non voleva neanche che lo accompagnassimo! Io invece, da quando ho ricevuto la lettera, dormo male. Sento.. sento di non essere all’altezza. Di non essere abbastanza brava. Di non farcela.”
 
Yvonne si sentì quasi in colpa a sentirsi tanto sollevata nel vederla aprirsi così e raccontarle le sue parole, ma non riusciva a trattenersi. Non si era mai sentita così capita in vita sua. Nemmeno dai suoi genitori. Senza rendersene conto, allungò la mano e la posò dolcemente sul braccio destro di Beverly.
 
“Per me è esattamente lo stesso. Anch’io temo il buio. Non riuscire a vedere cosa c’è intorno a me, soprattutto se è un posto che non conosco.. è brutto.”
 
Era talmente timorosa che quando era estate, continuava comunque a dormire sotto una grossa coperta, come se il stare lì sotto la proteggesse da pericoli inesistenti. Senza, faceva sogni inquieti.
 
“E’ esattamente lo stesso per me!” fece Beverly, questa volta fu il suo torno di essere eccitata, e mise una mano sul braccio di Yvonne, come aveva fatto lei un attimo prima.
 
“Non so in quale casa verrò smistata, ma.. sperò sarà la tua.”
 
Quelle parole le lasciarono la bocca prima che potesse fermarle, cosa che avrebbe fatto se avesse potuto. Yvonne si sentiva sempre molto in imbarazzo nel dire cose del genere, soprattutto a qualcuno che aveva appena conosciuto. Sentì le sue gote arrossirsi.
 
Ma Beverly le elargì un sorriso meraviglioso.
“Anch’io.”
 
E non restarono più in silenzio.
Parlarono, parlarono e parlarono.
Delle loro paure, delle loro insicurezze, del cercare di farsi forti insieme.
Yvonne ci metteva anni luce a fidarsi delle persone, e ancora di più a considerarle “amiche”, ma ebbe la sensazione che quella fosse l’inizio di una bella amicizia. In fondo lei era tornata bambina, e i bambini stringono amicizia in fretta.
 
Più parlavano, più la preoccupazione e la paura si allontanavano. Quando iniziò a sentirsi meglio, Yvonne realizzò che Beverly non era presente nei film di Harry Potter. Forse lo era nei libri, ma di certo non ricordava nessuna studentessa nera e con gli occhiali nei film. Questa realizzazione le fece aprire la porta a qualcosa che non aveva ancora avuto da quando era stata separata da Arielle e Nolwenn: la speranza.
 
Se Beverly non era presente nella saga di Harry Potter, allora forse, forse, non erano nello stesso anno del maghetto con la cicatrice a forma di saetta sulla fronte.
 
Forse erano indietro, quando magari Harry Potter doveva ancora nascere. O forse erano avanti, quando Harry Potter aveva già sconfitto Voldermot e la guerra era conclusa.
 
In fondo non aveva mai controllato in quale anno si trovasse. Incrociò le dita.
 
“Ti prego. Ti prego, fa che abbia ragione. Che non sono dello stesso anno di Harry Potter. Che avrò degli anni scolastici tranquilli. Che dovrò preoccuparmi solo di superare gli esami. Ti prego.”
Non sapeva nemmeno a chi stesse pregando. Dio? La fortuna? Il destino?
 
Sentì un rumore, e interruppe immediatamente quella preghiera. Qualcuno aprì la porta dello scompartimento. Yvonne si voltò, ma se ne pentì subito. Un volto famigliare, disgraziatamente e sfortunatamente famigliare, frantumò tutte le sue speranze.
 
“Avete visto un rospo? Un ragazzo di nome Neville l’ha perso.”
 
Beverly fece no con la testa. Yvonne era troppo stordita e distrutta nel profondo per reagire in qualunque modo.
 
Emma Watson in miniatura chiuse la porta dello scompartimento e uscì, continuando per la sua strada andando a chiedere ad altri studenti probabilmente.
 
Finita. E’ finita.
Quella è Hermione Granger.
Una Hermione Granger del primo anno, come noi.
Il che significa che probabilmente in questo momento, sempre se non l’ha già fatto, raggiungerà lo scompartimento di Harry Potter e Ronald Weasley, facendo la loro conoscenza e riparando gli occhiali del primo con lo stesso incantesimo con cui il padre di Beverly aveva riparato i suoi.
Il che significa che in questo treno ci sono anche Draco Malfoy. Seamus Finnigan. Fred e George Weasley. Percy.. Neville.
Tutti al primo anno come loro.
Se li sarebbe trovati in tutte le lezioni, così come si sarebbe trovata tutto il resto.
La Umbridge. Voldermot. La guerra.

“Va tutto bene? Sembra tu abbia visto un fantasma.”
 
E l’ho visto. Sono io. Sarò io, quel fantasma.
 





 

 
 
  
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