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Autore: Helen_Rose    24/05/2022    2 recensioni
Il cerchio della vita fa il suo (per)corso, e a momenti belli e spensierati come l'anniversario delle nozze d'argento, possono affiancarsi momenti dolorosi ma inevitabili.
Qui, per voi, un assaggio del mondo SanColombo & Co, con la partecipazione straordinaria di Roberta e Irene.
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Stefania fa un respiro profondo, poi sorride e si prepara ad uscire.
Spera che non sia ancora arrivato nessuno al ristorante, così avrà modo di controllare che sia tutto in ordine. Roberta, la regina dell’organizzazione, le ha dato un enorme aiuto; Irene, perlopiù, si è fatta fuori tutti gli stuzzichini possibili e immaginabili proposti dai camerieri, mentre le altre due seriose impazzivano con l’organizzazione dei tavoli, neanche si trattasse del matrimonio vero e proprio – per il quale Stefania e Marco riuscirono ad ottenere una cerimonia intima- e non dell’anniversario delle nozze d’argento, qual era… Ma l’innato e proverbiale spirito di sdrammatizzazione della testa matta del trio si è poi rivelato altrettanto utile, soprattutto per quanto riguardava le battute su cosa sarebbe potuto accadere se il Barone X, cugino di secondo grado, avesse incontrato il Marchese Y, pronipote dello zio di Racconigi talaltro, che si erano giurati odio eterno e, se non si prestava la massima attenzione, rischiavano di fare la fine di Mercuzio e Tebaldo; dapprima, Roberta era stata costretta a soffocare le risate in quanto Stefania, in totale paranoia, non ci trovava proprio nulla di divertente, ma alla fine anche lei si era arresa al siparietto irriverente dell’altra sorella maggiore, ridendo senza freni.
‘Certo,’ rimuginava Roberta tra sé e sé, ‘visto l’altissimo rischio di incidenti diplomatici che si correva, Marco avrebbe anche potuto palesarsi... È pur sempre lui, il nobile di famiglia; Stefania non ha certamente ereditato di riflesso l’onere della casata della signora Moreau… Ma il grande giornalista, che peraltro si professa incurante di tali dinamiche addossandone interamente la colpa alla Contessa Adelaide di Sant’Erasmo, è improrogabilmente impegnato; perché Stefania si gira i pollici, come no!’
Ma non osava proferire nessuna di quelle riflessioni ad alta voce, onde evitare di turbare ulteriormente l’amica; Irene, dal canto suo, aveva sentenziato senza scrupolo alcuno che, quella volta in cui Rocco, durante la preparazione del loro ricevimento di nozze, la abbandonò al suo destino con zia Agnese per correre a un allenamento, lei passò la serata a strillargli addosso l’elenco completo di tutti i suoi parenti, quelli di quarto grado compresi, finché non le chiese scusa in ginocchio, non riuscendo a stabilire se fosse più mortificato o assordato, ma procedendo quasi per inerzia.
“Parlate bene, voi; tu hai praticamente tagliato i ponti con tutta la tua famiglia, e la maggioranza dei parenti di Rocco non si sono poi voluti spostare dalla Sicilia…” aveva iniziato a elencare, in direzione di Irene, una Stefania sconsolata e, pertanto, incurante delle barriere del tatto e della sensibilità che, tra amiche in estrema confidenza, ormai sono pochissime; “Tu avrai anche tredici cugini,” commenta poi, rivolta a Roberta “ma Marcello è orfano e, in più, la sua famiglia di sangue è rappresentata unicamente da Angela, perciò non avete idea delle proporzioni di questo cataclisma!”
Era talmente tesa che, alla fine, le amiche avevano dovuto chiamare l’artiglieria pesante come rinforzo, ovvero l’unica in grado di calmarla davvero: Gloria, sua madre. I figli di Stefania e Marco sono decisamente troppo cresciuti per aver bisogno di una balia, quindi Gloria aveva avuto tempo e modo di far filare perfettamente le delicate questioni diplomatiche in ballo, attenendosi fedelmente alle indicazioni di Adelaide, con la quale aveva instaurato una bella e inaspettata amicizia, negli anni.

~
Stefania dà un ultimo sguardo al proprio riflesso nello specchio, soddisfatta del risultato: l’abito lungo color verde foresta, gli orecchini abbinati -gli stessi che indossò per il matrimonio di Salvatore e Sofia-, l’acconciatura semplice ma elegante e, infine, quella stessa collana di perle che si era sfilata un istante prima del loro primo bacio. Sorride, ripensando alla strada percorsa insieme da quel momento.
Inaspettatamente, si apre con circospezione la porta della stanza, svelando un Marco tanto elegante quanto sbalordito dalla bellezza di sua moglie. “Signora Sant’Erasmo, Lei ha preso l’irriverente abitudine di lasciarmi senza parole.” sentenzia, col sorriso luminoso a pieno viso rimasto inalterato in quasi trent’anni di conoscenza. Finalmente, a distanza di due anni dalla proposta, l’incastro dei rispettivi impegni li aveva condotti all’altare.
Sarebbe stato banale dire che Marco non se ne pentiva neanche al termine di una giornata sfiancante, con i bambini piccoli che strillavano e Stefania sull’orlo di una crisi di nervi? Forse; ma non dipendeva solo da lui, il fatto che non riuscissero a tenersi il muso per più di ventiquattr’ore, poiché la gravità dei torti fatti e subiti era circoscritta. Ne aveva conosciute, di donne affascinanti… Alcune, probabilmente, erano anche più belle o colte di colei che aveva sposato, ma non lo sarebbero mai state ai suoi occhi: l’imperfetta perfezione, l’unicità della sua Stefania erano del tutto incomparabili.
E per quel che riguarda lei… Basti dire che c’era voluto diverso tempo, prima che smettesse di imbarazzarsi di fronte ai complimenti del marito; ma per farle passare il desiderio della sua compagnia e del suo abbraccio, si sarebbe proprio dovuti ricorrere a una situazione sovrannaturale. Marco poteva essere considerato il suo primo amore a tutti gli effetti, come lei per lui; e, dopotutto, una ragazza romantica come lei non poteva che gioire di una simile coincidenza.
Un marito talmente esemplare che, per l’occasione, rinuncia a commentare l’assenza del colore blu nella sua mise per condurla nel salotto, raccomandandole di tenere gli occhi chiusi e tenendole saldamente entrambe le mani, per evitare che inciampi o sbatta contro un mobile, maldestra com’è.
Appena Stefania riapre gli occhi, il pensiero che la sfiora istintivamente è che le ripetute letture della fiaba La Bella e la Bestia pretese da Eva, quando era bambina, devono proprio aver dato alla testa a suo marito; e ringrazia mentalmente di aver desiderato fortemente essere una sposa di dicembre e di averlo ottenuto: al suo cospetto, si dipana l’intera collezione dei romanzi di Brunella Gasperini, rilegati a mano e impreziositi da dettagli dorati sulla copertina.
Per spezzare il silenzio, essendo abituato ai tempi biblici di assimilazione necessari a sua moglie, Marco mette le mani avanti: “Mi rendo conto del fatto che questo regalo arrivi con un discreto ritardo sui tempi… Ma almeno, quando Eva e, magari più avanti, le tue nipoti, ti chiederanno in prestito un romanzo di Brunella, non potrai più addurre la scusa di non averne ‘una copia in più’… Cioè quella di riserva.” scherza, attendendo pazientemente una reazione della destinataria del regalo.
Non ci impiega poi molto a manifestarsi: Stefania gli butta le braccia al collo, al colmo della gratitudine e dell’incredulità. “Una stanza piena di fiori di ogni genere sarebbe stata scontata…” ironizza, alludendo alla primissima proposta di matrimonio fattale, giusto pochi giorni dopo essersi ufficialmente messi insieme; “E poi, ne abbiamo già troppi al ristorante. Grazie, amore mio; sai sempre come farmi felice, e ormai Brunella è una testimone di nozze aggiunta, soprattutto ora che ci accompagna con il suo spirito.”
“Proprio così… L’ho capito dal primo istante in cui l'ho incontrata, signorina Colombo, che fosse una ragazza tutt’altro che scontata; solo che dovevo ancora rendermi conto dei termini in cui lo fosse… E continuare a scoprirlo, ogni giorno, è la parte migliore del viaggio.” dichiara Marco, dandole un bacio appassionato che corre il concretissimo rischio di farli ritardare alla loro festa, a cui ormai sono arrivati quasi tutti, tranne gli ospiti d’onore: non male, come premessa, non c’è che dire.
La giornata trascorre nel migliore dei modi e, soprattutto, senza spargimenti di sangue: Gloria e Adelaide, col supporto di Roberta, hanno fatto davvero miracoli, e la tensione è inesistente.
Marco non ha mai amato particolarmente ballare, ma per Stefania si cimenta volentieri; nell’esatto istante in cui si uniscono a loro le altre coppie di amici, la sala si riempie delle espressioni sconsolate di alcuni dei figli, causate dall'avere coppie di genitori da far invidia in quanto a complicità, con la netta sensazione di essere destinati ad anelare a quel sentimento per tutta la vita, forse senza trovarlo mai.
D’altro canto, invece, sui volti più attempati della compagnia alberga la serenità di chi sta vedendo i propri figli o nipoti affermarsi sempre più come adulti, in maniera equilibrata e consapevole.
~
Durante la festa, zia Ernesta aveva cercato di dissimulare, desiderando di godere appieno del raduno di quella famiglia allargata che, per ognuno dei membri, rappresentava tutto ciò che contasse davvero.
Tuttavia, ormai non si può più nascondere l’ovvio: è ormai una signora ultranovantenne, che ha condotto una bellissima vita che, sfortunatamente, sta per giungere al suo capolinea.
Si sono stretti tutti intorno a lei; Silvia è tornata appositamente da Firenze, dove ora vive, per starle accanto. Non hanno passato delle gran feste natalizie; oggi, poi, l’atmosfera è piuttosto mesta, cosa che Ernesta non sopporta, ma che, al contempo, sfortunatamente non ha il potere di evitare.
Stefania, alquanto provata, a un certo punto chiede di poter essere lasciata sola con la zia; tutti, Ezio, Gloria, i gemelli, Eva, Silvia, escono ordinatamente per poi dirigersi in salotto, anch’essi sfiniti.
L’ultimo a lasciare la stanza è Marco, non prima di aver deposto un bacio sulla tempia di sua moglie e di averle sussurrato un ‘ti amo’ che spera ardentemente le resti impresso nelle ore successive.
Sa meglio di chiunque altro che, per quanto Stefania ami visceralmente sua madre e ringrazi la vita di aver avuto l’opportunità di vivere ogni giorno degli ultimi trent’anni con Gloria sempre accanto, niente e nessuno potrebbe mai cancellare il fatto che zia Ernesta ci sia stata continuativamente, dal giorno 0 fino al momento attuale. Era stata lei a rimboccarle le coperte con amore, ogni sera prima di addormentarsi; sempre lei ad accompagnarla e riprenderla a scuola, viziandola coi suoi manicaretti e riempiendola di racconti dei suoi genitori, o della propria vita, di quella di altri, o scritta da altri; e solo lei ad abbracciarla ogni volta in cui sentiva nostalgia di sua madre, poiché Ezio era spesso assente e troppo chiuso nel proprio dolore per potersi occupare adeguatamente di quello della figlia.
Come Stefania stessa aveva confidato a quella che, allora, riconosceva come ‘la signorina Moreau’, la zia Ernesta era proprio sempre stata la sua famiglia, il suo porto sicuro, in tutto e per tutto. Forse sarebbe impossibile eguagliare un legame del genere, tantomeno provare a interpretarlo, definirlo… Per Stefania, Ernesta rappresentava più di una zia, più di una nonna, più di una madre, poiché aveva ricoperto tutte queste figure nello stesso momento, pur essendo troppo rispettosa e saggia per volersi sostituire a chi l’aveva messa al mondo ed era impossibilitata ad esserci da cause di forza maggiore. Appena Gloria aveva rimesso piede a Milano, la zia si era ritirata di buon ordine a Lecco, felice che, finalmente, quella ragazza tanto sfortunata che amava come una figlia potesse vigilare su Stefania; ma non era passato giorno senza rivolgere un pensiero, una lettera, una telefonata alla sua bambina. Inoltre, ormai da una decina d’anni si era ritrasferita a Milano in pianta stabile, in casa di Ezio e Gloria, che avevano insistito per prendersi cura personalmente di lei, vista l’età avanzata; la sua mente era lucida come al solito, ma il fisico le creava qualche problema fisiologicamente comprensibile e, tuttavia, invalidante e limitante in una vita solitaria quale Ernesta aveva sempre condotto. Naturalmente, questo cambiamento aveva fatto sì che si riavvicinasse alla nipote nella quotidianità; ora, sarebbe stata durissima riabituarsi all’assenza della zia, per giunta a tempo indeterminato.
Ernesta sorride in direzione di Stefania e, con un gesto, le chiede di passarle l’acqua: ha la gola secca. Dopo aver bevuto, decide di affrontare l’inevitabile: è giusto salutarsi nella maniera migliore possibile. “Farfallina…” la chiama di nuovo, stavolta con un soprannome che era solita usare quando Stefania era piccola: adorava follemente le farfalle, e da piccolo bruco che era, lei stessa era diventata una farfalla splendida, colorata, leggiadra, ma molto meno fragile di quanto lei stessa non credesse.
Riesce a farla sorridere, rievocando quel tenero nomignolo. “Dimmi tutto, zietta.”
“Sai bene che sono sempre stata una donna pragmatica, che preferisce i fatti alle parole… Ma, se mai dovessi avere un dubbio a riguardo, voglio che tu sappia quanto sono fiera della donna che sei.”
Capita l’antifona, la nipote cerca di fermarla: “Ti prego, piuttosto che affondare il coltello nella piaga del motivo per cui sei così complimentosa, preferisco rimanere senza elogi, guarda, dico sul serio.”
La zia sorride debolmente. “Su, non scherzare e lasciami finire. So bene che ora sei spaventata…”
“No, zia, tu non hai proprio idea di quanto non abbia il coraggio di soffermarmi sulla sensazione di smarrimento che da giorni, come una morsa, mi stringe, mi impedisce di farmi un caffè, di ridere…”
“Mi dispiace, tesoro; che tu ci creda o no, anch’io sono stata giovane, anch’io ho perso tante figure importanti nella mia vita, anch’io credevo che non ce l’avrei fatta da sola… E invece, eccomi qua. Non c’è niente che paia insuperabile, che non possa effettivamente venire superato; suvvia, pensavo che un lavoro come il tuo dovesse avertelo insegnato, oramai…” ironizza, strappando un sorriso alla nipote.
“Stefania, io ti ho vista crescere, da che eri uno scricciolino fino ad oggi, e hai ancora tanta strada davanti a te; ma il fatto che non ci sia io ad accompagnarti, non significa che non lo farai brillantemente.” sentenzia la zia, stringendo con ogni forza rimastale la mano della sua Stefania.
Cercando di dominare il magone, la nipote si sforza di parlare, arrivando a puntualizzare quella che poi è un’ovvietà, ma è l’unica cosa che le sia venuta davvero in mente: “è che mi mancherai tanto…” Dopodiché, non riesce più a trattenersi e scoppia in singhiozzi, odiandosi perché rende così difficile questo momento alla zia, ma non potendo fare a meno di concedersi di essere bambina per un’ultima volta con chi, quando ce n’era bisogno, l’ha sempre trattata come tale, non pretendendo l’impossibile. Dal corridoio dove si trovava casualmente a passare -non per origliare, bensì per cercare di rendersi conto se ci fosse bisogno di qualsiasi cosa- , Marco sente quel pianto disperato che, inevitabilmente, lo strazia, ma decide di non entrare perché capisce che non è collegato alla dipartita definitiva della zia.
“Farfallina, lo so che ti mancherò… Ma io sarò sempre con te: nel ragù che prepari per i tuoi figli, nel modo che hai di rimproverarli -per quanto tu sia proprio incapace nel fingere austerità- , nelle storie che racconterai ai tuoi nipotini, che non mi hanno conosciuta… Ci sarò sempre sempre, capisci?”
Stefania avrebbe tanto voluto dare un cenno d’assenso, ma era troppo impegnata a cercare di non annegare nelle sue stesse lacrime; la zia stava inconsapevolmente sferrando un colpo basso via l’altro.
In realtà, un po’ consapevole lo è, ma non avrebbe permesso che si salutassero senza prima averle confidato ciò che non aveva ancora ammesso davanti a nessuno, neppure a sé stessa, probabilmente. Le accarezza dolcemente il viso e conclude così, semplicemente: “Per essere una donna sola, che ha scelto di esserlo senza mai pentirsene, perché la vita di coppia non faceva per lei e che credeva di essere portata per fare la mamma dei suoi cagnolini, al massimo… Sono stata felice di essermi ricreduta su una sola cosa: tu. Ero molto titubante, all’inizio, quando tuo padre mi chiese di occuparmi di te; accettai più per la situazione di emergenza che per reale desiderio di averti con me… Pensavo: ‘Che cosa potrà mai farci, una bambina così piccola, con una zia burbera e scorbutica…’ Invece, crescerti e vederti camminare sulle tue gambe è stata la gioia più grande della mia vita.”
Di fronte a una dichiarazione del genere, come si potrebbe mai replicare, se non: “E io sono stata la bambina più fortunata del mondo ad avere una zia burbera e scorbutica come te, che non avrei cambiato con nessuno al mondo, per quanto mi mancasse terribilmente la mia mamma” ?
Sarebbe certamente più romantico raccontare di come zia Ernesta si spense in quel momento, ma così non è stato. È avvenuto di notte, mentre ognuno dormiva tranquillamente nella propria stanza. Se era una donna che aveva avuto tutto ciò che desiderava dalla vita, allora si poteva indubbiamente affermare altresì che il suo spirito indipendente sia stato rispettato fino alla fine. Era andata incontro alla guardiana delle tenebre nel sonno, piena di pace e consapevolezza: aveva vissuto ogni giorno della sua vita contando sulle proprie forze, e così aveva e avrebbe sempre voluto che fosse, per l’eternità.
   
 
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