Considerato
che ho una minilong che attende il secondo capitolo da quasi un anno,
riuscire a concludere una storia in un mese ha del
miracoloso!
Yorkshire, Cottage dei Rosier
«Cosa
cazzo
è?»
Dominique
solleva di scatto il capo, allarmata da quel tono gelido intriso di
sprezzo.
Sulla
soglia di uno dei due salotti del cottage che frequenta da quasi sei
mesi, c’è quello che – se proprio volessimo essere svenevolmente
sentimentali e lei non
vuole
– sarebbe
l’amore della sua vita.
«Un
cane» risponde con sufficienza, voltando con nonchalance la pagina
del manuale di anatomia che sta sfogliando, rimanendo comodamente
raggomitolata sul divano e fingendo di non percepire affatto il
pericolo.
Lance
storce le labbra in una smorfia esasperata.
«Ma
come siamo spiritose» la sbeffeggia caustico, con spregio, ignorando
quella palla di pelo che sta scondinzolando gioiosa ai suoi piedi e
senza togliersi il giubbotto. «Rettifico la domanda, così magari
capisci anche il sottinteso. Che cazzo ci fa un cane in casa
mia?»
esige di sapere dispotico, inchiodandola con i suoi occhi azzurri.
Lei
chiude il tomo, appoggiandolo sul tavolino accanto e si alza. Si è
preparata per tutto il pomeriggio per la guerra che, non ha dubbi,
scoppierà tra pochi istanti.
Prende
un respiro profondo e si inumidisce le labbra, così da prendere
tempo prima di giocarsi la sua strategia.
«Stavo
passeggiando con Gabriela nei pressi del San Mungo, una volta
terminate le lezioni» inizia a raccontare, simulando serenità,
battendo le mani per riattirare l’attenzione del cucciolo che
immediatamente corre verso di lei. Le scappa un sorriso deliziato che
si costringe a ingoiare quando, risollevando le iridi chiare, ne
incontra un altro paio che sono intente a trucidarla silenziosamente.
Torna a esibire un’espressione seria. «Abbiamo sentito dei rumori
vicino a un cassonetto e l’abbiamo trovata chiusa in uno scatolone»
spiega, nauseata dalla cattiveria umana.
«E
hai deciso di portarla qui» termina lui, distaccato, per nulla
addolcito. «Perché?»
Dominique
spalanca le palpebre, sconvolta.
«Che
altro dovevo fare?» ribatte incredula, bloccandosi anche
dall’accarezzare il pelo morbido e beige del cucciolo. «Non potevo
lasciarla lì» dichiara inflessibile, raddrizzando la schiena,
indispettita da quell’ipotesi assurda.
Lance
serra la mandibola, fissandola come se fosse scema.
«Poteva
prendersela la tua amica» suggerisce spazientito, buttando fuori con
furia quelle poche parole, togliendosi finalmente il giubbotto e
spedendolo con un colpo di bacchetta all’appendiabiti in ingresso.
«Si
può sapere che problemi hai?» domanda lei, brusca, avvicinandosi
minacciosa.
Si
vede trafiggere da un’occhiata affilata quanto un rasoio.
«Domi,
sopporto già te» afferma lugubre, il volto corrucciato con spregio.
«Direi che ne ho parecchi, di problemi» sottolinea esasperato.
«Oh,
smettila di fare lo stronzo» ribatte bellicosa, sentendo una vena
pulsare sulla fronte per l’irritazione. «Lei resta» sentenzia
irremovibile.
«Fino
a prova contraria, è casa
mia»
le fa notare Lance, con malcelato piacere. «Ma sarò così magnanimo
da concederti di scegliere» afferma indulgente, scrollando appena il
capo. «O tu o il cane» concede, infine, distaccato.
Dominique
sbarra gli occhi, prima di sbuffare scornata.
«Quanto
sei idiota!» esclama inviperita.
«Sono
serio» puntualizza lui, gelido, rimanendo immobile e continuando a
fissarla con rimprovero. «Non la voglio» dichiara lapidario.
«Davvero?»
replica lei, scettica, inarcando le sopracciglia. «Non eri tu quello
che ha sempre desiderato un cane ma tuo padre non voleva?» ritorce
rude.
Lance
serra le palpebre, risentito.
«Se
non la pianti di usare le confidenze che ti faccio contro di me,
giuro che non ti racconto più nulla» promette sferzante.
Gli
va incontro, ignorando il buon senso che le urla di scappare a gambe
levate da colui che minaccia di porre fine alla sua esistenza in quel
salotto. Invece, forte del proprio coraggio
– o
forse,
in questo caso sarebbe meglio dire stupidità? –,
gli getta le braccia al collo e inclina il capo.
«Solo
per questa notte?» tenta seducente, sbattendo con candore le
ciglia.
«No».
«Per
favore?»
«La
risposta non cambia».
«Ma
come posso trovarle una sistemazione su due piedi? Sono già le sei
di sera» sbotta Dominique, snervata, alzando gli occhi al cielo e
racimolando un briciolo di pazienza.
«E
a me che frega?» ribatte lui, spietato.
«Ti
prego, ti prego» lo supplica in uno squittio infantile, guardandolo
dritto negli occhi e storcendo il viso in un’espressione
irresistibile, che ha fatto capitolare molti ma mai quello che è il
suo ragazzo. Beh, c’è sempre una prima volta. «Prometto che le
troverò una sistemazione ma solo per questo weeken-»
«E
già da un giorno siamo passati a due» la interrompe Lance, in un
borbottio contrariato, volando il capo verso sinistra.
«Lo
so ma dammi solo il tempo di organizzarmi» assicura lei,
determinata, nel momento in cui le iridi gelide dell’altro tornando
a guardarla. «Faccio tutto quello che vuoi» aggiunge tentatrice,
sfoderano un sorriso accattivante.
Lui
inarca un sopracciglio, stoico.
«Domi,
se pensi di farmi scemo con il sesso, hai proprio sbagliato persona»
afferma beffardo, fissandola con compatimento.
Ignorando
la tentazione di stringergli quelle braccia intorno al collo,
Dominique cerca di non cogliere la provocazione e continua a esibire
una smorfia implorante.
«Non
ti accorgerai nemmeno della sua presenza» prova di nuovo,
implorante.
Lance
rimane immobile, trincerandosi dietro un silenzio che non promette
nulla di buono. Le punta dritto in faccia i suoi occhi azzurri,
scrutandola con una freddezza che, da un lato, le fa accapponare la
pelle per la paura mentre dall’altro la trova di una bellezza
allucinante perché è un qualcosa a cui non riesce mai ad abituarsi.
«Hai
quarantotto ore» concede, infine, asciutto. «Poi esci tu e il cane»
proclama risoluto, con una punta di asprezza.
Un
sorriso luminoso le affiora sulle labbra mentre si alza sulle punte
dei piedi per baciarlo. Non riesce davvero a contenersi, ebbra com’è
di gioia per ciò che quella concessione significhi.
Quando
si separano, Dominique ha ancora quell’espressione serena sul viso
e anche quella di Lance sembra più distesa, almeno finché non
rivolge le sue iridi oltre le sue spalle. Allora scompare nel suo
sguardo quel bagliore lieve di dolcezza, tornando più gelido e
affilato di prima.
Sbatte
le ciglia, confusa, prima di voltarsi. Sbarra gli occhi quando vede
che il cucciolo sta urinando sul tappeto sotto il tavolino.
Le
si accappona la pelle quando sente il sibilo del respiro di lui, un
suono basso che squarcia l’aria e che promette morte e atrocità.
*
Quando
Dominique entra nella camera da letto padronale del cottage, la
stanza è immersa nell’oscurità. Questo se si esclude la debole
luce delle lanterne del giardino che filtra dalle finestre.
Sospira,
prima di tirare indietro il piumone e infilarsi nel letto.
Lance
le dà le spalle, sdraiato immobile sul fianco. Gli osserva la
schiena, per poi spingersi sempre più vicino a lui e accarezzargli
un’anca.
«Non
puoi essere geloso di un cane» scherza con un filo di voce, placida,
alludendo agli sguardi risentiti che ha captato per tutta la serata.
«Sono
incazzato
per
via di un cane» ribatte lui, scontroso. «C’è una bella
differenza».
Dominique
storce le labbra in una smorfia, punta il gomito nel materasso,
alzando il capo dal cuscino e sorreggendoselo con una mano.
«Avrei
dovuto dirtelo che la volevo portare a casa» ammette a fatica,
conscia del proprio errore. Anche se non è facile dire ad alta
voce – e specialmente a qualcuno come lui, che non perde occasione
per rinfacciare le cose – di aver sbagliato. «Ma quando l’ho
vista, non ho pensato e-»
«Ti
capita spesso» la interrompe Lance, beffardo.
Al
limite della pazienza e stufa di tutta quella tensione, Dominique lo
afferra per una spalla per poi strattonarlo indietro, così da fare
in modo che si sdrai sulla schiena. Corruga la fronte, le iridi
chiare baluginanti di collera.
Lui
ricambia lo sguardo con due occhi ostili e il viso inespressivo.
Anche se le sopracciglia sono appena inarcate, quasi a sottolineare
un velato scherno.
Lei
rimane per un istante immobile, a sostenere quella furia gelida che –
non ha nessun dubbio – scorre nelle vene dell’altro, per poi
sovrastarlo, bacino contro bacino, e iniziare a baciarlo.
Gli
morde il labbro inferiore, prima di succhiarlo e costringerlo ad
aprire la bocca, così da sfiorargli la lingua. Nel mentre sente le
mani di Lance arrivare al codino che chiude la sua treccia e
districare i suoi capelli in ciocche ondulate che le ricadono anche
sul volto. Lo sa che ama stringerle
– così come ama dirle che gli piace vederla venire, anche se
all’inizio la faceva morire dall’imbarazzo – quelle
onde ramate dietro la nuca quando la bacia, esattamente come in
questo momento.
Lo
aiuta a togliersi di dosso la maglietta del pigiama, le dita affamate
che premono sulla pelle liscia del muscoli del torace. Fa scivolare
le mani verso il basso mentre non smette di baciarlo, a cavalcioni
sopra di lui.
Quando
si separano e arretra con il bacino, così da arrivare ai pantaloni
dell’altro, lo sente ridacchiare. Una risata bassa che la fa
rabbrividire per il piacere.
«Stai
cercando di farti perdonare con un orgasmo?» si informa Lance,
sedotto,
un sorriso che gli piega le labbra, facendo forza sui gomiti così da
alzare la parte superiore della schiena dal materasso e guardarla in
faccia.
Dominique
scuote il capo, noncurante, mentre gli abbassa i pantaloni e i boxer.
«O
magari più di uno» ipotizza magnanima, godendo appieno del fremito
che hanno avuto le labbra dell’altro quando ha iniziato a
sfiorarlo. «Tu dici che funziona?» chiede maliziosa, sbattendo con
candore le ciglia.
«Puoi
provarci» concede lui, controllato, le dita della mani che iniziano
ad artigliare il lenzuolo sopra il materasso quando le sue carezze si
sono spostate per tutta la lunghezza. «Ammesso che tu ci riesca»
provoca derisorio.
«Ma
io so di riuscirci» afferma lei, sicura e arrogante, arretrando
ancora così da trovarsi con il viso proprio di fronte all’inguine
dell’altro. «Ah» aggiunge distratta, quasi innocente, sfoderando
un ghigno che non promette nulla di buono. «Anche a me piace vederti
venire» confessa schietta, anche se un pizzico di imbarazzo le
colora le gote.
Lance
sorride intrigato,
perché una delle cose che più lo eccita al mondo è vederla così
disinibita.
Si
raccoglie i capelli dietro la schiena, così che non le diano
fastidio, prima di chinare il capo e appoggiare la bocca sopra la
pelle di lui. Lascia una serie di piccoli baci mentre scende verso la
punta, compiaciuta di sentirlo fremere e tremare per l’eccitazione.
Schiude
la labbra e sta quasi per prenderlo in bocca quando il pianto basso e
insistente proveniente dalla camera a fianco, la blocca.
Dominique
solleva la testa, prima di alzarsi dal letto e affrettarsi per
coccolare il cucciolo.
Non
si gira quando sente quello sbuffo di pura frustrazione, anche se le
fa male.
*
«Posso
unirmi?» chiede cauta.
Lance,
da oltre il vetro appannato, le rivolge un’occhiata sarcastica e
affilata.
«Non
saprei. La bestia ti concede di avere cinque minuti di libertà?»
replica tagliente, offeso a morte dal fatto che lei lo abbia mollato
su due piedi per correre a consolare il cucciolo.
Dominique
scuote il capo, storcendo le labbra in una smorfia seccata e
indispettita. Si avvicina alla doccia
mentre
si spoglia di quello che ha addosso, abbandonandolo nella cesta
accanto al lavandino.
Apre
poi l’anta, così da entrare nella cabina, appoggiando i piedi sul
pavimento del box bagnato e richiudendosela alle spalle. Si avvicina
all’altro, che non ha smesso per un solo istante di fissarla truce.
Dominique
recupera la spugna da uno dei ripiani fissati alla parete e ci versa
sopra un po’ di bagnoschiuma, prima di iniziare a insaponargli il
torace con movimenti concentrici e lenti.
«Avere
un cane non significa che dobbiamo smettere di avere dell’intimità»
esordisce conciliante, alzando gli occhi dalla pelle di lui per
guardarlo in faccia.
Lance
si lascia sfuggire un sorriso per nulla divertito.
«Disse
colei che è scappata appena l’ha sentita piagnucolare, lasciandomi
con un’erezione tra le gambe» rinfaccia brutale, voltando il viso
verso sinistra.
Lei,
caparbia com’è, non accetta affatto quel tentativo di troncare la
discussione: molla la spugna e gli prende il volto tra le mani,
costringendolo a spostare nuovamente le iridi nella sua direzione.
«Solo
perché è piccola e spaventata» afferma sicura, certa di aver
ragione. «Quando si abituer-»
«Quindi
ammetti che era il tuo piano fin dall’inizio» la interrompe lui,
impetuoso. «Tenerla qui» precisa risentito a morte, davanti al suo
sbigottimento.
Dominique
boccheggia, presa alla sprovvista.
«D’accordo,
è così» capitola stremata, consapevole che se non ammetterà
quella che per l’altro è una colpa vergognosa, il dialogo
degenererà in una discussione sanguinaria che non si estinguerà in
una notte. «Ma non insisterò nel farla rimanere, se non sei
d’accordo» ammette sconfitta, inumidendosi le labbra amareggiata.
Lance
rimane per una manciata di secondi a fissarla, trincerato in un
silenzio ostile.
«Domi,
a me non frega un cazzo di fare il cattivo della situazione» mette
in chiaro, serio, allontanandole le mani dal viso e scuotendo il
capo. «Già abbiamo un casino di problemi, ci manca solo un cane»
termina esasperato, alludendo al dissapore che c’è tra i Weasley
e i Rosier.
Già
tra le due famiglie scorre tensione, in più zio Ron si è lasciato
sfuggire un commento su Evan e Julian, catalogandoli come macellai
e assassini,
che il suo futuro
– si spera – suocero
non ha affatto apprezzato.
E
figurarsi se Lance ha perso l’occasione per schierarsi dalla parte
del padre e iniziare una guerra!
Lei
si acciglia, irritata.
«E
allora? Questo riguarda le nostre famiglie, non noi» dichiara
ferrea, alzando il mento.
«Ma
un cane, sì» precisa lui, distaccato, fissandola con due intensi
occhi azzurri che la fanno rabbrividire per quel misto di gelo e
dolcezza che scorge al loro interno.
Dominique
sostiene quello sguardo, la fronte aggrottata per la confusione.
«Fai
prima a dirmi quello che davvero pensi» lo avverte acida,
trincerandosi preventivamente dietro a un'espressione bellicosa. «Non
sono molto brava con il sottointeso, sai» aggiunge ironica, giusto
per citarlo.
Lance,
stranamente non approfittare dell'occasione per infliggere una delle
sue pugnalate verbali, scuote spazientito il capo.
«È
un impegno» dichiara irremovibile, il viso teso e serio.
«Prendersene cura significa riorganizzarsi per fare in modo di
incastrarlo nella propria routine» spiega rapido, infastidito di
dover illustrare un concetto così semplice.
«E
non pensi che io ci riesca?»
«Non
penso che tu voglia».
Lei
si inumidisce le labbra, così dal frenare quelle parole di collera
che sente già sulla punta della lingua.
«E
perché no?» indaga velenosa, socchiudendo minacciosa gli occhi.
«Perché
significherebbe portare la nostra relazione su un altro livello»
illustra scocciato dal fatto che lei non riesca ancora a capire. «E
tu non vuoi» ribadisce perentorio, lasciandola di stucco. «Che cosa
facciamo? Il cane lo tengo io e ogni tanto tu vieni a trovarlo?
Cazzo, usala per una volta quella testa» stride insofferente,
chiudendo per una manciata di istanti le palpebre e arricciando le
labbra per l'esasperazione.
Dominique
lo guarda interdetta, prima di avere l'illuminazione.
«Hai
paura che ti lasci?» realizza incredula, un sorriso estasiato sulle
labbra.
«Saresti
una pazza a farlo» decreta lui, con compatimento, brutale. «Perché
un altro che ti sopporta, non lo troveresti manco dall'altra parte
del mondo» afferma crudo.
«Hai
davvero paura che ti lasci» ripete gongolante, accarezzandogli una
guancia.
Lance
volta il capo a destra, così da sottrarsi al suo tocco.
«Finiscila
con questa stronzata» ringhia tra i denti, infastidito che lei si
stia perdendo in sciocchezze
e
non colga il nocciolo della questione. «Dico solo che non sei pronta
per un impegno del genere».
«E
perché?»
«Vuoi
che ti elenchi i motivi?» chiede beffardo, guardandola dall’alto
in basso. E visto che la supera di molti centimetri, lo fa proprio
letteralmente. «Primo: hai terminato Hogwarts da nemmeno un anno e
ancora non hai capito come si vive fuori dal Castello» inizia rude,
senza preoccuparsi di ferirla. «Due: hai voglia di divertirti e ci
sta. L'ho fatto anch'io, appena diplomato» continua comprensivo e
lei non vuole nemmeno sapere come
lo
abbia fatto. Anche
perché,
le
ricorda una vocina nella sua testa, vi
eravate lasciati. Era libero di fare e farsi chi voleva.
«Tre: vivi ancora con i tuoi e non hai idea di come funzioni
l'andamento di una casa» continua recriminatorio.
«Nemmeno
tu, se è per questo» lo blocca Dominique, con acredine, inarcando
entrambe le sopracciglia con eloquenza. «Hai gli Elfi che lo fanno
al tuo posto» gli fa notare implacabile.
«Essere
Purosangue ha i suoi vantaggi» liquida lui, superiore, fissandola in
un modo denigratorio che le fa venire voglia di lasciargli il segno
delle cinque dita sulla guancia. «Quattro: hai appena iniziato il
corso al San Mungo, ti stai impegnando e-»
«Io
ti amo» lo interrompe lei, impetuosa, facendogli sbattere le ciglia
e allargare gli occhi per l’essere stato colto in contropiede. «Ed
è con te che voglio costruire il mio futuro» assicura genuina. Poi
abbassa per un momento il capo, in imbarazzo. «Forse hai ragione
quando dici che devo crescere ma è al tuo fianco che vorrei farlo»
borbotta impacciata, con un filo di voce.
«Grande»
sbuffa Lance, roteando gli occhi, simulando entusiasmo. «Sono
rovinato».
Dominique
si lascia sfuggire un sorrisetto, che pare allentare per un momento
la tensione e la serietà del momento. Punta solo per una manciata di
secondi lo sguardo in basso, verso il pavimento candido del box
doccia – dove la spugna giace piena d’acqua –, prima di
rialzarlo, esibendo due iridi azzurre e limpide, senza ombra di
incertezza ad adombrarle.
«Ho
capito quello che intendi» riprende calma, annuendo più volte.
«Trovare un nuovo equilibrio».
Lui
si lascia sfuggire una smorfia scontenta.
«Non
siamo bravi in questo» conviene infastidito.
«Ma
possiamo migliorare» replica lei, certa, davanti all’espressione
tetra dell’altro. «E mi sento pronta per questo passo in avanti»
rivela schietta, per poi sfoderare un sorriso ironico. «Lo sai che
anch'io mantengo la mia parola. Certo, non al livello di Evan perché
è pura follia ma-»
Viene
brutalmente messa a tacere di colpo quando lui si sporge in avanti
per baciarla. Lo fa con tanto impeto da spingerla di schiena contro
le mattonelle bagnate della parete, prima di afferrarla per i fianchi
e issarla con urgenza su quella nicchia della doccia, dove di solito
sono appoggiate le confezione di bagnoschiuma e shampoo, buttandone a
terra diverse senza curarsene.
«Ti
stavo parlando» si lagna, per nulla credibile, annaspando per
prendere ossigeno tra i vapori roventi e l’acqua calda che scorre
dal soffione, che le inumidisce i capelli e la pelle.
«Domi,
sta zitta e lasciati amare» mormora Lance, basso, tornando a
impossessarsi delle sue labbra mentre gli stringe le gambe intorno ai
fianchi, attirandolo ancor più vicino e sgretolando all’istante
qualsiasi resistenza.
*
Come
ogni mattina, appena apre gli occhi, Dominique allunga il braccio per
sfiorare con la mano chi dovrebbe esserci al suo fianco.
Quando
le dita accarezzano il lenzuolo freddo del materasso, volta la testa
di scatto, il sonno improvvisamente sparito, per rendersi conto che
si trova da sola nel letto della camera padronale.
Rimane
per una manciata di istanti ferma, la fronte aggrottata che esprime
genuina confusione, finché un pensiero terribile le sfiora la mente.
Con
la paura che le scuote le membra, Dominique getta di lato il piumone
e si alza di scatto dal letto. Acchiappa una maglia grigia
ripiegata su una sedia e se la infila al volo mentre esce di corsa
dalla camera e si butta giù dalle scale.
Scende
i gradini due alla volta, il cuore che le martella furioso nel petto.
Lance
si è alzato presto per andare a correre, continua
a ripetere come un’ossessa. Non
ha fatto quello che penso!
Si
aggrappa allo stipite della porta per evitare di stramazzare a terra,
quando inchioda davanti all’uscio del salotto.
Quello
che vede per poco non le fa cadere al pavimento la mandibola, tanto è
sconvolgente.
Lui,
seduto sul tappeto con la schiena appoggiata al divano, la osserva
con una pietà talmente palese che la fa arrossire per l’imbarazzo
a causa della figuraccia che ha appena commesso.
«Adesso
non sai nemmeno più stare in piedi?» è il saluto amorevole che le
rivolge, le labbra già piegate in un ghigno beffardo.
Lei
si avvicina con cautela, ancora intontita dalla vista di quel
batuffolo di pelo che gioca sereno in grembo all'altro, cercando di
afferrare con i denti la pallina rossa che il suo ragazzo ha nella
mano sinistra.
«Non
te ne sei liberato» esclama sbattendo le ciglia, frastornata,
continuando ad osservare il cucciolo che ora è saltato ai suoi
piedi, scodinzolando felice in attesa di qualche carezza.
Lance
corruga le sopracciglia, perplesso.
«Perché
avrei dovuto?» domanda distaccato, alzandosi in piedi e infilando le
mani nelle tasche dei pantaloni. Piega la testa di lato, socchiudendo
appena le palpebre. «Quella è una delle mie magliette?» riprende
con grandissima calma, come se fosse un qualcosa che accade molto
spesso e che lui tollera solo perché è meraviglioso.
Dominique,
che in un’altra occasione non avrebbe perso l’occasione per
iniziare un bisticcio, non riesce a fare a meno di avvicinarsi con un
sorriso radioso sulle labbra.
«Non
ci credo» esulta, ubriaca di gioia, gettandogli le braccia al collo
e ridendo deliziata.
«Frena
l’entusiasmo» la blocca lui, implacabile, fulminandola con
un’occhiata di ammonimento. «Non ho detto che resta» l’avverte
secco.
«Ma
lo farà» termina lei, certa della sua vittoria.
Lance
rotea gli occhi azzurri con quella che pare grande sopportazione.
«Uno»
chiama autoritario e, tempo nemmeno due secondi, l’Elfo si
smaterializza nel salotto, affrettandosi in una riverenza pomposa.
«Porta il cane in giardino. Assicurati che faccia i suoi bisogni.
Prendi la pallina, se vuoi farla giocare» elargisce magnanimo,
allungando un braccio per cedergli il giocattolo.
Solo
quando sono rimasti da soli, Dominique si permette di guardarlo
storto.
«Non
puoi continuare a chiamarli Uno e Due» lo sgrida senza nessuna
convinzione, alludendo agli Elfi Domestici che vivono nel cottage e
che si occupano dei lavori domestici che il signorino
– nonostante faccia il grandioso – non saprebbe come svolgere.
«Perché?»
ribatte lui, sereno, retrocedendo di un passo così da sedersi sul
divano e trascinarsela sopra. «È pratico» sostiene svagato.
«Sei
proprio un bastardo disumano» lo apostrofa di cuore.
Lance
scrolla il capo, affatto toccato dall’insulto.
«Passiamo
a parlare delle cose importanti» sentenzia, invece, lievemente
snervato. «Il passo avanti» puntualizza serio.
Lei
annuisce attenta, drizzando la schiena e cercando di ignorare quelle
mani appoggiate sui suoi fianchi.
«Certo»
conviene efficiente, le braccia sempre intorno al collo dell'altro.
«Non
mi sobbarco la piena responsabilità della bestia» l’avvisa lui,
brutale, con uno scintillio eloquente nei gelidi occhi azzurri.
«Quindi vedi di ritagliarti del tempo per prendertene cura o la
sbatto fuori di casa» precisa intransigente, inarcando le
sopracciglia come a sottolineare che ne sarebbe davvero capace.
«Bisogna anche capire a chi lasciarla quando avremo qualche impegno»
considera pensieroso, ad alta voce. «Non credo che vati
avrebbe
da ridire ma meglio chiederglielo» constata accorto, ragionando già
su come porre quella richiesta al padre.
Dominique
riprende a sorridere.
«Sono
certa che Louis ci aiuterebbe» garantisce raggiante. «E anche
Etienne e Vic» aggiunge, poi, valutando attentamente chi potrebbe
darle una mano. «E poi» si interrompe, simulando casualità anche
se sente le guance arrossire per quell’idea che le è balzata alla
mente e anche per colpa delle iridi dell’altro che sente puntate
sul viso. Si costringe a inumidirsi le labbra, così da prendere
tempo prima di racimolare il coraggio per guardarlo in faccia.
«Riguardo al ritagliarsi del tempo… ecco, stavo pensando che le
lezioni al San Mungo mi occupano gran parte della giornata, quindi
sarebbe tutto più semplice se… stessimo insieme» butta fuori,
impacciata.
Lance
assottiglia le palpebre, scrutandola attento.
«Che
cosa vuoi dirmi?» domanda amabile.
Lei
avvampa, degnandolo di un’occhiata di fuoco.
«Hai
capito» sibilia tra i denti, velenosa.
«Certo
che sì» assicura lui, amabile, stendendo le labbra in un sorriso di
trionfo. «Ma voglio sentirti chiedermelo» dichiara spietato,
gongolando del suo imbarazzo.
Dominique
freme, irritata a morte.
Tuttavia,
trattenendo a stento la furia e ignorando le braccia che ha intorno
al suo collo e la tentazione di strozzarlo, si costringe ad assumere
un’espressione dignitosa, alzando il mento con spavalderia.
«Potremmo
andare a vivere insieme» butta fuori, aggressiva, e più che una
proposta pare una minaccia di morte.
Si
sarebbe aspettata di tutto
–
perché
l'altro è un essere meschino e ripugnante –,
come, ad esempio, risate malefiche e occhiate colme di vittoria. Invece
Lance si limita a sorridere, un sorriso invitante che gli
ingentilisce i lineamenti e lo rende di una bellezza allucinante.
Lei
non riesce a fare a meno di sbattere le palpebre, presa in
contropiede, mentre sente lo stomaco annodarsi per il piacere.
«In
questi casi mi ricordi perché ti amo» dice con quella nonchalance
che lo distingue, spingendo il capo in avanti.
Dominique
abbassa le palpebre per riflesso quando sente le labbra dell’altro
premere contro la sua bocca. Rimane un po' spiazzata da quel bacio
lieve, che dura il tempo di due battiti e le fa tremare il cuore per
la dolcezza.
Poi
lui allontana appena il viso, gli occhi sempre chiusi, così da
appoggiare la fronte contro la sua con un'espressione che è quanto
di più splendido esista.
È
per questo che lo ama. Sarà anche un bastardo
disumano
ma
è anche capace di amare in un modo che non credeva possibile.
Non
possiede la dolcezza di Etienne, né la devozione incondizionata
– e alquanto preoccupante – di Evan ma va bene così, non sono
queste le cose che ha sempre desiderato.
Voleva
un amore devastante, reale,
capace di metterla sempre in discussione.
E
Lance lo fa. Distrugge ogni sua certezza senza pietà, ma lo fa anche
con quell'assurda sicurezza di chi sa anche ricostruire dalle
macerie.
Ed
è qualcosa talmente straordinario da togliere il fiato.
«Certo,
è anche perché hai l'abitudine di girare per casa senza intimo»
riprende lui, schietto mentre le mani gli scivolano in basso verso
l’orlo della maglietta di lei, scavalcando la stoffa e sfiorandola
tra le gambe.
Dominique
avvampa, mordendosi le labbra per evitare di lasciarsi sfuggire un
mugugno di piacere e senza sapere se sia un bene o un male essergli
seduta sopra, a cavalcioni.
«Credevo
volessi freddare il cucciolo» si giustifica, in una debole difesa.
«Mi sono fatta prendere dal panico quando mi sono svegliata»
aggiunge, cercando di spiegare l’assenza di biancheria.
«Per
chi mi hai preso?»
«Per
te».
Quando lo
vede sorride svagato e piega il capo di lato, sbattendo le ciglia con
fare civettuolo.
«E
sentiamo: perché mi ami?» chiede fingendosi ingenua, sperando di
farlo imbarazzare e pregustando già la confessione che gli
estorcerà.
«Perché
sei una stronza senza possibilità di redenzione» risponde Lance,
spassionato, facendo incupire di botto. «E perché mi ecciti da
morire quando ti imbarazzi a dire anche le cose più semplici»
continua tranquillo, cingendole la vita con le braccia così da
alzarsi quanto basta per ruotare il busto e spingerla di schiena
contro l'imbottitura del divano e sovrastarla.
Dominique
lo fissa in cagnesco.
«Sei
proprio un illuso se pensi che farò sesso con te dopo che mi hai
insultata» lo avverte acida, divincolandosi da quella stretta che le
impedisce di fuggire.
Lui
arcua le sopracciglia con eloquenza, divertito da quel tentativo
futile.
«Cosa
avrei dovuto dire?» ironizza spietato. «L'amore
della mia vita?»
continua
beffardo, prendendola in giro.
«Sarebbe
stato carino».
«E
anche totalmente fals- ahia».
«Te
lo sei meritato, Rosier» decreta lei, perfida, sfoderando un ghigno
arrogante dopo che gli ha affondato le unghie della mano destra
nell'avambraccio ed essersi beccata un'occhiata che promette
vendetta. «La prossima volta pensaci prima di dare aria alla bocca»
consiglia melliflua.
«Stronza»
è il commento amorevole di Lance, suo malgrado divertito. «E
dispotica. E… no, bagnata lo sarai tra poco» promette malizioso,
ridacchiando perverso.
Dominique
lo fissa sconvolta, gli occhi che quasi le cascano dalle orbite,
prima di scoppiare in un'autentica risata.
«In
questi casi mi ricordi perché ti amo» esala a corto di fiato.
«Perché sei un coglione» precisa quasi con compassione.
Lui
arcua un sopracciglio, affatto toccato.
«Curiosa
scelta di parole. Non è quello che dice sempre Molly di tuo cugino?»
domanda sarcastico.
«Molly
non capisce niente».
«Ovvio,
Etienne
è
perfetto».
«Sei
ancora geloso di lui?» indaga lei, lasciandosi sfuggire un sorriso
deliziato.
«Perché
dovrei?» ribatte Lance, posato, giocherellando con il bordo della
sua maglietta e appoggiandosi sull'altro braccio per non crollarle
addosso. «Non è lui quello che è tra le tue gambe» le fa notare
accorto.
Dominique
sospira, ignorando la tentazione di togliersi e togliergli i vestiti
di dosso.
«Sai
che a volte lo sembri?» chiede con un filo di voce quando lui
abbassa il capo per baciarle la mandibola.
«E
questo chi te l’ha detta, Gabry?» mormora lui, contro la sua
pelle, spostandosi verso il collo. La mano intanto si è infilata
sotto la maglietta, ad accarezzare pigra il ventre piatto. «Direbbe
di tutto solo per il piacere di darmi contro» sostiene certo, per poi staccarsi solo per denudarla. Lo asseconda con piacere, prima di
concentrarsi a togliergli a sua volta la maglietta e a slacciargli e
abbassargli i pantaloni. «Non se ne parla» la fredda inflessibile,
inchiodandola sotto di sé con un'occhiata gelida e una spinta secca
del bacino. «Sei stata sopra per tutta la notte, ora è il mio
turno» decreta dispotico, mettendo fine ai suoi tentativi di
rovesciare la posizione.
Dominique
storce il viso in un’espressione combattiva, irritata a morte per
quel tono odioso. Ma il fastidio evapora presto nel momento in cui i
loro corpi caldi e nudi tornano a toccarsi mentre le mani smaniose
sfiorano la pelle fremente e le labbra si cercano di nuovo fino a
trovarsi.
Lo
sente scivolare dentro di lei mentre gli artiglia i capelli con una
mano, stringendo le ciocche corvine tra le dita, e con l’altra gli
stringe l’avambraccio sinistro. Mugugna contro la sua bocca quando
inizia a muoversi, le prime spinte più lente di quelle profonde e
veloci che seguiranno a breve.
Far
l’amore con Lance è una delle cose più devastanti
che
esistano. La lascia distrutta, completamente priva di energie, ma è
anche uno di quei momenti in cui prova una fitta di pace con se
stessa
– come
se ogni cosa tornasse al suo posto e il mondo non fosse fatto solo di
problemi impossibili da superare – così totalizzante da creare
quasi dipendenza.
*
«Ariel?»
«Orrendo».
«Cleopatra?»
«Raccapricciante».
«Wendelin?»
«La
pianti con questi nomi del cazzo?»
Dominique
gli scocca un’occhiata di puro astio, ricambiata in pieno da due
occhi altrettanto azzurri e infastiditi.
«Allora
proponi tu qualcosa, grande genio» sfida sgarbata, il viso teso e
furioso mentre è raggomitolata sul divano, la schiena appoggiata
contro il bracciolo e le gambe piegate. Passata l’estasi
dell’orgasmo e una giornata intera a sopportarlo, arrivata la sera,
vorrebbe solo ucciderlo. «Voglio proprio sentire le tue idee»
provoca sferzante.
Lance
osserva per un momento il cucciolo che gli sta sonnecchiando tra le
braccia, la testolina appoggiata contro il suo ventre con la dolcezza
che hanno gli animali di fidarsi ciecamente del proprio padrone.
«Jules»
sentenzia, infine, definitivo, lasciandosi scappare anche un mezzo
sorriso.
«Ha
un suono orrendo» ribatte immediatamente lei, acida, solo per il
gusto di contrariarlo. «Sembra così… così…»
«Dignitoso?»
le viene in soccorso lui, amabile. «Sì, effettivamente lo è»
afferma dopo aver esibito una finta aria meditabonda per qualche
istante. «Ti assomiglia: è già innamorata di me» dichiara
divertito, sciogliendosi in un risatina meschina e raccapricciante.
«Anche se è decisamente più intelligente. Non che ci voglia molto»
conviene noncurante, scrollando appena il capo.
Dominique
serra le palpebre.
«Allora
fai sesso con lei» sibila velenosa, serrando le braccia al petto.
«Mmm,
la zooerastia non mi attira» ammette Lance, placido, prima di
circondare Jules con un braccio e fare forza con l’altro così da
alzarsi dal divano. «La metto a letto» spiega rapido, davanti al
suo evidente sbigottimento.
Lei
rimane spiazzata, tuttavia decide di imitarlo e seguirlo.
«Sai,
non so se mi sconvolga o meno questo tuo lato» sottolinea
canzonaria, appoggiandosi allo stipite della porta mentre il suo
ragazzo è inginocchiato per terra, intento a infilare Jules nella
cuccia morbida e piena di peluche che le hanno comprato nel
pomeriggio, quando lo ha trascinato a fare compere per i negozi
Babbani. «Cosa si prova a comportarsi come un essere umano?» chiede
soave, sbattendo le ciglia con candore.
Lance
si rialza, avvicinandosi a lei con un ghigno derisorio e chiudendosi
la porta alle spalle, così che il loro battibecco non desti la
piccola.
«Se
con questi starnazzi la svegli, ti strozzo» afferma posato,
inarcando entrambe le sopracciglia con scherno. «Mi preferisci
così?» chiede quasi premuroso.
Dominique
nemmeno gli risponde, voltandogli la schiena e precedendolo nella
camera da letto del cottage. Si butta sul piumone, ignorando con
grande dignità l’essere ripugnante che ha scelto di avere al
proprio fianco.
«Credo
che si provi qualcosa del genere ad avere un figlio» osserva
distratta, contemplando il soffitto della stanza senza davvero
vederlo.
«Non
ti metto incinta, se è a questo che stai alludendo» è la replica
secca di lui.
Si
porta seduta, grattandosi la nuca e assumendo un cipiglio
pensieroso.
«Meglio,
perché non voglio figli» sostiene risoluta, rivelando quella
convinzione che ha sempre avuto. «Non ora, per lo meno» aggiunge
con meno sicurezza di quanto vorrebbe. «Tu?» spia titubante.
Lance, accucciato davanti al televisore – la stanza da letto
padronale, guarda caso, è l’unica in cui la tecnologia Babbana
funzioni senza impazzire –, è totalmente concentrato sul scegliere
il film da vedere per prestarle attenzione.
«Cosa?»
replica assorto, senza girarsi e continuando a darle la schiena.
«Vorresti
dei figli?» indaga Dominique, veemente, utilizzando l’aggressività
per nascondere l’imbarazzo che ormai le imporpora le gote.
Lui
la fissa inorridito, voltando la testa di scatto e sgranando appena
gli occhi con un punta di terrore.
«No»
esclama di getto, di cuore. «Anche perché già vedo davanti
agli occhi immagini atroci: alberi genealogici rovinati, uscita dalle
Sacre Ventotto, sangue, contaminazioni vergognose… cose così»
elenca, storcendo il naso in una smorfia teatrale di puro disgusto,
alzandosi in piedi. «E poi non credo che il mondo meriti dei simili
mostri» continua spassionato, avanzando verso il letto e sdraiandosi
al suo fianco.
«Mostri?»
ripete lei, incredula, sentendo la rabbia infiammarle le vene.
Lance
le scocca un’occhiata eloquente.
«Andiamo»
sospira piano, divertito dall’ira che le legge sul viso. «Da due
stronzi cosa pensi che uscirebbero fuori?» le fa notare, accorto, con
il telecomando in mano.
«Sarebbero
bellissimi» decreta Dominique, alzando il mento con sussiego.
«Ringrazia i miei geni, Rosier» rimarca arrogante.
«E
intelligenti, con un sapere oltre la media, sarcastici e Serpeverde»
completa lui, posato. «No, non ringraziarmi. La perfezione è insita
nella mia famiglia» conviene con nonchalance, come se fosse qualcosa
di vero e riconosciuto, facendola incupire ancor di più. «E
comunque, teoricamente parlando, non sono propenso al figlio unico»
riflette raccolto.
Lei
sbatte le ciglia, sbigottita.
«Ah
no?» articola a fatica, schiarendosi la voce perché sembri casuale
e ignorando il nodo piacevole in cui si è stretto il suo stomaco.
«Credevo che diventarlo fosse stata la tua massima aspirazione, fino
a qualche tempo fa» ricorda beffarda.
«Mettiamola
così» confida sarcastico, continuando a sorridere. «Nonostante li
consideri dei cagacazzo di prima categoria, non mi sarei divertito
nemmeno la metà se non avessi passato anni a tormentare Gal,
ridacchiare con Laine e essere un modello di vita per Par» ammette
senza problemi, gongolando come l'infame che è.
«E
amare Bohort» aggiunge lei, sovrappensiero, facendogli perdere
all’istante quell’aria serena in favore di una più tesa. «Sai
che è un bel nome?» osserva distratta, inuminendosi le labbra.
Lance
serra le palpebre, lanciandole un’occhiata obliqua.
«Non
ci pensare nemmeno» la fredda implacabile. «C’è ne sarà solo
uno, nell’albero» proclama irremovibile.
Dominique
annuisce, accarezzandogli i capelli scuri per cercare di rilassarlo.
«Ti
immagini se avessero i capelli ramati?» domanda briosa, cambiando
all’istante argomento e tingendo la conversazione di toni più
allegri e leggeri.
Lui
inorridisce, storcendo le labbra verso il basso ma pare apprezzare il gesto.
«Domi,
vuoi proprio farmi stare male?» geme in un sussurro, nauseato.
«Ma
se ti piacciono!» continua lei, giocosa.
«Mi
eccitano, è diverso» precisa l’altro, secco. Poi sembra
riflettere un momento su quell’orrenda
ipotesi.
«Comunque no: i Rosier sono tutti scuri. È sempre stato e sempre
sarà. Fine della storia» termina inflessibile, allargando il
braccio e facendole segno di sdraiarsi accanto a lui.
Senza
riuscire a reprimere un sorriso deliziato, lei gli appoggia la testa
contro la spalla prima che il televisore inizi a mostrare le scene
iniziali della pellicola.
«Possiamo
evitare quelli dove la gente viene divorata e mutilata, grazie?»
tenta imbronciata, consapevole che assisterà a un’altra serie di
bagni di sangue e morti terribili.
«E
perché?» replica lui, lieve, voltando appena il viso nella sua
direzione così da poter incrociare il suo sguardo. «Almeno hai una
scusa per stringerti a me» le fa notare eloquente.
Quasi
un’ora dopo, durante la quale ha passato la maggior parte del tempo
con il viso affondato contro la sua maglietta con solo un occhio aperto per
cercare di seguire la storia, Dominique è terrorizzata a morte, la
coperta che hanno appellato per scacciare il freddo della notte
tirata fin sopra al naso.
«Vaffanculo,
Lance» biascica di cuore, in quello che vorrebbe essere un ringhio ma è molto
più simile a uno squittio spaurito e tremante. «Tu e i tuoi film di
merda!» lo maledice atterrita, scegliendo di abbassare le palpebre e
nascondere il viso contro la spalla dell’altro quando la situazione
è diventata decisamente oltre il tollerabile.
«Dai,
è uno di quelli prevedibili, dove si sa già quando avere paura» la
sbeffeggia lui, tranquillo, probabilmente godendo anche del suo
panico. «Li trovo rilassanti» dichiara serafico.
«Perché
sei uno squilibrato!»
Accoglie
quasi con gioia il pianto flebile di Jules, che probabilmente ha
captato qualche strillo che i malcapitati personaggi dei film hanno
lanciato nel momento in cui si sono trovati di fronte delle a bestie
del genere, assetate del loro sangue e traumatizzanti per le loro dimensioni.
«Non
ci pensare» la ferma lui, sferzante, bloccandole un polso nel
momento in cui si è già messa seduta sul letto e sta
per defilarsi dalla stanza.
«Andiamo,
è terrorizzata» gli fa notare, cercando di appellarsi all'indulgenza
dell’altro e ricevendo come risposta solo un viso inespressivo e
uno sguardo tagliente. «Solo per stanotte» tenta conciliante.
«Non
iniziare a darle dei vizi o vi sbatto fuori di casa» ribadisce
Lance, caustico, mettendosi a sua volta seduto e non accennando
minimamente a lasciarla andare. «Non puoi correre da lei ogni volta
che si mette a piagnucolare» sostiene perentorio
Lei
sbuffa scornata.
«È
umanità» puntualizza acida.
«Preferisco
la disciplina
alla
tua umanità» afferma Lance, serio e ostinato. «Cosa che
probabilmente tu non sai nemmeno cosa sia» aggiunge sprezzante,
lasciandosi scappare una smorfia nauseata.
«La
pianti con questo atteggiamento da Purosangue snob?» sbotta lei,
aggressiva, fomentandosi e cercando di liberarsi il polso. «Non sei
migliore di me».
«Di
questo, permettimi di dubitarne».
Al
limite della tolleranza e dando uno strattone con più forza,
Dominique, ormai libera, ha il viso livido e le membra tremanti per
la rabbia e la frustrazione.
«Vado
a dormire nell'altra stanza, per questa sera mi hai stancata»
dichiara inviperita a morte. Sta per alzarsi in piedi quando la mano
di lui l’afferra per la spalla e la spinge di malagrazia a
sdraiarsi di nuovo sul letto, costringendole con forza la schiena contro
il materasso e sovrastandola per tagliarle ogni via di fuga.
«Sì
può sapere che altro vuoi?» indaga insofferente, infastidito anche
dai suoi tentativi di ribellarsi. «Hai voluto tenere Jules e ti ho
assecondata. Vuoi vivere insieme e ti ho detto che va bene. Che cos'è
che pretendi ancora, Domi?» domanda stizzito, la voce sferzante.
«Magari
un po' di rispetto invece di questo disprezzo che instilli sempre
nelle tue pugnalate» sottolinea lei, imbestialita, appoggiandogli
una mano sul torace per cercare inutilmente di spingerlo via.
Forse
sarebbe più efficace tentare di tirargli un calcio in mezzo alle
gambe,
le
suggerisce la sua ragione, pratica.
Lance
inarca le sopracciglia, sdegnato per quell’accusa che considera
infondata e totalmente ridicola.
«Se
non ti rispettassi avrei fatto quello che ho fatto?» rimarca altero,
scoccandole un’occhiata eloquente. «Chiediti quanti avrebbero
messo in discussione le regole con le quali sono cresciuti solo per
poterti stare accanto» ritorce mordace.
«E
questa sarebbe una giustificazione per farmi sentire sempre
inferiore?» ribatte Dominique, per nulla addolcita. «Guarda che lo
so cosa pensi!» strilla a pieni polmoni, cercando di respingere quel
magone che sente già all’altezza del petto e sa essere
un’anticipazione delle lacrime che premono per uscire.
E
l’ultima cosa che desidera in quel momento è mostrarsi
vulnerabile.
«Ah
sì?» replica lui, presuntuoso, continuando a guardarla in un modo
che la ferisce come una stilettata. «Stupiscimi» provoca
belligerante.
«Una
parte di te detesta tutto questo» afferma lei, convinta, senza
riuscire a trattenere la delusione che le affiora nelle parole e
nell’espressione del viso. «Odia l'essersi umiliato a perdere la
testa per una Sanguesporco» continua amareggiata, distogliendo lo
sguardo e facendo una smorfia desolata.
Per
una manciata di secondi cala un silenzio gelido e pesante. Poi Lance
sbuffa, lasciandole andare il polso e mettendosi seduto.
«Non
hai capito nulla» sibila crudele, stando ben attento a non
guardarla. E quando fa così, significa che sta cercando di
contenersi per evitare di cedere alla furia e sbroccare. «Vuoi la
verità?» la sfida tagliente. Si alza anche in piedi, così da
mettere più spazio tra loro. E solo allora torna a degnarla della
sua attenzione. «Detesto
sapere
di aver deluso la mia famiglia, anche se vati
ha
fatto del suo meglio per non farmelo pesare ma questo non ha niente a
che fare con te. Riguarda solo me» dichiara intransigente, senza
ombra di dubbio a incupirgli le iridi chiare. Poi scuote la testa,
serrando le labbra in una linea tesa e pregna di disappunto. «Tu non
sai come stavo quando siamo stati lontani» mormora inaspettatamente,
alludendo al periodo in cui si erano lasciati, talmente a bassa voce
che lei deve sforzarsi per sentirlo anche a causa delle chiacchiere
dei personaggi del film che, incurante della loro lite, prosegue
sullo schermo del televisore. «E so di avere un carattere di merda,
anche se una volta blateravi che ti andava bene» ritorce risentito.
«È
ancora così» conferma Dominique, frastornata e seduta sul letto. È
scossa per quelle parole intime, così piene di sottintesi, che mai
avrebbe pensato di sentire pronunciare da lui. «Solo che a volte mi
sembra che tu non voglia tutto questo» ammette sconfortata.
Non
voglia me, noi, è
quello che vorrebbe tanto dirgli ma che non riesce proprio a
scollarsi dal palato.
Lance,
che nel frattempo si è lasciato cadere sulla panca del bovindo di una delle finestre, i
gomiti appoggiati sulle ginocchia e la postura di chi è stremato,
solleva appena il viso per rivolgerle un’occhiata esasperata.
«Se
non lo volessi, non mi sarei fatto problemi a dirti di no» la
contraddice distaccato, scagliandole addosso quelle parole che sanno
di verità con una semplicità che per poco non la
distrugge per la
commozione. Si costringe a mordersi le labbra, così da non
scoppiare
in un pianto che non saprebbe bene nemmeno come definire. Non smette
di fissarla quando la vede avvicinarsi con cautela, puntandole
addosso quelle iridi gelide e ostili. «Ti avverto: non mi
rabbonisci
con il sesso» la mette in guardia, a bruciapelo, sottolineando
che è
di pessimo umore.
Dominique
piega le labbra in un sorriso appena accennato.
«Nemmeno
con quello violento al limite?» sussurra dolce, facendogli una
carezza leggera su una guancia.
Lui
sospira, facendo forza su se stesso per costringersi a continuare.
«Non
lo so perché sono innamorato di te» riprende incerto, quasi
stizzito per quella fatica immensa che fra poco gli farà venire un
attacco di bile. «Quello che so è che ti amo più di quanto abbia
mai amato chiunque altro, anche se non so dimostrartelo» termina
flebile, lo sguardo minaccioso che non sfigurerebbe sulla faccia di
un serial killer.
Lei
rimane per un momento inebetita, prima di colmare la distanza che gli
separa e stringerlo tra le braccia, amorevole, sentendo qualcosa di
caldo infiammarsi all’altezza del petto e distruggendo ogni dubbio
in maniera definitiva.
«Lance?»
«Che
vuoi?» borbotta lui, malevolo, contro la maglietta del suo pigiama e
ricambiando l'abbraccio all'istante.
«Ricordati
che te l'ho fatto dire».
Germania, Renania-Palatinato
«Di’
a tuo fratello che se le succede qualcosa, è morto».
«Louis
non ha più paura di Teddy» sospira Dominique, finendo di scrivere
il messaggio sulla superficie dello Specchio Gemello, prima di
riporlo all’interno della borsa che ha appoggiato sopra il
mobiletto del bagno. Scruta con attenzione il suo riflesso,
sistemandosi una ciocca dei capelli ramati che le è sfuggita dalla
treccia dietro l'orecchio. «Puoi anche smettere di imitarlo»
afferma distratta, recuperando il rossetto rosso dal suo beauty case
e applicandoselo con attenzione.
«Forse
non avrà più il terrore del sangue dei Black contaminato da
qualcosa che non riesco nemmeno a pronunciare» riprende Lance, senza
preoccuparsi di celare il ribrezzo, comparendo sulla soglia della
porta del bagno. «Ma ti assicuro che quello dei Rosier provoca
traumi peggiori» promette con malcelata soddisfazione, un sorriso
deliziato sul viso. «E atrocità e morte» riflette a bassa voce,
tra sé, intrigato.
Lei
lo osserva con la coda dell’occhio, prima di tornare a concentrarsi
su quello che sta facendo.
«D’accordo,
papà»
concede beffarda, facendo un sorrisetto e ammirando la sua bocca di
un rosso scuro. «Gli dirò di trattare bene la tua piccola»
assicura, alludendo al cucciolo che hanno adottato e che hanno
lasciato in Inghilterra per concedersi qualche giorno di vacanza in
Germania, nell'unico castello rimasto ai Rosier.
«E
di non fare sesso nel mio letto» aggiunge lui, fermo. «Potrei
uccidere per una tale onta» considera, quasi tentato all’idea.
Dominique
gli scocca un’occhiata quasi di compatimento.
«Così
come se si avvicinerà al frigo per sfamarsi?» ipotizza ironica.
«Lance, se ti dava tanto fastidio averlo in casa, potevamo
lasciargli portare Jules a-»
«Non
se ne parla» decreta questo, intransigente, fissandola come se fosse
rincoglionita. «Così me la rovinano» insinua sprezzante, facendo
una smorfia all’idea che il suo cucciolo passi del tempo con gente
immeritevole come i Weasley. «Dobbiamo proprio andare?» domanda
fosco, per nulla felice di quell’uscita a cena.
«Per
quanto tentata, non gli darei mai buca all’ultimo».
«Sia
mai».
«Hai
detto che ti piace» gli ricorda Dominique, inclemente, andandogli
incontro.
«Non
così tanto da volerlo frequentare» precisa Lance, secco.
Lei
aggrotta la fronte, disorientata.
«Perché
no?» indaga curiosa.
«Perché
il suo sorrisetto del cazzo mi ricorda costantemente che gli devo un
favore» risponde lui, laconico, concedendole di buona grazia di
scoccargli un bacio leggero sulle labbra.
«Che
favore?» ripete Dominique, testarda.
«Lascia
stare».
«Lance!»
«Magari
potrebbe
avermi
dato una spintarella, anni fa» svela lui, controvoglia, prendendola
per mano. «Quando ho deciso di portarti a Rosier Castle» chiarisce
a fatica.
Lei
si lascia sfuggire un sorriso splendente.
«Se
è così, si è guadagnato la santità» afferma gioiosa.
Lance
la fissa con pietà.
«Per
quello o perché ti ha sopportata per anni con infinita pazienza?»
ritorce asciutto, inarcando le sopracciglia con eloquenza.
«Fai
poco lo stronzo» lo liquida Dominique, per nulla infastidita. «Ti
ricordo che mi ami più di chiunque altro» gli rammenta con profonda
soddisfazione.
«Me
lo rinfaccerai per sempre, vero?» domanda lui, esausto, dopo un secondo di penoso silenzio, consapevole
di essersi scavato la fossa da solo con quella confessione.
«Sempre»
conferma lei, briosa, concedendogli un altro bacio. «Andiamo».
Si
Smaterializzano poco lontano dal centro della cittadina tedesca, in un vicolo
discreto e lontano dagli occhi dei Babbani. Raggiungono poi il locale
che hanno scelto per passare la sera mano nella mano e, visto quando
lui detesta qualsiasi manifestazione d’affetto in pubblico, questo
gesto ha dello straordinario.
Inoltre,
poco prima di raggiungere il pub, l’attira a sé, cingendole i
fianchi e abbassando il capo per baciarla con una bramosia che le
incendia le vene. Dominique gli artiglia la maglia scura mentre gli
sfiora la lingua con la sua, in una carezza lenta e languida.
«Chissà
perché arrivo sempre nei momenti inopportuni» dichiara una voce
divertita che conosce molto bene. «Deve essere un dono» ironizza.
Lei,
guance rosse e il fiato corto, si separa dal suo ragazzo e rivolge al
nuovo arrivato un sorriso contento e sincero.
«Tranquillo,
Delacour» la precede Lance, ironico. «Abbiamo già fatto, questa volta» assicura
amabile.
Dominique
annuisce, per nulla imbarazzata.
«Diventa
isterico se non ottiene il suo orgasmo quotidiano» spiega
bizzosa.
«E
tu dovresti intendertene di isteria» rimarca il suo ragazzo,
allusivo. «Stai con Molly».
«Ti
sei fatto una nemica, Rosier» proclama questa, indispettita, in
piedi accanto a suo cugino. E un tempo, la presenza di chiunque vicino
a Etienne l'avrebbe innervosita a morte. «Fossi
in te mi guarderei le spalle» lo avverte spassionata,
socchiudendo
scherzosa gli occhi con fare minaccioso.
«Posso
consigliarti di fare altrettanto?» ribatte Lance, affabile, per
nulla preoccupato. «Non vorrei che qualcuna finisse per pugnalarti
così da avere il campo libero con il tuo ragazzo» sostiene accorto,
indirizzandole un’occhiata d’intesa.
Molly
sbuffa, sorridendo incredula.
«Lo
vogliono solo perché non lo conosco» sostiene sicura. «Perché
altrimenti non lo sopporterebbero» termina con lo stesso tono.
«Quanta
saggezza, cugina».
«Sviluppi
anche una certa dose di pazienza quando hai a che fare con i
mentecatti».
«O
con le stronze».
«Peccato
che poi qualcuno
ami
questa stronza» interviene Dominique, piccata, ghignando derisoria.
«Stessa
cosa per il mentecatto» continua Etienne, leggero, guardando la sua
ragazza con l’aria di chi si sta divertendo un mondo. «Non si
stanca mai di recitare questa parte?» le domanda morbido, quasi
dispiaciuto per quello spettacolo ridicolo che si è svolto davanti a
loro.
«Mai»
sospira lei, quasi con pietà. «Credo che lo faccia per mascherare
l’imbarazzo, perché la verità lo distruggerebbe» insinua
spietata.
«Stessa
storia per Molly» conferma suo cugino, affabile. «Sai quanto ci ha
messo per ammettere di amarmi?» chiede dolce.
«Sì,
perché non mi capacitavo di essere così cogliona» interviene questa, asciutta.
«Cuore
mio, non ti incolpare se hai buon gusto!»
Quando
si accomodano al tavolo che hanno prenotato, che si trova in un
giardino interno delizioso ma non eccessivamente lezioso, dove delle
lanterne appese ai fili legate ai due alberi e pali presenti danno quel tocco di atmosfera estiva,
Dominique sfiora con una mano il ginocchio di Lance, in un gesto amorevole e del
tutto spontaneo, ottenendo di riflesso un sorriso.
«Birra?»
propone Etienne, benevolo, scrutando il menù di carta di sfuggita.
«Per
iniziare» precisa Lance, asciutto, le iridi gelide e beffarde. «Se
devo tollerare questa serata, mi serve qualcosa di più forte»
sostiene sagace.
«Allora,
come va?»
«Sto
con tua cugina» replica Lance, insofferente. Dato il lungo elenco
di
birre disponibili nel locale, hanno scelto di avvicinarsi al bancone
per poter consultare meglio il menù fissato lì sopra,
dove sono riportate anche degli alcolici non presenti in quelli di
carta dei tavoli. «Come pensi che vada?»
domanda sarcastico.
«Te
la sei scelta tu» sottolinea Molly, implacabile, con un velo di ironia.
«Lo
so ma credimi» prosegue lui, esasperato, sfoderando un sorriso. «Mi odio per questo» afferma caustico, senza
riuscire a celare il divertimento.
Molly
ridacchia, scuotendo il capo e facendo ondeggiare i suoi capelli
di un rosso intenso.
«Si
vede che è una cosa seria» dichiara svagata, quasi sovrappensiero. «Non avrei mai
creduto di vedere quello stronzo, snob e Purosangue di mio cugino
finire con una come Dominique» ammette allegra, storcendo le labbra in una smorfia allibita.
«E
io di vederti perdere la testa per Delacour» ribatte Lance,
all’istante, nello stesso tono di falsa premura.
Lei
annuisce, facendo un'espressione teatrale e dispiaciuta.
«Cosa
è andato storto?» chiede drammatica.
«Ah,
non ne ho idea» risponde lui, esausto, attirando con un cenno del
capo l’attenzione di una cameriera che si sta giusto avvicinando.
«Anche se credo che l’universo mi stia punendo per le colpe di
Evan» osserva snervato, sottovoce.
«E
deve coinvolgere anche me?» ribatte Molly, corrugando le
sopracciglia, fingendosi stizzita. «Io non sono una Rosier!»
«Ma
sei figlia di una Burke che ha sposato un Weasley» ritorce lui,
spietato, guardandola quasi con compatimento. «Te la meriti questa
sciagura» sostiene crudo, quasi contento della sua sofferenza.
Lei
gli scocca un’occhiata di fuoco.
«Sei
felice con lei» considera quando la cameriera si è allontanata e
loro stanno tornando al tavolo.
Lance
volta appena il capo nella sua direzione, placido.
«Tu
con lui, no?» le fa notare posato.
«Sembri
felice».
«Lo
sono» sospira lieve, scrollando con disimpegno le spalle. «Sta
migliorando» conviene quasi tra sé, ripensando a quello che il suo ragazzo le ha
detto quella fatidica sera.
Etienne
arcua le sopracciglia, impressionato.
«Davvero?»
indaga con un viso che sottolinea tutto il suo scetticismo.
«Nei
suoi limiti» precisa Dominique, mite, leggendo distratta il
menù.
Poi lo appoggia sul tavolo di legno che occupano, sfoderando un
sorriso radioso che le illumina gli occhi azzurri di una gioia quasi
accecante. «Non vorrei niente di diverso» confida genuina,
in un sussurro. «E sono contenta che anche tu stia bene,
nonostante io sia
decisamente più bella di Molly» ironizza dandosi delle
arie, alludendo a quello che c'è stato tra loro e ai suoi
sentimenti scomodi per quello che è sempre rimasto solo un
cugino.
«E
non altrettanto instabile» scherza lui, giocoso, facendo vagare le
iridi azzurre tra la folla. Le vede diventare incredibilmente dolci
quando devono aver individuato quella che è la sua ragazza. «Non
pensavo che mi sarei mai sentito così» confessa leggero, quasi
distratto da quello che ha davanti a sé per prestare attenzione alle sue
parole.
Lei
non smette per un momento di sorridere, nemmeno quando si rende conto
che saperlo innamorato di un’altra non le fa più male.
Anche
perché quando Lance torna e si siede al suo fianco, calamita ogni
suo pensiero e attenzione.
*
«Spegni
quella cazzo di luce».
Dominique
solleva di scatto gli occhi dalla pagina del diario che sta
scarabocchiando, incontrandone un altro paio azzurri ma più
assonnati.
«Ancora
un momento» afferma a bassa voce, per nulla preoccupata del tono
sferzante e perentorio che il suo ragazzo ha usato un attimo prima.
«Ti sei pentito?» chiede con un velo di esitazione, quando torna a
guardarlo.
Lance,
sdraiato accanto a lei nel letto del cottage nel quale convivono da
quasi sei mesi, aggrotta la fronte in una smorfia di pura
irritazione.
«Di
aver deciso di condividere la stessa camera? Sì» dichiara
insensibile, fissando l’unica lampada accesa della stanza, quella
posta sul suo comodino, che gli impedisce di prendere sonno.
E sia mai che il signorino rischi di non poter dormire come e quando desideri!
«Parlavo
di stare con me» precisa Dominique, per nulla toccata da quel tono
grondante sarcasmo, dando voce a quella paura che ogni tanto torna a
tormentarla.
Forse
nemmeno lei riesce a credere alla fortuna che ha avuto di incontrare
qualcuno così e ogni tanto ha bisogno di un pizzico di conforto per
rendersi conto che è tutto meravigliosamente reale.
Lui
corruga appena la fronte, serrando anche le palpebre.
«Domi,
è stata una mia scelta» sostiene serio, lasciandosi sfuggire un
sospiro per la stanchezza e girandosi a pancia in su. «Non mi hai
costretto a fare niente. Ora spegni e vedi di dormire o prendo la
bacchetta» minaccia sanguinario, facendo terminare brutalmente quel momento tenero.
Inarca
un sopracciglio, assumendo una smorfia che sa di provocazione.
«D’accordo,
sunshine».
«Domi…»
«Preferisci
häschen?»
chiede con candore, rievocando il nomignolo che il capofamiglia dei
Rosier utilizzava per il suo primogenito.
«Preferisco
Lance» chiarisce l’altro, con una punta di isteria e ribrezzo a
colorargli la voce.
O
forse è solo imbarazzato all'idea che qualcuno lo chiami ancora
coniglietto.
«Troppo
formale» replica lei, lieve, ridacchiando per l’espressione
orripilata che gli vede sul volo e appoggiando il diario chiuso sul
comodino. «Dai, scegli che vuoi» lo invita, fingendosi benevola.
Lance
la fissa come se fosse scema.
«Stai
scherzando?» indaga raccapricciato.
«No»
risponde lei, prima di sporgersi ad accarezzare la testolina
riccioluta e soffice di Jules, che, placida, dorme accanto a colui
che ha scelto come suo padrone e padre degno di adorazione
incondizionata. Ci ha messo quasi sei mesi per guadagnarsi il grande
onore di salire sul letto e solo dopo che ha imparato a fare la
pipì esclusivamente in giardino. A volte si sente
gelosa, soprattutto
perché, quando lo vede, si dimentica del resto del mondo e gli
corre
incontro festante. Però un po’ la capisce: Lance con lei
è stranamente affettuoso, un genitore modello, anche se un pelo
rigido. «Allora? Lo faccio
io?» si offre amabile, sfoderando un sorriso che non promette
nulla
di buono, per poi spegnere la luce e far precipitare la camera in una
semi oscurità.
Sbadiglia
assonnata e sta quasi per abbandonarsi e chiudere gli occhi quando
delle braccia le circondano la vita, stringendola in una morsa calda e
rassicurante. Sente un respiro che conosce fin troppo bene tra i
capelli, nel momento in cui lui china il capo per baciarle il
collo.
«Vada
per sunshine»
concede quasi magnanimo, contro la sua pelle e facendola rabbrividire
per il piacere e il trionfo. «Ma sappi che lo trovo rivoltante»
precisa nauseato.
Dominique
scrolla le spalle, trattenendosi a stento dal ridacchiare.
«Me
ne farò una ragione, sunshine».
Forse,
alla fine, bisogna avere solo un po’ di pazienza per ottenere
quello che abbiamo sempre desiderato
ha
scritto su quello stesso diario che ha rappresentato un tesoro da
proteggere da tutti – Louis escluso – quando era solo una bambina
e che poi è diventato un fardello di frustrazioni che non sapeva
come sedare nel momento in cui si era resa conto che i sentimenti che
provava per Etienne l’avrebbero portata inesorabilmente alla
deriva. Anche
se non era per niente quello che immaginavamo.
Perché
il lieto fine esiste, per quanto inaspettato e assurdo sia.
“Voglio
ringraziarti per avermi dato
quello
che ho sempre voluto:
un
amore che mi consumasse...”
The
Vampire Diaries
E
meno male che non volevo fare una cosa troppo impegnativa!
La devo
smettere di essere così logorroica o un giorno impazzirò del
tutto.
Sì, siamo giunti alla fine. È la prima volta che riesco a
finire una minilong e questa cosa mi rende estremamente felice e
orgogliosa.
Anche perché, per una manciata di giorni, ho
avuto la tentazione di aggiungere un altro capitolo.
Spero
di aver chiuso tutti i cerchi che ho aperto in quelli precedenti e di
avervi mostrato al meglio il percorso di questa coppia. Probabilmente
avrei potuto dire tante altre cose ma siccome c’è la serie in
corso, ho il terrore di affrontare dei temi e spoilerarvi alcune
questioni.
Confesso che mi sono divertita a scrivere della
Lancique, anche se ci sono stati dei momenti in cui li ho odiati.
Ma
tanto io odio sempre i miei personaggi quando scrivo di loro perché
mi ossessiono fino allo sfinimento, quindi.
Vi chiedo scusa se
sono in ritardo con le risposte alle recensioni ma questo è un
periodo tremendo, in cui torno a casa e sono distrutta. Infatti
questo capitolo l’ho praticamente scritto al cellulare alla fermata
dell’autobus.
Un abbraccio e vi ringrazio di leggere queste mie
follie.
A presto,
Blue